Bifolchi on the road

di

Stefano Denti


Stefano Denti - Bifolchi on the road
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 144 - Euro 12,30
ISBN 978-88-6587-1195

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In copertina: illustrazione dell’autore


PREFAZIONE

Dopo quattro anni di “attesa”, mi sembrava giusto e doveroso dare ascolto anche a quella frangia del mio “fan club” che ormai da tempo mi chiedeva il seguito di “30 giorni prima del sì”. Quel romanzo infatti mi regalò molte soddisfazioni e comprendo che ancora oggi, nonostante le critiche positive e le soddisfazioni che mi sta dando la mia trilogia fantasy ancora in corso d’opera (tralasciando i saggi umoristici, che considero dei “passatempi”) molti dei miei lettori affezionati lo ricordano ancora con affetto e divertimento. Volevo quindi ringraziare anche coloro che mi hanno permesso di crescere in questi anni e che hanno pazientemente “digerito” i miei ripetuti e drastici cambi di genere, regalando loro questo seguito che spero sia all’altezza dell’originale. A proposito di questo, sono consapevole che i “seguiti” hanno sempre l’handicap di avere un termine di paragone molto forte, ovvero l’originale. Di conseguenza, come per i seguiti dei miei romanzi fantasy, ho percorso una strada che considero fondamentale, ovvero non ricalcare passo passo il predecessore ma cambiare, stravolgere, rimodellare senza però perdere, ovviamente, il medesimo concept.
Quindi ci tengo a precisare due cose fondamentali. La prima è che questo libro, per chi si avvicinasse solo con esso alle mie scritture, ha vita propria e può essere tranquillamente letto senza per forza dover andare a ripescarne il precedente.
La seconda, come dicevo, riguarda i cambiamenti rispetto a “30 giorni prima del sì”, che spero vengano apprezzati dai miei lettori affezionati.
La prima, macro differenza da quel libro, infatti, è la narrazione. In questo libro la voce narrante non è più la soggettiva di uno dei protagonisti, ma è esterna. Questo, tra gli altri motivi, per evitare errate identificazioni con l’autore.
Il secondo, grande cambiamento riguarda l’ambientazione.
“30 giorni prima del sì”, infatti, era ambientato a Reggio Emilia e molti dei suoi capitoli erano flashback dei protagonisti che ricordavano le goliardate della loro giovinezza. Molto divertente, ma un pochino “statico”. Inoltre, visto che anche i miei romanzi fantasy sono ambientati a Reggio, avevo voglia di evadere, di sconfinare e dare più ampio respiro alla narrazione.
Ovviamente mi sono ispirato ad alcuni dei miei viaggi, in quanto risulterebbe impossibile scrivere di ciò che non si conosce, ma la relazione che mi lega alle vicende narrate finisce qui.
Come si noterà sin dai primi capitoli, ho inserito anche molti più riferimenti a canzoni e a famosi film. Le canzoni, come colonna sonora a questo “film su carta stampata”, come amo definirlo…i film, come omaggio ad una delle mie più grandi passioni: il cinema, appunto.
Altro dettaglio importante: c’è un salto temporale da compiere. Il primo romanzo era ambientato nel 2007, anno in cui è uscito. I fatti qui narrati si svolgono nei mesi successivi al matrimonio raccontato in quel libro, quindi a rigor di logica anche questo libro dovrebbe essere ambientato nel 2007. In realtà, ho preferito compiere un balzo temporale al contrario, ovvero questo libro è ambientato nel 2010, quindi diciamo che lo era anche il precedente (il vantaggio delle licenze poetiche!).
In ultimo, ho deciso di estremizzare il provincialismo e la rozzezza dei protagonisti, ma per un fine ben preciso.
Lavorando nella moda, infatti, vedo quanto sono apprezzati i contrasti, gli azzardi, gli accostamenti forti piuttosto che i colori tenui e i “tone on tone” e ho quindi pensato di riportare questa mia esperienza anche nel libro.
In altre parole, ho scelto il contrasto, i toni forti che stridono come nella moda. E come trasporre questa decisione in letteratura? Semplice: ho contrapposto ai meravigliosi sfondi delle ambientazioni la gretta semplicità dei protagonisti, caratterizzando fortemente, anzi estremizzando, il loro già noto lato egocentrico, sboccato, provinciale ed attaccabrighe.
Forte dei consigli di alcuni colleghi scrittori, poi, ho al contempo dato un poco più di spazio a situazioni romantiche e all’introspezione dei nostri eroi, senza però uscire mai dal seminato, che è quello di un racconto sboccato, fracassone e (mi auguro) divertente.
Ne consegue che il risultato finale è un libro per alcuni versi profondamente differente dal precedente, che ha subito sicuramente una evoluzione nell’ambientazione e nella narrazione (forte della mia esperienza fantasy, da cui ho mutuato anche la caratteristica di dividere i personaggi e portarne avanti le situazioni parallelamente a capitoli alternati) ma al tempo stesso una ricercata e (spero) divertente involuzione per ciò che riguarda le personalità dei singoli protagonisti. Da qui la scelta anche del titolo, diretto ed eloquente onde evitare alcuni misunderstanding accaduti con “30 giorni prima del sì”, che alcuni travisarono proprio dal titolo in romantica preparazione al grande giorno, mentre in realtà sappiamo le scanzonate boiate che esso narrava.
In conclusione, l’obbiettivo di questo libro è quello di coinvolgervi in un simpatico ed alternativo giro del mondo che spero vi regali molte risate e qualche emozione. Il suo scopo è quello di intrattenervi un paio di orette, giusto il tempo di un bel film. E, come dicevo anche per il suo predecessore, se volete deprimervi cercatevi un altro libro.


Bifolchi on the road


L’AUTORE RINGRAZIA

Mia moglie Lorena e nostro figlio Leonardo. La mia famiglia. I miei amici. I miei colleghi. Il mio editore. I miei lettori. Me stesso. Colui che tutto ha creato.


A mia moglie Lorena e a nostro figlio Leonardo…
…grazie per rendere ogni giorno quest’uomo
normale un uomo speciale


I
PROLOGO
DOVE ERAVAMO RIMASTI

The wedding day era dunque arrivato.
Matilde, bellissima in abito bianco, giunse davanti alla chiesa dove la attendeva un Cloaca intero ed impettito.
La cerimonia fu lunga e solenne. Molto lunga e molto solenne. Fin troppo lunga. Le scarpe stavano massacrando i piedi di tutti.
Gli occhi delle ragazze erano gonfi di lacrime di gioia e commozione. Quelli dei ragazzi gonfi di sonno e noia.
Sonno e noia che riuscirono a spazzar via al momento dell’uscita dalla chiesa, quando intere scatole di riso e pasta vennero sparate agli sposi. Fu in quell’istante che l’Ercaz e il Piastrone sgattaiolarono via.
– Ma come, l’Ercaz stava aspettando al varco il Cloaca per tirargli in testa un pacco di riso intero, e al momento giusto sparisce? – Chiese Arge (da Argento Morto, il soprannome derivato dal suo culo di piombo) ingenuo al Gringo.
– Stanno andando a fare gli scherzi in casa! – gli rispose compiaciuto.
– Che scherzi? – intervenne lo Spaplè ansiopatico.
– Non sono autorizzato a dire altro.
– Cazzo – fu il corale commento.
La preoccupazione durò poco, perché la fidanzata dell’Arge lo rapì per correre alla macchina. Dovevano precedere il corteo.
Per arrivare al ristorante impiegarono infatti un’ora e mezza perché ogni dieci minuti gli sposi venivano fermati per la tappa salame e lambrusco con tanto di tavolino e sedie pieghevoli.
Giunti a destinazione, Arge vide in parcheggio il furgone dell’Ercaz rassegnandosi all’idea che ormai quel che era fatto era fatto.
Il pranzo durò un’eternità tra scherzi e brindisi ma alla fine, dopo il taglio della torta, giunse il momento.
Il Gringo, l’Ercaz, l’Arge, lo Spaplè e il Piastrone corsero al furgone e tirarono fuori la Gelsomina a pedali.
– Avete aggiunto l’additivo X? – chiese il Gringo all’Ercaz.
– Certo, come da programma: merda di gallina, Vinavil e segatura.
– Più un bisognino fisiologico dell’Ercaz – aggiunse il Piastrone.
– Cosa avete combinato a casa del Cloaca? – li interrogò lo Spaplè prendendo l’Ercaz per un braccio.
Come risposta ottenne solamente un inquietante “Non ti preoccupare” supportato da un fin troppo soddisfatto sorriso del Piastrone.
– Porc… – riuscì solo a dire lo Spaplè cercando di incrociare lo sguardo dell’Arge durante le operazioni di scarico del mezzo.
Ma Arge, già preoccupato di suo, non aveva voglia di discutere e soprattutto di dare aria alla bocca per niente: ormai era andata.
Portarono la Gelsomina nel giardino della villa al cospetto degli sposi tra i complimenti e gli applausi di tutti, come dicevamo, appunto, poc’anzi.
– Apri il baule! Apri il baule! – starnazzò l’Ercaz in fibrillazione.
– Eh no! – esclamò lo Spaplè – Col culo che ci siamo fatti, adesso salite e vi fate un giro!
Lo Spaplè ci teneva. Avevano costruito quella macchinina con passione, avevano fatto persino in modo che lo sterzo funzionasse e le luci si accendessero. Voleva godersi il suo momento di gloria il nostro piccolo Enzo Ferrari.
Ma quella volta avrebbe fatto meglio a dar retta all’Ercaz.
Gli sposi salirono a bordo tra mille difficoltà, poi inforcarono i pedali e li spinsero per l’avviamento del bolide. Fecero un breve giretto in tondo, giusto per dare la soddisfazione allo Spaplè che il mezzo sterzava perfettamente. Poi il Cloaca ci prese gusto e iniziò a girare a zig-zag e a fare il somaro accelerando sempre di più ed avviandosi verso il parco che confinava con la villa. Avviandosi quindi in una discesa. Sì, in discesa. Qualcosa non quadrava, però.
Qualcosa sfuggiva a tutti.
Qualcosa che fece notare il Gringo, che aveva l’hard disk più veloce, con questa semplice esclamazione, sussurrata in tono preoccupato:
– I freni.
Sì, i freni.
– Cos’hanno i freni? – chiese la sua morosa innocentemente.
– Non ci sono – le rispose l’Arge ghiacciato mentre la Gelsomina iniziava ad entrare nella velocità curvatura Warp 1.0. Sempre più veloce. Warp 2.0. Sempre più instabile. Warp 3.1.
Nella preoccupazione generale l’Ercaz diede una pacca sulle spalle dello Spaplè consolandolo soddisfatto:
– Beh, almeno il telaio tiene, no?!? Guarda quanti dossi che sta prendendo, e non si è ancora sfasciata!
Non aveva ancora finito di terminare la frase che videro la Gelsomina prendere un volo improvviso tipo Generale Lee di Hazzard. La cappotta volò via seguita a ruota dalla sposa, poi il tutto sparì dentro ad un rovo.
E così i cinque vitelloni si ritrovarono a prendersi dei coglioni, immersi nei loro pensieri.
Poi dalla folla, ecco ricomparire i due sposini. Lui scosso ma sorridente, lei scossa e mooolto meno sorridente. Ma comunque sani e salvi.
Certo, lui aveva la manica destra completamente spalmata di monete impastate nell’additivo X tanto da sembrare uno scoglio pieno di cozze. Ma stavano bene. Si levò la giacca facendola roteare in aria stile Tony Manero, lanciandola poi nella folla tra gli applausi generali e con grande sollievo degli amici.
– La ve andeeda bein, va là! (trad.: vi è andata bene!) – suggerì loro un signore coi baffi vedendoli tirare un sospiro di sollievo che li sciolse dal congelamento come burro al sole.
– Peccato non avere avuto la videocamera! – disse la morosa dell’Arge divertita.
Arge la prese per un braccio e la guardò dritto negli occhi.
– Comincia ad organizzarti – le disse deciso mentre le si illuminava tutto il viso – A settembre tocca a noi!


II

LA SINDROME DI HOMER SIMPSON

Il matrimonio si era concluso nel migliore dei modi tra grasse risate, festeggiamenti, danze e battutacce di grana grossa.
Grana grossa che però faceva sganasciare dal ridere i minchioni reggiani, tanto da generare più di un dubbio alle rispettive mogli e fidanzate.
– Ma cosa c’è da ridere? – chiesero a turno in più di un’occasione.
La risposta era sempre una risata, seguita dalla spiegazione della battuta che faceva ricominciare daccapo le grasse risate dei ragazzi e poneva ancora più interrogativi alle ragazze.
– Sono così, che ci vuoi fare! – rise infine divertita la morosa dell’Arge, giustificandoli tutti.
Matilde a riguardo aveva elaborato, da laureata in psicologia qual era, una vera e propria teoria, che espose alle amiche divertite.
– Sindrome dell’Homer Simpson maleducato? – rise la fidanzata del Gringo – Cioè? Spiegati meglio!
Matilde schematizzò la sua tesi, forte di anni e anni di studio empirico del neo marito e dei degni compari.
In pratica, l’evoluzione del Cloaca e quindi, secondo la teoria generalizzata, anche dei suoi amici, era stata una parabola discendente.
Dopo la laurea e il lavoro, infatti, con lo sviluppo (si fa per dire) della mente, una certa stabilità famigliare e una variabile disponibilità economica i sei minchioni avevano raggiunto l’apice della loro maturità, per poi iniziare la parabola discendente.
– In pratica, dopo i trent’anni hanno iniziato a sentirsi vecchi e la reazione è stata devastante – spiegò la dottoressa.
– Ma questo vale per tutti? – chiese seria Angelica.
– Vale per il mio maritino – rise Matilde – Per gli altri sto ipotizzando… ma si scherza eh?!
Infatti Angelica era parsa veramente preoccupata per questa teoria balorda nata tra i fumi dell’alcol nuziale. Ma non poteva darle ascolto veramente.
– Comunque, proseguiamo.
La teoria della parabola discendete era presto detta: da un lato i ragazzi avevano posizioni sul lavoro che li costringevano a lottare tutti i giorni con mille bazze e a lavorare sodo. Dall’altro il rifiuto subliminale di invecchiare li portava a tornare alle origini apprezzando minchiate da Homer semplici e ridicole, oltre ad accentuare ancor di più i loro già radicati eppur pessimi vizi come lo strafogarsi di cibo, attaccare briga, ruttare senza ritegno e altro ancora.
Il mix delle due personalità malate generava un mostro che era miscela pericolosa di entrambe: un Homer Simpson che si divertiva con niente e con mentalità sempre più semplificata, che però possedeva un lato oscuro fatto di maleducazione, presunzione e superbia.
– Un Homer Simpson maleducato e “sotuttoio”! – terminò la dottoressa.
Stavolta furono le ragazze a ridere sotto lo sguardo attonito dei ragazzi, che non capivano. O meglio, quasi tutti non capivano tranne il Cloaca e l’Arge che, seduti al tavolo vicino a sorseggiare l’ennesimo sgroppino, avevano ascoltato tutto.
– Sono d’accordo! – dichiarò il Cloaca ridendo – Ma in fondo che importa?
– Cavalchiamo l’onda e divertiamoci – concordò l’Arge – Meno si capisce e meglio si sta!
Tutta questa allegra discussione era stata fatta ovviamente con ironia e sarcasmo, semplicemente accentuando e caricaturando all’estremo i difetti dei sei amici, che tra l’altro era risaputo che il più delle volte ci marciavano sopra. In altre parole, ci facevano più che esserci.
Ma Angelica rimase perplessa.
Purtroppo per l’ignaro Ercaz, Angelica rimase MOLTO perplessa.


III

ARGE BEGINS

Perplessità di Angelica a parte, fu così che il Cloaca e la dolce Matilde convolarono a meravigliose nozze in quel di luglio, mentre promesse di matrimonio si sprecavano a destra e a manca. E tutti partirono per i loro lidi, in attesa di ritrovarsi, a settembre, per raccontarseli davanti ad una pizza. Promesse di matrimonio, dicevamo, in cui si era prodigato soprattutto il buon Arge, tentando di programmare alla bene meglio il gran giorno proprio per settembre, senza però fare i conti con l’oste. Pochi giorni dopo quel matrimonio, infatti, una casa editrice contattò il ragazzone per un eventuale contratto editoriale. Eh sì perché il buon Arge, oltre a fare il ricercatore storico per l’Università di Parma, aveva da sempre la passione per la scrittura e dopo aver scritto saggi umoristici, romanzi gialli e libercoli di dubbio gusto si era lanciato in una trilogia fantasy tutta italiana che gli aveva regalato ottime critiche. Ma il suo piccolo editore, che tanto si prodigava, purtroppo non gli permetteva di sfondare come scrittore di professione, motivo per cui aveva mandato copie dei suoi libri un po’ ovunque e contattato e spaccato i maroni a chiunque.
– Però, a forza di tritare i coglioni forse ce l’ho fatta! – obiettò alla sua fidanzata, la bella Ester, mentre passeggiavano sulla spiaggia di Cervia in una torrida giornata di agosto.
– Ma così dovremo rimandare le nozze! – disse lei un poco delusa, seppur contenta per gli orizzonti di gloria che si stavano prospettando all’uomo che amava.
Questo pensiero turbava anche l’Arge. Ora come non mai voleva sposare la sua amata. Ma come si poteva organizzare un matrimonio in poco più di un mese, con in ballo roba così grossa?
– Riposati e concentrati sui tuoi testi – gli sorrise infine Ester – Poi quando sarai famoso, promettimi di sposarmi lo stesso! Così potremo anche organizzarlo bene e con calma, come piace a me!
In quel momento l’attenzione di Arge venne colta da un cartello sulla spiaggia.
“Cervia, la spiaggia ama il libro in festival” recitava in pompa magna.
– Scrittori sulla spiaggia? – si chiese ad alta voce mentre osservava il palco e le sedie approntati per l’occasione – Potrei c’entrare qualcosa anche io?
– Non credo… – lo deluse Ester – Però perché non sentiamo?
Arge si galvanizzò dall’appoggio folle della fidanzata e si presentò al cospetto degli organizzatori. Notò che di fianco al palco era stato allestito un banco dove si potevano acquistare i libri degli autori presenti (che avrebbero autografato) e si buttò tutto d’un fiato.
– Salve, sono anche io uno scrittore… certo non pubblico con Mondadori o chissà quale altro grande editore ma nel mio piccolo non posso lamentarmi… se per voi va bene porto un po’ di copie dei miei libri e le mettiamo qui con gli altri… non voglio denaro, solo se posso fare anche io la mia parte sul palco… che dite? Eh? Che dite?
Gli organizzatori rimasero basiti da tanto impeto… tutte quelle parole sparate a mitraglia tra balbettamenti emozionali e sputi agitati avevano privato loro del senno per alcuni istanti. Poi uno di loro si riprese e lo liquidò secco.
– No, non si può.
– Ma come non si può? – sbottò l’Arge indicando al tizio un nome sul cartellone della manifestazione – Questo qui ha scritto un manuale sul fantacalcio. Un manuale sul fantacalcio! Ma che cazzo di libro è?
– No, non si può – ripeté il buon uomo senza accogliere la provocazione.
– E io, con tutta la creatività che ci metto, non merito di sedere al fianco di uno che parla di calcio? Eh?
– No, non si può – continuò il disco incantato.
Nessuna spiegazione. Un semplice “No, non si può” come si dice a un bambino di 3 anni a cui viene appena vietata una qualsiasi cosa.
Ma l’Arge non era un bambino. La rabbia diede un fremito al suo corpo, calmato solo da una carezza di Ester, che lo prese per un braccio tirandolo via, prima che il compagno lanciasse anatemi, imprecazioni e chissà cos’altro.
– Non importa – gli disse dolce – Sarà per la prossima volta.
La prossima volta. Questa frase sibillina, alludente ad un suo prossimo successo editoriale, lo calmò e lo fece tornare nei ranghi. Abbracciò Ester e insieme raggiunsero il Gringo e Clelia, che li attendevano al bar.
– Se ne pentiranno – bisbigliò Arge scherzando con Ester mentre imitava la voce di Sauron del “Signore degli Anelli” – Se ne pentiranno…

[continua]


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