Opere di

Rafael Alberti


Da «Poesie d’amore» Passigli editore


Calce e pietra

(1926-27)


Treno amore

Un’altra patria, insonne, non la mia,
d’altro timbro e metallo, gode e illumina
il profilo in rapida penombra
bq. della tua fotografia.

Profilo incerto, annunzio illuminato
seguito da mia ombra che s’affanna
a ridurre la luce di finestra
bq. ad un quadretto nero.

Chiaroscuro vano, un vano duello
che vendicativo spezza lo spazio,
che interrompe un abbraccio fuggitivo
bq. del tuo e mio anelito.

In nessuna stazione, ombra sfuggita
di tua fissa prigione, in nessun punto
tu berrai la luce. T’incita accanto,
bq. ma quanto è lontana!


Sugli angeli

(1927-28)


Secondo ricordo

… risonare di baci e batter d’ali…
(G.A. Bécquer)

Anche prima,
molto prima della ribellione delle ombre,
prima ancora che nel mondo cadessero piume incendiate
e che un uccello potesse essere ucciso da un giglio.
Prima, prima che tu mi domandassi
il numero e il sito del mio corpo.
Molto prima del corpo.
Al tempo dell’anima.
Quando tu apristi nella fronte, non coronata, del cielo
la prima dinastia del sogno.
Quando tu, osservandomi nel nulla,
inventasti la prima parola.

Allora, il nostro primo incontro.


Terzo ricordo

… dietro il ventaglio di piume d’oro…
(G.A. Bécquer)

I valzer del cielo non avevano ancora sposato il gelsomino e la neve,
né i venti avevano pensato alla possibile musica dei tuoi capelli,
né il re aveva decretato che la violetta venisse seppellita in un libro. No.
Era l’età in cui la rondine volava
senza le nostre iniziali nel becco.
In cui convolvoli e rampicanti
morivano senza avere balconi o stelle da scalare. L’età
in cui sulla spalla d’un uccello non vi era fiore che appoggiasse il capo.
Allora, dietro il tuo ventaglio, la nostra prima luna.


Tra il garofano e la spada

(1933-40)


Coprimi, amore, il cielo della bocca

Coprimi, amore, il cielo della bocca
con codesta rapita spuma estrema,
che è gelsomino sapido ed ardente,
germogliato in corallo della roccia.

Amore rendi folle il suo sapore,
il lancinante tuo supremo fiore,
in diadema piegando il suo furore
slabbrato dal garofano mordente.

Oh misurato fluire, amore, oh bel
gorgogliar temperato della neve
in tanto angusta grotta in carne viva,

per rimirar come il tuo fine collo
fa scivolare, amore, grande pioggia
di gelsomini e stelle di saliva!


Spunta sull’inguine un calor silente

Spunta sull’inguine un calor silente
come un rumor di spuma silenzioso.
Il tulipan prezioso il duro vinco
piega senz’acqua, vivo e prosciugato.

S’alimenta nel sangue un inquietante
ed urgente pensiero bellicoso.
L’esausto fiore perso nel riposo,
bagnato alla radice spezza il sogno.

Scoppia la terra e dal suo ventre perde
la linfa, la sorgente e i verdi pioppi.
Palpita, fruscia, frusta, spinge, esplode.

La vita fende vita in piena vita.
E se la morte vince la partita,
tutto è un allegro campo di battaglia.


Ora marittima

(1953)


Al di là del mare
Dalle rive americane dell’Atlantico

Se io potessi, Cadice, alla tua finestra,
oggi, vicino a te, dentro le tue radici,
parlarti come allora,
come quando scalzo lungo le tue rive
vagabondavo per rubarti chiocciole ed alghe!

Ben lo meriterei, io so che tu lo sai,
per averti portata tanti anni con me,
per averti cantata quasi ogni giorno,
chiamando sempre Cadice ogni cosa felice,
ogni cosa bella che potesse accadermi.

Sentimi vicino, ascoltami
come se il mio nome, come se tutto me stesso,
proiettato nella calce ardente dei tuoi muri,
sui tuoi faraglioni sommersi o nei vuoti
delle tue antiche tombe o nelle onde ti parlasse.
Oggi ho molte cose, molte più cose da dirti.

Io so che la lontananza,
sì, che i luoghi più remoti, anche se si chiamano
Mar de Solís o Río de la Plata,
non impediscono che gli orecchi
del tuo sempre benevolo cuore mi ascoltino.
Al di là del mare io continuo a cantarti.


Canzoni per Altair

(1983-88)


A María Asunción Mateo
quando aprirà questo libro

Sai già tanto di me che io stesso vorrei
ripeter la poesia con le tue proprie labbra,
raccontare un passaggio della vita d’un tempo:
cometa sulla spiaggia da Sofia pettinata.

Io non devo aspettare e neanche dirti aspetta
di vedere in Memoria della malinconia
le pinete di Ibiza, la nascosta trincea,
il suo lento albeggiare prima che faccia giorno.

E poi, amore, e poi veder che vita avanza
piena di anni aperti e piena di calura
senza fine e mai chiusa da nessun muro al sole.

Tu sai bene che in me non muore la speranza,
che in me non sono felice, ma fiori sono gli anni,
che mai sono passato, ma sempre io son futuro.

(dicembre 1989)


1

Esci dal mare, entri nel mare ancora.
Già le mie labbra sognano i sapori.
Io berrò le tue alghe ed i liquori
della tua flora più nascosta ardente.

Nulla potrà con me la lenta aurora,
mi troverà avvinghiato ai poggi tuoi
pei morbidi declivi scivolando
all’abisso fatal che mi divora.

Già dal mare sei qui, fiore sbattuto,
stella rovesciata, adesso discesa
spuma delle mie veglie.

Voltati, stirati, stenditi, alzati,
entrami tutta intera nella gola
e portami per sempre nel tuo cielo.


2

Nella penombra attento il tuo lamento,
i tuoi dolci sospiri musicali,
le tue tremanti onde corporali
fin poi a scomparire a fuoco lento.

Quando te ne vai, uno scuotimento
riporta alle mie labbra ardenti sali,
la voglia di scalar le tue spirali
alte colline dove brucia il vento.


3

Le tue colline per il ciel cercava,
alta Altair, ma non le trovava
la tua rondine insonne, che sognava
fuoco alla notte aperta alla mia veglia.

Oh, quale vertiginoso sconforto
non trovar traccia di ciò che cercavo,
i pendii, le valli, l’incantata
minima ombra cieca della mia smania.

Dove sei, Altair, alta e perduta,
dolce tenebra, luce mia svanita,
corona e splendor dei miei piaceri?

Sarà vero Altair che altre volte ardesti,
che m’amasti, godesti, che moristi,
che sei ancora mia, che non lo sei?


4

Sognar sempre le tue desiderate
alte colline dolci e ben compresse,
e le tue mani giunte abbandonate
e sul monte di Venere nascoste!


5

Non far caso, Altair,
alle pettegole, cieche costellazioni,
alle calunniose stelle solitarie,
alle erranti comete
o alle indefinite oscure nebulose.
Tu le spegni tutte, Altair, con tuo splendore,
tremito irresistibile capace di espandersi
e di bagnar le ansiose labbra dell’universo.


7

Frenetica Altair, disperata e bella,
prolungato tremore quando dall’altura
anelata e aperta scende agli abissi,
creandovi le origini
perdute del lamento,
i singhiozzi infiniti,
i sospiri nell’ombra.
gli echi senza ritorno,
l’idioma primordiale,
che è impossibile, Altair,
non udire da lontano, a molta distanza.


8

Ti fiuto a distanza,
Altair, ti respiro,
puledro celeste con gli occhi in orbita,
fuoco verso di te che aperta mi ti offri,
oscuro, strano alito che mi spossa
e che tengo a distanza per odorarti, Altair,
e poi ricominciare a respirarti.


9

Quando Altair se ne andò via, già mattina,
le rose rosse che aveva portato con sé,
accese d’alte notti e d’albe,
davano muti segni, anche se lenti,
tristi, di appassire.
Dopo il suo doloroso, angosciante,
solitario commiato,
qualcuno annaffiò i fiori con fresca acqua dolce,
ed ecco riaccese un’altra volta le rose rosse,
aperte, in attesa.


Golfo d’ombre

(1992)


… in quell’incerto golfo d’ombre
che annuncia il porto.
GÓNGORA


XVII

Ride, sorride, ride
la bocca cremisi
dalle labbra cremisi.
Qui non c’è altro colore,
qui,
se non quello dell’aperto amore
che è poi il colore di quanto sorride
la sua bocca cremisi
qui.

Si erige il bambù accanto all’altare.
TAO DELL’AMORE


XVIII

Quando apri le tue gambe
in mezzo al cielo,
rifulge nel tuo centro
la notte più bella
affollata di stelle
che palpitano come pioggia sulle labbra.

Che meraviglia vedere!
ANONIMO


XIX

Golfo notturno, apriti a me, bagnate
da calda brezza le tue rive.
Sai di mosto sottomarino, di onde
sbattute su viventi molluschi,
di tagliamare, di sole di scogliera
e di suono di conchiglie perdute

Aggrappato alla conchiglia di Venere.
GARCILASO DE LA VEGA


XX

Valve che possono essere
nere, bionde, dorate,
rosse braci ardenti,
verdi licheni umidi e persino
sperduti vecchi bianchi ancora tremanti.

Oh, basta, basta, non toccarmi più!
OVIDIO


XXI

Malgrado tu sia molti, sei uno,
soltanto uno nel bello,
nel meravigliosamente detestato,
terribilmente amato.

Quando si sogna te,
tu non hai voluto né seni né fianchi,
non mostri alcun sorriso
né belgi occhi neri o colore smeraldo.
Sei uno,
uno soltanto, unico,
irresistibile e unico,
e confluiscono in te soltanto gli abissi più tristi,
i precipizi e le vette più felici,
un’ansia che fa morire,
che porta al fondo della notte
e ritorna al fondo della luce cantando.

Ahi, amore, hai detto ahi!
ANONIMO


XXII

Quando la luna raggiunge la sua maggiore luna nel cielo
e il mare innalza il mare con schiume d’alta marea,
quale segreto t’accendi,
quali filamenti dolci di sangue fai scivolare sulle cosce?
Misterioso nella notte
codesto rosso fluire del tuo profondo essere che sale
dal mare al plenilunio gioioso che ti ferisce!

Che Dio conservi la luna dei cani.
PROVERBIO FRANCESE


XXIII

Spoglio, bagnato, prostrato,
ormai confuso nelle tue lente,
rivelate penombre,
dolcemente aggredito da sonnambule
api sottomarine,
cerco, voglio cercare
di non trovare l’uscita,
di rimanere immerso
nel tuo definitivo, incagliato, naufragato
per sempre,
Golfo d’ombre.

… annunciando il porto.
GÓNGORA


Rafael Alberti


Versione in lingua originale


Cal y petra

(1926-27)


Tren amor

Otra nación, sin sueños, no la mía,
de otro timbre y metal, goza y alumbra
el perfil de la rápida penumbra
bq. de tu fotografia.

Débil perfil, anuncio iluminado,
seguido de mi sombr que se afana
por reducir la luz de esa ventana
bq. tuya a un negro cuadrado.

Inútil claroscuro, inútil duelo,
roto por el espacio vengativo,
segador del enlace fugitivo
bq. de tu anhelo y mi anhelo.

Er ninguna estación, sombra escapada
de tu mazmorra fija, en ningún punto
beberás esa luz. Te incita junto,
bq. ¡pero que distanciada!


Sobra los ángeles

(1927-28)


Segundo recuerdo

… rumor de besos y batir de alas…
(G.A. Bécquer)

Tambíen antes,
mucho antes de la rebelión de las sombras,
de que al mundo cayeran plumas incendiadas
y un pájaro pudiera ser muerto por un lirio.
Antes, antes que tú me preguntaras
el número y el sitio de mi cuerpo.
Mucho antes del cuerpo.
En la época del alma.
Cuando tú abriste en la frente sin corona, del cielo,
la primera dinastía de sueño.
Cuando tú, al mirarme en la nada,
inventaste la primera palabra.

Entonces, nuestro encuentro.


Tercer recuerdo

… detrás del abismo de plumas de oro…
(G.A. Bécquer)

Aún los valses del cielo no habían desposado al jazmín y la nieve,
ni los aires pensado en la posible música de tus cabellos,
ni decretado el rey que la violeta se enterrara en un libro.
No.
Era la era en que la golondrina viajaba
sin nuestras iniciales en el pico.
En que las campanillas y las enredaderas
morían sin balcones que escalar y estrellas.
La era
en que al hombro de un ave no había flor que apoyara la cabeza.
Entonces, detràs de tu abanico, nuestra luna primera.


Entre el claverl y la espada

(1933-40)


Cúbreme, amor, el celo de la boca

Cúbreme, amor, el cielo de la boca
con esa arrebatada espuma extrema,
que es jazmín del que sabe y del que quema,
brotado en punta de coral de roca.

Alóquemelo, amor, su sal, aloca
tu lancinante aguda flor suprema
doblando su furor en la diadema
del mordiente clavel que la desboca.

¡Oh ceñido fluir, amor, oh bello
borbotar temperado de la nieve
por tan estrecha gruta en carne viva,

para mirar cómo tu fino cuello
se te resbala, amor, y se te llueve
de jazmines y estrellas de saliva!


Nace en las ingles un calor callado

Nace en las ingles un calor callado
como un runor de espuma silencioso.
Su dura mimbre el tulipán precioso
dobla sin agua, vivo y agotado.

Crece en la sangre un desasosegado,
urgente pensamiento belicoso.
La exhausta flor perdida en su reposo
rompe su sueño en la raíz mojado.

Salta la tierra y de su entraña pierde
savia, venero y alameda verde.
palpita, cruje, azota, empuja,e stalla.

La vida hiede vida en plena vida.
Y anunque la muerte gane la partida,
todo es un campo alegre de batalla.


Ora marítima

(1953)


Por encima del mar
Desde la orilla americana del Atlántico

¡Si yo hubiera polido, oh Cádiz, a tu vera,
hoy, junto a ti, metido en tus raíces,
hablarte como entonces,
como cuando descalzo por tus verdes orillas
iba a tu mar robándote caracoles y algas!

Bien lo merecería, yo sé que tú lo sabes,
por haberte llevado tantos años conmigo,
por haberte cantado casi todos los días,
llamando siempre Cádiz a todo lo dichoso,
lo luminoso que me aconteciera.

Síenteme cerca, escúchame
igual que si mi nombre, si todo yo tangible,
proyectado en la cal hirviente de tus muros,
sobre tus farllones hundidos o en los huecos
de tus antiguas tumbas o en las olas te hablara.
Hoy tengo muchas cosas, muchas más que decirte.

Yo sé que lo lejano,
sí que lo más lejano, aunque se llame
Mar de Solís o Río de la Plata,
no hace que los oídos
de tu siempre dispuesto corazón no me oigan.
Por encima del mar voy de nuevo a cantarte.


Canciones para Altair

(1983-88)


A María Asunción Mateo
al abrirse este libro

Sabes tanto de mí, que yo mismo quisiera
repetir con tus labios mi propia poesía,
elegir un pasaje de mi vida primera:
un cometa en la playa, peinado por Sofía.

No tengo que esperar ni que decirte espera
a ver en la Memoria de la melancolía
los pinares de Ibiza, la escondida trinchera,
el lento amanecar, sin que llegara el día.

Y luego, amor, y luego ver que la vida avanza
plena de abiertos años y plena de calura
sin fin y no cerrada al sol por ningún muro.

Tú sabes bien que en mí no muere la esperanza,
que los años en mí non son hojas son flores,
que nunca soy pasado sino siempre futuro.

(diciembre 1989)


1

Subes del mar, entras del mar ahora.
Mis labios sueñas ya con tus sabores.
Me beberé tus algas, los licores
de tu más escondida ardiente flora.

Conmigo no pordrá la lenta aurora,
pues me hallarà prendido a tus alcores,
resbalando por dulces corredores
a ese abismo sin fin que me devora.

Ya estás del mar aquí, flor sacudida,
estrella revolcada, descendida
espuma seminal de mis desvelos.

Vuélcate, estírate, tiéndete, levanta,
éntrate toda entera en mi garganta,
y para siempre vuélame a tus cielos.


2

En la penumbra esero tu lamento,
tus dulces largos ayes musicales,
las temblorosas ondas corporales,
hasta desvanecerse a fuego lento.

Cuando te vas, un estremecimiento
vuelve a mis labios tus ardientes sales,
el anhelar subir tus espirales
altas colinas donde quema el viento.


3

Buscaba tus colinas por el cielo,
alta Altair, mas no las encontramba,
tu insomne golondrina, que soñaba,
fuego en la noche, abierta a mi desvelo.

Oh, qué vertiginoso desconsuelo
no hallar ni estela de lo que buscaba,
las laderas, los valles, la encantada
mínima sombra ciega de mi anhelo.

¿Dónde estás, Altair, alta y perdida,
dulce tiniebla, luz, desvanecida,
corona y resplandor de mis placeres?

¿Será verdad que alguna vez ardiste,
que me amaste, gozaste, que moriste,
que aún eres mi Altair, que no lo eres?


4

¡Oh, soñar con tus siempre apetecidas
altas colinas dulces y apretadas,
y con tus manos juntas resbaladas,
en el monte de Venus escondidas!


5

No hagas caro. Altair,
de las murmuradoras, ciegas constelaciones,
calumniosas estrellas solitarias,
los errantes cometas
o las indefinidas oscuras nebulosas.
Tú a todos los apagas, Altaire, con tu brillo,
temblor irresistible, capaz de derramarse,
bañando los ansiosos labios del universo.


7

Frenética Altair, desesperada y bella,
prologando temblor cuando desde la altura
anhelada y abierta desciende a los abismos,
creando allí los orígenes
perdidos del lamento,
de los ayes sin fin,
los en sombra suspiros,
los sin retornos ecos,
ese inicial idioma,
imposible, Altair,
de dejar de escuchar, lejos, a la distancia.


8

A distancia te huelo,
Altair, te respiro,
potro celeste en órbitas los ojos,
fuego hacia ti que abierta te me ofreces,
oscuro, extraño vaho que me enerva
y lo llevo a distancia para olerte, Altair,
y retornar de nuevo a respirarte.


9

Cuando Altair se fue ya entrada la mañana,
las rosas rojas que con ella trajo,
encendidas de noches altas y amaneceres,
daban mudos incidios, aunque lentos,
tristes, de marchitarse.
Después de su llorosa, acongojada,
solitaria partida,
alguien bañó las flores en agua nueva y dulce,
y aquí están encendidas y otra vez rosas rojas,
abiertas, esperando.


Golfo de sombras

(1992)


… en aquel incierto golfo de sombras,
anunciado el puerto.
GÓNGORA


XVII

Ríe, sonríe, ríe
la boca carmesí
de labios carmesíes.
No hay aquí más color,
aquí,
mas sólo abierto amor
que el que cuando sonríe
su boca carmesí
de labios carmesíes
aquí.

El bambú se alza junto al altar.
TAÓ DEL AMOR


XVIII

Cuando abres tus piernas
en la mitad del cielo,
fulge en tu centro
la más bella noche
concentrada de estrellas
que palpitan lloviéndose en los labios.

Maravillas es lo de ver.
ANÓNIMO


XIX

Golfo nocturno, ábrete a mí, bañadas
del más cálido aliento tus riberas.
Sabes a mosto submarino, a olas
en vivientes moluscos despeñadas,
a tajamares, soels de escollaras
y a rumor de peridas caracolas.

A la concha de Venus amarrado.
GARCILASO DE LA VEGA


XX

Valvas que pueden ser
negras, rubias, doradas,
rojos carbunclo incendio,
verdes lìquenes húmedos y hasta
perdidos viejos blancos aún estremecidos.

Oh, basta, basta, no me toques más.
OVIDIO


XXI

A pesar de ser tantos tú eres uno,
uno solo en lo bello,
en lo maravillosamente aborrecido,
terriblemente amado.

Cuando se sueña en ti,
no ostentas ningún rostro ni senos ni caderas,
no correspondes a ninguna sonrisa
ni a hermosos ojos negros o esmeraldas.
Eres uno,
uno tan sólo, único,
irresistible y único,
confluyendo en ti solo los más tristes abismos,
las simas y las cumbres más dichosas,
ese ansiado hasta morir,
hasta llegar al fondo de la noche
y regresar al fondo de la luz cantando.

Ay amor, dijiste ¡ay!
ANÓNIMO


XXII

Cuando alcanza la luna su más luna en el cielo
y el mar levanta a espumas de pleamar el mar,
qué secreto te enciendes,
qué hebras dulces de sangre resbalas por tus muslos,
misterioso en la noche
ese rojo fluir de hondo ser subiendo
del mar al plenilunio gozoso que te hiere.

Que Dio guarde a la luna de los perros.
PROVERBIO FRANCÉS


XXIII

Despojado, bañado, descendido,
confuso ya en tus lentas,
desveladas penumbras,
dulcemente agredido pero soñanbulas,
submarinas abejas,
busco queriendo, busco
no encontrar la salida,
permanecer hundido
en tu definitivo, varado, naufragado
para siempre,
Golfo de sombras.

… anunciando el puerto.
GÓNGORA


Rafael Alberti


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