Denti da latte (primi morsi di vita)

di

Sofia Anghileri


Sofia Anghileri - Denti da latte (primi morsi di vita)
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 60 - Euro 7,60
ISBN 978-88-6587-3113

Libro esaurito

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In copertina fotografia dell’autrice


Il titolo “Denti da latte” (Primi morsi di vita), ha un duplice significato: quello dell’inesperienza quasi infantile con la quale mi approccio alla poesia e l’ingenuità un po’ demodé con la quale assaporo la vita. Il passaggio tra l’età in cui spuntano i denti da latte e quella dei denti definitivi è la crescita fisica ed emotiva che porta all’adolescenza. In questo libro vorrei raccontare le contraddittorie fasi della mia metamorfosi psicologica che attraverso momenti di sofferenza, delusione, dubbio, illusione, rassegnazione, confluiscono in una consapevolezza ancora un po’ in bilico, ma avida di sogni e speranze future.


RINGRAZIAMENTI

Un grazie a tutte le persone, vicine e lontane, che hanno avuto fiducia in me supportandomi ed incoraggiandomi nella realizzazione di questo mio progetto.
A chi per primo ha letto le bozze e ha espresso un giudizio sincero.
Ai miei genitori che mi hanno infuso coraggio con il loro affetto e la loro disponibilità.
Un riconoscimento alla mia professoressa di italiano Silvia Dragone per essersi occupata della prefazione con dedizione e sensibilità.

Sofia


PREFAZIONE

“…La poesia è indispensabile… ma vorrei sapere perché…”
Jean Cocteau

Perché il linguaggio antico della poesia per un’adolescente nell’anno dell’apocalisse dei Maya? “Se non sei su Fb non sei nessuno”; Tweet e sms non bastano per soddisfare il bisogno di comunicare, di affermare se stessi? A Sofia no; apparire non le basta. Ma allora cosa cerca? Chi è? “Un insetto nella teca”, o “un pesciolino rosso” o, forse, “una quercia senza radici”?

Lo sa, deve abbandonare il nido, il mondo degli adulti è crudele e rapace, disattento e camaleontico. È ancora notte nella sua vita di crisalide, l’amore la sfiora, come brezza marina, ma impaziente e fugace non aspetta l’aurora, non vede la sua “aurora boreale”. Ecco, allora il linguaggio antico dei poeti è l’unico che la accoglie nel suo grembo profondo, dà voce alle sue emozioni, aspirazioni, sogni e disillusioni altrimenti inesprimibili, che la platea informe di frequentatori di blog o chat ingoierebbe con disattenta e cinica indifferenza.

Perché leggere oggi una raccolta di poesia? E di un’adolescente poi? Per riscoprire, in una vita quotidiana gremita di nulla, il piacere di fermarsi ad ascoltare e ad ascoltarsi, a sentire la voce degli altri e di se stessi; per scoprire che non tutti i giovani di oggi si esauriscono in un clic o nei monosillabi sconnessi degli sms, ma che alcuni di loro – come Sofia – sanno andare oltre, sanno riflettere e osservare con sensibilità, sanno creare una poesia nuova ma con il linguaggio eterno e profondo dei sentimenti e delle emozioni.

Prof. Silvia Dragone


Denti da latte (primi morsi di vita)


Ad Alessandra dedico, come promesso anni fa,
questo mio primo libro.
A tutti gli amici e conoscenti che avranno
la curiosità di leggermi.


METAMORFOSI


NATURA MORTA
(Il male di vivere)

Occhi,
schegge di vetro opaco
che trafiggono la vita
come pioggia granitica.
Labbra di piombo fuso
che soffocano vapori
incandescenti…
E io, sola,
galleggio in questo vuoto
che mi ingombra l’anima
lasciandomi, infilzata,
come insetto nella teca.


INFINITESIMAMENTE PICCOLO
(Umana impotenza)

Minuscolo granello di sabbia,
invisibile, inconsapevole, inutile.
Passi inosservato
calpestato da piedi indifferenti.
Ti confondi tra la rena
schiaffeggiato dal vento,
annegato dal mare.
Ma se il sole ti scalda,
minuscolo me,
capisci d’esistere.


FANTASMA
(Impietosa trasparenza)

Vago silenziosa, invisibile spettro,
in questo corpo che non riconosco
e che mi rifugge
come insetto molesto.
Tu tempo, ladro furtivo,
ti intrufoli dentro
e mi lasci sgomenta;
così esco in inverno vestita di niente.
La vita sgambetta
ma io resto qui,
bagnata di pioggia
come quercia senza radici.


FUNAMBOLO
(L’altrui giudizio)

La folla ti osserva,
i nasi sospesi,
si aspetta da te,
curiosa, eccitata,
il solito show.
Tensione vibrante
nel silenzio di attesa,
forse un macabro brivido
accelera i cuori.
E tu, funambolo,
non ascolti che il vento fluttuante sul filo,
ti senti volare.
I piedi accarezzano, lievi,
la tua danza nel vuoto
e ti chiedi, d’un tratto,
che suono può avere la felicità.
Non sarà solo il suono struggente e assordante
che ti tuona dentro…
Magari è il fremito d’ali
che ti regge lassù.
O chissà, forse,
il tenero abbraccio dell’applauso
del tuo pubblico.


SCACCIATA DAL NIDO
(Paura di crescere)

Ti odio, davvero,
crudele nutrice!
Io qui stavo bene,
cullata, sfamata,
nel tiepido nido.
Tu, madre dolcissima,
tenero passero,
ora nera cornacchia,
col rostro mi becchi
e dal caldo mi sfratti.
Ancora interdetta,
le ali incollate,
mi sento cadere…
Aiuto!
Mi tocca volare…


BIGNÈ
(Peccato capitale)

Affamata di vita avverto uno strano
languore d’amore.
Rimango stupita,
vogliosa e golosa;
mi tuffo d’urgenza
in un cremoso bignè.
Ognuno si crea una riserva di gioia,
io incerta vacillo
e mi vesto di ciccia.
Ma sotto la tremula carne ingannevole,
splende la mia aurora boreale.


CARNEVALE DI RIO
(Leggerezza)

Oggi è un giorno di festa,
caleidoscopio di luce e profumi,
gorgoglío di risate, monete tonanti.
Mi sveglio serena
rinchiudendo di forza,
nel Vaso, peccati e dolori.
La pelle mi freme nel costume succinto,
il sangue ribolle al ritmo tribale
di danze e tamburi percossi con languida foga.
Ovunque c’è pace,
trenini di folla, sorrisi invidiati
ai quali mi unisco, leggera,
nel mio primo vero abbandono.
Mi sento felice
e non so neanche perché.


OCCHI
(Riflesso)

I miei occhi,
desiderosi di attrarre,
magnetici ti aspirano nel gorgo inquietante
del mio “Triangolo delle Bermuda”.
I miei occhi,
dipinto cubista,
strani e asimmetrici,
come sghemba è la mia anima.
I miei occhi,
tirassegno in cui odio e falsità
feriscono coi loro dardi infamanti.
I miei occhi,
faro di baia che attende fiducioso
il rientro di barche di pescatori assonnati
che svuotano le guizzanti reti della mia anima,
colme di pesci e tesori.
I miei occhi,
come tasche rovesciate di questo cappottino liso e
[rammendato,
ma gonfie di sogni, spiccioli e carte.
I miei occhi,
tavolozza impressionista dai tanti colori,
verdi di bosco, oro di spighe mature
e grigio azzurri di mare in tempesta.
Certe volte vorrei poterli cavare
per offrirteli amorevole,
come intime lenti a contatto,
affinché tu possa, anche per un solo istante,
intuire il mondo come lo vivo io.


CAMALEONTE
(Paura di scegliere)

Ti muovi con flemma
in quel corpo sgraziato,
indifeso ti celi con abiti e travestimenti
per sconfiggere ansie ancestrali
e temibili attacchi di predatori.
Mi fai senso alla vista,
ma talvolta ti invidio
per la capacità di annullarti e disperderti,
come arcobaleno, in svariati colori.
Chissà se il tuo sguardo
riflessivo e sornione,
si burla del frenetico e vano agitarsi del bosco,
animato da ombre e rumori,
mentre tu, immobile,
ti nascondi tranquillo e sicuro.
Ma il tuo ego rifranto, come facce di prisma,
molto spesso non sa che vestito indossare:
quello da protagonista o da umile comparsa,
nel teatro del mondo.
Congelato, rigida statua di marmo,
non ti accorgi che il tempo ti scorre di fianco.
La vita continua,
mentre tu resti lì.


PESCIOLINO ROSSO
(Rassegnata accettazione)

Innocuo pesciolino rosso,
mi rassegno a nuotare silenzioso
compiendo infiniti e rotanti giri alienanti.
Se fossi una tigre,
imprigionata nella claustrofobica gabbia di uno zoo,
compirei ugualmente gli stessi insulsi, frustranti, inutili
[passi,
ma sarei rispettata ed ammirata.
Invece non sono che un pesciolino rosso,
e osservo colmo di pace,
secondo la mia tranquilla natura,
il mondo, deformato,
attraverso la lente gigante della mia casa di vetro.
E quando gli artigli assassini della zampa di un gatto,
trafiggono lesti la mia pelle di tenere scaglie,
mi chiedo se questa
sia la pace dei sensi…

[continua]


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