La mente e il cuore

di

Mirco Bortoli


Mirco Bortoli - La mente e il cuore
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 88 - Euro 9,50
ISBN 978-88-6587-8972

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In copertina: «Myth – Mythology – Eros and Psyche» © Archivist – Fotolia.com


Introduzione dell’autore

Se è vero che la poesia è quanto di più lontano ci sia dai processi di omologazione tipici della nostra società, e quanto di più refrattario alle logiche del mercato (assai raramente un poeta può sostentarsi con la poesia), questo non significa però che essa debba ridursi a mera sperimentazione linguistica ed il poeta a puro giocoliere della parola1.
Io credo in una poesia attenta alla dimensione “sociale”, ai temi civili.
Il poeta deve saper cogliere le trasformazioni sociali e farsi carico di un conseguente impegno etico.
Fatti e sensazioni della vita vanno poi tradotti in parole comprensibili non solo ad una elite2, attraverso uno stile per lo più sobrio e limpido, che pur non facendo uso necessariamente di metrica e di rima, non rinunci alla musicalità della parola e del verso, affinché il pensiero dell’autore – così veicolato – possa più agevolmente giungere al cuore e alla mente del lettore3.
Personalmente di rado mi lascio andare ad una visione disincantata e ironica dell’esistenza.
Più spesso mi colpisce la condizione dell’uomo contemporaneo, la sua sostanziale solitudine e incomunicabilità, il suo disorientamento di fronte ai grandi “nodi” dell’esistenza, cui spesso egli reagisce con un modo di essere superbo e presuntuoso.
Accanto ai temi più “universali” e per certi versi tradizionali, quali l’umano dolore, la fatica del vivere e la morte non manca nella mia poesia un certo anelito di “trascendenza” o quantomeno un sentimento di “speranza”, che passa attraverso il recupero di un rapporto con la Natura, con la sua essenziale Verità, fino a riconoscere nell’Amore per le persone care e soprattutto nell’Amore per l’Umanità, che si fa Solidarietà, Fratenità, impegno per la Pace l’unica autentica via che ci possa condurre ad una illusione di Felicità.

B.


1 “…la poesia non è un esercizio di retorica, né un esercizio puramente estetico, ma… la funzione della poesia è più profonda ed ha il carattere di una espressione veramente di salvezza” (G. UNGARETTI).

2 “…dire // parole, fare // cose che poi ciascuno intende, e sono, // come il vino ed il pane, // come i bimbi e le donne, // valori // di tutti…” (U. SABA).

3 “Nessuno sente più dell’artista… la pena che la sua parola rimanga indecifrabile a tanta parte degli uomini, come se la sua arte fosse opera straordinaria per la sua specie…” (G. UNGARETTI).


La mente e il cuore


Metròpolis

Oscure strade.
Ignoti destini.
Nessuna luce
a illuminare il passo.
Spenti semafori
su deserte vie.
Livida luna.
Algido silenzio.
Solo
m’aggiro
tra superbe macerie
d’alabastro
e di diaspro
tronfie vestigia
di perduti trionfi,
vacue agorà
d’inaridite fonti
adorne.
Urlo
all’infinito nulla.
Statua
fra le statue.


Un serto di rose scarlatte

Accogli
questo serto di rose scarlatte.
Per te le ho colte
in questa suadente notte di maggio
nel puro silenzio
del chiaro di luna.
Tra le immote fronde
ascolto il respiro del Tempo
e ti penso
ammantata del color della notte,
abbandonata
su un talamo di stelle.
Accarezzo
gli occhi tuoi dormienti
e le labbra tue dischiuse
come petali
di vellutato loto.
Sorgi, sole
sulle gote sue rosate
e sulle rugiadose chiome
di maggese fieno
fragranti.
Apri il cancello del tuo cuore
amor mio
e concedimi in dono
un frammento d’eternità.


Odette *

Questa notte ti ho sognata.
Eri una rosa bianca,
dolcezza di fanciulla.
Nel roseto minuscola,
umilmente appartata
al limitar del prato,
eppur bella
nel semplice candore
dei tuoi minuti petali.
Generosa con Ape e con Farfalla.
Indulgente
con Cocciniglia e Afide.
Vento, amico,
effondeva l’essenza tua delicata,
che ancor, se chiudo gli occhi,
intorno avverto.
Fu facile reciderti,
innocente.
Non recavi spine a tua difesa.

* Amica e compagna di scuola carissima, stroncata da un male incurabile all’età di 46 anni.


Epilogo

Abbiamo messo veli sugli specchi
chè non rimandino
l’immagine di noi
ciechi
sordi
muti.
Non è dato sognare
nuove aurore
a noi che sino le nuvole
intrappolar vorremmo.
In lucenti scatole
di latta
ci siamo anzi imprigionati,
come bimbi
incantati da bolle arcobaleno.
Pupi che recitano
se stessi
in un plasticato teatrino.
S’apre la bocca.
È muta.
Scomposti
i gesti.
Crediamo questo il nostro mondo
come il pesce rosso nell’acquario.
Solo.
E soli rincorriamo
vuote apparenze
di cosmetica perfezione.
Al dolore
sordi
alla malattia
ciechi.
Di obsolescenza
non s’osi…
Macchine funzionali
a produrre
a consumare
mai e poi mai
pensiamo ad esser rottamati,
sempre in attesa
di quel pezzo di ricambio
brevetto d’immortalità.

[continua]


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