Lato oscuro

di

Valentina Pirovano


Valentina Pirovano - Lato oscuro
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 234 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6037-9429

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore

In copertina: Close-up portrait of woman-witch with wet hair © Arman Zhenikeyev – Fotolia.com


Questo libro è un’opera di fantasia.
Nomi, personaggi, luoghi, e avvenimenti citati, sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio.
Ogni riferimento a persone esistenti o esistite e a fatti e luoghi reali è da ritenersi puramente casuale.


Prefazione

Con “Lato oscuro” Valentina Pirovano propone un romanzo pervaso da una continua scarica di adrenalina, con un incessante susseguirsi di colpi di scena, di destabilizzanti situazioni che fanno riferimento alla condizione esistenziale della protagonista, in un’alternanza di sorprendenti eventi che tolgono il fiato fino all’inevitabile presa d’atto d’una atroce verità.
L’intero tessuto narrativo è giocato sul filo del rasoio, sulla labile percezione che qualcosa di terribile si cela nella personalità della protagonista e tutto viene ricondotto, passo dopo passo, alla rivelazione straziante che nasconde il suo “lato oscuro”.
Valentina Pirovano, con mano sapiente, dispiega le sue carte nel miglior modo possibile e riesce ad ipnotizzare il lettore con un thriller psicologico che porta con sé le classiche caratteristiche che contraddistinguono questo genere di narrativa.
Il romanzo scava nel mistero della mente umana, nelle zone più segrete e recondite, attraverso un’indagine che porta allo scoperto ciò che può risiedere nell’oscurità del proprio Io.
La protagonista, Nicole, è una brava ragazza, bellissima, alta, snella, lunghi capelli neri, occhi color verde smeraldo. Lavora come estetista in un centro benessere a Milano ed è legata da una profonda amicizia con Gaia, dolce e carismatica, che è vice capo nel medesimo centro.
Nicole vive da sola, a parte la sua micina Sally, in una bella villa appena fuori città: la casa era dei genitori che sono tragicamente morti in un incidente stradale. Ha dovuto cimentarsi con il profondo dolore provocato dalla loro scomparsa improvvisa e, forse, per questo motivo ha serie difficoltà a relazionarsi con le persone che non conosce.
Sovente è preda di attacchi di panico e di sensazioni disperanti che non le permettono di sentire più il suo corpo e di riuscire neanche a pensare; la paura e l’angoscia soggiogano la sua mente e, ad un certo punto, diventa inevitabile il suo temporaneo ricovero in ospedale oltre ad un sostegno da parte di uno psicologo.
Nicole cerca di capire cosa stia succedendo nella sua vita, anche grazie all’aiuto della sua intima amica Gaia e dell’amico Roberto. Dovrà fare i conti con una relazione sentimentale tremendamente sbagliata e con alcune esperienze che la condurranno anche a fare uso di cocaina, per tentare disperatamente di evadere ad ogni costo da una sofferenza profonda.
La sua condizione esistenziale è quella di una donna tormentata in preda ad allucinazioni, quasi fosse dominata da un demone interno; un enigma che ha il suo seme nell’inconscio.
Dopo il verificarsi di alcuni orribili omicidi, Nicole si renderà conto della sconvolgente verità: la vita poteva eclissare un “lato oscuro”, una maschera poteva nascondere una terrificante “ombra” di se stessi, inconsciamente celata, senza riuscire a capire la propria “vera” personalità.
Il ritmo narrativo è incalzante e Valentina Pirovano dimostra di possedere una grande abilità nel costruire una trama accattivante ed intrigante, cospargendo, pagina dopo pagina, una serie di connessioni psicologiche e stati d’animo, penetrando percorsi angoscianti nei labirinti della mente alla ricerca del “lato oscuro” del proprio Essere. Fino a portare con sé la propria follia. Per sempre.

Massimo Barile


Lato oscuro


Dedicato ai miei genitori che mi hanno spronato e sostenuto nella realizzazione di quest’opera.


Parte Prima

Capitolo I

“Sono stanca di questo lavoro, mi viene da piangere, non riuscirò ad affrontare un’altra giornata. Quelle donne ti osservano con aria di superiorità, come se pensassero che sei un’incapace. Avverto la loro diffidenza e questo mi distrugge…”
L’avviso acustico della metropolitana fece trasalire Nicole che si affrettò ad uscire dal vagone per dirigersi, a piedi, verso la sede di lavoro. L’insegna era decisamente appariscente, la scritta centro benessere luminosa, la vetrina carica di prodotti di bellezza, cartelli pubblicitari e avvisi di promozioni. Quel negozio pareva un piccolo angolo di paradiso per i passanti di una delle tipiche vie grigie e trafficate di Milano.
Nicole aprì la saracinesca, accese le luci, mise il camice bianco, impostò le lampade abbronzanti e tutti i macchinari. Controllò l’agenda e, immediatamente, si rese conto che sarebbe stata una giornata infernale. Il primo appuntamento era alle nove e trenta.
“Perfetto, ho il tempo di preparare la cabina per il massaggio.” pensò.
Il centro, grande e luminoso, si estendeva su un pavimento in marmo rosa tenue con pareti di un azzurro chiaro, quasi verde acqua; i mobili circostanti, reception, mensole, sedie, ecc.. in legno avorio. Libri, prodotti e pubblicità, posizionati in modo astutamente ordinato. Il tutto dava una piacevole sensazione di pace e serenità. Passato l’ingresso si trovavano, a sinistra, il bagno pubblico e le tre cabine lampade, a destra, quattro stanze dedicate ai trattamenti estetici, il bagno privato e il piccolo magazzino.
Mentre Nicole preparava le candele, i prodotti e la macchina infrarossi utilizzata per svolgere il trattamento, udì il suono del citofono. Era Gaia, la prima estetista del centro, nominata vice capo. Trentatré anni, bionda, occhi scuri, fisico leggermente robusto e non tanto alta, carismatica, dolce, in poche parole, ci sapeva fare, era in grado d’incantare con la sua voce. Non era molto bella, ma il suo carattere e la personalità, conquistavano tutti: uomini e donne.
«Nicky ci sei? Dove ti sei nascosta? Ieri sera ho litigato con quello stronzo di mio marito e ho un bisogno disperato di affetto!» le piaceva scherzare.
«Sono qui Gaia, sto preparando la cabina per fare il massaggio alla Moreno. Vorrei tanto staccarle le gambe invece di massaggiargliele! Comunque, perché tuo marito non lo mandi al diavolo una volta per tutte? Ho una mezza idea che ti faccia stare più male che bene!» le rispose.
«Beh, almeno ho la scusa per farmi fare le coccole da te.» disse l’amica abbracciandola.
Le due ragazze si volevano molto bene, lavoravano insieme da tre anni, e tra litigi e serate insieme, avevano stretto un rapporto quasi fraterno.
«Penso che tu sia l’unica che mi dà la forza di venire qua dentro tutti i giorni!» disse Nicole.
Alle nove e trenta arrivò la prima cliente, sulla quarantina, ben vestita, snob, la tipologia di donna abituale del centro. Nicky si apprestò a darle il benvenuto invitandola ad accomodarsi in cabina. La signora Moreno dimostrava freddezza, distacco nei confronti della sua estetista e sapeva come farla sentire un’incapace, ma la realtà era che si trovava molto bene e, probabilmente, agiva in tal modo spinta da un inconscio senso d’inferiorità. Questa era la causa determinante di tutti i problemi che Nicole aveva nei rapporti instaurati col suo stesso sesso. Lei era bella da mozzare il fiato, venticinque anni, alta, snella, capelli lunghi e neri, occhi verde smeraldo, carnagione chiara e un viso fine, insomma, una bellezza estremamente naturale e, tutto ciò, accendeva l’invidia tra le donne che la circondavano.
Tra un appuntamento e l’altro passarono le ore.
“Sono già le cinque” pensò “fortunatamente il tempo sta passando veloce. Ma perché mi sento sempre in imbarazzo con le clienti, perché mi trattano come se fossi un’incompetente e non mi danno un minimo di soddisfazione?…”
Il suono del telefono interruppe i suoi pensieri.
«Nicky ciao sono Luca, come va in negozio? Volevo avvisarvi che arriverò verso la chiusura perché devo sbrigare ancora un po’ di pratiche. Ci vediamo dopo, ti accompagno a casa se vuoi, così non devi prendere i mezzi.» Lei accettò e chiuse la comunicazione.
Luca era il proprietario del negozio, un uomo di bell’aspetto, sulla quarantina, alto, forte, scuro di capelli e carnagione; era sposato, ma questo non gli impediva di avere qualche piccola avventura di tanto in tanto e, inevitabilmente, faceva la corte a Nicole.
Alle sette e trenta il negozio era chiuso.
Prima di salutare, Gaia non perse occasione per invitarla ad uscire.
«Nicky che fai questa sera? Ti va di venire ad una festa? Io e Francy andiamo verso le dieci, se vuoi ti passiamo a prendere, ci saranno sicuramente tanti bei ragazzi!»
Francesco, il marito di Gaia, era un uomo affascinante, simpatico e di successo, ma aveva un difetto, diventava particolarmente violento nei suoi ‘momenti no’, e anche se Gaia non ne parlava, a volte, riportava i segni delle serate andate male.
«No, non mi va, lo sai che mi sento a disagio in mezzo a troppe persone.» rispose Nicole, ma l’amica insistette con così tanta determinazione che la convinse.
«Va bene, però preferisco venire con la mia macchina.»
Si salutarono, Nicky e Luca presero l’auto per andare a casa.
Era una bella serata, i ventisette gradi di giugno si facevano sentire, il sole iniziava a calare e inondava la città, immersa nel suo caos, di colori rossi e arancio accesi.
«Che bella l’estate!» disse lei.
«Sì, hai proprio ragione!» rispose Luca buttandole un’occhiatina nella scollatura.
L’imbarazzo si fece sentire.
“Che porco, ma perché ho accettato il passaggio?!” pensò, e Luca, accortosi di aver esagerato, intraprese un discorso sul lavoro e la vita, su quanto è bello avere venticinque anni e, quasi automaticamente, scattò la domanda chiave:
«Ma Nicky, mi spieghi perché una bella ragazza come te non è ancora fidanzata ed esce così poco? Cosa fai sempre chiusa in casa da sola?»
«Beh, questa sera esco, no?» rispose lei indispettita da quella tanto odiata e frequente domanda.
«Sì, ma scommettiamo che se esci alle dieci, massimo a mezzanotte sei a casa?!»
«Dovrò anche andare a dormire, e poi domani avrò tante cose da fare!»
Nicole cercava disperatamente di trovare scusanti credibili.
«Ma dai, domani è domenica, cosa avrai da fare, il bucato? Non ci vorrà mica tutta la giornata! Facciamo così, se a mezzanotte sei già a casa, mi chiami, vengo io a farti un po’ di compagnia, mia moglie non c’è, quattro chiacchiere, un paio di drink, parliamo di lavoro, una cosa innocente…» disse scaltramente Luca.
«Vedremo…» rispose lei impostando un tono di voce tediato e lievemente disprezzante.
Arrivata a casa lo ringraziò per il passaggio e si diresse verso il cancello.
Nicole abitava a Miradolo Terme, un paesino a Sud di Milano.
“Finalmente fuori da quella cazzo di città!” pensò.
Adorava la sua zona, prati, poche case, cielo, silenzio, era la pace per lei. Viveva in una bella villa singola a due piani, con un grande giardino tutto intorno. I suoi genitori erano morti da quattro anni in un incidente stradale, non aveva fratelli o sorelle, così era rimasta sola in quella grande casa.
Varcata la porta, come consuetudine, arrivò trotterellando la sua micina Sally, un birmano dagli occhi azzurri col manto bianco e folto, che iniziò a miagolare e strofinarsi sulle sue gambe.
«Ciao mio tesoro, tutto bene? Hai passato una buona giornata?» chiese Nicole.
Il felino spalancò gli occhi verso la padrona e fece un piagnucolio stridulo.
«Certo che sono ben schizzata!! Parlo al gatto come se fosse una persona e, magari, mi aspetto anche che mi risponda!» si disse a voce alta.
«Dai Sally andiamo di là che ti preparo la pappa.»
Entrambe si avviarono verso la cucina.
Il piano terra della villa comprendeva, sul lato sinistro, una grande sala con divano ad angolo e un favoloso televisore al plasma, una palestra casalinga e un secondo locale più piccolo che portava, attraverso un vetro scorrevole, nel giardino esterno. Sul lato destro si trovava, all’ingresso, una sala da pranzo arredata da un raffinato tavolo in noce massiccio con otto posti a sedere, una cucina completa di angolo cottura e il bagno con una cabina doccia doppia. Sul retro, uno splendido semi cilindro fatto interamente di mattoni a vista, fuoriusciva dal perimetro della casa e percorreva tutta la parete congiungendo, con una elegante scala a chiocciola all’interno, il piano terra con il primo. Nicole diede da mangiare al gatto, si mise sui fornelli e preparò una pasta.
Finito di cenare si accorse che era tardi.
“Cavolo già le nove e un quarto, non riuscirò mai ad arrivare alla festa per le dieci.”
Prese il telefono ed avvisò Gaia del ritardo, si fece una doccia rigenerante, un pizzico di mascara e rossetto, vestito, scarpe, e una deliziosa coda di cavallo.
Uscì dal box con la macchina, un’Alfa Romeo 147 nero metallizzato, e si avviò.
La festa in casa era organizzata da un’amica di Gaia, la chiamavano Guendy, diminutivo di un nome che, probabilmente, nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di usare.
“Ciao, piacere di conoscerti, io sono Guendalina Adele Corraldi.” pensò e, inevitabilmente, si perse in una rista, comprendendo perché gli amici avevano scelto tale appellativo.
La casa, totalmente occupata da un’innumerevole quantità di ospiti, era molto grande con due piani e un piccolo giardino corredato da un meraviglioso divano a dondolo.
«Finalmente sei arrivata!» disse Gaia.
«Sei sopravvissuta al giro in macchina con Luca? Avete fatto i bravi?» disse con un pizzico di sarcasmo e malizia.
«Spiritosa!» rispose Nicky a tono.
«Ciao!» esclamò una voce femminile.
«Io sono Guendy! È un vero piacere conoscerti, benvenuta alla mia festa. Divertiti, ma stai lontana da mio marito!» enfatizzò in una risata stridula e fastidiosa.
«Grazie!» rispose Nicole.
“Oltre ad avere un nome che si potrebbe dare ad una gallina, hai anche la voce!!” pensò tra sé dirigendosi verso il piano bar. Rimase appoggiata qualche minuto al tavolo in legno, riflettendo su cosa bere. Gli orecchini lunghi e scintillanti donavano ancora più luce ai suoi occhi, le labbra rosse e carnose le davano un aspetto sensuale, il morbido vestito nero scivolava sul corpo delineando le curve perfette, e i tacchi a spillo slanciavano le caviglie sottili.
«Dovresti assaggiare questo drink, è divino! Io sono Paolo e tu sei la bellissima?» Nicky arrossì.
«Grazie, sei molto gentile. Io sono Nicole.» accettò la bevanda e si misero seduti a chiacchierare. La conversazione si fece sempre più interessante. Lui era molto attraente e sembrava intenzionato a corteggiarla in modo intelligente ed educato.
“Forse finalmente ho trovato un uomo degno di essere ascoltato!” pensò.
Dopo meno di un minuto si avvicinò la gallina.
«Vedo che hai incontrato mio marito!» le disse in tono stizzito e geloso.
«Ah… sì…, l’ho appena conosciuto. Grazie per il drink!» rispose imbarazzata rivolgendosi a Paolo.
«Amore mio, le ho offerto da bere, stavo giusto per venire da te!» affermò l’uomo in modo sincero e convincente. Nicole lo fulminò con lo sguardo.
«È stato un piacere!» ribatté, e si allontanò, sentendosi umiliata e delusa dall’ennesima dimostrazione dell’ipocrisia umana. Non sopportava l’idea che un uomo sposato, e peggio ancora con figli, facesse la corte ad altre donne, li considerava viscidi, maligni, senza sentimenti né carattere. La serata avanzò tra delusioni, rabbia e l’inevitabile noia delle classiche feste tra adulti con pettegolezzi, sarcasmo e cattiverie.
Intorno a mezzanotte e trenta decise che per quella sera ne aveva avuto abbastanza. Salutò educatamente tutti e si diresse alla macchina. Alla guida i pensieri s’intensificarono.
“Ecco, un pesce fuor d’acqua! Perché non sono a mio agio in mezzo alle persone e mi sento sempre così tesa? Forse il problema è proprio la mia insicurezza, o semplicemente, potrebbe essere che non amo parlare dei soliti argomenti di circostanza, mi piacerebbe intraprendere discorsi più profondi ed intelligenti, tuttavia, sono certa che, così facendo, annoierei a morte. Le persone sono così superficiali, ipocrite, che preferiscono discutere di maldicenze o cavolate, e quando incontro un uomo che inizialmente dimostra interesse e responsabilità, nel momento in cui si rivela peggio degli altri, rimango vittima dell’ennesima delusione. Non so, non sopporto più nessuno, ho la nausea delle persone, o forse, di me stessa e delle mie paranoie…”
Arrivata a casa parcheggiò la macchina all’interno del garage posto sulla destra della villa. Si diresse al primo piano seguita dal gatto. Di sopra si trovavano, sulla sinistra, una piccola camera da letto che Nicky sfruttava come ripostiglio, un’altra, allestita temporaneamente per Sally e, infine, la sua stanza. Nell’ala destra, la sala con un comodo divano e un bel televisore lcd, uno studio-biblioteca, ed il bagno, completo di un’invitante vasca idromassaggio angolare. Quest’ultima stanza era il suo piccolo paradiso, pareti e pavimento interamente rivestiti da piastrelle verde lucido, un grande specchio, e marmo, naturalmente, di un tono verde scuro. Nicole adorava immergersi nell’acqua calda con le candele accese, riusciva addirittura a non pensare e, ormai, era diventata un’abitudine. Rinfrescata e distesa dall’abluzione si mise nel letto insieme a Sally e si addormentarono entrambe.
Si svegliò improvvisamente e corse verso le scale. Un istinto profondo, indefinibile, la spinse ad uscire, sentiva di essere posseduta e di agire involontariamente. Giunta alla porta del piano terra prese le chiavi della macchina, andò verso il box e, pochi istanti dopo, si ritrovò alla guida. Notte fonda, nessuno in strada, il buio. Il cuore batteva all’impazzata, sudava freddo, non sapeva dove stava andando, era come se il suo corpo facesse tutto da solo. Capitò davanti alla casa in cui era stata la sera stessa per la festa, scese silenziosamente dall’auto, si diresse a piedi scalzi verso una finestra semiaperta e s’intrufolò furtivamente all’interno. Si sentì fredda, vigile e concentrata. Prese un coltello dalla cucina, una siringa, un potente sonnifero dall’armadietto dei farmaci e andò al piano superiore. La luce argentea della luna che filtrava dalle finestre, il silenzio e i respiri dei dormienti, crearono per Nicky una sorta di atmosfera perfetta, avvertì forza, sicurezza, vigore.
All’interno di una stanza intravide i bimbi cullati dai loro letti. Si spostò verso l’altra camera, con il passo impercettibile di un felino e il coltello tra le mani scintillante nella notte. Varcò la porta, si avvicinò a Guendy e Paolo che dormivano profondamente. Riempì la siringa e iniettò una massiccia dose di sonnifero nelle vene di entrambi, che non si accorsero di nulla. Successivamente, con incredibile autocontrollo, prese il coltello affilato ed incise loro le vene dei polsi. Il sangue inondò le lenzuola e i due sfortunati morirono nel sonno.
Nicky si trovava in piedi di fronte al letto ed osservava la scena.
Improvvisamente l’urlo di un bambino, si voltò e…
Sgranò gli occhi, il volto inumidito, il cuore accelerato, il respiro affannato.
«Mio Dio che incubo atroce!»
Corse verso il bagno spaventata e non riuscì a trattenere il vomito. Sciacquò viso, collo e cercò di riprendere il controllo di sé.
«È stato solo un sogno, calmati!»
Passata quasi un’ora si rimise a letto e, afflitta da un profondo senso di colpa, non riuscì più a chiudere occhio.

[Continua]

Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Per pubblicare
il tuo 
Libro
nel cassetto
Per Acquistare
questo libro
Il Catalogo
Montedit
Pubblicizzare
il tuo Libro
su queste pagine