La rivolta delle donne morte

di

Vita Minore


Vita Minore - La rivolta delle donne morte
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 150 - Euro 13,00
ISBN 979-1259510297

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In copertina: fotografia di Antonio Elia


PREFAZIONE

Il libro di Vita Minore, dal titolo “La rivolta delle donne morte”, comprende quindici racconti che narrano vicende relative alle dolorose esperienze esistenziali di alcune donne che, sovente, diventano vittime, altre volte, spietate vendicatrici.
La tematica affrontata risulta alquanto attuale nel suo orribile continuo manifestarsi nella realtà odierna, e riconduce alla concezione dell’Amore ed alla percezione della Morte: tali condizioni esistenziali vengono vissute nell’animo dalle protagoniste ed affrontate nei loro molteplici aspetti, tra violenza fisica e psicologica, tra vendetta e perdono, tra gesti violenti e sevizie d’ogni genere, che si intrecciano di continuo nel travagliato percorso quotidiano.
Il libro di Vita Minore diventa una vibrante ed importante testimonianza che, in alcuni casi, assume il tono della denuncia sociale, fortemente espressa sotto forma di una raccolta narrativa che ben fotografa ed analizza il dramma sociale della violenza contro le donne.
Il racconto che apre la raccolta narra proprio la vicenda di un femminicidio, la storia di una povera donna che viene uccisa dal marito; poi, seguiranno altre narrazioni nelle quali troveremo le sofferte storie di altre donne: come nel caso di Agnese, continuamente seviziata dal marito che soffre di ordine maniacale, con costanti violenze fisiche e psicologiche, che le faranno vivere un vero inferno, ma lei riuscirà a portare a termine la sua vendetta nei confronti dell’uomo; poi, come nel caso della povera Maggie che sarà vittima di un uomo dalla mente perversa, e violentata da un gruppo di suoi amici, ma lei ritornerà dall’Oltretomba e, come un mostro demoniaco, compirà la sua tremenda vendetta, evirando l’uomo ed i suoi complici; e, poi, giusto per citare le storie di alcuni racconti, la triste vicenda di un uomo che uccide la moglie e la figlia, ma verrà terrorizzato, con fenomeni paranormali, dall’ectoplasma della moglie, fino ad obbligarlo a chiedere perdono; e, infine, in un altro racconto, quando lo spirito di una donna, uccisa per gelosia, ritornerà dall’aldilà per vendicarsi.
In altri racconti, al contrario, ritroviamo il forte sentimento dell’amicizia profonda che lega indissolubilmente alcune donne che hanno molto sofferto, unite in un abbraccio d’amore, così come l’amore infinito di una madre per suo figlio, o la magia di una farfalla che, per una donna, diventa simbolo di rinascita.
Vita Minore dimostra di possedere grandi capacità di narrazione, riuscendo sempre a fissare fedelmente le tragedie esistenziali che, spesso, vedono le donne come vittime sacrificali, ma riservandosi il desiderio di “punire”, narrativamente s’intende, gli uomini che hanno commesso atti di violenza e sono stati veri ed autentici carnefici.
Le figure delle donne che hanno profondamente vissuto e sofferto sono poste al centro della narrazione, e diventano simboliche figure di una condizione dolorosa e negativa che devono vivere e sopportare.
La parola di Vita Minore è decisa e penetrante, intensa e profondamente sentita nell’animo: nella sua visione emerge l’intenzione narrativa di far percepire come le protagoniste femminili riescano a vivere con coraggio le difficoltà che si presentano sul loro cammino.
Sul palcoscenico della vita le donne diventano dominatrici dei suoi coinvolgenti racconti, e cercano di custodire la forza d’animo, di salvaguardare la propria dignità, superando le amarezze, le delusioni, lo sconforto ed il doloroso travaglio.
Le storie raccontate, come già ricordato, diventano simboliche rappresentazioni d’una condizione esistenziale femminile nella quale molte donne possono rivivere gli stessi stati d’animo e le stesse paure, le incertezze e le speranze deluse, i sogni infranti e le identiche tragiche esperienze.
Durante il processo narrativo emergono elementi di un divenire esistenziale che, a volte, si fa tragico, altre volte può diventare un dono offerto alla donna per ritrovare la sua libertà e la sua dignità, altre volte ancora, l’atto salvifico diventa decretazione d’una vendetta da parte della donna.
Vita Minore rende fedelmente la sua intenzione narrativa, sempre attenta a cogliere i vari aspetti della realtà circostante, scandagliando l’animo delle protagoniste con una scrittura giocata su intense raffigurazioni, pervase di profonda umanità e, al contempo, di uno sguardo amaro nei confronti della realtà.

Massimo Barile


PREMESSA

L’argomento comune di questo libro è la morte. Argomento che spaventa molti perché si è convinti che al di là di questa ci sia il nulla. Io non la vedo così e penso che dopo la morte ci sia tutto un mondo da scoprire, per cui non ne ho paura e vivo l’argomento come la cosa più naturale che esista a questo mondo.
Che cos’è la morte?
La morte è definita dal vocabolario come la permanente cessazione di tutte le funzioni biologiche che sostengono un organismo vivente.
Ma la vita e la morte si alternano, una non può esistere senza l’altra per cui si completano a vicenda.
In questo libro, alcuni racconti sono di genere horror e gli altri sono episodi di vita quotidiana attinenti alla violenza e alla morte. Principalmente ho voluto affrontare l’argomento femminicidio. Non c’è giorno, infatti, che il telegiornale non annunci la notizia dell’ultimo omicidio commesso da qualcuno, tanto che mi assale un istinto naturale di ribellione. L’uomo che toglie la vita a un altro essere umano, come se questo gli appartenesse. È un gesto ripugnante e abominevole!
In questo gesto ci vedo un istinto animale. L’animale agisce per istinto, mentre l’uomo possiede la capacità di ragionare, perciò chi commette tale massacro, si rifà solo alla sua malvagia inclinazione senza passare al vaglio della ragione. Non ci vedo altro motivo se non quello di una mente diabolica e malata che, chiusa nel suo maleficio, non ha niente di sacro e di umano.
Le famiglie escono sconvolte da questo dramma senza potersi difendere, perché chi dovrebbe prendersi cura del più debole, a sua volta ha paura, non vuole avere problemi e non desidera esserne coinvolto. Anche le istituzioni tardano a prendere provvedimenti, seppur il caso venga più volte segnalato alle autorità, quindi la vittima è lasciata sola al suo destino.
Purtroppo non c’è solo la violenza fisica, c’è anche, quella psicologica che non è da meno.
Tale violenza si manifesta principalmente con un insieme di atti, parole e sevizie morali; minacce e intimidazioni, utilizzati come strumento di potere, per obbligare gli altri ad agire contro la propria volontà. Senza utilizzare la forza fisica, resta nascosta agli occhi esterni mimetizzandosi dietro a sorrisi di facciata, ma è disastrosa, quanto se non di più, del danno fisico.
In questi racconti incontrerete “il perdono e la vendetta” perché anche loro fanno parte di questo percorso di vita.
Il primo avviene quando la colpa dell’offesa è lieve. La seconda, quando l’istinto di sopravvivenza prevale sulla ragione.
Ho assistito a tanta violenza nell’arco della mia vita da esserne disgustata. La prepotenza verso il più debole è la molla che sempre fa, e ha fatto scattare la mia auto-difesa. A quel punto l’istinto scatta e… si salvi chi può.
Ed è stato in una di queste mie ribellioni che ho sentito, come se veramente tutte le vittime di questo massacro, avessero detto: Basta!
E d’istinto ho cominciato a scrivere…

Vita Minore


La rivolta delle donne morte


CAPITOLO I

ITALIA MERIDIONALE*

Urla strazianti nel cuore della notte svegliarono l’intero condominio.
Qualcuno, urlando a sua volta esasperato «Bastaaaaa!» si affacciò alla finestra dirigendo il suo sguardo al piano di sotto.
Altri, ammutoliti, ascoltavano attraverso pareti che sembravano di carta.
Erano abituati ormai da molto tempo a quel rituale notturno, ed erano tutti alquanto preoccupati che alla fine ci scappasse il morto ma nessuno osava intromettersi, e il giorno dopo, tutto si acquietava e tornava il sereno.
Quella notte le urla erano più forti del solito e il trambusto che si sentiva ai piani di sotto, rimbombava in tutto il palazzo.
Un vicino spazientito pensò di chiamare la polizia, esasperato, afferrò il telefono e compose il numero.
«Presto correte, non ne possiamo più, domani dovremo alzarci presto, fate qualcosa.»
Il solito agente di turno che ormai era abituato a quel genere di telefonate nel cuore della notte, posò il giornale che stava leggendo e sospirando finì la telefonata dirigendosi poi nell’ufficio del comandante per segnalare l’accaduto.
«Ci risiamo, capo la coppia del condominio dà i numeri anche stanotte!» riferì con tono accigliato.
Il comandante lo guardò al di sopra degli occhiali e, con un gesto di stizza balzò in piedi. «Giuro che stavolta li porto dentro! Dai, andiamo a vedere che succede, almeno quella povera gente potrà tornare a dormire.»
Intanto nel condominio la Quercia tutti erano atterriti, incapaci di intervenire ascoltavano quelle urla strazianti provenire dal terzo piano.
Una donna piangeva urlando disperata: «Aiuto, aiutatemi, mi sta uccidendo!»
Un ultimo grido soffocato squarciò la notte, e subito dopo, ci fu silenzio.
I condomini rimasero per un po’ col fiato sospeso ma poi, essendo abituati a quel rituale, rincasarono e tornarono a dormire, mentre in lontananza la sirena della polizia si avvicinava sempre di più.
Il comandante scese quasi di corsa dall’auto della polizia e seguito dal suo agente s’incamminò verso il condominio.
Il portone nella confusione era rimasto aperto, perciò non ci fu nemmeno bisogno di suonare alcun campanello.
Sapevano dove dirigersi, abituati com’erano a quelle imprese notturne, per cui arrivati al terzo piano bussarono con forza alla porta della famiglia Mancuso e attesero impazienti che qualcuno si decidesse ad aprire.
Sentirono alcuni passi trascinarsi stancamente sul pavimento e rimasero in attesa che la porta si aprisse.
Poco dopo, con il volto stanco e arruffato, il signor Mancuso appoggiò la mano alla maniglia e a fatica aprì lentamente la porta.
Il commissario ripeté le stesse frasi di sempre: «Allora, signor Mancuso, anche stanotte è riuscito a svegliare il quartiere!»
Di solito l’uomo rispondeva, “mi spiace comandante, sa, io e mia moglie abbiamo bisticciato, chiedo scusa per il disturbo” e tutto finiva lì.
Ma quella sera, l’uomo era più strano del solito e il comandante s’insospettì.
«Dov’è la sua signora?»
L’uomo non rispose e il comandante ripeté la domanda con più enfasi: «Come sta la sua signora, signor Mancuso?»
L’uomo tolse la mano dalla maniglia e lasciò cadere le braccia stanche lungo il corpo, il suo viso lasciava intuire cose che il comandante non avrebbe voluto vedere.
Con uno spintone spalancò la porta costringendo l’uomo a farsi di lato e s’introdusse in casa senza chiedere alcun permesso.
L’agente che lo accompagnava rimase immobile alla porta con fare annoiato, tenendo d’occhio la situazione.
Lo spettacolo che si presentò poco dopo agli occhi del comandante, per poco non gli procurò un infarto, barcollò e si appoggiò allo spigolo della porta.
Un dolore immenso gli squarciò l’anima e un grido soffocato gli uscì involontariamente.
La stanza in cui si trovava lo mise davanti al fatto compiuto, l’uomo aveva ucciso sua moglie!
La donna stava esanime a terra con gli occhi spalancati, ovunque macchie di sangue imbrattavano le pareti. Il pavimento, le tende, tavolo e sedie rovesciate, oggetti sparsi, ad adornare la scena del delitto. Odore di morte nell’aria, voglia di scappare, ma si fece forza, prese il telefono dalla tasca e chiamò un’ambulanza.
Telefonò in ufficio per chiedere di mandare una pattuglia per gli accertamenti del caso e, dando un ultimo sguardo alla donna si trascinò fuori da quella stanza.
L’agente che lo vide tornare pallido in volto, comprese al volo e si affrettò a mettere le manette all’uomo rimasto immobile.
Di lì a poco, il suono di molte sirene squarciò l’aria, svegliando definitivamente, quella notte, gli inquilini del condominio.
Giornalisti, cronisti e gente di ogni genere accorse sul posto: l’ennesimo femminicidio si era compiuto.

Un altro scenario però quella sera si manifestò all’insaputa di tutti.
Quando l’ultimo grido di aiuto della donna appena uccisa era ancora nell’aria, se ne aggiunse un altro, potente e lugubre, rompendo il silenzio della notte: «Bastaaaaa!»
Quell’ululato notturno si adagiò sul mondo e tutti rabbrividirono inconsapevolmente.
Il cimitero del paese era su in collina e da lontano il luccichio delle luci votive vibrava tremulo nella notte in quella parte di paesaggio.
Il cupo brontolio veniva da lì.
Il cimitero nella notte prese vita, le tombe si scoperchiarono, mani spostarono la terra arida e corpi senza vita si radunarono nella notte, al centro di quel luogo sacro.
A insaputa dei paesani, corpi scheletriti, martoriati dalla lunga sepoltura, ora prendevano vita e si accingevano a ribellarsi a quel massacro interminabile di donne.
Donne che avevano una sola colpa, quella di essersi innamorate dell’uomo sbagliato.
Un rumore cupo e spaventoso si levò nell’aria, da lontano sembrava il brontolio di un tuono, qualcuno pensò che il temporale si avvicinasse e sprangò le finestre prima di andare a dormire.
I cimiteri del mondo intero, a quell’ora della notte, divennero testimoni della rivolta delle donne morte.
Corpi senza vita si rianimarono, i loro volti erano una maschera orribile di rabbia repressa. Donne assassinate di ogni tempo decisero di ribellarsi all’ultimo massacro avvenuto quella notte e ora, si accingevano a lasciare quel luogo sacro in cerca di vendetta.
I giorni che seguirono furono pieni di terrore, perché cominciarono a verificarsi in ogni dove strani episodi di violenza.
E molte vite di uomini e donne assassine, furono sconvolte.

[continua]


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