Il sogno di una vita

di

Nicoletta di Stefano


Nicoletta di Stefano - Il sogno di una vita
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 114 - Euro 14,00
ISBN 978-88-6587-6664

Libro esaurito

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In copertina e all’interno fotografie di: Francesco Parisse


Dover rinunciare alla passione della tua vita lascia un vuoto che difficilmente può essere colmato. Costringersi ad altro, estranei alla propria natura, sprofondare dentro se stessi e non riconoscersi, affiorare per sopravvivere, sono sensazioni che evocano pensieri e stati d’animo spesso contrastanti. Si susseguono momenti di rassegnazione ad altri di forte attaccamento alla vita, di distacco e di condivisione, di ombre e di luci. È un percorso ad ostacoli che sembra non terminare mai, da percorrere a diverse velocità, con stazioni obbligate, che suscita profonde riflessioni, le cui conclusioni possono non essere univoche ed oggettive, ma sono espressione della nostra sensibilità, forza, personalità. Per giungere sino in fondo bisogna essere disposti a mettere in discussione le proprie convinzioni, stando pur certi che il nostro io ne risulterà arricchito.


Prefazione

“Il sogno di una vita”, libro autobiografico di Nicoletta di Stefano, dimostra chiaramente la sua necessità vitale di “scrivere”, come fosse atto liberatorio, direi quasi salvifico, raccontando la propria esperienza esistenziale, alternando pagine struggenti ad altre crudamente legate alla realtà vissuta, ma sempre pervase di un sentimento d’amore stupendo che ammanta la sua Parola, la rende viva e pulsante, ardentemente sentita e tenacemente perseguita.
Il corpo si fonde con l’anima, il dolore viene metabolizzato vivendo le molteplici manifestazioni della vita ed il suo cuore è sempre pronto a guardare il nuovo sole che sorgerà, a captare anche il lieve spiraglio luminoso che possa permettere di continuare a vivere, lottando e conquistando ogni attimo dell’esistenza che, prima o poi, sempre offrirà una nuova possibilità di rigenerazione.
La sua vicenda è drammatica e, all’inizio, non è certo facile raccontare ciò che sta succedendo al suo corpo, ma tutto viene reso in modo profondo, avvolto da una sensibilità estrema che diventa simile ad un flusso naturale della vita: pare non vi sia spazio per il rancore ed il rimorso, ma solo la costante tensione a rendere, nel modo più trasparente, la sua storia costellata da inevitabili cambiamenti, sogni infranti, riflessioni sul senso autentico dell’esistere come a voler annotare su un simbolico diario le innumerevoli sensazioni, gli alterni stati d’animo, fino alle più labili percezioni del vivere.
Lei è una ragazza semplice con i sogni di una diciannovenne, ama la musica ed adora ballare e danzare, ma la sua vita viene stravolta quando inizia a soffrire di un dolore all’anca: è il sintomo iniziale della malattia, all’inizio diagnosticata come sclerosi laterale amiotrofica e, in un secondo tempo, il nefasto responso è artrite.
Il giorno 11 marzo 2014 è una data dolorosamente indimenticabile: è facile immaginarsi il duro colpo che si abbatte su di lei ed inizia una sorta di agonia seguendo il consueto iter sanitario.
Tutto cambia all’improvviso come un fulmine a ciel sereno che si abbatte violentemente su di lei, una tempesta che sconquassa l’animo: lei dimostra di possedere una forza immensa e decide di affrontare la grave malattia con coraggio, ma le sue gambe sembrano come paralizzate ed i dolori sono sparsi su tutto il corpo quasi a non lasciare un attimo di tregua.
Lei è anche una ragazza fortunata perché la sua famiglia è sempre al suo fianco, sempre presente, sacrificandosi in tutto e per tutto, come anche suo fratello che rinuncia alle uscite con gli amici per stare vicino alla sua amata sorella senza dimenticare la sua adorabile cagnolina Arya sempre in attesa di un suo semplice cenno per essere affettuosa.
Come una guerriera, grazie al suo coraggio e alla sua volontà di lottare contro la malattia, riesce a ritrovare la magia della vita ed un nuovo impulso vitale che possa aiutare a superare la condizione limitante: e quando l’amore farà risplendere la sua vita ogni limitazione verrà dissolta.
Nicoletta di Stefano alimenta la sua Parola con la vera sostanza della vita e con la sua grande capacità di raccontarsi in modo genuino, abbandonando le banalità e concentrandosi su ciò che è veramente importante.
La linfa della sua scrittura si irradia nelle tempeste emozionali e nelle zone più segrete dell’animo conducendo al nucleo primigenio che, come vento amico, sempre l’ha sospinta: l’amore immenso per la vita.

Massimo Barile


Questo lavoro non sarebbe mai esistito se il mio migliore amico, Francesco, non mi avesse chiesto di scrivere due righe per un suo esame universitario.
Tutto è cominciato, quasi per gioco.
Mi faceva stare bene scrivere, scrivere, e scrivere ancora.
Insieme abbiamo capito che probabilmente sarebbe nato “qualcosa” di concreto.
Ho scritto della mia vita negli ultimi tempi, ho scritto dei cambiamenti che ci sono stati.
Ho scritto della vita di una diciannovenne che ha una quotidianità DIVERSA.
Ringrazierò per sempre te Fra, amico mio, per avermi aiutata, facendomi scrivere.


Il sogno di una vita


“Ogni persona che incontri sta combattendo una
battaglia di cui non sai nulla.
Sii gentile. Sempre”.

Carlo Mazzacurati


Alla mia famiglia
a te, mamma
a te, papà
a te, Giammy
a te, Arya

A te, nonno Domenico
a te, zio Rocco


IO SONO

Mi ritrovo qui, a scrivere pensieri, impressioni, sensazioni che da un po’ vagano per la mia mente.
Io sono una ragazza normalissima: ho una testa, due braccia e due gambe.
Sono Nicoletta, o se volete Lucia oppure Francesca.
Il nome… non ha importanza.
Ho 19 anni.
Scrivo per passione e soprattutto per liberazione.
Scrivo più che altro per necessità personale da quando la mia vita si è rivoluzionata.

Ero una ballerina, vivevo di musica e passi che erano un tutt’uno con lei.
Ero… perché oggi sono una semplice studentessa di Medicina e Chirurgia che ha dovuto dire addio alla cosa più cara che aveva, al compagno di vita più fedele al Mondo, all’amore Vero.
Ecco, tutti amiamo qualcosa, qualcuno.
Io amavo ballare.
Io amavo insegnare a ballare a modo mio.
Io amavo trasmettere la mia felicità, la mia tristezza, le mie emozioni attraverso le mie coreografie.
Quello che più mi rendeva felice era far ballare i più piccoli.
Avete mai notato come ballano i bimbi?
Sbagliano i passi, fanno mosse strane, ma ci mettono il cuore, quello vero.
Io ero considerata dai miei maestri il nuovo prodigio delle danze caraibiche, in città ero conosciuta per questo.
Come sempre in queste cose, gente ti apprezza, gente ti odia, gente ti ammira, gente ti invidia.
Tutto però andava magnificamente bene, forse troppo, quando un dolore puntorio all’anca mi ha bloccata sempre più… e da lì è cominciata la mia agonia.
Il giorno 22 ottobre 2013 è iniziata la mia lotta, per vivere come meglio posso.
I Cinesi avrebbero detto che ero uscita dal cerchio della vita, per la troppa felicità, e un “qualcosa” doveva farmici rientrare.
Non starò mica qui a raccontare tutti i mesi peggiori della mia vita, potete star tranquilli, piuttosto racconto le mie condizioni attuali.
Io ho quattro gambe, due naturali e due canadesi, e dolori sparsi 24 ore su 24.
Ho una famiglia che mi sostiene.
Mi mettono le scarpe ogni mattina, quelle che un giorno mi hanno insegnato a mettere da sola.
Porto con me sempre due cuscini e non me ne vergogno.
Seppur nella malattia io ringrazio sempre un mio Dio, perché l’ha donata a me che credo, forse presuntuosamente, di essere in grado di affrontarla, piuttosto che ad un’altra persona, probabilmente più debole.
Ammetto che passare da una vita piena di allenamenti e soddisfazioni, a una vita sedentaria, sempre con un letto vicino, negli anni che dovrebbero essere i più belli, è difficile, ma “è sempre questione di punti di vista”.

Svelo qui un segreto e rimane solo qui.
Ci sono giorni in cui rimarrei sotto le coperte, piuttosto che alzarmi a combattere.
Mi aiuto da sola.
Con un auricolare solo, fucsia, metto una canzone stimolante, ma non troppo.
Io ballo, mentalmente… faccio una mia coreografia.
Dopo cinque minuti non dico di essere rinata, ma comincio la giornata meglio di come era iniziata.
Vi dico anche altre cose.
È stato frustrante per me vedere la sofferenza nascosta negli occhi dei miei genitori, che pur essendo del settore non riuscivano ad aiutarmi.
Solo io so quanto mia mamma ha pianto di nascosto da me.
Io la mattina facevo finta di dormire e sentivo lei dalla cucina tirare su con il naso.
Sono sensazioni che solo io potrò portarmi dentro.
Solo io so quanto mia mamma aspettava che le mie amiche venissero a trovarmi, ma non aveva capito ancora, che di amiche non ce n’erano più.
Esistono animi buoni… sono pochi, pochissimi e devi spulciarli per bene, ma ci sono.
E cosa, più di una malattia, ti fa capire quali sono le persone speciali?
Dio, o chi volete, vi dà la malattia, ma in cambio ti fa scoprire i veri gioielli della vita, le cose importanti della vita.
Come ci sono “pro” però, ci sono anche i “contro”: fa parte del gioco.
Io ho potuto scoprire allo stesso tempo la grandezza umana, ma anche la grande limitatezza.

Lottiamo ogni giorno per le pari opportunità, ma sappiamo davvero di cosa stiamo parlando?
Io non mi considero disabile e mai lo farò, ho un cervello che funziona bene e forse anche meglio dei miei coetanei. E fin quando la testa risponde, noi NON siamo disabili.
Io sono quella persona che i primi giorni di università del primo anno (non avevo idea di dove dovevo andare, né tanto meno cosa fare), ha dovuto farsi due piani di scale in stampelle perché sull’ascensore c’era un foglio con scritto “GUASTO”.
Ho guardato quel foglio… intensamente! Avrei voluto strapparlo.
Ho pensato anche che la vita è ingiusta.
Dopo i tre secondi di ira, mi sono detta: “Va bene, tranquilla, da domani ci sarà”.
Ebbene… io vi dico che quell’ascensore è stato guasto per ben 7 giorni lavorativi. Alla mia domanda: “Ma quando sarà di nuovo in funzione?”, ho ricevuto un: “Cosa vuoi che ne sappia io?”.
Incassi e vai avanti.
Vai avanti fin quando un giorno, nella facoltà di Medicina e Chirurgia, che dovrebbe formare prima Uomini e Donne e poi Medici, ti trovi davanti agli occhi un ragazzo in carrozzina che non riesce a fare lo scattino per uscire dall’ascensore.
Io mi fermo un attimo a guardarlo, ma soprattutto a guardare la generazione di Futuri Medici che alla sua vista se ne frega altamente.
L’ho guardato negli occhi, sono andata verso di lui. Ci siamo capiti con uno sguardo.
Bene, quel ragazzo è stato aiutato da me, che ero in stampelle.
Allora quando parliamo di parità, dobbiamo parlare di vera parità: la stessa possibilità di andare a lezione per me, per il ragazzo in carrozzella e per il ragazzo che può salire le scale a due a due.
Io vorrei che ci fosse la possibilità per me e per il ragazzo in carrozzella di entrare in palazzi pubblici senza che i nostri genitori debbano per forza trovare una strategia.
Io vorrei che ci fosse molta più sensibilità.
Vorrei che le persone davanti a due stampelle non facciano finta di niente e spingano per arrivare prima a prendere la nutella. Ce n’è per tutti.
Vorrei che le persone, piuttosto che guardare i bastoni, o una carrozzella, e fissarli, venissero da me a chiedermi cosa è successo.
Non sono argomenti taboo, sono argomenti che vanno trattati anche con i bimbi. Anche loro hanno il diritto di sapere che il percorso più bello, chiamato vita, può essere sempre dritto, oppure a volte bisogna percorrere delle deviazioni obbligatorie.
Io ripeto… non sono disabile, né mi ci sento. Io faccio progetti nella mia vita, come tutte le persone “Normali”, semplicemente aggiusto la mira.
Io posso camminare poco, ma una cosa che sogno ormai di fare da più di un anno, anche se potrà sembrare stupida, è quella di rotolarmi nel giardino perfettissimo e verdissimo di casa mia.

Sogno di andare un giorno al mare con la mia famiglia.
Sogno di poter andare a mangiare una pizza con il mio ragazzo, che è costretto a convivere con la mia famiglia da un anno e mezzo.
È bravo lui, è paziente, mi vuole bene.
Sogno di andare a trovare il mio migliore amico.
L’unico che mi è stato vicino da lontano, giorno per giorno.
Sogno di dare forza a persone che stanno passando e passeranno la mia situazione.
Sogno di insegnare ai meno abili come me a ballare, perché in carrozzina si può ballare, e ci si emoziona il doppio.
Sogno inoltre di riaprire quella sala da ballo che ho chiuso dopo poco tempo che stavo male e di sdraiarmi, di ascoltare la mia salsa preferita, e di piangere finché ne avrò.
Non sogno nulla di particolare, sogno una vita normale. Quello che per tante persone è stupido, banale… per me è speciale!
Chiudo questi miei pensieri con una frase tratta da un bellissimo film, fonte di ispirazione per me:

“Per vedere l’arcobaleno bisogna sopportare la tempesta”.

[continua]


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