Opere di

Silvana Licari


Con questo racconto è risultata 10^ classificata – Sezione narrativa alla XIX Edizione del Concorso Marguerite Yourcenar 2011


Questa la motivazione della Giuria: «Il racconto narra di un barcaiolo che accompagna, ogni mattina, su un isolotto sperduto, un uomo che si trova in vacanza. La vicenda esistenziale del barcaiolo diventa sostanza stessa dell’imprevedibilità della vita: le parole non servono perché è la vita che racconta la nostra condizione. La storia viene proposta con spontanea partecipazione».

Massimo Barile


L’isolotto

Quella mattina mi svegliai con una strana sensazione, il silenzio che precede ogni accadimento mi fece ricordare, a tratti, il sogno della notte e già questi pensieri-ricordi o premonizioni mi dissero che anche se non avessi, durante il giorno, assistito a qualche fatto straordinario, l’avrei comunque vissuto ascoltandone il vivo racconto.
Conoscevo l’isola già da diversi anni per esserci andato ogni qualvolta potevo e necessitavo di un periodo di serena ispirazione.
Quel giorno del 24 settembre mi trovavo in quell’isola da una ventina di giorni; era un giorno come tanti altri, bello, tiepido e profumato come sempre ma nell’aria c’era un non so che di indescrivibile.
Gioacchino era un barcaiolo, un uomo interessante, occhi azzurri, volto solcato dal tempo e dalla salsedine, lineamenti regolari un po’ forti nei tratti, mani grandi e ruvide e un corpo eretto e robusto anche se a volte dava l’impressione che avesse l’andatura di chi è sofferente o stanco. Non sapevo dargli un’età ben definita, certo più di quaranta, come non sapevo se avesse mai imparato a leggere, ma si percepiva che la sua conoscenza della vita era profonda per la sua esperienza.
Queste cose comunque per il nostro rapporto non avevano importanza, perché Gioacchino entrava nella mia giornata per una breve parentesi. Veniva a prendermi alle nove del mattino al piccolo molo e mi portava al vicino isolotto che in quanto brullo e disabitato era per me pieno di fascino creativo: mare-grotte-vegetazione spontanea ed una chiesetta con tante icone ed ex-voto mi aiutavano in tutti i sensi ad avere la carica necessaria per affrontare poi la vita di città.
Si stava in barca dieci minuti appena, poi mi veniva a riprendere all’ora di pranzo.

Gioacchino non parlava molto, poche parole da parte sua e molti tentativi da parte mia di intraprendere un discorso su un qualsiasi argomento.
Nonostante la mancanza di un vero e proprio dialogo, c’era fra noi più che una semplice conoscenza o rapporto di lavoro. C’era in effetti come un invisibile filo di confidenza non ancora espressa, ma che di giorno in giorno ci rendeva più amici.
Quella mattina Gioacchino tardava, me ne resi conto perché avevo finito di leggere tutto il giornale e dando un’occhiata all’orologio mi accorsi che le nove erano passate da un pezzo.
Mi meravigliai per il ritardo senza preavviso e all’inizio pensai ad un banale contrattempo, poi via via cominciai a preoccuparmi perché un tale comportamento non era nello stile sia pure rustico di Gioacchino.
Infine, dopo più di mezz’ora, decisi di cercarlo andando a chiedere qua e là per il villaggio a quelli che incontravo se lo conoscevano e lo avessero visto.
La mia decisione di voler sapere il motivo del mancato appuntamento, pur ritenendola ovvia, mi sembrò comunque esagerata, forse non era il caso che mi preoccupassi più di tanto.
In fondo quest’uomo io non lo conoscevo quasi per niente poiché il nostro rapporto era tale da non aver mai dato luogo ad approfondimenti più intimi: lui faceva il barcaiolo, io un’illustratore di libri in vacanza ricreativa e solitaria.
Mentre camminavo seguitavo a pensare a Gioacchino dimenticando persino che la mia meta doveva essere l’isolotto e che per quel giorno ormai non ci sarei forse andato più.
Ma chi era veramente quel barcaiolo? Il suo aspetto mi portava a pensarne bene, ma se mostrava fierezza e cultura, come mai in confronto faceva un lavoro così umile per l’immagine che traspariva dai suoi modi?

L’inspiegabile ritardo, protratto così a lungo, avrebbe portato anche chi lo conosceva meno di me a sorprendersi per un tale comportamento senza preavviso, mentre a me sembrò addirittura inquietante quell’attesa senza risposta.
A questo punto cominciarono le congetture ed una crescente ansietà di sapere … Come prima cosa, pensai ad un malessere improvviso che gli avesse impedito persino di chiamare soccorso e tanto meno di giustificarsi. E su questo pensiero cercai di capire cosa potevo fare: andare avanti, ma senza una direzione o tornare indietro nel luogo del solito appuntamento al piccolo molo. Scelsi di tornare sui miei passi sperando che nel frattempo si fosse risolta come una bolla di sapone tutta la mia agitazione.
Giunsi di nuovo al molo che già, senza accorgermene, si erano fatte le dieci passate e tutte le barche e gli altri natanti erano andati via.
Quel deserto mi dette un senso di fastidio, come quando nei sogni, si vuole raggiungere un luogo ed i passi non vanno avanti o prendono strade diverse e ignote allontanandoci dalla meta.
Mi accesi la pipa cercando di riordinare idee e sensazioni… Questo gesto dette quasi subito i suoi frutti facendomi finalmente incontrare nel responsabile dell’imbarcadero la persona giusta alla quale domandare quanto ormai mi premeva di sapere.
Mi avvicinai all’uomo,conosciuto solo di vista, e mi presentai sapendo a mia volta che lui si chiamava Fernando R.
Fernando si mostrò all’inizio un po’ sulle sue, poi notando forse la mia malcelata preoccupazione ed incuriosito, mi ascoltò pazientemente facendomi finire tutta la mia serie di domande prima di rivelarmi tutto quello che sapeva su Gioacchino e di cui trascrivo di seguito il resoconto secondo quello che la memoria mi suggerisce…

Il mio barcaiolo Gioacchino era un lontano cugino di Fernando R., l’unico della famiglia che lavorava in quest’isola lontana dal paese di Gioacchino, il quale per una brutta storia in cui si era trovato coinvolto, pur senza alcuna colpa, si era dovuto allontanare lasciando così anche un buon impiego all’arsenale navale. Da allora per vivere si adattava a fare tanti lavori occasionali compreso quello di barcaiolo.
Quella mattina Gioacchino era giunto, come faceva di solito, con un quarto d’ora d’anticipo… ma, all’arrivo di un traghetto si era allontanato in tutta fretta con la sua barca. Aveva visto forse qualcuno che non doveva sapere della sua presenza lì perché ciò avrebbe vanificato tutti i suoi sforzi di esule.
Questo è tutto quello che seppi da Fernando R. il quale si prestò volentieri ad accompagnarmi nel vicino isolotto dove ormai ero sicuro che avrei rivisto Gioacchino.
L’incontro, questa volta, non fu quasi formale e silenzioso: complicità e calda amicizia avevano unito due persone fino a quel momento quasi sconosciute.

Silvana Licari



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