Don Peppinu ‘ntre guai – Commedia brillantissima in tre atti in vernacolo calabrese

di

Roberto Cossari


Roberto Cossari - Don Peppinu ‘ntre guai – Commedia brillantissima in tre atti in vernacolo calabrese
Collana "Gli Abeti" - I testi teatrali
14x20,5 - pp. 94 - Euro 10,00
ISBN 978-88-6587-9085

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In copertina: foto dell’autore progetto grafico di Immarte – Montepaone (CZ)


PRESENTAZIONE

Ho letto con attenzione e trasporto culturale la commedia di Roberto Cossari.
È stata per me una felice coincidenza e una lieta sorpresa, poter penetrare nelle trame interiori di un calabrese, che, sballottato, come molti di noi, su e giù per l’Italia, ha mantenuto sempre vive e coinvolgenti le radici della “mitica” Cardinale.
Del suo paese natale, mette in risalto tutti gli aspetti tipici della gente meridionale ed offre al lettore con un fascino tipico, tra l’ingenuo e il semplice, un modo di quotidianità, di vita comune, dell’attimo fuggente, velato dalla tristezza delle cose destinate a finire.
Come nelle produzioni precedenti c’è questo filo conduttore che domina il suo mondo, una deriva altalenante tra il farsi trascinare dal caso e la volontà e lo sforzo di imprimere agli eventi una propria volontà.
Il logorio intellettuale di voler mettere in evidenza, con un linguaggio specifico ed efficace, comprensibile da chiunque, un mondo di un’infanzia ormai perduta, piena di serenità e felicità, di rapporti e problemi, a volte, inutilizzati nella memoria e nel subconscio.
Più specificatamente nella commedia, ben impostata e architettata, l’Autore affronta il tema di alcune vicende amorose, all’ombra della casa parrocchiale, che per le difficoltà, le troppe differenze e condizioni sociali delle anime in piena, creano, tra l’ironia, l’umorismo e la satira, un bel nodo da sciogliere al pacifico e abitudinario don Peppino.
La canonica, il giardino e il pollaio adiacente, spazio vitale di questo rinnovato don Abbondio, diventano, oltre che punto di riferimento di riscatto spirituale dei fedeli, e luogo privilegiato delle “malelingue”, del paese, un rifugio dei giovani innamorati, respinti dalle proprie famiglie.
Don Peppino, combattuto tra le pretese di un possidente e la libera scelta di una giovane ragazza, viene a trovarsi in una posizione, assurda, drammatica e nello stesso tempo umoristica ed esilarante.
Va riconosciuto all’Autore, oltre al pregio dell’impianto e delle scene, l’uso eccezionale del dialetto, che rende il lavoro comprensibile e vivace e trasforma le vicende di piccole dimensioni in drammi della sventura umana.

Davoli Marina 26/04/2018

Nicola SEMINAROTI
(Dirigente Scolastico emerito dell’I.C. di Davoli)


PREMESSA

Il testo è stato liberamente tratto ed ispirato ad un’opera di Alfredo Vanni (1879-1956), romanziere ed autore teatrale, ma adeguato ad una situazione verosimilmente locale.
Ringrazio la figlia, Maria Alessandra Vanni in Sidoni, per avermi concesso l’autorizzazione a pubblicare l’opera.
Ricordo il mio stato d’animo di una volta, serenità e tranquillità, la nostalgia per i bei momenti trascorsi nella Parrocchia di SS. Maria delle Grazie di Novalba di Cardinale (CZ).
Correva l’anno 1972. Avevo l’età di quattro anni quando iniziai ad essere il chierichetto della Parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Novalba. Per circa dieci anni svolsi questa funzione. Inizialmente con il parroco Don Vittorio, una persona umile, gentile, onesta, semplice e buona, lo ricordo tuttora, per me profumava di santità quella persona. Mi voleva un gran bene. Si era affezionato a me ed io a lui.
Dopo circa due anni avvenne il suo trasferimento ad Olivadi, suo paese d’origine ma comunque vicino al mio ed al suo posto venne nominato parroco protempore della parrocchia un certo Don Giuseppe Stingi, chiamato da noi Don Peppino, proveniente da Pizzoni, un paese oggi della provincia di Vibo Valentia.
Esiste quindi la chiesa ed esiste la canonica, oggi quest’ultima finalmente ristrutturata su progetto dello scrivente ed utilizzata dal parroco protempore Don Giuseppe Morais.
Attorno alla canonica vi è un lotto di terreno che durante il sacerdozio di Don Vittorio venne recintato. Di fronte alla Chiesa un’ampia piazza oggi ridisegnata ma che in quel periodo fungeva da campo da calcio per noi bambini.
Con Don Peppino quel pezzo di terreno attiguo alla canonica si trasformò in un orticello ben coltivato grazie ad un anziano signore che si era messo a disposizione per lavorarlo. La moglie di quest’ultimo era la perpetua del parroco. Inoltre dietro la canonica e quindi non visibile dalla piazza lo stesso vi costruì un pollaio. Le galline producevano poche uova ma tanti tanti escrementi che emanavano strani odori.
Nel 1982 Don Peppino rientrò nella sua cittadina, dove morì dopo pochi anni. Venne nominato per la nostra Parrocchia Don Gianni Giorgio da Chiaravalle: anche con lui quante vicende gli ruotarono attorno! È stato l’ultimo al quale io servii messa.
Questa commedia è verosimile, i nomi utilizzati sono quelli di uso comune, gli avvenimenti e i fatti sono trattati in modo ironico ed in alcuni casi in modo esagerato, l’atmosfera respirata è vissuta è anch’essa verosimile.

Novalba di Cardinale, 20 luglio 2018


Don Peppinu ‘ntre guai – Commedia brillantissima in tre atti in vernacolo calabrese


Con affetto ai Novalbesi di Cardinale


Trama

Don Peppino, parroco di paese, dopo aver celebrato la Santa Messa l’ultima domenica di aprile dell’anno 1976 torna in canonica con l’intenzione di farsi una pennichella (dormita) sulla sdraio a dondolo ma diverse vicende locali di relazioni amorose lo turbano togliendogli così questo momento di relax.
Le vicende ruotano quindi attorno al parroco e si svolgono nella stanza al piano terra della canonica.
Il sagrestano Franco corteggia la perpetua Lucia, ultra quarantenne.
La comare Gianna vuol dare in sposa sua figlia Rosina (appena uscita dal collegio) a Mario, studente universitario, non tanto per la simpatia dello stesso ma per interesse in quanto il padre di quest’ultimo, compare Vittorio, è assessore comunale, proprietario terriero ed allevatore di bestiame.
Compare Vittorio, d’età avanzata, vuol sposare Graziella, una graziosa ragazza, promessa dal padre, compare Salvatore, a costui solo per interesse in quanto gli sono stati promessi vacche e vitelli.
Comare Gianna non darà in sposa Rosina se il padre di Mario sposerà Graziella, in quanto perderebbe così il patrimonio che spetterebbe alla figlia.
Compare Vittorio chiede aiuto a Don Peppino affinché Graziella scelga lui, in quanto la stessa si era rifugiata a casa del parroco fuggita in seguito alle minacce lanciate dal padre.
Il parroco non l’accetta in casa ripetendole più volte di andarsene.
Don Peppino si trova in imbarazzo in quanto compare Vittorio gli promette che avrà vacca e vitelli ed inoltre in qualità di assessore comunale gli prolungherà la concessione dell’orto comunale se tutto andrà per il verso giusto.
La ragazza gli preferisce il giovane Eugenio tornato da poco dalla Germania e che desidera sposarla. La ragazza scappa con Eugenio lasciando la canonica ed un biglietto sul tavolo contenente l’intenzione di suicidarsi con tanti rimorsi per il povero ma caro Don Peppino.
Si scopre che i due invece erano nascosti nel pollaio e usciti dal nascondiglio vengono visti abbracciati. Vengono così chiariti e svelati tutti i sotterfugi che si erano creati ed il parroco finalmente nella tarda sera può tornare alla sua sdraio e finalmente a continuare la sua tanto sperata pennichella.
In queste vicende s’inseriscono due signorine curiose “le zitelle”, Maria e Teresa, che fanno spesso presenza nella casa, intente a beccarsi a vicenda ed a spettegolare su tutto e tutti, vere e proprie pettegole.


PERSONAGGI

Protagonisti maschili

Don Peppino il parroco di paese (60 anni)
Compare Vittorio un ricco possidente e assessore comunale (58 anni)
Franco sagrestano (45 anni)
Eugenio Rolando (detto Geniu) un giovane contadino (24 anni)
Compare Salvatore (detto Turi) un vecchio contadino (55 anni)
Maresciallo (40 anni)
Mario (figlio di Compare Vittorio) un giovane studente innamorato (24 anni)
Brunino chierichetto, (8 anni) – attore non presente

Protagonisti femminili

Lucia la perpetua – (45 anni)
Comare Gianna la madre di Rosina, (50 anni)
Rosina la figlia di Comare Gianna, (20 anni)
Graziella la figlia di Compare Salvatore, (22 anni)
La signorina Maria una zitella,(44 anni)
La signorina Teresa un’altra zitella, (44 anni)

L’azione avviene nel corso di un giorno di aprile, in un paesino della Calabria
1° atto al mattino: dieci scenette
2° atto al pomeriggio: otto scenette
3° atto al tramonto: sette scenette

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Scenografia

Al piano terra della canonica, una stanza graziosa e spaziosa con in fondo una grande vetrata con parapetto verso il giardino. Sul parapetto una fila di vasi di fiori.
A destra in fondo un’ampia porta con tendine, da cui si va in giardino a sinistra (ed è la comune) ed in cantina a destra.
Alla parete destra, in prima, l’uscio della camera di don Peppino ed in seconda l’uscio della cucina, da cui si va nell’orto, dietro la casa.
Alla parete sinistra in prima una finestra, con sotto una panca, a seguire la porta di accesso alla stanza ed ancora una parete alla quale sono accostate delle sedie con in mezzo un grande vaso con pianta. Alla parete inoltre vi è appeso un quadro.
Un albero di pesco, in piena fioritura, s’intravede da dentro. Altri vasi qua e là nella stanza; tutti i fiori sono in germoglio o in fioritura. Rose già sbocciate, qualche mughetto, garofani, glicini, etc.
Al centrodestra della stanza la tavola con tre sedie e al centrosinistra una poltrona a dondolo con cuscini e col dorsale volto al parapetto.

È il mattino di una domenica d’aprile, dalla finestra si vedono i campi dorati dal primo sole.
Scena vuota. Un organetto (o il fischio) suona lamentosamente: “Parlami d’amore Mariu”…
Il suonatore è entrato nel giardino e chiede l’elemosina.
– Il loro buon cuore… La carità per un povero storpio. – Poi si sente il suono svanire pian piano.
Lucia è da qualche istante venuta da destra (cucina) con il cesto del pane e finisce di preparare la colazione a Don Peppino.
Franco entra dal fondo, un po’ ansante, un po’ titubante, con un ramo fiorito di pesco in mano. Dal mento mal raso, con gli occhiali, dalle maniere e dal vestito, si vede subito l’uomo di chiesa, il sagrestano. È un uomo sollazzevole che sente come gli altri la primavera.
Le prime battute sono colorite dall’aria più fievole di “Parlami d’amore Mariu” che l’organetto (o il fischio) ripete lontano e che svaniscono grado a grado.


ATTO PRIMO

SCENA UNO/I

Lucia – Franco

(La scena è vuota. Un organetto suona, d.d., lamentosamente l’aria di “Parlami d’amore, Mariu”, qualche battuta e la musica si interrompe)
Franco: (si guarda intorno, chiama con voce sommessa dal giardino) Lucia… oh Lucia…
Lucia: (fingendo di sobbalzare) Si tu? Ma cuomu, finiu già ‘a missa?
Franco: Sì… finiu, ava da mo chi finiu!
Lucia: Accussì priestu? Vi sbrigastivu stamatina.
Franco: Sacciu io chi mi sbrigai… Appena chi finiu ‘a missa… dassai a Bruninu u spogghia ‘u previti e vinna cca fujendu.
Lucia: (Fingendo meraviglia) Ma chi è tutta ‘sta prescia?
Franco: (galante) Non ‘nu sai propriu… (riaccennando il motivo prima suonato dall’organetto o fischiettando) Parlami d’amore Mariu… tutta la mia vita sei tu…
Lucia: (alzando le spalle) Ma chi si sciemu.
Franco: Chi cora tuostu chi hai. Ma cuomu fai pe’ nuommmu sienti ‘a primavera?
Lucia: Jiamu… finiscila cu ‘sti scemienzi.
Franco: Io inveci ‘a sientu! E cuomu ‘a sientu! (mostrando il ramo)… Staccài puru stu ramu ‘e fiuri pe’ tia! (porgendolo a Lucia con comica galanteria)… U vua?
Lucia: Ma si non sai mancu u mu offri!
Franco: Cuomu no! Mo trasu e tu dugnu. Tieni cca!
Lucia: Para ca tieni ‘ntra manu ‘na candila.
Franco: Ma pecchì mi mortifichi? Chi ficia ‘e malu… (sempre con il mazzo in mano)… Pecchì non venisti a missa?
Lucia: Eppa tantu ‘e chi ‘ffara… Vaju a chija ‘e l’undici. U sai!
Franco: Ma ‘a missa ‘e l’undici ‘a serva Bruninu… ‘A la missa ‘e stamatina non facìa atru u piensu a tia… “Dominus Vobiscum” Duv’è Lucia?… “Ite missa est”… ma pecchì non vinna Lucia?…
Lucia: Ma chi ti pigghia?
Franco: È ‘sta primavera.
Lucia: Fatti ‘nu bagnu ‘ntra l’acqua frisca va, accussì ti passa ‘a caluria.
Franco: Ma pecchì non ‘u facimu caddhu tutti e dui?
Lucia: (Fa l’atto di dargli un ceffone) Ahè, mbè!!!
Franco: E jiamu fai ‘a brava, l’intenzioni mia sugnu seri e onesti.
Lucia: Puru io sugnu ‘na ragazza onesta … sacciu propriu io cuomu mi fìcia mama.
Franco: Povera fimmana, soffriu evieru.
Lucia: Certu ca soffriu… eh, se inveci de fimmani i figghi ‘i farrianu l’omini …
Franco: È megghiu.
Lucia: Non ci sarianu o mundu tanti gaji e tanti seduttori.
Franco: Ma io mica sugnu ‘nu seduttori.
Lucia: (civettando) E cui ‘u sapa?
Franco: (avvicinandosi) Lucia… io non ‘u sacciu chiju chi mi succediu… oja… è cuomu se invece do sangu mi scurra l’argientu vivu…
Lucia: Vavattinda ca n’atru puocu arriva u previti.
Franco: Ti ‘nda vieni?
Lucia: (fingendo di non capire) Duva?
Franco: Ma cuomu, ‘ntro giardinu!
Lucia: (fingendo di non capire) Pammu facimu chi?
Franco: Pammu annaffiamu i fhiuri.
Lucia: Ma tu nescisti pacciu? Haiu u preparu ‘a colazione pe’ don Peppinu.
Franco: E pua?
Lucia: Pua… viegnu u stiendu i panni.
Franco: (presso la porta del giardino in ammirazione) Ah! chi fhiuri, chi fhiuri!!!
Lucia: (ridendo) stupidu, sciemu!
Franco: (c.s.) (imitando il suono del campanello) Drin… Drin… Domine Vobiscum… Duv’è Lucia… Drin… Drin… ite Missa est…Ah propositu ‘a sapiti ‘a notizia? (tornando verso Lucia), ma tu non sai nenta? Indovina cui tornau ieri sira?
Lucia: Ma, non sacciu…
Franco: Geniu… Geniu Rolandu
Lucia: Eugenio Rolando?
Franco: Sì… Sì… tornau da Germania.
Lucia: Geniu, l’innammoratu ‘e Graziella?
Franco: Innammoratu tantu pe’ dira… pecchì ormai para decisu ca Graziella si spusa cu cumpara Vittoriu.
Lucia: Ma si sicuru!!! Ma si cumpara Vittoriu ava trent’anni cchiù e jia… on jira appriessu e ‘sti chiacchieri chi dinnu ‘ntro paisi…
Franco: Già, ma u patra e Graziella si misa ‘ntra testa c’ava u su spusa… e quandu chijiu vecchju si menta ‘ntra testa ‘na cosa ava u m’esta chija.
Lucia: Ma è ‘na bona prepotenza chista!!!
Franco: E chi ci vua e fara? Saria io o postu ‘e Graziella mu spusaria!!!
Lucia: Ti spusaristi ‘nu viecchju vavusu?
Franco: Viecchju, viecchju!… cumpara Vittoriu è riccu… ‘ndava sordi… e i sordi sugnu ‘na bella cosa … e pua duoppu spusati, allora: ti piazza ‘u duci… e mo viviti l’amaru!
Lucia: Ma Francu, non sugnu cuosi mu dici davanti ‘na guagliuna.
Franco: Già scusami,… mi scuordu sempa ca si ‘na zitejia.
Lucia: E chiji atri dui? Mariu e Rosina?
Franco: Mariu era ‘ntra chjiesi vicinu a cumpara Vittoriu… U figghiu avia ‘nu visu alliegru, alliegru… ma u patra si vidia c’avia i cazzi girati!!!… Si capiscia com’è: Mariu è cuntientu do ritornu e Geniu, pecchì si Geniu riescia u si spusa cu Graziella, cumpara Vittoriu rimana vedovu e allora cummara Gianna non menta cchiù ‘u vastuni ‘ntra i ruoti pe’ ‘u matrimoniu tra iju e ‘a figghia e ‘nu jornu si pigghia tutti i sordi do patra… mentra inveci si ‘u patra riescia u si spusa Graziella e non sia mai dittu riescia u m’ava atri figghi, addiu patrimoniu. Insomma cara mia, è sempa questioni ‘e sordi… Ma on simu cchiù felici nui chi non davimu… Pe’ chistu io sugnu sempa alliegru e cantu sempa cuomu ‘nu l’usignolu … Bè, mo scappu evieru… v’aspiettu jà.
Lucia: Va bene. (via) boh!
Franco: Duoppu pigghiu atri fiuri pammu ti fazzu ‘na corona. Parlami d’amore,… (uscendo s’imbatte in don Peppino)


[continua]

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