Opere di

Silvana Zanella


IL QUADRATO SATOR-ROTAS

Giuntaci da un lontano passato, è l’iscrizione latina più nota al mondo.
Dotata di caratteristiche straordinarie e irripetibili, non ha ancora una traduzione che metta d’accordo tutti gli studiosi.

La scrittrice Silvana Zanella offre una soluzione assolutamente nuova, basata sul rinvenimento negli antichi Glossari latini di un vocabolo raro in grado di spiegare l’intraducibile AREPO, parola che si riteneva non appartenesse a nessun linguaggio conosciuto.

In base alle regole della retorica latina e greca, spiegate dalle stesse parole dei più famosi autori dell’antichità, Cicerone e Aristotele, il Quadrato è un antico ENIGMA, dotato sia di straordinario valore letterario, sia di pregnante significato filosofico. Che fu ritenuto in ogni epoca da coloro che lo conobbero un prezioso tesoro da conservare e tramandare ai posteri.

La soluzione rimane nell’ambito delle direttive tracciate da importanti studiosi come Amedeo Maiuri e Hildebrecht Hommel, e viene proposta nel pieno rispetto delle tappe basilari della storia del Quadrato, segnate da fondamentali ritrovamenti archeologici.

L’autrice offre inoltre originali soluzioni di molti altri enigmi del passato, in un’appassionante carrellata di sciarade e indovinelli che ci mostra uno spaccato inedito e colorito dei personaggi e dei costumi della Roma del I secolo a.C..


IL GAZZETTINO
(07/01/2011)

ENIGMA, UN’ECCELLENTE OPERA
DELLA POLESANA SILVANA ZANELLA

“Enigma – La preghiera al Padre tra retorica e cosmologia”, edito di recente dalla casa editrice Excelsior di Castelguglielmo, è l’eccellente lavoro con cui la polesana Silvana Zanella propone un’innovativa soluzione a uno dei misteri letterari più noti e affascinanti della latinità. Si tratta del “Quadrato Sator-Rotas”, un’iscrizione di cinque parole che, sia singolarmente che tutte assieme, formano dei perfetti palindromi. Numerosissime le testimonianze in testi e monumenti, che hanno determinato le più disparate interpretazioni: da quelle agresti a quelle astronomiche, fino a complessi significati metaforici. Il Quadrato, che risale al primo secolo avanti Cristo e secondo l’accezione retorica del termine sarebbe un antico enigma, ha finora trovato la chiave per la sua comprensione in testi greci e latini con una convincente spiegazione filosofica ad opera di Cicerone. La scrittrice Silvana Zanella, conosciuta per “La cappella del Bastianino” e altri saggi, dopo oltre sei anni di studi e ricerche, ha dato una versione nuova e forse risolutiva dell’enigma cui già in passato aveva attribuito una convincente spiegazione. L’autrice ha ipotizzato, oltre ai due possibili sensi di lettura dei termini, anche due differenti significati: uno riferito alla sfera terrena e un altro a quella celeste e divina. Oltre ad aver dato una spiegazione al termine “Arepo”, che si riteneva non appartenesse ad alcun linguaggio conosciuto, la Zanella ha proposto uno schema interpretativo calato sullo schema degli Inni, preghiere alle antiche divinità, lasciando ipotizzare un senso profondamente religioso del misterioso Quadrato. Il libro è alla portata di molti interessati e curiosi, grazie ad un ricco apparato iconografico e di schemi, oltre che a curiosità e indicazioni precise sugli esemplari conosciuti del Quadrato. (s.t.b.)


Sintesi

La soluzione proposta si basa sulla riscoperta della parola latina rara ARIPUS.
Dal punto di vista filologico si tratta solamente di una variante di AREPO, poiché per il principio di apofonia, detta anche alternanza vocalica, le vocali non accentate di un tema o di un suffisso possono variare. Ad esempio la parola arepennis nei testi antichi si incontra anche nelle versioni aripennis e arapennis, areopago anche ariopago.
Il Thesaurus linguae latinae cita Aripus riportato nel Corpus glossariorum latinorum, dove è presente solamente in due codici manoscritti medievali:

Codice Sangallensis 912 (sec VIII)
Excerpta ex Codice Vaticano 1468 (sec. IX-X)

Aripus deriva dal termine greco άρπη, la cui radice è “srep”, e significa:

GLADIUS FALCATUM


Cioè, spada a forma di falce.

Le due forme dell’harpē
La storia mitologica di quest’antichissima arma, simbolo divino, ci viene raccontata nella Theogonia di Esiodo, dove esso è lo strumento col quale il dio Saturno evirò il padre Urano, il cielo, per liberare la madre Gea, la terra, dalla sua oppressione.

La presenza di una parola latina rara, poco usata anche nell’antichità, rendeva, allora come oggi, la decifrazione del Quadrato molto difficile, ma proprio questa indecifrabilità rende il crittogramma, nell’accezione retorica del termine, un vero e proprio Enigma.
Secondo Aristotele la caratteristica principale degli Enigmi era la presenza delle metafore, cioè di parole che non devono essere interpretate alla lettera, ma attraverso collegamenti logici, che aprono la mente di chi riesce a scorgerli.
Ad esempio:

AREPO = spada falcata di Saturno = simbolo del potere divino = Dio.

Esaminiamo ora il Quadrato dal punto di vista grammaticale:

SATOR – può essere solamente soggetto singolare – il seminatore
ROTAS – può essere solamente complemento oggetto plurale – le ruote
TENET – verbo teneo, presente terza persona singolare – tiene
OPERA – può derivare sia da opus –is, ed essere soggetto o complemento oggetto plurali, che da opera –ae, ed essere soggetto o ablativo singolare – le opere
AREPO – indeclinabile, può essere sia soggetto che complemento oggetto singolare – la falce

Il finale in “o” è giustificato dalla presenza di un’ apòcope, si tratta in pratica di quella che oggi chiameremmo una licenza poetica.

La soluzione del Quadrato gioca su tutte queste ambivalenze ed è ammissibile ogni traduzione possibile. D’altra parte la struttura bifronte o palindroma delle parole, e del crittogramma stesso, suggerisce che vi siano doppi sensi e interpretazioni multiple.
Sono possibili inoltre sia la lettura normale, riga per riga, sia la lettura bustrofedica, che va a zig zag come i buoi quando arano.
Otteniamo:

ROTAS AREPO TENET OPERA SATOR
ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR

Tutto è poi ulteriormente complicato dal fatto che in ambito cristiano a partire dal IV sec. venne creata la versione Sator che ribaltava il crittogramma.

SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS

Esaminando il Quadrato più antico notiamo che sono possibili due tipi di strutture grammaticali. Una formata da un nominativo e tre accusativi, ed una composta di due frasi speculari che hanno ognuna un soggetto ed un accusativo e sono rette entrambe dal verbo tenet.

LETTURA NORMALE

SATOR – nominativo sing.– Il seminatore
AREPO – accusativo sing. – la falce
TENET – verbo – tiene
OPERA – accusativo plu. – le opere (agricole)
ROTAS – accusativo plu. – le ruote (del carro)

LETTURA METAFORICA

SATOR – nom. sing.– Il Seminatore (celeste)
AREPO – acc. sing. – il Grande Carro (Falce)
TENET – verbo – tiene
OPERA – acc. plu. – le costellazioni (opere celesti)
ROTAS – acc. plu. – le stelle (le ruote)

LETTURA BUSTROFEDICA

SATOR – nominativo sing. – L’uomo
TENET – verbo – decide (tiene)
OPERA – acc. plu. – le sue azioni (opere)
AREPO – nominativo sing. – Dio
TENET – verbo – decide (tiene)
ROTAS – acc. plu. – i destini (le ruote del destino)

Alla lettura normale e a quella bustrofedica abbiamo aggiunto una terza lettura metaforica, poiché ognuna delle parole del Quadrato può essere letta anche con un secondo senso che ne trasferisce l’ambito dalla sfera terrena a quella celeste e divina.
Un secondo significato di seminatore agricolo infatti è quello di Seminatore celeste, appellativo di Giove in ambito pagano e di Cristo in quello cristiano.
La falce di Saturno invece dal punto di vista astronomico, in base alle antiche conoscenze, corrispondeva all’asterismo del Grande carro. Questa ipotesi viene confermata da una traduzione in greco del crittogramma che parla di Aratro uno degli appellativi più noti del Grande Carro.

Naturalmente sono possibili anche altre costruzioni sintattiche, ad esempio possiamo considerare opera come un ablativo di modo e tradurlo “con cura”, “amorevolmente”, ma il significato globale non cambia. Dal punto di vista semantico il crittogramma ruota sempre attorno al parallelo tra la terra e il cielo, tra l’agricoltura e l’astronomia, tra la cura dell’uomo per le sue cose e l’amore di Dio per l’universo.
Un’altra possibile soluzione è infatti:

Dio
si prende cura
delle stelle,
come l’uomo
si prende cura
dei campi.

Sulla stessa linea interpretativa rimane l’anagramma che possiamo ottenere dalle venticinque lettere del Quadrato usando un gioco di parole caro a Cicerone.

A S T R A

O R O T E

P A T E R

E T O R O

P A N E S

ASTRA ORO TE PATER ET ORO PANES

Padre, ti prego per ottenere il favore delle stelle e ti prego per il pane quotidiano.

In ambito cristiano può essere interpretabile come:

Padre, ti prego mostraci il regno dei cieli e concedici in terra il pane quotidiano.

Durante il Cristianesimo, infatti, il Quadrato fu reinterpretato secondo la nuova dottrina, e poiché i principi che esprimeva erano molto vicini al credo cristiano, fu accolto e custodito per essere tramandato ai posteri come un vero tesoro, un inestimabile condensato di conoscenze e fondamentali principi filosofici.


ENIGMA
La preghiera al Padre tra retorica e cosmologia
(Pag. 219 ss.)

Conclusioni

La soluzione proposta si basa sulle ipotesi già formulate dal celebre pompeianista Amedeo Maiuri, dal filologo tedesco Hildebrecht Hommel e dallo storico Heinz Hofmann. Ciò alla luce però di alcune nuove scoperte che rivelano scenari ancor più ampi di quelli immaginati dai precedenti studiosi, pur rimanendo sulla stessa linea interpretativa.

Per accostarci alla soluzione del Quadrato abbiamo seguito più percorsi: quello retorico-grammaticale, quello filosofico-religioso e quello ludico-enigmistico.
Il primo approccio riguarda l’aspetto strutturale del crittogramma, il secondo l’aspetto semantico, l’ultimo quello squisitamente letterario.

La soluzione si trova nelle regole dell’antica retorica latina e greca, prendendo come testi di riferimento l’ Ars Rhetorica e l’ Ars Poetica di Aristotele e i libri di retorica latina scritti da Cicerone, quali l’ Orator e il De Oratore.

Aristotele in un famoso brano del III libro della Retorica ci parla degli αστεία.
Sono frasi argute e popolari, spesso ricche di significati pregnanti e universali, usate dagli antichi con due finalità: tramandare insegnamenti basilari e nel contempo dimostrare la sagacia del loro autore.
Nell’antichità infatti la capacità di esprimersi in modo brillante era una caratteristica molto apprezzata negli ambienti colti e raffinati. Oggi lo chiameremmo humour, i Romani la definivano urbanitas.
Il filosofo ateniese ci spiega che gli astèia erano caratterizzati dalle metafore. Queste consistono nel trasferimento del significato di una parola da un senso letterale ad uno traslato, oppure dal passaggio del suo significato da una sfera sensoriale ad un’altra, ad esempio dalla terra al cielo.

Cicerone, al contrario, riteneva che per dimostrare la propria arguzia si dovesse innanzitutto far uso dell’ anfibologia, una figura retorica che consiste nell’uso di frasi ambigue, interpretabili in due modi diversi: per le parole, per il costrutto, o per i concetti espressi. Si tratta in pratica del nostro doppio senso.
L’espressione a doppio senso è apprezzata in sé e per sé, e moltissimo, come ho già detto, perché si crede che solo un uomo intelligente possa far acquistare ad una frase un significato diverso da quello che la maggioranza degli uomini le dà. (Cic. De oratore II 62)

Nel Quadrato l’uso dei palindromi e dei bifronte suggerisce proprio che ogni parola, come presenta due sensi di lettura, così offre doppie interpretazioni: quella di senso comune e quella traslata.
Quando poi, sempre secondo Aristotele, in una frase troviamo una metafora particolarmente complessa o un termine esotico poco conosciuto, allora siamo in presenza di un vero e proprio enigma.

Poiché la forma stessa dell’enigma è questa: pur dicendo le cose come stanno, mettere insieme elementi apparentemente assurdi; e non è possibile fare questo attraverso l’espressione ordinaria, mentre è possibile con le metafore. (Ari. Poetica 1458a)

Ed è proprio la presenza della parola AREPO a fare del Quadrato un antico enigma.

Infatti AREPO deriva da una parola latina rara ARIPUS, variante di AREPUSAREPO, citata in due soli codici antichi e riportata dal Thesaurus linguae latinae.
Si tratta della latinizzazione del termine greco άρπη, in latino harpē, che ha il duplice significato sia di falce che di spada, o più genericamente di spada falcata.
La storia mitologica di questo antichissimo strumento, simbolo divino, ci viene raccontata nella Theogonia di Esiodo, dove esso è lo strumento col quale il dio Saturno evirò il padre Urano, il cielo, per liberare la madre Gea, la terra.

Per quanto riguarda poi il metodo di lettura, il Quadrato può essere letto sia riga per riga, στοιχηδόν, sia in senso bustrofedico, a zig zag, βουστροφηδόν.
Le soluzioni sono perciò più di una. Ma tutte possono essere riunite in un’unica, armonica, visione cosmologica.
In epoca medievale le lettere del cittogramma furono anche inserite in una griglia che ci ricorda l’antico grifo, cioè una domanda enigmatica che prevedeva più soluzioni, e il cui significato era quello di “nassa”, “rete da pesca” per intrappolare il lettore.

Il doppio metodo di lettura ci fornisce una giustificazione di tutte le forme nelle quali il Quadrato fu nei secoli rappresentato, perché esso è sempre comunque leggibile e dotato di contenuto semantico.

Per quanto riguarda il Quadrato Sator, esso è la trasformazione in chiave cristiana di un più antico enigma, il Quadrato Rotas, la cui origine deriva invece dalla visione cosmogonica pagana, come già Hommel e Hofmann avevano spiegato.

Nel Quadrato cristiano viene evidenziata la figura del SATOR, il Seminatore, posto in posizione elevata a dominare il Creato, immagine che rimanda alla parabola evangelica del Seminatore. Inoltre prende forza il simbolismo della croce formata dai due TENET.
Nel Quadrato Sator le cinque parole vanno a rappresentare le ferite sul corpo di Cristo.
La forma quadrata rappresenta invece la Gerusalemme celeste, mentre la falce adamantina viene sostituita dall’aratro, che secondo gli scritti del vescovo Ireneo di Lione simboleggiava la Croce.
Il Quadrato Sator appare inoltre come una versione semplificata del più complesso Rotas, che è arricchito da un simbolismo multiforme.


IL QUADRATO CRISTIANO SATOR

LETTURA RIGA PER RIGA

PROPRIA
                
TRASLATA
Il seminatore SATOR Il Creatore
tiene AREPO tiene
la falce TENET l’Aratro
le opere OPERA le costellazioni
le ruote ROTAS le stelle

Nella lettura letterale ci appare una frase di argomento agreste, ma, pur mantenedo le stesse identiche parole, il significato può essere traslato, ampliato, verso una visione astronomico-religiosa di valore universale.

Il Grande Carro – chiamato anche l’Aratro – è l’asterismo che anticamente nella sfera celeste rappresentava l’harpē, spada-falce degli dei.

L’harpé era anche definita falce adamantina, perché fatta di adamante, mitico metallo che, secondo quanto racconta Platone nel Timeo, era costituito da una lega d’oro e carbonio.

Esiste quindi un rapporto di analogia fra questi termini:

AREPO = SPADA-FALCATA = HARPÉ = FALCE ADAMANTINA = FALCE = GRANDE CARRO = ARATRO = DIVINITÀ

Per analogia intendo quando si trovano in rapporto uguale il secondo elemento con il primo e il quarto con il terzo. Si potrà dire allora il quarto elemento al posto del secondo o il secondo al posto del quarto. E talvolta si pone al posto di ciò di cui si parla quello che a questo si riferisce . (Ari. Poetica 1457b)

Queste parole sono tra loro sostituibili, perché legate da un rapporto metaforico, o più ampiamente dall’idea di concetto traslato.

Il Quadrato Sator è più vicino alla lettura moderna rispetto al Rotas, poiché nella grammatica latina il valore di ogni singola parola nell’ambito della frase si deduce dalla desinenza e non dal posto che occupa.

Dal punto di vista grammaticale in latino SATOR può essere solamente soggetto.
ROTAS e OPERA – da opus, operis – possono essere solo complemento oggetto.
AREPO è indeclinabile e può avere sia valore di soggetto che di complemento oggetto.
Questo è l’arguto escamotage che permette di ottenere con le parole del Quadrato sia una frase con un soggetto e tre complementi oggetto nella lettura riga per riga, sia una frase più complessa con due soggetti, retti entrambi dal verbo TENET, e due complementi oggetto nella lettura bustrofedica.

La lettura bustrofedica, o a zig zag, è un metodo di lettura molto antico. Non può essere del tutto escluso, come possibilità, nel Quadrato Sator, cristiano, tuttavia meglio si adatta alla forma mentis pagana, della quale il più antico Quadrato Rotas è frutto.

IL QUADRATO PAGANO ROTAS

LETTURA RIGA PER RIGA

PROPRIA
                
TRASLATA
Il seminatore R O T A S Giove Statore
tiene O P E R A tiene
la falce T E N E T il Grande Carro
le opere A R E P O le costellazioni
le ruote S A T O R le stelle

LETTURA BUSTROFEDICA
METAFORICA

(La falce di) Saturno ROTAS
 Dio
       
decide OPERA
 si prende cura
       
i destini TENET
 del Creato
          
l’uomo TENET

 come l’uomo
          
decide AREPO

 si prende cura
          
le sue azioni SATOR
 dei suoi campi

AREPO è la costellazione del Grande Carro, la falce degli dei, simbolo del loro potere universale e quindi metafora della divinità.
Il seminatore agricolo è metafora dell’uomo comune che amorevolmente semina e si prende cura, sulla terra, dei suoi campi, proprio come la divinità, in cielo, crea e sostenta le opere universali.

Con la lettura bustrofedica il significato è identico a quello ottenuto nella lettura riga per riga.
Ma mentre nel primo caso il Quadrato pare sdoppiarsi verticalmente, nel secondo si estende attorno ad un asse orizzontale che passa attraverso TENET.

!N centrale del Quadrato Rotas, unica tra le lettere, potremmo far ruotare progressivamente il crittogramma di 90° e gli vedremmo tracciare nello spazio un grande cerchio, proprio come il Grande Carro ruota attorno al Polo celeste. Figura che dagli antichi era chiamata la Ruota di Issione, e che nel XX secolo diverrà tristemente famosa come la svastica del nazionalsocialismo tedesco.
Quindi il Quadrato Rotas non è piano come il Sator, ma si sviluppa nelle tre dimensioni dello spazio come una perfetta copia in miniatura dell’universo.


ISSIONE

Fu figlio di Marte e re dei Lapiti.
Sposò Dia, ma dopo le nozze invece di portare al suocero Deioneo i doni promessi, lo trucidò crudelmente.
Giove lo perdonò e lo invitò presso gli dei, ma Issione, invece di essere riconoscente, cercò di sedurre Era, sposa di Zeus.
Il dio lo trasse allora in inganno mostrandogli la nuvola Nefele con le sembianze di sua moglie. Issione, ignaro, con questa generò i Centauri.
Come punizione per la sue colpe, fu legato per l’eternità ad una ruota di fuoco che gira senza sosta nel cielo rappresentata dall’incessante moto del Grande Carro attorno alla Stella Polare. Con quelle di Sisifo e di Tantalo, la storia esemplifica la terribile ira divina che si abbatte sugli ingrati.


La differenza fra le due versioni del crittogramma è sostanziale.
Il Quadrato Rotas prevede sia la lettura riga per riga che quella bustrofedica, legata al simbolismo pagano antico.
Mentre il Quadrato Sator appare privo di immagini simboliche sott’intese, troppo legate ai culti pagani – diventate alquanto oscure quando il latino divenne progressivamente sempre più obsoleto – e contrarie alla Rivelazione, concetto fondamentale nel culto cristiano.
Il crittogramma Sator si poneva perfettamente in sintonia con i dogmi del Cristianesimo, per il suo profondo significato religioso e universale, e per essere più semplice, più chiaro e accessibile. Ciò concordava con le innovazioni straordinarie portate dal nuovo Credo, come l’eliminazione di ogni aspetto misteriosofico e l’accessibilità a tutti dei dogmi, non più riservati solamente alle caste sacerdotali che per secoli avevano negato la rivelazione al popolo.

Se invece esaminiamo il Quadrato dal punto di vista retorico, ritroviamo la presenza di numerose figure retoriche, come la similitudine, la sineddoche, la sinestesia.
Ma la figura che certamente prevale nella lettura di tipo bustrofedico è il chiasmo dei greci, trasformato da Cicerone nel redigere in quadrum.

ROTAS OPERA

TENET

AREPO SATOR

Il chiasmo consiste nella disposizione incrociata di quattro elementi, corrispondenti a due a due in modo da essere intercambiabili tra loro.

Ma le parole del crittogramma sono collegate da relazioni multiformi:
Rotas è il bifronte di Sator, Opera quello di Arepo
Rotas e Opera sono i due termini plurali, Arepo a Sator sono singolari.
Arepo, il Grande Carro (o l’Aratro) fa parte delle Rotas, le stelle.
Il Sator rientra nell’idea più generale di opera rustica, i lavori agricoli.
Per citare solo gli aspetti più evidenti.

Esiste quindi nel Quadrato un rapporto armonico di parallelismo e di proporzione dei quattro termini bifronte, secondo i concetti di analogia e di somiglianza. Il Tenet palindromo funge da chiave di volta. Le parole acquistano nella frase un ritmo e una cadenza armonica che vuol essere rappresentazione della danza cosmica, come Aristotele definisce il moto degli astri.

Il significato filosofico ruota sempre attorno al parallelo fra la terra e il cielo, fra le opere umane e quelle divine, fra l’uomo e Dio.
E quasi come un cubo di Rubich il Quadrato si sdoppia continuamente ed eternamente nell’ambito di queste due realtà universali. Non dimentichiamo che per le civiltà del passato l’universo era composto dalla terra e dal cielo in un binomio inscindibile che regolava l’agricoltura, le attività umane e il fato.
Basta leggere l’incipit dei Phainomena di Arato di Soli per comprendere questo parallelismo. Oppure il Timaeus di Platone e il De natura deorum di Cicerone.

Vediamo infine una lettura simbolica del Quadrato Rotas che va al di là del significato delle singole parole, e che tuttavia anticamente doveva essere del tutto chiara e di immediata visualizzazione.
Anche in questo caso il Tenet viene assunto come immaginario orizzonte.

LETTURA SIMBOLICA

Fuoco ROTAS (cielo – notte – buio – femminile – divinità)

Aria AREPO sfera celeste
   
TENET orizzonte
Acqua OPERA sfera terrestre

Terra SATOR (terra – giorno – luce – maschile – uomo)

ROTAS – stelle – fuoco
AREPO – harpé – aria
OPERA – lavori agricoli – acqua
SATOR – seminatore – terra

Leggendo il Quadrato in questa chiave si può vedere rappresentato non solo un continuo parallelo fra la sfera celeste e quella terrestre, ma anche i quattro elementi, fuoco, aria, acqua e terra, cari ai pitagorici.

La forma quadrata inoltre in antichità rappresentava la Terra, che Platone stesso immagina come quadrata. I vertici della croce formata dai Tenet richiamano le quattro direzioni dello spazio, i quattro punti cardinali, le quattro stagioni, le quattro parti dello zodiaco.

Giunti a questo punto, si potrebbe ritenere di aver raggiunto una spiegazione adeguata. Tuttavia non ritengo corretto concludere qui una seria ricerca. Rimane infatti ancora una domanda irrisolta.
Perché fin dall’antichità molti studiosi e conoscitori del Quadrato hanno cercato di creare un anagramma con le 25 lettere del palindromo?
Proprio perché, in effetti, nel Quadrato si nasconde davvero un anagramma.

ANAGRAMMA

A S T R A
O R O T E
P A T E R
E T O R O
P A N E S

ASTRA ORO TE, PATER, ET ORO PANES

Padre, ti prego mostraci il regno dei cieli e concedici in terra il pane quotidiano.

In latino la parola oratio, orazione, derivava dal verbo oro e significava discorso, ma voleva anche dire invocazione o preghiera.

L’anagramma viene realizzato tramite l’uso di uno stilema ricorrente nelle opere di Cicerone, proprio per questo egli si pone a questo punto come possibile e probabile autore del Quadrato, come anche Hoffmann aveva intuito.
Anche nell’anagramma ritroviamo il parallelo fra l’agricoltura e le stelle, fra la terra e il cielo che sembrano ruotare entrambe attorno alla figura del Padre celeste.

Generatore degli uomini e degli dei, come lo definisce Esiodo.
Padre degli uomini e degli dei, per Omero.
Seminator et sator et parens … educator et altor, secondo Cicerone.
Schöpfer und Erhalter, per Hommel.
Padrenostro, per tutti i Cristiani.

Attraverso l’anagramma il Quadrato diviene una preghiera i cui contenuti possono essere assimilati al Padrenostro. Orazione questa alla quale il Quadrato è stato spesso accostato in epoca cristiana, e che ben spiega il suo uso a fini taumaturgici e apotropaici da parte del popolo, incline a confondere religione e superstizione.
Mentre vengono esclusi i legami con la magia e l’occultismo, frutto di un’errata interpretazione. Il Quadrato non era magico, era una preghiera, usata dal popolo per secoli per curare e proteggere.

Potremmo dire quindi che dal punto di vista strutturale prevale l’aspetto retorico, dal punto di vista semantico prevale quello filosofico-religioso, riuniti insieme nell’ardito tentativo di emulare la perfezione delle cose divine.
Quella che Platone nel Teeteto chiama ομοίωσις θεώ, assimilazione a dio. Cioè il tentativo di avvicinarsi alla perfezione fino a diventare tutt’uno con la divinità.

In senso ludico-enigmistico il Quadrato è una specie di “gioco educativo”, il cui scopo era quello di allargare la visione semplicistica della lettura letterale in una più ampia e colta che comprendeva significati metaforici e traslati.

Il lettore meno colto si sarebbe fermato alla lettura letterale e forse avrebbe afferrato i significati simbolici abbastanza comuni nel mondo antico, come i quattro elementi pitagorici.


Il seminatore
tiene
la falce
le opere agricole
le ruote.

Una persona più acuta avrebbe compreso l’anfibologia, cioè i doppi significati delle parole, e le avrebbe trasferite dalla sfera terrestre a quella celeste, cogliendo il legame tra seminatore agricolo e Seminatore celeste.

Il Creatore
tiene
il Grande Carro
le costellazioni
le stelle.

Chi fosse dotato poi di cultura, sia letteraria che filosofica, avrebbe intuito la lettura bustrofedica ricca di metafore.

Dio
si prende cura
del Creato,
come l’uomo
si prende cura
dei suoi campi.

Infine solamente a una ristretta cerchia doveva essere riservata la comprensione dell’anagramma, abilmente criptato sotto le semplici apparenze di una frase di argomento bucolico.

Padre,
ti chiedo
il favore degli astri
e ti prego
per il pane quotidiano

La maggior parte delle espressioni brillanti (αστεία) deriva dalle metafore e da una sorpresa ingannevole, perché per l’ascoltatore diventa più evidente il fatto d’aver imparato qualcosa quando la conclusione va contro le sue aspettative, ed è come se la sua mente dicesse: ”Com’è vero, mi sbagliavo!. (Ari. Rhet. III 1412a)

Il Quadrato presenta gradi di difficoltà che si susseguono in crescendo, passando da ciò che è più vicino alla sfera umana fino a raggiungere ciò che si trova negli strati più alti della sfera celeste, nell’ardito tentativo di avvicinarsi a Dio.
Si tratta di un percorso non solo squisitamente letterario, ma anche intellettuale, filosofico e religioso.

Il fine ultimo però era quello di ammaliare il lettore con la perfezione, caratteristica ritenuta divina.

Concludendo, dal punto di vista filosofico e religioso nel Quadrato Sator prevale la rappresentazione degli ideali del Cristianesimo, del quale è frutto, in un’epoca stimabile attorno al IV secolo. Mentre nel Quadrato Rotas confluiscono più teorie filosofiche – stoicismo, pitagorismo, dottrine platoniche e peripatetiche – in un’armoniosa commistione che è proprio la caratteristica principale dell’ eclettismo. Corrente filosofica che fiorì in ambiente romano nel I secolo a.C., e nella quale Cicerone spicca come autore più rappresentativo.
Ed il grande arpinate si pone infatti come il più plausibile autore del Quadrato, per essere stato il primo autore ad usare la parola SATOR, con riferimento alla divinità o all’universo, perché il crittogramma è legato alle opere di Arato che egli aveva tradotto in gioventù e perché le parole harpé e Arpino, sua città natale, hanno la medesima radice.


L’ENIGMA DI OMERO
(pag. 10)

Un altro antichissimo enigma è quello conosciuto come l’ Enigma di Omero, che fu citato da Eraclito, Aristotele e Plotino.
La tradizione racconta che proprio Omero, l’autore dell’ Iliade e dell’ Odissea, si sia suicidato per disperazione non essendo riuscito a risolverlo.
Il poeta aveva chiesto a un gruppo di pescatori dell’isola di Ios, rientrati da una sfortunata battuta di pesca, cosa avessero preso. Questi risposero:

Abbiamo lasciato quello che abbiamo preso;
quello che non abbiamo preso ce lo portiamo appresso.

La risposta era così enigmatica che lasciò interdetto l’insigne poeta, il quale si arrovellò a lungo, ma senza venirne a capo.
A noi attraverso i secoli è stata tramandata questa soluzione: i pescatori si erano accorti di aver preso solamente dei parassiti, le pulci o i pidocchi.
La risposta però è sempre apparsa poco convincente, perché in effetti non spiega chiaramente cosa avessero lasciato i pescatori in mare o cosa avessero in effetti preso.
I pidocchi erano certamente i parassiti più comuni, ma ritengo che il gioco possa ruotare sull’ambiguità della parola pidocchi. Pochi infatti sanno che φθείρες, i pidocchi, aveva anche il significato di pesci pidocchio.
Aristotele nella sua Historia animalium ci dice che i pidocchi di mare erano dei pesci, molto simili alle remore, che si attaccavano alla chiglia delle navi con la loro ventosa. Anticamente si credeva fossero addirittura capaci di fermare una nave. Erano quindi considerati parassiti delle imbarcazioni.
Ciò rivela una nuova possibilità di soluzione dell’enigma
I poveri pescatori avevano i pidocchi tra le vesti quando erano partiti, e se li erano riportati a casa anche dopo la pesca, “quello che non abbiamo preso ce lo portiamo appresso”.
Mentre avevano pescato nelle loro reti solo pesci pidocchio, e quelli li avevano ributtati in mare perché non sono commestibili, “abbiamo lasciato quello che abbiamo preso”.
Quindi avevano pescato solo inutili pidocchi di mare o pesci pidocchio.
L’enigma gioca sul doppio significato da attribuite alla parola pidocchio. Si tratta di un doppio senso basato sull’ omonimia, e secondo Aristotele proprio questa aiuterebbe gli autori a lavorare d’ingegno.



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