Opere di

Octavio Paz


Vento cardinale e altre poesie


Tratto da “Giorni Feriali” (1958-1961)


SPARO

Salta la parola
dinanzi al pensiero
dinanzi al suono
la parola salta come un cavallo
dinanzi al vento
come un vitello di zolfo
dinanzi alla notte
si perde per le vie del mio cranio
dappertutto le tracce della fiera
sulla faccia dell’albero il tatuaggio scarlatto
sulla fronte del torrione il tatuaggio di ghiaccio
sul sesso della chiesa il tatuaggio elettrico
le sue unghie sul tuo collo
le sue zampe sul tuo ventre
il segnale violetto
il tornasole che vira fino al bianco
fino al grido fino al basta
il girasole che gira come un ahi scorticato
la sigla del senza-nome lungo la tua pelle
dappertutto il grido che acceca
l’ondata nera che copre il pensiero
la campana furiosa che rintocca sulla mia fronte
la campana di sangue nel mio petto
l’immagine che ride in cima alla torre
la parola che fa scoppiare le parole
l’immagine che incendia tutti i ponti
la fuggitiva a metà dell’abbraccio
la vagabonda che uccide i bambini
l’idiota la bugiarda l’incestuosa
la cerva inseguita
la mendicante profetica
la ragazza che nel mezzo della vita
mi sveglia e mi dice ricordati.


Tratto da “Salamandra” (1969)


SALAMANDRA

Salamandra

(nera

armatura il fuoco indossa)
calorifero a lenta combustione
tra le fauci della ciminiera – mattone o marmo –

testuggine statica

o rannicchiato guerriero giapponese
e l’una o l’altro

- il martirio è riposo –

impassibile nella tortura

Salamandra

nome antico del fuoco
e antico antidoto contro il fuoco
e pianta scorticata sulle braci
amianto amante amianto

Salamandra

nell’astratta città

fra vorticose geometrie – vetro cemento pietra ferro – formidabili chimere
sollevate dal calcolo
moltiplicate dal lucro
a fianco del muro anonimo
papavero improvviso

Salamandra

granfia gialla

rossa scrittura

sul muro di sale

granfia di sole

sul cumulo d’ossa
Salamandra

stella caduta

nell’infinitudine dell’opale sanguigno
sepolta
sotto le palpebre della selce
fanciulla perduta
nel tunnel dell’onice
nei cerchi del basalto
seme sotterrato

grano di energia

nel midollo del granito dormiente
Salamandra

fanciulla dinamitarda

nel petto azzurro e nero del ferro
esplodi come sole
ti apri come ferita
parli come sorgente
Salamandra

spiga

figlia del fuoco
spirito del fuoco
addensamento del sangue
sublimazione del sangue
evaporazione del sangue

Salamandra d’aria
la roccia è fiamma

la fiamma è fumo

vapore rosso

preghiera retta

alta parola di elogio
esclamazione

corona d’incendio

sulla testa dell’inno
regina scarlatta
(e fanciulla di calze violette
che corre spettinata per il bosco)

Salamandra

animale taciturno

panno nero di lacrime di zolfo
(un’estate umida
tra le piastrelle sconnesse
di un cortile pietrificato dalla luna
sentii vibrare la tua coda cilindrica)
Salamandra caucasica
sulla schiena cinerea della roccia
appare scompare
piccola lingua nera
macchiata di zafferano

Salamandra

nero animale brillante
brivido del muschio
divoratore d’insetti
minuto araldo dell’acquazzone
parente della scintilla
(Fecondazione interna
riproduzione ovipara
la nidiata vive nell’acqua
e cresciuta nuota torpidamente)
Salamandra
Ponte sospeso tra le ere
ponte di sangue freddo
asse del movimento
(Le mutazioni della specie alpina
quella più agile
avvengono nell’alvo materno
Di tutte le piccole uova due sole maturano
e fino alla nascita
gli embrioni crescono in un liquido nutriente
massa fraterna d’uova abortite)
La salamandra spagnola
montanina rossa e nera
Non batte il sole impiantato in mezzo al cielo
non respira
la vita non comincia senza il sangue
senza la brace del sacrificio
non si muove la ruota dei giorni
Xólotl rifiuta di esaurirsi
si nascose nel mais ma lo trovarono
si nascose nell’agave ma lo trovarono
cadde in acqua e fu il pesce axólotl
l’essere doppio

e “poi l’uccisero”

Iniziò a muovere percorse il mondo
la processione di date e di nomi
Xólotl cane guida dell’inferno
colui che esumò le ossa dei padri
colui che mise a cuocere le ossa
colui che accese il lume degli anni
il creatore d’uomini
Xólotl penitente
l’occhio esploso che piange per noi
Xólotl larva di farfalla
controfigura della Stella
chiocciola marina
l’altra faccia del Signore dell’Alba
Xólotl l’axólotl

Salamandra

dardo solare

lampada della luna

colonna del mezzodì
nome di donna
bilancia della notte
(Il peso infinito della luce
un briciolo d’ombra sulle tue ciglia)
Salamandra

fiamma nera

eliotropio

solo tu stessa

e luna che giri sempre intorno a te
melagrana che si apre ogni notte
astro fisso sulla fronte del cielo
e battito del mare e luce ormai quieta
mente aperta sul respiro del mare
Stellione
rettile di all’incirca otto centimetri
color polvere vive nelle crespe
Salamandra di terra e d’acqua
pietra verde nella bocca dei morti
pietra d’incarnazione
pietra focaia
sudore della terra
sale bruciante fiammeggiante
sale della distruzione
e maschera di calce che consuma i volti
Salamandra d’aria e di fuoco
vespaio di soli
parola vermiglia delle origini
La Salamandra è una lucertola
la sua lingua finisce in dardo
la sua coda finisce in dardo
E’ inafferrabile E’ indicibile
riposa sulla brace
regna sui tizzoni
Se scolpisce se stessa nella fiamma
incendia il suo monumento
Il fuoco è la sua passione la sua pazienza
Salamadre Acquamadre


Tratto da “Versante est” (1962 – 1968)


IL BALCONE

Quieta
nel colmo della notte
non alla deriva dei secoli
non distesa

inchiodata

come un’idea fissa
nel centro dell’incandescenza
Delhi

Due sillabe alte

circondate da sabbia e insonnia
A voce bassa le dico

Nulla si muove

eppure l’ora cresce

si dilata

È l’estate
marea che si sparge
Odo la vibrazione del cielo basso
sulle pianure in letargo
Enormi masse osceni conclavi
nubi piene d’insetti
schiacciano

nane sagome incerte

(Domani avranno un nome
si ergeranno e saranno case
saranno alberi domani)

Nulla si muove

L’ora è più grande

io più solo
infisso

nel centro del vortice

Se stendo la mano
corpo soffice l’aria
essere promiscuo senza volto
Appoggiato al balcone

vedo

(Non appoggiarti,
se sei solo, alla balaustra,
dice il poeta cinese)

Non è l’altezza né la notte e la sua luna
o gli infiniti che si offrono alla vista
è la memoria e le sue vertigini
Questo che vedo

questo che gira

sono le insidie le trappole
dietro non c‘è nulla
sono le date e i loro turbini
(Trono d’osso

trono del mezzogiorno

quell’isola

Nei suoi bordi lionati

per un attimo vidi la vita vera
Aveva il volto della morte
erano lo stesso viso

dissolto

nello stesso mare scintillante)
Ciò che vivesti oggi ti disvive
non sei là

qui

sono qui

nel mio principio

Non mi rinnego

mi reggo

Appoggiato al balcone

vedo

nuvoloni e un pezzo di luna
ciò che è visibile qui
case gente

il reale presente

vinto dall’ora

ciò che è qui

invisibile

il mio orizzonte

Se questo inizio è un inizio
non comincia con me

con lui cominciò

in lui mi perpetuo

Appoggiato al balcone

vedo

questa lontananza così vicina

Non so come chiamarla
benché la tocchi col pensiero
La notte che va a picco
la città come un monte franato
bianche luci azzurre gialle
fari improvvisi muri d’infamia
e i grappoli terribili
mucchi d’uomini e bestie per terra
e l’intrico dei loro sogni intrecciati
Vecchia Delhi fetida Delhi
viuzze piazzuole moschee
come un corpo accoltellato
un giardino sotterrato
Piove polvere da secoli
il tuo manto turbini di polvere
un mattone spezzato il tuo guanciale
Su una foglia di fico
mangi gli avanzi delle tue divinità
i templi tuoi sono bordelli di condannati a non guarire
sei coperta di formiche
recinto abbandonato

mausoleo sgretolato

sei nuda

come un cadavere profanato

ti strapparono sudario e gioielli
Eri coperta di poesie
tutto il tuo corpo era scrittura
ricordati

riacquista la parola

sei bella

sai parlare cantare ballare

Delhi

due torri

piantate nella pianura

due sillabe alte

A voce bassa le dico
appoggiato al balcone

infisso

non nel suolo

nel suo vortice

nel centro dell’incandescenza
Sono stato là

non so dove

Sono qua

Il non so è il dove

Non la terra

il tempo

nelle sue mani vuote mi sostiene
Notte e luna

movimenti di nubi

tremore d’alberi

stupore dello spazio

infinito e violenza nell’aria
polvere iraconda che si sveglia
luci s’accendono all’aeroporto
mormorio di canti lungo il Forte Rosso
Lontananze

passi d’un pellegrino sono errante

su questo fragile ponte di parole
L’ora m’innalza
fame d’incarnazione patisce il tempo
Oltre me stesso
in qualche luogo attendo il mio arrivo.


VILLAGGIO

Le pietre sono tempo

Il vento

secoli di vento

Gli alberi sono tempo

gli uomini sono pietre

Il vento

si avvolge su se stesso e si sotterra
nel giorno di pietra

Acqua non c‘è ma gli occhi brillano


VRINDÃVAN

Circondato dalla notte
fogliame immenso di rumori
grandi cortine impalpabili
aliti

scrivo mi fermo

scrivo

(Tutto c‘è e non c‘è

tutto frana in silenzio
sulla pagina)

Pochi istanti fa

correvo in macchina
tra case spente

Correvo

tra i miei pensieri accesi
In alto le stelle

giardini serenissimi

Ero un albero e parlavo
coperto d’occhi e di foglie
Ero il mormorio che avanza
lo sciame di immagini
(Ora traccio alcuni segni
increspati

nero su bianco

giardinetto di lettere piantato
alla luce di una lampada
L’auto correva
per i rioni sopiti io correvo
dietro ai miei pensieri

miei e degli altri

Reminiscenze sopravvivenze figurazioni
nomi

I resti delle scintille
e le risate della serata
la danza delle ore
la marcia delle costellazioni

e altri luoghi comuni
Credo negli uomini

o negli astri?

Credo

(qui appaiono i puntini

di sospensione)

Vedo

Portico di colonne erose
statue scolpite dalla peste
la duplice fila di mendicanti

e il fetore

re sul trono

circondato

come fossero concubine
da un viavai d’aromi
puri quasi corporei ondulanti
dal sandalo al gelsomino e i suoi fantasmi
Putrefazione

febbre di forme

febbre del tempo

estasiato nelle sue combinazioni
Coda di pavone l’intero universo
miriadi d’occhi

in altri occhi riflessi

modulazioni riverberazioni d’un occhio unico
un sole solitario

nascosto

dietro il suo manto di trasparenze
la sua marea di meraviglie
Tutto fiammeggiava

pietre acqua donne

Tutto era scolpito

dal colore alla forma

dalla forma all’incendio

Tutto svaniva

Musica di legni e metalli
nella cella del dio

matrice del tempio

Musica
come acqua e vento che si abbracciano
e sopra i suoni allacciati
la voce umana
luna in amore per il mezzodì
scia dell’anima che si disincarna

(Scrivo ignorando l’esito
di ciò che scrivo

Cerco tra le righe

La mia immagine è la lampada

accesa

nel pieno della notte)

Saltimbanco

scimmia dell’Assoluto

scarabocchio

accovacciato

coperto di pallide ceneri

un sadhu mi guardava e rideva
Dalla sua sponda mi guardava

lontano lontano

come i santi e gli animali mi guardava
Nudo sudicio arruffato
un fulmine fisso gli occhi minerali
Volli parlargli
mi rispose con borborigmi

Andato andato

Dove?

in quale regione dell’essere

in quale esistenza all’addiaccio di quali mondi
in quale epoca?

(Scrivo

ogni lettera è un germe

La memoria

rilancia la marea
e il suo mezzodì)

Andato andato

Santo picaro santo

estasi di fame o di droga
Ha forse visto Krsna

albero azzurro e scintillante

sorgente notturna che sgorga nell’arsura
Forse nel taglio di una pietra
palpò la forma femminile

la sua lacerazione

il vortice informe

Per questo o per quello

vive sul molo dove bruciano i morti
La vie deserte
le case e l’ombre
Tutto era uguale eppur era diverso
L’auto correva

io stavo fermo

fra i miei pensieri in fuga

(Andato andato
Santo pagliaccio santo mendico monarca maledetto
è lo stesso

sempre lo stesso

dentro lo stesso

Essere sempre in se stesso

racchiuso

dentro lo stesso

Chiuso in se stesso

idolo putrefatto)

Andato andato

dalla sua sponda mi guardava

mi guarda

dal suo mezzogiorno senza fine
Sto nell’ora instabile
L’auto corre tra le case
Alla luce di una lampada io scrivo
Gli assoluti le eternità
i loro confini

non sono il mio tema

Ho fame di vita e anche di morte
Conosco ciò in cui credo e lo scrivo
Avvento dell’istante

l’atto

movimento in cui si conforma
e si sfalda l’essere intero
Mani e coscienza per cogliere il tempo
sono una storia

una memoria che s’inventa

Mai sono solo
parlo sempre con te

parli sempre con me

Cammino nel buio e pianto dei segni.


Tratto da “Verso l’inizio” (1964-1968)


LE ARMI DELL’ESTATE

Ascolta i palpitii dello spazio
i passi della stagione in estro
sulle braci dell’anno

Rumore di ali e crotali
lontani tamburi d’acquazzone
ansia e crepitio della terra
sotto la veste d’insetti e radici

La sete si sveglia e costruisce
le sue grandi gabbie di vetro
ove acqua incatenata è la tua nudità
acqua che canta e si scatena

Con le armi dell’estate
entri nella mia stanza nella mia fronte
a sciogliere il fiume del linguaggio
guardati in queste rapide parole

A poco a poco il giorno brucia
sul paesaggio abolito
la tua ombra è un paese di uccelli
che il sole sperde con un gesto


CIMA E GRAVITÀ

Un albero immobile
un altro che avanza

un fiume d’alberi

colpisce il mio petto

È la gioia

il verde mareggiare
Di rosso vestita

sei

il sigillo dell’anno bruciato
tizzone carnale

astro fecondo

In te come sole

L’ora riposa

sopra un abisso di splendori
Mucchi d’ombra gli uccelli
i loro becchi innalzano la notte
le loro ali sostengono il giorno

Infissa nella cresta della luce
tra fermezza e vertigine

sei

la diafana bilancia


ASSE

Nella noria di sangue
il mio corpo nel tuo

sorgente notturna

la mia lingua di sole nel tuo bosco

madia il tuo corpo

grano rosso io

Nella noria d’osso

io notte io acqua

io bosco che avanza

io lingua

io corpo

io osso di sole

nella noria di notte

sorgente di corpi

tu notte del grano

tu bosco nel sole

tu acqua in attesa

tu madia d’ossa

Nella noria di sole

la mia notte nella tua

il mio sole nel tuo

il mio grano nella tua madia

il tuo bosco nella mia lingua

Nella noria del corpo

l’acqua nella notte

il tuo corpo nel mio

Sorgente d’ossa

Sorgente di soli

Octavio Paz


Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
del Club degli autori
Le Antologie
dei Concorsi
del Club degli autori
Contatti