Donna Vitina

di

Vita Minore


Vita Minore - Donna Vitina
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 98 - Euro 10,00
ISBN 9791259510990

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Ringraziamenti

I miei ringraziamenti vanno a tutti quelli che hanno partecipato attivamente alla stesura di questo libro perché senza i loro racconti, non sarebbe stato possibile portarlo a termine.
Ringrazio perciò: Angelina, Francesca, Paola, Girolamo e Giovanni (i figli di donna Vitina).
Ringrazio Greta, Rocco e Giulia (i nipoti) – ovviamente, tutti i nomi del racconto non sono reali, ma frutto della fantasia –.
Ringrazio Luigi, per il suo aiuto nella correzione del testo.
Ma… principalmente ringrazio lei: “Donna Vitina” perché senza di lei questo libro non sarebbe esistito.
E ringrazio voi, cari lettori, sperando che questo racconto sia di vostro gradimento.

Vita Minore


Prefazione

Il romanzo realista di Vita Minore riporta l’esperienza esistenziale di donna Vitina, protagonista della narrazione, ricostruendo e rappresentando una sorta di diario memoriale nel quale si racconta la vita di una donna del sud Italia che ha vissuto e sofferto un travagliato periodo della nostra storia.
Donna Vitina era nata nel 1923, in Sicilia, e, finita la guerra, si era sposata con Salvatore che, “al primo sguardo”, si era subito innamorato di lei. Ed erano nati cinque figli.
In quel periodo, come molte persone, anche lei era analfabeta, ma aveva sempre dimostrato di essere una “donna disinvolta”; amava la musica e amava ballare; decisa in ciò che voleva, e capace di affrontare la vita con coraggio.
Aveva un carattere forte e gioviale, ma era anche una donna testarda e poco propensa alle “smancerie” verso le tre figlie, e di questo suo carattere la primogenita delle figlie, Angelina, ne aveva sofferto molto.
Donna Vitina ha vissuto la sua vita, cercando di “vedere” solo le cose che le interessavano, aveva fatto le sue scelte e non aveva mai cambiato le sue convinzioni anche a costo di sembrare una madre insensibile.
Il marito di donna Vitina era morto giovane e lei aveva cercato di aiutare il prossimo in tutti i modi, soprattutto i bambini che erano stati il “senso della sua vita”: era molto religiosa ma, per pigrizia, non andava in chiesa, seppure la fede l’aveva sempre sostenuta ed aiutata nei momenti difficili.
Con l’avanzare dell’età donna Vitina amava sempre più raccontare la storia della sua vita e, sovente, non si capiva se era la realtà o se inventava vicende mai accadute: in ogni caso era “bello” ascoltarla nei suoi voli di fantasia, mentre narrava gli avvenimenti che l’avevano coinvolta nel corso della sua lunga vita.
In questo libro, ecco allora che la storia di donna Vitina viene illuminata dalla grande capacità di “raccontare” di Vita Minore che regala una narrazione sempre attenta a cogliere e fissare gli aspetti più nascosti e profondi dell’essere umano e della realtà che lo circonda, attraverso un continuo scandaglio dell’animo che mette in evidenza, a volte, il lato umano con le sue sofferenze e le contraddizioni, altre volte, uno “sguardo amaro” con il quale viene osservata la realtà.
La sua Parola raggiunge le zone profonde dell’animo ed è alimentata da emozioni fortemente percepite, come a voler offrire una testimonianza vibrante d’una storia esistenziale che diventa paradigma di un’epoca storica, riuscendo a raccontare, in modo soave e delicato, le vicende che interessano la protagonista e la sua famiglia.
Durante la narrazione emerge la volontà di far rivivere la vicenda umana di una donna, di una “matriarca” che era riuscita a salvaguardare la sua posizione muovendosi tra le numerose vicissitudini e contraddizioni, “tra amore e disincanto, orgoglio e vanità”, come scrive Vita Minore.
La storia di donna Vitina racconta di una donna sempre fedele a sé stessa e si erge a simbolica figura che rappresenta un percorso esistenziale, certamente cosparso di incomprensioni e dissidi, ma, al contempo, capace di diventare sostanza vitale della visione di Vita Minore che illumina l’intera narrazione.

Massimiliano Del Duca


Premessa

Questo libro racconta la vera storia di donna Vitina. Una donna nata nel sud dell’Italia meridionale ma, non per questo, era una donna che viveva nel suo mondo antico.
Donna Vitina, sebbene fosse analfabeta, viveva al passo con i tempi. Moderna e disinvolta, affrontava la sua vita fatta d’imprevisti con tenacia e spontaneità. Era risoluta nel prendere le sue decisioni che con fermezza, costanza e semplicità, portava avanti senza mai lamentarsi degli acciacchi della vecchiaia.
Era testarda e cocciuta quando s’impuntava, e a farne le spese, erano i membri della sua famiglia.
La sua stabilità mentale, con gli anni, ha ceduto il posto a un’amnesia frequente che le ha permesso di abbellire la sua realtà quotidiana dimenticando perfino gli orrori della guerra.
L’ostinazione con cui affrontava i suoi malumori era conosciuta da tutti, ma non per questo smettevano di volerle bene.
La vita di donna Vitina girava intorno alle persone bisognose che per un motivo o per un altro, bussavano alla sua porta.
I protagonisti di questa storia, oltre a donna Vitina, sono i suoi cinque figli e tutte quelle persone che hanno avuto la fortuna di conoscerla. Ma soprattutto sono i bambini, perché è attraverso loro che donna Vitina ha dato un senso alla sua vita.
Donna Vitina non è mai stata una persona fragile e non lo è diventata nemmeno con l’età avanzata, anzi, ha fortificato il suo carattere tanto da renderlo inviolabile al mondo esterno e noi possiamo conoscerla solo attraverso i suoi racconti e quelli di coloro che l’hanno conosciuta.
Ascoltarla era come varcare il mondo della fantasia: non sapevi quello che ci trovavi. Quello che raccontava, era vero? Era falso? Non si sa, non potevi saperlo, ti dovevi fidare della sua parola; intanto te ne stavi lì ad ascoltare mentre visualizzavi ciò che la fantasia ti suggeriva.
Quella donna così maldestra e scaltra nei suoi discorsi, tanto da mettere in discussione le relazioni altrui, non si faceva scrupoli di coscienza e parlava a ruota libera, se era di luna buona e, piuttosto che vederla in un angolo col muso, ignorando i suoi interlocutori, era meglio sopportarla in questa veste, genuina e schietta.
Ed è così che oggi tutti la ricordano, con nostalgia e affetto.

Vita Minore


Donna Vitina


Angelina si guardava intorno alla ricerca di un oggetto su cui posare il suo sguardo affinché, questo, catturasse la sua attenzione.
Sarebbe stata la sua valvola di sfogo, un appiglio cui aggrapparsi per non esplodere, per cercare di mantenere la calma; mentre con il vassoio pieno di cibarie in mano, si dirigeva verso il tavolo messo lì di proposito, in giardino, all’ombra di una grande quercia. Era così che si sentiva tutte le volte che sua madre, all’improvviso, decideva di farle visita. Quella donna aveva il potere di snervarla facendole tirare fuori il peggio di sé, perché trovava sempre qualcosa da criticarle e a niente servivano le sue giustificazioni, oppure il maldestro tentativo di farle cambiare argomento intavolando un discorso futile.
Non funzionava, non serviva a niente. Sua madre continuava imperterrita a lanciare le sue frecciatine dicendole: “Sei troppo grassa, cerca di dimagrire, mettiti a dieta, fai come me, guarda come sono magra. Io ci sto attenta alla mia linea, mi alzo e faccio la mia ginnastica; guarda, è così che devi farla e vedrai che rimani bella magra ed energica” e nel dirlo dava dimostrazione della sua bravura, facendo qualche posizione di esercizio fisico. Altre volte criticava il metodo utilizzato nell’educare i bambini. Secondo lei Angelina era troppo severa con loro. Viceversa, altre volte, le diceva che gli dava troppa libertà. Non era mai contenta, era sempre il Bastian contrario della situazione. Criticava il suo modo di gestire la casa, il modo di cucinare, le persone che frequentava. Le amiche poi, per lei, erano tutte delle poco di buono e Angelina avrebbe fatto bene a seguire il suo consiglio e a non frequentarle. Ed era così tutte le volte che si trovavano nella stessa stanza.
Ogni volta Angelina, a stento, tratteneva la voglia che aveva di urlare contro quella donna che non smetteva di mortificarla tutte le volte che si ritrovavano. Tante volte evitava di litigare di proposito perché non voleva un giorno poi pentirsi di aver parlato a sproposito. Dopotutto era sempre una donna anziana e lei ne aveva rispetto, al di là che fosse sua madre.
Era sempre così, tutte le volte che sua madre andava a trovarla all’improvviso. Altresì le cose andavano diversamente se la sua visita era stata annunciata in anticipo. In quel caso, Angelina, aveva il tempo di prepararsi mentalmente a quell’incontro e riusciva a tenergli testa tanto che, in quel caso, era la donna che usciva sconfitta da quell’incontro così che la sua visita terminasse prima del previsto, con la scusa di dover andare a cucinare per uno dei suoi figli o nipoti che quella sera, immancabilmente, venivano a cena da lei. Ma Angelina sapeva che era solo una scusa. Stava fuggendo da lei così come tante volte, anche lei, avrebbe voluto fuggire per non sentirsi criticata da sua madre. Quella madre che fin da piccola la disprezzava e che ora pendeva dalle sue labbra, perché la conversazione era di suo gradimento.
Erano sedute in giardino e donna Vitina, un’arzilla signora dai candidi capelli bianchi che aveva superato da tempo gli ottant’anni, non la smetteva di parlare. Il rullio delle sue labbra era attivo anche quando decideva di tacere e per ore e ore se ne stava seduta e muta in un angolo, irritando i suoi interlocutori che speravano di coinvolgerla nei loro discorsi. Tuttavia questo non bastava a fermare i suoi pensieri e lo capivi osservando i suoi occhietti vispi. Non avevano mai l’aria assente e le sue orecchie erano antenne puntate a captare ogni minima parola che arrivasse dall’esterno e che, il più delle volte, lei interpretava a suo volere e piacere, perché spesso capiva “Roma per toma”.
Con il tempo i suoi familiari avevano imparato a capire che, nel suo silenzio, stava riflettendo su qualche cosa d’importante e dal suo umore, comprendevano che non voleva essere assolutamente disturbata da quel colloquio intimo con se stessa. Perciò, stizziti da tanta caparbietà, la lasciavano alle sue riflessioni e se ne andavano.
Angelina è sempre stata convinta che quella donna che chiamava “madre” non le volesse bene e perciò, da bambina, viveva quella vita acerba, muta e a lei sconosciuta, arrabattandosi come meglio poteva per sopravvivere.
La disciplina e l’ordine erano il suo punto forte, ma “l’amore”… dove era posizionato l’amore materno?
Angelina era consapevole che ogni vita è a sé, ma con il tempo ha capito anche che le vite sono tutte uguali, perché le storie si assomigliano e, per un motivo o per un altro, tutti soffrono per qualche cosa. Basta guardarsi intorno per scoprire che la tua sofferenza è uguale a quella di qualcun altro e allora ti rassereni pensando: “C’è chi sta peggio di me.” Ma quella domanda… quella domanda cavalca le stagioni e rimane immutata: “Perché mi hai fatto nascere? Io non volevo, ne avrei fatto volentieri a meno.” Frase tipica pungente di ogni adolescente, quando non sa più cosa dire per difendersi da un genitore troppo assillante, quando non riesce a percepire ciò che ha davanti e le domande traboccano incontrollabili. Perché quel rimprovero? Quella lite inutile? Quando invece per un adolescente tutto è semplice e scorrevole? Al contrario, il piattume di quella misera vita lo raggiunge, lo insegue e non può nascondersi.
Eppure Angelina ne ha di voglia di vivere, ma dov’è la gioia in questi incontri miseri che sfociano in un rancore mai assopito?
Il sostegno interiore delle amiche non le manca ma la favola è un’altra cosa!

Angelina guarda la scia di nuvole che disegnano il cielo mentre ascolta sua madre che oggi ha voglia di parlare a ruota libera. Le piace quando la donna esce dal suo guscio e si racconta senza alcun pudore. “Fosse sempre così!” pensa la giovane donna e in un impeto affettuoso, vorrebbe abbracciare sua madre ma se ne guarda bene dal farlo, donna Vitina non ama le smancerie, s’irrigidirebbe subito. Allora la figlia la guarda amorevolmente da lontano.
Altre volte Angelina vorrebbe farle una carezza su quei capelli candidi, ma si ferma con la mano a mezz’aria, immaginando di accarezzare quel capo a lei tanto caro. Allora sente un fluido che esce dalle mani e va, fino a raggiungere quella testa bianchissima. In quei momenti si augura con tutto il cuore che il suo amore di figlia arrivi a sua madre, a sua insaputa. Poi abbassa la mano delusa e torna a parlare con lei.
Non ha mai ricevuto un abbraccio dalla donna e a sua volta, Angelina nella sua vita, fa fatica ad abbracciare qualcuno. Nessuno le ha insegnato a farlo e capisce che è stato così anche per sua madre che oggi non smette di chiacchierare e, in cuor suo, la perdona.
La forza di donna Vitina è dovuta alla bellezza del suo carattere forte e gioviale.
Nonostante i suoi ottantasette anni, è ancora una donna forte, arzilla e ben voluta da tutti. Il suo carattere schietto, allegro e spensierato la rende unica fra le donne della sua età mettendo a suo agio chiunque viene a trovarsi in sua compagnia, perché lei ride e scherza con tutti, risollevandogli il morale. E questa sua caratteristica l’ha accompagnata per tutta la vita.
Lei non fa altro che criticare tutte quelle persone della sua età che si piangono addosso pur avendo intorno la famiglia a sostenerle: “Ma di che si lamentano?” dice in quelle occasioni.
Grazie al suo carattere forte è riuscita a superare gli alti e bassi della sua vita.
Rimasta vedova all’età di quarant’anni, non si è persa d’animo e, con coraggio, ha affrontato la sua vedovanza. Circondata da amici e parenti è riuscita a non abbattersi e ha dedicato anima e corpo alla crescita dei suoi cinque figli.
La sua porta è sempre stata aperta per chiunque ne ha avuto bisogno. È sempre stata disponibile ad aiutare: poveri, vagabondi, bisognosi che, per un motivo o per un altro, si rivolgevano a lei; e lei li soccorreva senza mai aspettarsi nulla in cambio.
Tuttavia, diventava anche molto cattiva se capiva di essere stata imbrogliata da qualcuno, e trovava un modo sottile per vendicarsi. In ogni caso, a farne le spese, non era lei ma la povera Angelina che, essendo la figlia più grande, era la sua confidente.
Nonostante l’antipatia reciproca, le due donne, nel tempo, sono riuscite a creare un rapporto fatto di complicità, rispetto e sincerità. Perciò donna Vitina era con lei che si sfogava tutte le volte che sorgeva un problema in famiglia o con qualcuno e la figlia, priva di esperienza mondana ed istigata da sua madre, era mandata in prima linea a difendere l’onore della famiglia, mentre il resto dei suoi fratelli se ne stavano comodamente in disparte ad aspettare la fine della battaglia che Angelina andava ad affrontare da sola.
Così la donna conservava pubblicamente la sua posizione “di brava persona” mentre Angelina, nel tempo, si è fatta la fama di essere una persona “testarda e litigiosa”.
La donna, invece di scendere in campo a combattere le sue battaglie, avviava senza rendersene conto, la figlia sul sentiero della cattiveria e della falsità e Angelina, obbligata dalle circostanze, si lanciava nell’arena a capofitto, dove le belve feroci spuntavano da tutte le parti e, pur essendo lei per natura una persona pacifica che non amava litigare con nessuno, nel tempo nacque in lei spontaneamente l’istinto di sopravvivenza. Se non voleva essere abbattuta, doveva imparare a ribattere al suo interlocutore. Se voleva combattere l’ingiustizia ricevuta, si doveva armare prima di grinta e coraggio e poi partiva all’attacco a dispetto di quella vocina interiore che le suggeriva di rimanere con i piedi per terra per non farsi abbattere dal suo nemico.
Ne usciva sempre vincitrice da quegli incontri perché era diventata una brava combattente, ma i colpi che riceveva erano terribili da sopportare, mentre altri gioivano per averglieli assestati.
Angelina, ancora oggi, fa fatica a perdonare quel modo di agire che ha sempre avuto sua madre nell’affrontare le sue cause perse; lanciava il sasso e poi ritirava la mano.
Donna Vitina era anche una donna dispettosa che amava fare scherzi a chiunque le capitasse a tiro; quando poteva si divertiva a mettere in difficoltà chi li riceveva. A loro volta poi per pudore, questi, si tenevano il disagio dello spavento senza commentare. Tanto sapevano, conoscendola, che donna Vitina non avrebbe capito e lo avrebbe rifatto di nuovo non appena ne avrebbe avuta l’occasione.
Angelina col tempo ha capito che non sempre poteva fidarsi di sua madre perché più volte, a causa sua, ha fatto delle pessime figure che avrebbe evitato volentieri perché non le appartenevano.
Era ancora una bambina ai tempi e ammirava sua madre. Le piaceva come si muoveva e come parlava in pubblico; sognava di diventare come lei una volta diventata grande. Ma a un certo punto ha desiderato prenderne le distanze e vivere la sua vita, perché si è resa conto che, più volte, la donna l’ha messa in difficoltà pubblicamente e ciò non le piaceva. Come quella volta che Angelina fu sgridata da sua zia per colpa di sua madre, ma lei quel giorno non prese le sue difese e lasciò che fosse sgridata al posto suo.
A donna Vitina, da sempre “innamorata dell’amore”, piaceva osservare le relazioni altrui e, senza farsi notare, lanciava i suoi giudizi sulle coppiette. Nel paese in cui abitavano, si diceva ci fosse un vicolo dove i fidanzatini e le coppiette si appartavano per godersi la loro intimità e non farsi scoprire dai loro genitori.
Donna Vitina aveva saputo da poco che una sua nipote si era fidanzata. Sospettando che la ragazza si appartasse in quel vicolo, disse ad Angelina di seguire la cugina senza farsi vedere, e Angelina così fece. Evidentemente però, la cugina doveva essersi accorta di essere seguita perché, qualche ora dopo, la madre della ragazza andò a trovarla per chiederle spiegazioni e Angelina si sentì presa in trappola.
“Perché l’hai seguita?” le chiese sua zia. Angelina non sapendo cosa rispondere, le disse la verità: “Volevo vedere se andava dietro il vicolo”
“Cosa ne sai tu di queste cose? Non ti permettere mai più di fare una cosa del genere!” la rimproverò la zia, visibilmente adirata per la situazione.
Angelina si vergognò tantissimo. Era lì davanti a sua madre che sapeva benissimo com’erano andate le cose; eppure non parlava, non la difendeva, non diceva che era stata sua l’idea di seguire la cugina, lasciando che la zia la rimproverasse.
Eppure Angelina non tradì sua madre. Si rendeva conto che le avrebbe fatto fare una pessima figura davanti alla sorella e lei non lo avrebbe mai permesso. Così lasciò che la zia la mortificasse ingiustamente. Nonostante avesse solo dieci anni, aveva capito già da allora cosa voleva dire avere fiducia e rispetto delle persone. E lei rispettava sua madre, ma quel comportamento non gliel’aveva mai perdonato. E quello fu solo il primo episodio in cui donna Vitina la coinvolse per giustificare le sue malefatte.
Poi, a un certo punto, è entrato in ballo il fattore “anzianità” e Angelina ha capito che non serviva a niente lottare contro i mulini a vento. Come dice il proverbio: Acqua passata non macina più. Non restava perciò che perdonare quella madre che, tutto sommato, era stata per tutti loro una buona madre.

“I ricordi sono una brutta bestia perché risvegliano certe emozioni che speravi non tornassero più a galla” mormora Angelina mentre appoggia il vassoio sul tavolo. Francesca, che stava osservando estasiata le piante del giardino di sua sorella, si gira a guardarla: “Dicevi?” “No nulla, riflettevo sui ricordi, poiché oggi la mamma è particolarmente ciarliera.”
Donna Vitina intervenne tutta gasata, sentendosi nominare. “Vi stavo raccontando della mia vita amorosa in tempo di guerra, però ascoltatemi; assittativi chi vi lu cuntu (sedetevi che vi racconto), ci sono alcune cose che ancora non sapete.” Angelina e Francesca si lanciarono uno sguardo complice. Le due sorelle erano anni che sentivano quei racconti, ormai li conoscono a memoria ma lo scopo era quello di farla contenta e di metterla a suo agio. Era una bella giornata ed erano contente di non dover sopportare il suo malumore. Donna Vitina era in uno di quei momenti in cui è un piacere starle vicino e ascoltarla. Anche se poi, ciò che aveva da dire erano sempre le solite cose. È il modo in cui le raccontava che ti faceva rimanere incantato ad ascoltarla perché era come se le raccontasse per la prima volta.
Dalla vita, donna Vitina ha preso solo le cose belle, tutto il resto sembra averlo dimenticato. Non solo ci mette tanta enfasi nel raccontare qualcosa ma, di volta in volta, abbellisce il racconto di particolari tanto che perfino gli avvenimenti vissuti in tempo di guerra, sono pieni di fascino e di romanticismo. I nipoti che stanno ad ascoltarla, ogni volta, sono trascinati nel suo mondo fantastico e sono affascinati dal suo entusiasmo e dalla sua voglia di vivere. Le piace raccontarsi senza pudore e ride di gusto ripensando alle sue marachelle, coinvolgendo il suo interlocutore emotivamente.
Donna Vitina ha un sogno: che il racconto della sua vita venga un giorno narrato in un libro perché per lei è stato un periodo bellissimo della sua vita, nonostante le difficoltà della guerra, per cui ne è orgogliosa. Quel giorno era andata di proposito a trovare Angelina perché sapeva che lei l’avrebbe aiutata a realizzare il suo sogno. Perciò era pronta nella narrazione come se, il solo fatto di raccontarsi, diventasse all’istante “il libro della sua vita”. Un libro che tutti in futuro potranno leggere, ammirando le sue imprese.
Donna Vitina era anche molto vanitosa e non usciva da casa se non era in ordine. Comprava perciò per sé le cose migliori affinché non sfigurasse di fronte al vicinato. Economicamente stava bene la donna. Con la morte del marito le avevano assegnato una bella pensione, per cui non ha mai avuto bisogno di andare a lavorare e sapeva gestire il suo gruzzoletto con giudizio. Tranne quando regalava, a destra e a manca, il suo denaro ai nipoti e a chi gliene chiedeva in prestito senza poi mai più restituirglieli. In quelle occasioni, la volta successiva che tornavano a chiederne, gli diceva col tono dispiaciuto: “Mi dispiace, non ne ho più!” senza dir loro mai che, il vero motivo del suo rifiuto, era che il prestito precedente non le era stato restituito e, per non offendere la persona, semplicemente si negava e finiva lì. Chi voleva capire, lo capiva! Se avesse amministrato diversamente il suo denaro, sarebbe certamente diventata ricca e più agiata ma questa smania che aveva di aiutare il prossimo, l’ha penalizzata materialmente.
Viveva nella “convinzione” che un giorno, la sua ricchezza quella vera, l’avrebbe trovata in paradiso, visto che ha sempre fatto del bene consapevolmente.
Era molto religiosa donna Vitina e aveva un modo tutto suo di comunicare con Dio: “Tu mi dai ed io ti accendo le candele.” Questo dialogo evidentemente funzionava perché era sempre sorridente e solare.
Immancabilmente, quando qualcuno andava a trovarla, poteva costatare personalmente che c’era sempre in giro per casa un piattino appoggiato da qualche parte, con dentro delle candele accese. “Come mai hai acceso le candele?” chiedevano, e lei rispondeva come se fosse la cosa più naturale del mondo: “Il Signore mi ha fatto la grazia, glielo avevo promesso.”
Per pigrizia non andava mai in chiesa, tranne che nelle occasioni importanti come battesimi, matrimoni ecc., ma nella sua mente la preghiera era sempre presente. Quelle volte che partecipava alla funzione religiosa, la si vedeva ripetere sottovoce tutte le parole che diceva il prete; ormai le sapeva a memoria e a stento si tratteneva dal dirle a voce alta. La fede è stata un punto fermo nella sua vita e senza rendersene conto l’ha trasmessa ai suoi figli.
Ricorda bene Angelina quel giorno che sua madre la avviò sul sentiero della religione. Aveva appena sei anni quando la prese da parte e le disse: “È arrivato il momento che impari le preghiere, poiché fra un po’ dovrai fare la prima Comunione. Siccome io non sono in grado di insegnartele, ti manderò dalla signora Caterina, la perpetua del paese, lei t’insegnerà” e da quel momento in poi Angelina, appena usciva dalla scuola, andava a casa di questa signora dove, appena arrivava, lei la faceva sedere al centro della stanza e mentre lei si occupava delle sue faccende, iniziava a istruirla. Le insegnò così il Padre Nostro, l’Ave Maria e tutte le altre preghiere fondamentali. L’ultima preghiera che le aveva insegnato ma che Angelina non riusciva ad imparare completamente, era la Salve Regina perché, a un certo punto la famiglia si trasferì in un altro paese, perciò l’insegnamento rimase a metà.
Angelina, ancora oggi, fa fatica a ricordarsela tutta, perché per lei è stato come un cerchio che non è riuscito a chiudersi. Per questa ragione sente un vuoto incolmabile ogni volta che si trova a recitare quella preghiera perché, nonostante sia passata un’eternità da allora, interiormente non è più riuscita ad andare avanti. Angelina rivive quel momento con nostalgia, rivede la signora Caterina mentre le spiegava le preghiere e poi le diceva di ripeterle a voce alta e la volta successiva la interrogava per vedere se l’avesse imparata. Quella preghiera rimasta a metà le manca come fosse parte integrante della sua vita. Angelina è grata a quella signora per il suo insegnamento e, in cuor suo, la ringrazia ogni volta che sente recitare una Salve Regina.
Donna Vitina non perdeva occasione di parlare di Dio e nella sua concezione di vita, era fondamentale rispettarne la volontà; infatti, usava dire: “Sia fatta la volontà di Dio.”

[continua]


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