Eco of Love

di

Michelle Suzzi


Michelle Suzzi  - Eco of Love
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 260 - Euro 14,50
ISBN 978-88-6587-6770

eBook: pp. 252 - 7,99 -  ISBN 978-88-6587-691-6

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In copertina: fotografia di Alex Folli


Fatti, personaggi e luoghi che appaiono in questo libro sono di pura fantasia. Ogni riferimento a persone esistenti o esistite e a fatti
reali è da ritenersi puramente casuale.


Prefazione

Michelle Suzzi propone un romanzo avvincente ed incalzante che, nel suo effervescente evolversi, presenta profondi risvolti sociali attentamente miscelati nella vibrante narrazione di “Eco of love”.
Il romanzo si alimenta dei continui cambi di ritmo con alcuni colpi di scena decisamente imprevedibili ed è costantemente giocato sul filo dell’attesa e dell’evento sorprendente oltre al continuo insidiarsi di occulte trame che vengono ordite alle spalle dei protagonisti con incredibili capovolgimenti di fronte.
La narrazione pare ammonire che “nulla è come appare”, ma è sempre necessario scavare a fondo per ricercare la verità e Michelle Suzzi dimostra di possedere ottimo armamentario nella sua scrittura e grande capacità nel saper affascinare i lettori, offrendo, a piene mani, un’autentica giostra di avvenimenti, un’esplosione paragonabile a fuochi d’artificio, inevitabilmente, conditi con una bella storia d’amore.
Tutto ha inizio con l’incarico da parte di un grande uomo d’affari, chiamato “lo Squalo”, di portare a compimento una delle operazioni più segrete e proficue, ma potenzialmente catastrofiche a livello ambientale per la zona che ne sarà interessata. L’affare è gigantesco e si riferisce alla concessione mineraria per uno dei più grandi giacimenti degli Stati Uniti, che comporterebbe un profitto inimmaginabile: un business che fa gola al mondo intero e “tutti” sono disposti a vender l’anima pur di trarne ingenti profitti.
Nel mondo economico finanziario è risaputo che “lo Squalo” non ammette errori e, ancor più, non permette a nessuno di mettergli i bastoni tra le ruote, infastidendolo nei suoi affari e nelle sue azioni. E sa usare tutti i mezzi leciti ed illeciti per ottenere ciò che vuole.
Mentre è in atto questa gigantesca operazione, Sara Conti, una ragazza italo americana, si sta recando nella cittadina di Waterfalls, nel disperato tentativo di fermare tale progetto dannoso e devastante per la regione interessata al famoso piano industriale minerario. Lei è ben conscia che tale scelta cambierà la sua vita per sempre.
A fianco della coraggiosa Sara c’è il suo fraterno amico Angelo, che l’aiuta in ogni modo possibile fornendole utili informazioni sulla questione e, come paravento per la loro operazione di sabotaggio al piano minerario, hanno acquistato, in comproprietà, la taverna Old Lady, un vecchio locale in crisi e a corto di clientela.
Il socio ed ex proprietario della taverna è il vecchio Smith con suo figlio Ian, un ragazzo ribelle, sfrontato e abbastanza arrabbiato per la decisione del padre di vendere la quota del locale.
All’inizio il rapporto tra Sara e Ian fa scintille: lei con il ruolo di coordinatrice della taverna ed il ragazzo, che si sente emarginato dalla totale gestione della sua proprietà, renderà inevitabili i battibecchi ed i dissidi che saranno all’ordine del giorno.
L’idea di Sara ed Angelo ha come obiettivo cercare l’appoggio dell’Agenzia di Protezione Ambientale per contestare il rinnovo della concessione mineraria e proporre un piano “commerciale”, turistico ambientale, alternativo a quello industriale evitando la concessione, con relativo stabilimento chimico, all’interno del parco naturale, che sarebbe l’inizio della sua distruzione oltre ad un folle scempio ambientale.
Il destino vuole che “lo Squalo” venga a conoscenza del tentativo di fermare il “suo” progetto e la questione si complica, regalando a Michelle Suzzi la possibilità narrativa di spaziare tra le fenditure dell’animo e le vicende esistenziali dei protagonisti con interessanti quadretti familiari, recuperi memoriali fino ad allora celati, divertenti dialoghi ed inaspettati coup de théatre come ad ammonire che “le sorprese della vita son sempre dietro l’angolo”.
La narrazione evolve con alterne vicende e numerosi riferimenti a procedure e complesse manovre societarie, ma, alla fine, dopo strenua battaglia legale, la combattiva Sara riuscirà a bloccare il diabolico piano industriale e far prevalere il suo progetto.
Nel dipanarsi di questo scontro a distanza e senza esclusione di colpi, la protagonista sarà vittima di macchinazioni perverse e machiavelliche, verrà a conoscenza di un doppio gioco perpetrato contro di lei, dovrà fare i conti con un ex fidanzato pazzo e violento, subirà minacce ed intimidazioni, sarà tradita da coloro che sono vicini a lei, infine, rimarrà stupefatta davanti all’ultima sconvolgente rivelazione del padre, ma niente riuscirà a fermarla.
Il romanzo “Eco of love”, di Michelle Suzzi, rappresenta, simbolicamente, la complessità della vita, paragonabile ad una giostra che gira vorticosamente e può ingannare i sensi, catapultare nella vertigine, dissolvere, come neve al sole, le presunte certezze e, a volte, obbligare a scendere per riprendere in mano la propria vita.
Michelle Suzzi si può ben definire scrittrice fantasmagorica ed eclettica, capace di passare, nel tempo d’un battito di ciglia, dalla battuta divertente d’un dialogo tra i protagonisti a profonde riflessioni su grandi temi sociali, sempre mantenendo ben salda la sua coerenza narrativa.

Massimo Barile


Eco of Love


I neri cumulonembi carichi di pioggia che minacciavano l’orizzonte dell’oceano, erano un presagio di ciò che stava per accadere. Da tempo il mare non ruggiva così intensamente ed il forte vento, che costringeva la salsedine fino ai binari della stazione cittadina, obbligava tutte le persone in attesa a ripararsi nei loro cappotti. E proprio lì, accanto ad un freddo, umido e stanco muro, un giovane uomo stava per fare la telefonata più importante della sua breve, repentina ed inaspettata carriera.
Esattamente due anni fa quella conversazione diede il via ad una delle operazioni nascoste più proficue, ma anche potenzialmente più catastrofiche a livello ambientale, del secolo. Il profitto astronomico che si intravedeva rappresentava un bottino troppo ghiotto per lasciarselo sfuggire. Soprattutto per lui, lo Zambesi, come lo chiamavano tutti i dirigenti delle filiali americane riferendosi ad uno degli squali più imprevedibili ed aggressivi al mondo. Lui non aveva mai avuto nessun dubbio, nessuna pietà, nessun rimorso. In palio c’erano ricchezza e potere, le sue droghe preferite.
L’ingegnere Reed, neo dirigente della sede di Houston, era al settimo cielo mentre attendeva il treno che lo avrebbe riportato nella vicina e sicura New York. Impulsivamente decise di chiamare lo squalo per comunicargli le ultime novità. Era certo che questo lo avrebbe messo in una posizione di spicco all’interno dell’azienda. Il capo in persona, con una chiamata, gli aveva affidato questo compito mesi prima e lui aveva colto subito l’occasione per farsi notare. Era arrivato da poco e tutti i suoi colleghi, soprattutto quelli con maggiore anzianità, miravano al posto di direttore della filiale, ma era stato lui a ricevere quell’investitura. Era stato lui a ricevere quell’unica chiamata e ne era fiero. Si sentiva il prescelto.
“Buongiorno signor Delfi, sono arrivati i risultati delle analisi e dei sopralluoghi effettuati dai nostri tecnici. Le confermo che siamo di fronte ad uno dei giacimenti più grandi degli Stati Uniti. Le stime fatte negli anni ’60 erano corrette ed abbiamo la concreta possibilità di incassare miliardi di dollari.”
“Ti sbagli ragazzo, – sentenziò lo squalo con voce gelida e di­staccata – noi non abbiamo la possibilità di farlo, io ho la possibilità di incassare miliardi. Posso quindi supporre che tu stia procedendo anche con la richiesta di rinnovo della concessione mineraria, giusto?”
“Sì… certo… volevo dire… mi scusi.. è lei che… – balbettò impietrito Reed – comunque sì, io ed il mio team stiamo predisponendo tutte le carte necessarie, ma non credo ci saranno delle difficoltà. Ho alcuni amici influenti che mi hanno assicurato il loro appoggio. Amici che hanno un discreto ascendente su alcuni membri della commissione del Distretto competente.”
“Ma non c’è ancora nulla di certo o mi sbaglio?! Non mi stai dando le garanzie che volevo, devo essere sicuro che non ci siano impedimenti di nessun genere. Quella terra deve essere a nostra disposizione il prima possibile! Non mi interessa quali amici hai o non hai, abbiamo già investito molto denaro per spianarci la strada, l’acquisizione dei terreni sta procedendo e non vorrei avere brutte sorprese… sai che non amo gli intoppi e potrei essere molto contrariato se il mio progetto dovesse fallire. Cerca di disturbarmi solo quando sarà tutto completato. Intesi?”
“Certo, come sempre signor Delfi, ma le assicuro che andrà tutto come previsto, guardi ho parlato personalmente con loro…”
“Come ti ho già ribadito non mi interessa cosa hai fatto o con chi hai parlato per ottenere ciò che ti ho chiesto. Voglio dei fatti e non delle parole. Chiaro?!”
“Chiarissimo, farò tutto il necessario per non deluderla.”
“Sarà meglio. Sarà meglio per te. Conosci bene la fine che fa chi tradisce la mia fiducia” concluse lo Zambesi, facendo onore al suo soprannome.

Un anno dopo, la stessa stazione stava per accogliere, una giovane ragazza italo-americana di nome Sara Conti. Lei sapeva bene che con quel viaggio, con quella scelta, la sua vita non sarebbe più stata la stessa, ma voleva ricominciare e lo stava facendo tornando in America. Nella piccola contea di Woodpecker, ed in particolare nella cittadina di Waterfalls.
Era lì che era iniziato tutto. Erano quelli i luoghi su cui lui aveva messo gli occhi ed era proprio in quel bellissimo territorio che lei doveva andare per confondersi ed immergersi con le persone e gli ambienti, nel disperato tentativo di fermarlo. Sapeva che tutto quello che aveva affrontato negli ultimi mesi sarebbe stato nulla in confronto a ciò che l’attendeva, ma nessuno avrebbe potuto prevedere quello che accadde realmente dopo.


Sara

Dicono che abbiamo a disposizione un numero limitato di battiti del cuore. Non so quanti ne abbia consumati nei primi trent’anni della mia vita ma sono certa che negli ultimi dodici mesi il mio countdown abbia subito una discreta accelerata. Potrei aver perso qualche giorno della mia esistenza, anche se non credo sia importante il numero dei minuti o delle ore che ci vengono concesse ma piuttosto la loro qualità. Fino al mio arrivo su questa terra avevo sempre arrancato in un mondo ovattato, pieno di finzione, imbrogli, doppi giochi e facciate perbeniste ma mi sfuggiva completamente, ora lo comprendo, ciò in cui consiste veramente la gioia di vivere. La felicità, l’amore ma anche il dolore e la tristezza sono tutti elementi della stessa esperienza. Sono sentimenti che se li lasci entrare ti permeano così a fondo da cambiarti per sempre. Io l’ho fatto ed ora sono una persona che non vive più nell’ombra di se stessa, che non ha più paura di sbagliare, ma che abbraccia gli errori e le difficoltà della vita come un dono perché è grazie a loro che si cresce e si migliora.
Le cose accadute nell’ultimo anno hanno rappresentato un susseguirsi di imprevisti e sorprese, ma ormai ho compreso che dopo una notte di burrasca ritorna sempre a splendere il sole. Coincidenza, destino, fato, non saprei come definirlo, ma ad un anno esatto dal mio arrivo sulla costa di Waterfalls, nel gennaio scorso, ecco incombere quella che molti hanno già battezzato la seconda tempesta del secolo. Tralascerei per il momento il fatto che per loro, la prima, coincise anche con la venuta della sottoscritta.
Mancano solo due giorni al suo arrivo, i residenti del litorale sono in subbuglio, tutti si stanno preparando sbarrando le finestre, sistemando sacchi di sabbia e facendo scorte di candele e torce per l’inevitabile blackout annunciato dalle tv locali.
Anche noi ci stiamo attrezzando, fortunatamente l’Old Lady è costruita su una collinetta e l’acqua non ci fa paura ma la sua struttura risale a fine ’800 e come tutte le vecchiette ha bisogno di qualche aiutino per superare anche questo piccolo ostacolo che la vita le ha posto davanti… tuttavia è abituata a ben peggio. Le sue forti e sagge mura nell’ultimo anno sono state il teatro di guerre e riappacificazioni, odio e amore, silenzi e parole che hanno ferito più di mille spade, inganni e verità che hanno distrutto ed unito famiglie.
Scusate… mi accorgo adesso che a causa dell’impellenza del momento, in effetti ho appena terminato di mettere in sicurezza i vetri dell’Old Lady, non mi sono neanche presentata. Mi chiamo Sara e questa è la mia versione della storia.


1.

Il mio arrivo e l’incontro con l’Old Lady

L’ultimo traghetto della giornata stava riportando i turisti al porto dopo la visita alla splendida costa. Sapevo che da lì a pochi minuti sarei dovuta scendere anche io. Ero rimasta a bordo per tutto il giorno cercando il coraggio di aprire questo nuovo capitolo della mia vita, ma forse ciò che temevo di più era chiudere con il precedente. Le parole di mia madre continuavano a rimbombarmi nella testa.
“Te ne vai proprio ora Sara?! Tuo padre è fuori pericolo ma non è ancora in grado di occuparsi della società! Non capisci che abbiamo bisogno di te qui?! Non pensavo fossi una tale egoista!”
Lei non capiva, tutta la mia famiglia non capiva, in realtà non gli era possibile farlo perché non gli avevo dato tutti gli elementi per comprendere. Lo stavo facendo per proteggerli, anche se soffrivo molto non potevo spiegargli ancora nulla altrimenti ci avrebbe scoperto e non avremmo più potuto fermarlo. Negli ultimi mesi mi ero resa conto che se fossi rimasta non sarei potuta intervenire in alcun modo. Lui era troppo influente, aveva amici e spie ovunque ed io non potevo fidarmi di nessuno. L’unica speranza che avevo era legata alla nostra partenza. Non potevo più rimanere in quel posto, erano mesi che trattenevo il respiro in attesa di un cambiamento, che ora so, non sarebbe mai arrivato e quando presi quella decisione fu il finimondo perché più che una partenza fu una fuga.

“Sara tesoro, è ora.”
Fred, il capitano del traghetto Batterfly, mi riportò alla realtà. Non mi aveva mai incontrato prima ma dopo oltre 50 anni in mare, una moglie, quattro figli e non so quanti nipoti, conosceva la vita e le sorprese che alle volte quest’ultima ti riserva. Quando mi vide all’alba arrivare dalla stazione ferroviaria e dopo qualche istante di esitazione, correre prima al di là della strada e poi lungo il pontile per risalire subito in lacrime sul suo traghetto, non aveva avuto bisogno di chiedermi nulla. Mi prese semplicemente per mano, mi fece accomodare nell’ultimo posto a prua, mi guardò e mi disse: “Il mare è un buon consigliere, ti indicherà la strada.”
“Sono dieci ore che sei a bordo, non hai mangiato, sarai stanchissima, sai già dove passare la notte? Hai qualcuno che ti aspetta a terra? – mi chiese posandomi una coperta sulla spalle – Io e mia moglie Caroline saremmo felici di ospitarti.”
Le parole di Fred furono come una doccia fredda per me “Hai qualcuno che ti aspetta a terra?” Certo che ce l’avevo, Angelo mi aveva preceduta di un paio di settimane, mi sembrava di averlo intravisto in un’auto che stava parcheggiando appena uscita dalla stazione, ma ero subito salita sul traghetto senza neanche avvertirlo.
“Sono un disastro, in realtà mi aspettava una persona, sarà arrabbiatissima – delusa da me stessa mi portai le mani al viso per nascondermi dall’ennesimo errore – spero di riuscire a rintracciarlo, si è trasferito da poco anche lui, ma mi ha inviato una mail con il suo indirizzo.”
Con un sorriso paterno Fred si offrì di accompagnarmi, conosceva il territorio come il suo traghetto e per lui fu molto semplice trovare la strada.
“Eccoci arrivati tesoro, la via è questa e l’edificio è quello azzurro di fronte all’Old Lady, il locale più antico della città. Mi raccomando se hai bisogno di qualsiasi cosa chiama o cercami al porto, sei sicura di star bene?” mi chiese Fred premuroso allungandomi un biglietto con il suo numero di telefono e l’indirizzo di casa.
“Sì grazie, tutto a posto, devo affrontare questa cosa e devo farlo adesso, sei stato gentilissimo non so come sdebitarmi.” Scese per aprirmi la vecchia portiera e quando mi fu vicino gli dissi: “Posso farti una domanda? Come mai sei stato così gentile con me, in fondo non mi conosci neanche….”
Mi guardò dritto, con quei suoi occhi neri, profondi come le acque che aveva solcato negli ultimi anni, mi sorrise mostrando in viso tutti i segni di una vita di duro lavoro e dolcemente mi rispose:
“Tesoro, ti ho trovato all’alba sulla spiaggia dopo una notte di tempesta, appena ti ho visto ho pensato che il mare volesse dirmi qualcosa. Io e lui abbiamo un rapporto intenso e profondo che dura ormai da oltre mezzo secolo. Lo rispetto, lo ammiro, è mio amico e mentore, mi fido di lui ed ho imparato che non fa mai nulla per caso. Se sei qui e se ho avuto il piacere di incontrarti sono sicuro che ci sia una ragione, quale sia la dovrai scoprire da sola.”
Così si congedò, mi salutò pregandomi di andare a trovarlo, mise in moto il vecchio furgone rosso e scivolò via verso casa, verso la sua Caroline.

Ok ero lì, erano ormai le otto di sera, avevo freddo, fame ed ero stanca ma non avevo il coraggio di suonare… Su dai Sara suona… è facile… basta spingere sul bottone del campanello… basta poco… Mi guardavo attorno nella speranza di trovare una qualsiasi scusa per non farlo… che ne so… un asteroide che puntava verso di me, magari qualche alieno che mi voleva rapire, una qualsiasi catastrofe naturale… e invece niente, il silenzio più assoluto, davanti a me ciò che mi univa al mio passato ed alle mie spalle l’Old Lady, il mio futuro… ok vado… pensai.
“Sì? – una voce famigliare rispose al citofono gracchiante – Ciao sono io, Sara. Scusa il ritardo Angelo, potrei dirti di aver avuto un contrattempo ma in realtà sai benissimo che ho avuto solo paura.”
“Sali, primo piano – pausa straziante prima del tiro alla porta – non ti preoccupare sapevo che non eri in pericolo.”
Angelo mi stava aspettando, sorrideva, ed appena fui alla sua portata mi strinse forte come non mai. Non lo vedevo solo da una decina di giorni ma mi mancava già moltissimo e dal suo prolungato abbraccio dedussi fosse lo stesso per lui.
Al sicuro fra le sue braccia scoppiai inevitabilmente a piangere, solo poche settimane prima eravamo in Italia, nel giardino dei miei discutendo i dettagli della mia fuga… per dirla tutta io cercavo di convincerlo che andare via da tutto e tutti fosse l’unica scelta possibile mentre lui tentava invano di propormi soluzioni alternative. Sento ancora le sue parole:
“Sara ricorda che se deciderai di andartene così ci saranno delle conseguenze per entrambi. Sanno del mio coinvolgimento, sono la tua ombra e tu la mia, sei sicura? Non crederanno a lungo a ciò che gli abbiamo raccontato, soprattutto lui. Farà delle verifiche e cercherà di controllare ogni nostra mossa, sospetta già qualcosa.”
“Ne sono consapevole ma non c’è altra soluzione, dobbiamo rischiare il tutto per tutto. Ora o mai più, sono sicura. Sei con me?” chiesi retoricamente dato che sapevo benissimo che non mi avrebbe mai abbandonata, il nostro legame era troppo forte e profondo.
“Così mi offendi Sara, – rispose rassegnato – io sarò per sempre al tuo fianco, ovunque andrai, non rinnegherò mai le nostre promesse. Partiamo.”

“Adesso entra, altrimenti prenderai freddo – disse Angelo allontanandomi dai miei pensieri – ti preparo qualcosa di caldo nel frattempo dimmi come è andato il viaggio e se hai avuto contrattempi, come ti senti? Credi che se la siano bevuta? Sei riuscita a depistarlo?”
“Il viaggio direi che è stato perfetto, nessun intoppo. Pensano stia trattando affari per conto della società, in cerca di altre fonti rinnovabili, come avevamo progettato. Periodicamente faccio avere al nostro ufficio dei resoconti dettagliati a supporto della nostra copertura. Forse la mamma sta iniziando ad avere qualche dubbio, la nostra discussione prima della mia partenza è stata veramente dura. Vedevo che non poteva credere a ciò che le stavo dicendo, non era da me abbandonare tutto e tutti così all’improvviso. Soprattutto dopo che eravamo riuscite a riavvicinarci… Ma Angelo… volevo scusarmi per stamattina – proseguii imbarazzata – non dovevo lasciarti lì ad aspettare senza dirti nulla e salire sul traghetto, ma mi sono fatta prendere dal panico e dovevo trovare un posto dove poter riflettere un po’.”
“Non ti devi scusare tesoro, ti ho vista ed ero certo che saresti comunque stata al sicuro. Sapevo anche che avevi bisogno di stare da sola con i tuoi pensieri. Sono stati mesi molto duri e faticosi, non so neanche io dove hai trovato la forza per andare avanti. Invece hai preso in mano la situazione e deciso di reagire nonostante sapessi benissimo cosa avrebbe comportato.”
“Grazie Angelo, ma da sola non ce l’avrei fatta, senza la tua costante presenza e senza il tuo sostegno starei ancora brancolando nel buio e soprattutto sarei ancora in balia di Maurizio… non so come abbia potuto tradire ed ingannare tutti così facilmente. Comunque adesso non ci voglio pensare, ho solo bisogno di un bagno caldo e di dormire un po’.”
“Tranquilla Sara, vai pure, nel frattempo finisco di preparare” disse Angelo indicandomi il corridoio.

Mi svegliai il giorno dopo con il rumore di una grossa motocicletta, non uno dei risvegli migliori della mia vita, ma il sonno di quella notte ripagava quella sveglia non richiesta. Non ricordo neanche come feci ad arrivare a letto, ero crollata poco dopo aver cenato ed Angelo, come sempre, si era preso cura di me.
“Sara sei sveglia? – il mio compagno di sventura era appena rientrato in casa con un bel sacchetto di prelibatezze, conosceva benissimo l’effetto che facevano su di me – ti ho portato la colazione.”
Assonnata mi sedetti al tavolo della cucina, avremmo dovuto pianificare le nostre mosse, non volevo ma dovevo, sapevo però che una o più di quelle delizie dolci mi avrebbero aiutato. Non potevo continuare a rimandare quindi decisi di prendere di petto la situazione.
“Allora come procediamo? – lo presi alla sprovvista, sicuramente pensava di dovermi corrompere con altre leccornie prima di arrivare al sodo – ieri sera non abbiamo fatto in tempo ad aggiornarci, ma volevo sapere se hai già trovato una sistemazione per me. Per il lavoro come hai deciso di procedere, tu sarai il socio di maggioranza ed io la coordinatrice del locale, giusto? Hai già fatto un sopralluogo? Cosa dice la gente? Hai visto il vecchio Smith? Hai già avuto contatti con il consiglio della contea, con la consigliera Cornwell o con le associazioni ambientaliste del posto?”
“Ok Sara, così mi piaci. Reattiva. Ecco la situazione. Par­tiamo dalle cose facili, dalla nostra copertura. La taverna. Appena arrivato ho incontrato Thomas Smith che, prima di partire, mi ha presentato allo staff e fatto vedere i locali. Per le pratiche tutto ok, risulto il proprietario al 51% dell’Old Lady, ci sono molte cose da fare, non ti nascondo che la situazione è critica, sono necessari lavori di manutenzione, l’ambiente promette bene ma il danno d’immagine è stato fatto. Ci vorrà tutta la nostra esperienza ed impegno per rimediare. La versione ufficiale è che Smith si è preso una pausa dal lavoro per fare una lunga crociera intorno al mondo, prima di tornare nel Galles a far visita ad un anziano zio. Per quanto riguarda invece la situazione del parco e del territorio, ho visto ieri la consigliera federale dell’Agenzia per la protezione ambientale che grazie all’aiuto di Thomas sta procedendo con il piano. Nei prossimi giorni ci incontreremo per i dettagli, anche se mi ha fatto chiaramente capire che la questione è veramente molto spinosa e sarà complicato ottenere il risultato che speriamo. A breve ci aspetta l’incontro con l’ufficio dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente per esporre tutte le nostre perplessità e per parlare del piano industriale presentato, sia con i Sindaci che con i presidenti delle associazioni del luogo, dato che il Tribunale federale distrettuale ha già accolto l’istanza di rinnovo della concessione mineraria.”
“Non iniziamo bene – sospirai – la situazione dello stabile non mi preoccupa mentre la faccenda dell’Agenzia, delle varie commissioni e del piano industriale molto di più. Ma siamo qui per questo. Dobbiamo raggiungere il nostro obiettivo e sono certa che ce la faremo. Comunque affrontiamo una cosa alla volta e torniamo a quello che dobbiamo fare stamattina, sistemiamo la nostra copertura. Me lo sono persa o non mi ha detto chi è il proprietario del restante 49% del locale?”
“Si tratta di Ian Smith, il figlio di Thomas – si affrettò a rispondere Angelo – purtroppo devi sapere che non ha preso molto bene la decisione del padre di vendere la quota del locale, oltretutto lo ha scoperto il giorno stesso del mio arrivo. Non era preparato ad una notizia del genere. Da quel momento non ha più messo piede all’Old Lady, se ne è andato sbattendo la porta subito dopo una furibonda litigata in cui qualche stoviglia ha perso la vita contro i muri del locale. D’altronde mi aspettavo una reazione del genere, la sua fama lo aveva già preceduto. Ian nell’ultimo anno è stato una inesauribile fonte di guai e preoccupazioni per suo padre, risse ed alcol, mi hanno detto fossero all’ordine del giorno.”
“Uhm… tipo tranquillo il ragazzo – commentai sarcastica – sarà un problema contenerlo? Speriamo si faccia di nebbia ancora per un po’… abbiamo già troppe cose a cui pensare…”
“Mi spiace deluderti di prima mattina Sara, ma è tornato circa un’ora fa, ho visto la sua moto davanti al locale.”
“Bene, ora so chi mi ha dato il buongiorno non richiesto stamattina – sottolineai prendendo atto dello scherzo del destino – sarà una giornata impegnativa. Mi preparo ed arrivo, devi presentarmi allo staff giusto? Dovrei sapere altre cose?”
“Beh, ci sarebbe la questione del tuo alloggio – mi disse Angelo con fare strano, la lunga pausa che ne seguì mi diceva che non avrei gradito molto il seguito – dato che avevamo deciso che vivere insieme avrebbe complicato troppo la situazione, ho chiesto in giro ma gli appartamenti disponibili erano un po’ troppo lontani da qui… così Thomas mi ha suggerito di utilizzare quello sopra al locale.”
Ok, in apparenza sembrava una bella notizia ma qualcosa mi diceva che mi stavo sbagliando. È una vita che conosco Angelo e quando non mi guarda negli occhi sono certa mi nasconda qualcosa…
“No, non mi fissare con sospetto… niente di grave è che l’appartamento ha bisogno di alcuni lavoretti di ristrutturazione, serviranno molte ore extra oltre a quelle che richiederanno il locale, le diverse udienze con il consiglio della contea e le commissioni. Non vorrei che ti stressassi troppo… – lo guardai storta – ok… non è proprio tutto qui. In realtà l’appartamento in origine era solo uno ed ora sono due, in uno ci stava il vecchio Smith, ed è quello in cui ti trasferirai tu, e nell’altro ci vive Ian.”
“Sì, ok, va bene. Pensavo peggio, sono certa che riuscirò a gestire sia la situazione che Ian – pensai erroneamente sottovalutando il giovane Smith – mi stavi spaventando. Andiamo non voglio fare tardi il primo giorno di lavoro e dopo che avrò incontrato lo staff mi farai vedere dove vivrò per i prossimi mesi.”

Arrivammo all’edificio in pochi minuti, il sole del mattino illuminava la vecchia insegna “Taverna Old Lady” e improvvisamente mi ritrovai ad ammirare quel palazzo. Ne rimasi subito affascinata. Tutto lo stabilimento risaliva alla fine dell’800, aveva più di 100 anni ed i suoi mattoni rossi e gli infissi bianchi mi trasmettevano un’aria di sicurezza e pace che ancora oggi mi accompagna, mentre la graziosa terrazza di legno accanto alla porta a vetri del locale, sembrava il fiore all’occhiello di una vecchia giacca da cui non riesci a separarti.
Me ne innamorai all’istante, ricordo ancora tutto di quel giorno, gli odori, i visi, le emozioni che provai. Una volta fatti i tre scalini all’entrata mi trovai catapultata in un grande salone open space, sulla sinistra un antico bancone di legno di rovere, sovrastato da un bellissimo registratore di cassa in ottone, ad occhio della stessa età dei locali. Alcuni vassoi di vetro esponevano qualche pasta e torte per la colazione, il profumo di caffè e brioche che si diffondeva nell’aria era inebriante. Due ragazze servivano ai tavoli mentre una terza stava cercando di aprire una confezione di zucchero, anche se per la cronaca sembrava che quest’ultima stesse avendo la meglio.
Il primo benvenuto in quella nuova vita me lo diede un dolcissimo pastore tedesco di circa un anno. Aveva al collo una buffa bandana rossa, mi venne incontro scodinzolando e dopo la prima annusata indagatrice, iniziò a leccarmi le mani in segno di affetto.
Passata a pieni voti l’ispezione canina, con Angelo al mio fianco, mi sedetti al banco studiando attentamente la sala: il parquet di legno con la lucentezza del passato raccontava una storia ad ogni passo grazie al suo scricchiolio, alle pareti invece pendevano vecchie fotografie e poster che negli anni avevano visto più di quanto si potesse immaginare. Ad occupare il centro del locale ci pensavano nove tavoli, distribuiti su tre file, che al momento ospitavano solo due coppie di turisti ed un cliente in un angolo che di prima mattina stava sorseggiando qualcosa che il mio istinto mi diceva non essere caffè. Una delle ragazze in sala si avvicinò ad Angelo, lo aveva riconosciuto subito ma c’era qualcosa di più, nel modo in cui lo guardava mi resi conto che il suo interesse non si limitava alla sfera professionale. Non iniziavamo assolutamente bene.
“Buongiorno Mr. Cortini, è un piacere vederla così di prima mattina – disse arrossendo in viso – ha già fatto colazione? Le posso portare un caffè? Macchiato come al solito?”
Ma cosa vuol dire come al solito, è qui da due settimane e pensi già di conoscere i suoi gusti!?!? Pensai irritata e forse un po’ troppo gelosa di quelle attenzioni.
“Sì grazie Leila, sei molto gentile, porteresti un cappuccino anche a Ms Conti? Ti pregherei anche di chiedere a tutti di raggiungerci nel retro, vorrei presentarvi la nuova manager del locale” disse indicando con la mano nella mia direzione.
“Certo – rispose squadrandomi da testa a piedi e affrettandosi dietro al banco – arriviamo subito.”
“E scusa Leila, mi faresti la cortesia di invitare anche Ian al nostro breafing, logicamente se non ha altri impegni per la giornata” aggiunse sarcastico.
Come, Ian Smith era lì? Ma dove? Non me ne ero accorta. Seguii Angelo nel retro e curiosa mi feci indicare il nostro piccolo problema da dietro alla porta a vetri che separava l’ufficio dal locale. Eccolo là il nostro uomo, quello seduto in fondo alla sala che beveva whisky alle otto di mattina. Perfetto, pensai ironica.

Ok eravamo tutti riuniti nel retro del locale, anzi quasi tutti… logicamente il giovane Smith si stava facendo attendere, forse per stupirci con un’entrata ad effetto.
“Buongiorno ragazzi, – disse Angelo appena furono davanti a noi – volevo presentarvi la nuova coordinatrice della taverna, Ms Sara Conti che nei prossimi mesi mi aiuterà a riorganizzare il locale. E Sara, ecco il tuo staff, queste sono Leila, Anna, Grace e Lucas.”
Sorrisi a tutti e diedi a mia volta il buongiorno. Davanti a me c’erano quattro persone estremamente eterogenee. Leila che avevo già visto prima al locale era una esuberante giovane ragazza di appena vent’anni. La prima cosa che colpiva nel guardarla era la sua lunga, bionda ed artificiale chioma. Era alta e longilinea come una modella e con il suo stile non esattamente sobrio, non smetteva di fissarmi, quasi volesse sfidarmi. Accanto a lei c’era Anna, una donna di oltre 50 anni, capelli neri, formosa, con un viso ed uno sguardo molto dolci che lavorava nel locale da più di dieci anni. Angelo mi aveva detto che era una persona estremamente efficiente e che avremmo potuto contare sul suo aiuto pratico per la riorganizzazione della locanda. Poi ecco Grace, una ragazza ricciolina della mia stessa età, afroamericana, che dava l’impressione di essere intimidita e spaventata dal nostro arrivo. Giocava nervosamente con le mani e aveva uno sguardo impaurito. Mentre l’ultimo elemento del nostro staff, Lucas, si dimostrò essere nel tempo tutto tranne che timido. Questo ragazzone di venticinque anni alto, muscoloso ed abbronzato, che sembrava appena uscito dal telefilm Baywatch, mi diede un caloroso benvenuto abbracciandomi e dandomi subito la sua disponibilità per eventuali turni supplementari.

[continua]


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