Opere di

Vincenzo Russo


Il Generale

Ispirata a Carlo Alberto Dalla Chiesa
Ero lì. Nel mio pigiama azzurro,
a scartare il regalo più bello. L’ alba.
Sperando, di confezionarlo di sera,
quando una striscia d’ argento,
attraversando i vetri,
illuminava fascicoli di mafia,
per poi riposare sui suoi capelli, “Emanuela”.
Il tuo profumo mi accompagna
nei sogni di Giustizia,
le tue labbra più che mai, da cento giorni ormai.
Avverto un brivido. La fine.
Vorrei. Non posso cambiar giorno,
stasera partirò senza far più ritorno.
“Nuvole sparite, voglio veder l’ azzurro,
voglio sentire il sole sulla pelle.
E tu…mare perché t’ increspi?
Vento d’ Africa non opprimermi.
Palermo, perché non parli?
Dimmi ti prego, so bene che tu sai”
E con dolcezza l’ accarezzai.
Nella mia mano i guanti,
la “fiamma” sotto il braccio,
andavo incontro al mondo,
onesto e con coraggio.
“Amore, stasera andiamo a cena”
Non vi fu cameriere, a scegliere il mio vino.
“Stasera scendo qui”, alla fermata del destino;
medaglie sul mio cuore, stazioni del cammino.
Questo però è il mio…treno, voglio viaggiar da solo,
l’ amore mio non può, seguire il triste volo.
“Ho respirato, perché tu respiri,
amato ciò che ami, vissuto perché mi parli,
pianto perchè mi accarezzi.
Ho vinto, caro eroe, perché tu sei immortale,
è nella tua memoria,l’ orgoglio degli onesti,
ovunque accanto a te anche se non vorresti.
Sei l’ Arma, il tricolore, ti sposai per amore”.
“Ahhhh…” “Shhhhhh…” Silenzio Generale,
andiamo a riposare.Carlo, amore mio,
abbracciami ti prego,ci sta aspettando Dio”


La culla

Ancora una notte al buio.
Gli manca la tua favola,
gli manca di dormire
con te sulla sua nuvola,

culla come in caserma,
allineata, uguale,
culla di sogni infranti,
prigione senza ideali,

luna, singhiozzi e pianti,
le lacrime di tanti,
pronte a testimoniare,
i figli li devi amare,

non per volere loro
nati per respirare,
ma fu per vostra scelta,
quella di procreare,

attimi di piacere,
godere e non sapere,
gocce d’amore in frutto,
per dare vita a lutto,

mi chiedo perché mai
sono i destinatari,
di un incubo infinito,
di vivere la vita.

Ora di notte è luce.
Gli danno sicurezza,
anticipando i sogni,
un bacio e una carezza,

sono davanti a loro
con quelle cinque dita,
precedono ogni passo,
gli insegnano la vita.

Madre non ti conosce,
quel dì lo abbandonasti,
ha pianto i tuoi sorrisi,
per ciò che non dicesti.

Madre piangi il tuo figlio
per ciò che non ti ha dato,
ormai non ha più lacrime
da quando fu adottato.


La strada

Portami ancora al bosco,
come da ragazzino,
con ansia nel mio buio
speravo in quel mattino,

tra l’erba a piedi nudi
parlavi di mio nonno,
di quando il tuo papà
vegliava sul tuo sonno.

Portami in riva al mare,
ora che sono grande,
fammi guardare il cielo,
pescando tra le onde,

col sale tra i capelli
mi guardi compiaciuto,
so bene… tu sei l’unico
a correre in mio aiuto,

Portami in cima al monte,
non mi lasciar le mani,
la tenda mia sei tu…
sei tu, il mio domani,

ovunque intorno è neve,
mi scaldano i sorrisi,
fermerei tempo e passi,
mai essere divisi.

Portami tra le nuvole,
ora che sono vecchio,
ti sembrerà, guardandomi,
di essere allo specchio,

ginocchia sanguinanti,
striscerei per un miglio,
finchè tu possa amarmi,
gioire con mio figlio.

Portami in Paradiso,
vorrei parlare a Dio,
papà… ovunque vai,
vorrei venire anch’ io.



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