Terra, Mare, Cielo

di

Werther Zabberoni


Werther Zabberoni - Terra, Mare, Cielo
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
12x17 - pp. 74 - Euro 8,00
ISBN 978-88-6587-1805

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In copertina: illustrazione di Werther Zabberoni


Pubblicazione realizzata dal Club degli autori quale premio, in quanto autore 2° classificato al Concorso «Olympia Montegrotto Terme» 2010


Prefazione

La presente silloge di poesie, opera di Werther Zabberoni, ha come titolo “Terra, Mare, Cielo”, quasi a voler ricomprendere l’universo di emozioni che nascono dalla solida e fertile terra, così come dalla liquida fonte di vita che è il mare, ed infine, dal cielo che avvicina alla dimensione spirituale.
Ecco allora che Werther Zabberoni, come uomo, fortemente legato alla realtà terrena, mette in risalto la voglia di vivere ed il rispetto di se stesso dopo le sofferenze della vita; e poi, come esperto “marinaio”, naviga sulle onde dell’esistenza con il desiderio di sentire il vento che accarezza il volto e, nel divenire dei giorni, prosegue il suo viaggio come a ricercar, in mezzo alle “tempeste” della vita, il simbolico paradiso perduto.
In un continuo dialogo con l’anima, la poesia viene catturata in un magico istante, fissata l’essenza stessa del vivere con la volontà di purificare i ricordi e i rimpianti, i sogni e le illusioni, le attese e le speranze.
La mente si smarrisce davanti al mistero della vita: alzare gli occhi al cielo, camminando nella notte, in un continuo confronto con se stesso, per cercare di captare ciò che è nascosto in fondo al cuore o mettersi in ascolto delle parole di speranza.
Nella sua poesia il cuore è pervaso dall’amore, dal desiderio di vita, sulla linea di confine tra le rivisitazioni che nascono dal mondo interiore e le percezioni della realtà, affinché l’uomo possa trovare nel profondo del cuore la via del supremo Bene e dell’Amore.
E poi, nel dipanarsi delle liriche, la mente vaga nei luoghi del mondo, dal deserto del Sinai a Katmandu, dalla città di New York all’Isola di Pasqua, dal cielo della Normandia al pellegrinaggio a Gerusalemme, dove l’Uomo soffre e tocca con mano il dolore provato, lo sguardo disperato, la sofferenza ed il travaglio: tutto riconduce al senso di dolore nel mondo, accompagnato da una critica severa alla guerra con le sue tragedie ed orrori, e poi, una forte denuncia che osserva la condizione di miseria che viene ancora patita da molti esseri umani, nonché una ferma condanna alle ingiustizie.
Le liriche di Werther Zabberoni conducono, infine, nel “giardino del cuore” dove nasce l’amore, al profumo intenso dell’amore in un continuo colloquio che conduce al senso di pace interiore: la necessità vitale di scoprire se stesso nel silenzio e nella solitudine, il bisogno di dialogare con la propria anima.
I ricordi vengono allora mescolati ai rimpianti, le rivisitazioni del tempo passato alle immagini del suo paese: le parole del poeta sono ora come sussurrate, quasi a mantenere una sorta di pudore nel parlare di un forte bisogno d’amore.
Nel viaggio lirico intrapreso da Werther Zabberoni tutto viene alimentato dall’universo emozionale che esalta le minime percezioni così come le profonde tematiche legate all’umanità: e la sua parola nasce da una ricerca continua vissuta nell’intima sostanza dell’esistenza.

Massimo Barile



Terra, Mare, Cielo


DOVE FINISCE IL MONDO

Là, dove finisce il mondo
e c’è soltanto il mare,
nell’isola dei condor
vorrei con te volare.

Là, dove da sempre si scontrano
le correnti dei due oceani,
là, stretto a te, vorrei provare
aver paura cosa vuol dire.

Vorrei poter capire
il fascino di quelle terre,
sentire il vento gelido sul viso,
volare sulle onde
e in esse veder risplendere il tuo sorriso.

Vorrei poter ascoltare
il frastuono dei flutti che s’infrangono
sulle rocce, battute da millenni
da mille e più tempeste.

Solo così, allora,
potrei capire appieno
cosa vuol dire vivere
e cosa vuol dire amare.

Là, vorrei purificare
in quelle onde imperiose
i miei ricordi, i miei rimpianti,
le mie speranze,
i miei sogni e le mie illusioni.

Là, dove finisce il mondo,
dove soltanto il condor osa volare,
anch’io vorrei trovare
in mezzo alle tempeste,
come un vecchio marinaio,
il paradiso perduto,
dove non si può aver paura
né di vivere, né di morire.


VENTO DI TERRE LONTANE

Vento di terre lontane
che soffi sulle verdi colline,
fa che anche il mio cuore
sia rinfrescato sempre dall’amore.

Vento di terre lontane,
ti prego, porta con te tanto bene
a chi ha diritto di vivere
e che ora potrebbe morire.

Vento di terre lontane,
ovunque tramuta la povertà
in amorevole solidarietà
e ogni sofferenza in desiderio di vita.

Vento di terre lontane,
dissolvi le ingiustizie umane
ed infondi in tutte le anime
aneliti di ispirazioni divine.


UN CIELO PIÙ AZZURRO
DELL’AZZURRO pIÙ AZZURRO

Da un torrione a strapiombo sul mare
sto guardando davanti a me
e vedo solo un unico colore,
un azzurro che più azzurro non c’è.

Non riesco ad indovinare
il confine fra il cielo e il mare;
non riesco ancora a capire
se al mondo c’è più odio o amore.

Mi arrampico con lo sguardo su uno scoglio
bagnato dall’onda da chissà quanto tempo,
e provo un attimo ad immaginare
quando nel mondo trionferà il bene sul male.

Da quel magico giorno
il cielo sarà sempre azzurro,
più azzurro
dell’azzurro più azzurro.


ANIMA MIA

Non è possibile vederti
e nemmeno immaginarti.
Sei lo spirito vitale,
sei l’essenza immortale
che vive dentro di me.

Non è facile parlarti,
non è facile sentirti,
è difficile capirti
perchè sei nascosta dentro di me.

Molto spesso mi aiuta
a comunicare con te
il suono di un’armonica,
che ti fa palpitare, o mia anima.

Le parole sono i suoni,
i silenzi: riflessioni,
le domande mie: sensazioni,
le risposte tue: emozioni.

Una volta parlo io
mentre tu in silenzio ascolti,
poi, ancora tu rispondi,
suscitando in me emozioni.

Qualche volta mi fai ridere,
altre volte mi fai piangere,
ma, comunque sia, son contento
perché tu mi rispondi sempre.

Anima, anima mia,
sempre più spesso
voglio con te comunicare,
per ascoltare
le tue silenziose parole,
che mi insegnano
a vivere e ad amare.


SAN PATRIGNANO

Sono un ragazzo di ventun anni,
venuto da un paese molto lontano,
per miracolo uscito dal buio profondo
di un artificioso terribile inferno.

Ora vivo da tempo
sulle verdi colline di San Patrignano,
dove con fatica e sudore, piano, piano,
sto riconquistando
due delle cose più belle del mondo:
la voglia di vivere e il rispetto di me stesso.

Ogni mattina, quando mi alzo,
avverto ancora per un momento
il grande nemico,
che tenace staziona dentro.

Ma una gentile parola o un dolce sorriso
sono sufficienti per farmi ritrovare,
come d’incanto,
una forza interiore
che mi fa poi contento.

Ed ogni giorno lottando,
mi sembra di essere un alpinista,
che con forza e tanta costanza
è impegnato in una scalata,
la più importante della sua vita.

Che mi permette di conquistare
la cima dell’Everest immacolata,
dove risplende la luce del sole,
e dove ho la certezza di trovare
per chi mi ama e per il mio cuore,
pace, libertà e tanto amore.


A PAPA WOJTYLA
(SEMPRE IN VIAGGIO CON TE)

Sulla grande piazza questa sera
la tua finestra si è illuminata ancora,
e noi, come sempre,
siamo in attesa di vederti e di ascoltare la tua voce.

Ma questa volta
tu hai deciso di salutarci in silenzio,
perché hai intrapreso
il viaggio più importante della tua vita.

Ora noi senza di te
non riusciamo a proferir parola,
e mentre una lacrima ci accarezza il viso,
una preghiera ci rimane in gola.

Ma d’ora in poi, camminando
per le strade di tutto il mondo,
non saremo mai soli,
tu ci guiderai dall’alto dei cieli.

Sempre in viaggio con te
in ogni parte del mondo
noi saremo ogni giorno
per recare conforto a chi ha bisogno.

Sempre in viaggio con te
per infondere speranza
e far trionfare la giustizia.

Sempre in viaggio con te
per sconfiggere la povertà
e far nascere la libertà.

Sempre in viaggio con te
per rafforzare la fede
finchè Dio ce lo concede.


CASTELLI DI SABBIA

Come un castello di sabbia
eroso dall’onda
scompare in poche ore,
così, logorato dal tempo,
può svanire nel nulla
un grande amore.

Sono granelli di sabbia
i momenti dell’amore,
bagnati dal mare,
bagnati dal pianto,
baciati dal sole,
scaldati dal cuore.

Dispersi dal vento,
dimenticati dal tempo;
a volte sembrano spariti,
altre volte per sempre bruciati.

Ma c’è sempre qualcuno
che trasforma i granelli
in grandi castelli
e poi sogna amori ancora più belli.

Da sempre si ripete la storia
di un castello che crolla
e di un nuovo amore che germoglia.


IL POETA, IL SANTO E IL MENESTRELLO

In una notte calda d’estate,
mentre le stelle stanno a guardare,
un menestrello sale sul palco
e dolcemente comincia a cantare.

Poco distante
la tomba di Dante,
e, al suo fianco,
la chiesa del Santo.

La sua facciata, come in una fiaba,
da mille colori è illuminata,
e in ogni istante
volano in cielo dolci parole e note incantate.

A un certo punto
mi par di sentire
la voce di Dante
che parla col Santo.

E mi par di vedere
gli uccelli che smettono di cantare,
perché San Francesco
deve pregare.

Questa è la magia creata dal menestrello,
col suo violino e col suo canto,
che ci fa tornare indietro
fino al milleduecento.

Il menestrello, il divin poeta ed il Santo
si son ritrovati come d’incanto,
per ricordare a tutti quanti
di amarci sempre come fratelli.


POESIA

Che cosa sei io non voglio scoprirlo mai,
perché il giorno in cui capire mi farai
che cosa veramente sei,
un bel sogno tu non sarai più.

Resta per sempre
sempre sconosciuta,
resta per sempre
una entità enigmatica.

Su un foglio bianco
la mia mente,
il mio cuore e la mia anima a volte
ti catturano per un istante.

Ma poi tu veloce fuggi,
ti nascondi,
ed io ogni volta
faccio una gran fatica a ritrovarti.

Verrà un giorno in cui
io non sarò più con te,
ma tu continuerai a vivere,
a far sognare ed amare, senza di me.

E soltanto allora
la mia anima,
viaggiando nell’universo,
di nuovo ti incontrerà.

E tu, che immortale sei,
camminerai con lei
lungo i sentieri infiniti dell’eternità,
e solo allora le dirai chi sei
e perché un giorno tu nascesti in me.


BELLEZZE IMMORTALI
(AL MUSEO DEL LOUVRE)

Più di duemila anni hai,
mutilata sei,
ma bella più che mai,
o divina dea immortale.

O Venere di Milo,
presta il tuo sorriso
a Nike di Samotracia,
che ad ali già spiegate,

dalle isole della Grecia
vuole spiccare il volo
nell’alto azzurro cielo,
per regalare al mondo intero
la pace universale.

E mentre risplende
in tutto il suo splendore
il bacio di Psiche e Amore,
per sempre uniti
in un tenero abbraccio immortale,

tu, gentil Gioconda,
sai sempre offrire a chi ti guarda
magici momenti di serenità profonda.

O mitiche bellezze eterne,
aiutate l’uomo a trovare
nel profondo del suo cuore
la via del supremo bene,
l’amore.


LA MENTE E L’ANIMA

120 miliardi di galassie,
miliardi e miliardi di stelle e pianeti in ogni galassia,
miliardi e miliardi di anni luce da percorrere…
E pensare che soltanto 5 mila stelle
i miei occhi possono vedere.

Smarrita, la mia mente
si ferma a riflettere un istante,
e poi sconsolata si arrende,
perché non può capirci niente.

Ma viene rincuorata
dalla mia anima che le dice:
«non preoccuparti,
tocca a me intraprendere un giorno
quel fantastico viaggio infinito.

E di sicuro qualcosa capirò
dell’ affascinante mistero
che è la vita».


COME UN GABBIANO VORREI…

Seduto in riva al mare,
vorrei guardare un gabbiano in volo,
e come lui provare
l’emozione di volare.

Vorrei seguirlo
quando sulle onde vola
e quando si riposa su una vela.

Vorrei con lui sognare
spazi infiniti da percorrere,
e vedere ogni mattina
lo splendore dell’alba che si avvicina.

Anch’io seduto in cima al mondo,
leggero come il vento,
vorrei spiccare il volo col mio pensiero
verso l’infinito.

E sentirmi libero,
e saper amare
di un amore sempre più profondo.

Vorrei vedere uomini,
che come stormi di uccelli,
volano liberi in cieli azzurri,
verso orizzonti splendenti
di pace e comprensione.

Vorrei sempre vedere
uomini di diversa fede
e di diverso colore,
uniti e solidali,
intenti a costruire
un mondo pieno d’amore.


CAMMINANDO NELLA NOTTE

Di notte il cielo è
un libro sempre aperto,
a cui ognuno di noi,
in ogni momento,
può far riferimento.

Nella notte camminando,
tante cose sto imparando,
mai lette prima d’ora
in nessun libro della scuola.

Camminando nella notte
ho imparato finalmente
ad alzare gli occhi al cielo,
a parlare con me stesso
e a rispondere sincero
ad ogni mio pensiero.

Sulle pagine del cielo
è sempre accesa una lampadina;
è la luna che, a te vicina,
ti aiuta a decifrare
tutto quello che è nascosto,
da troppo tempo nel tuo cuore.

Ed ancor più in lontananza,
ad anni luce di distanza,
miliardi son le stelle,
che ti sussurrano ogni minuto
mille parole di speranza.

Camminando nella notte,
ad un certo punto,
tu hai la sensazione
di essere immortale;
la tua anima ti dice:
«un giorno volerò per sempre
lassù, dove c’è tanta luce».

Così, camminando nella notte
non hai più paura di niente,
nemmeno di morire, perchè
il Dio che senti dentro di te,
è anche lassù che ti aspetta.


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