Opere di

Alberico Lombardi


ALBORE DA LUNA NASCENTE

Crepuscolo del mattino, luna crescente tu falce argentata,
che t’apri al mondo bieco, fredda talvolta inganni,
senza curar l’affanno che ai cuori dai, improvvida creatura.
Seppur brillante, senza calore appari, sento salire ardore,
empio desio carnale forte m’assale, palpiti balzanti al cuore,
sacrilego slancio morir, lento tuo apparir mostri infingardo.
Ma quando luce riflessa s’adagia sopra il mare,
sua immagine fluente cerco stravolto nella sinuosa onda,
tanto fugace e chiara visione tua, m’appari viva e mordace.
Avida all’apparir, cruenta t’appresti al dominar passione,
sfuggi tra nuvole striate, di vento ad abbagliar veduta,
rifuggi e strappi l’onda che perigliosa copre e dissolve.
Ramingo son deluso ché sol d’amor, anonimo miraggio.


AMORE MIO SOGNANTE

…dove sei?
senza il tuo profumo,
mi perderò tra l’onde e l’orizzonte,
oltre l’immaginario.
Lontano è il richiamo dei gabbiani,
mentre un rosso sole fluttuante,
tra purpureo cielo e bluastro mare,
sta scemando il suo girovagare.
Ma dimmi… dove sei?
un soffio caldo da ponente,
sembra alitare amore,
agita mare e cuore.
Profumi infusi nell’aere,
invadono i miei sensi,
al trasalir mi perdo sognante,
nel mare, culla del nostro amore.
Ma il vento muta d’assalto,
cambian d’umore l’onde,
alla deriva d’un mare sibillino,
non sono più nel sogno,
quale fuscello, come nel mio destino.


AMICI PER SEMPRE

Anni piegato al sole del porto infame.
il ferro scottava le mani tue callose,
curva la schiena mai doma ai raggi,
muscoli scavati tra membra dolenti.

Tra polvere e sabbia caliente
gli occhi tuoi neri bucavano l’ombre
cercando una frescura invano,
trovasti me, sicuro amico.

Il mare, il vento, il caldo, gli amici
a rincorrere l’ultimo pesce
fragrante pane e rossi pomidori,
tra risate a ingurgitar cantando.

Caro amico, com’eravam felici,
assieme era la nostra gioia,
null’altro, ma il tempo s‘é involato,
sperdendo i nostri sogni sulla sabbia.

Or tu sei tra mare monti e cielo,
libero da lacci del malanno,
ai nostri cuori seppur lontano,
volteggi tra di noi, che ti sentiamo.

dedicata ad un caro amico, mai troppo lontano.


CHI SEI?

Nei miei pensieri corri come mula impazzita.
Scalci le pareti della mia memoria.
Scuoti i miei sogni ribaltandone il senso.
Scendi nelle mie oppresse vene.
Amniotica e sensuale linfa a ridar vigore.
Passeggi tra cuore e cervello pulsanti.
Segni le vie più impervie e polverose
della mia anima senza ritorno alcuno.
La tua forza trasmigri sui muscoli inermi.
Dai energia vitale alla mie braccia,
trascinando il tuo corpo sinuoso e palpitante
là, dove scontro tra amore e follia, tingono
di brace il nostro folle, impossibile sogno d’amore.


DALLA FOCE DEL TRONTO

Alla sentina lo sguardo si perde trasmigrando
di onda in onda verso l’infinito amore,
che delimita e separa il presente greve e stanco
dal futuro fulgente, incerto e mai domo.
Mentre le onde battono la spiaggia
tumida e mai doma a frantumar carcasse
vomitate da una terra umiliata e affranta,
rifuggo in te o mare, senza ritegno alcuno,
tra le tue braccia a soffocar d’amore
e rilasciar rimpianti e sogni andati.


DOPO UN ACQUAZZONE

Dalla tempesta, fa capolino il sole;
vedo il tuo dolce viso tremolante,
sul filo dello specchio d’acqua piovana.


LACRIME

Raccolgo le tue lacrime di gioia,
con le mie dita tremanti!
In ogni goccia cerco l’essenza, là,
dove rintocca il cuore.


PUZZLE

L’amore quale pulsar celestiale della terra,
fa parte del disegno primordiale,
l’uomo, la donna ed un soffio, quello di Dio,
irreversibili tessere d’amore.


SINDONE

Tu o Signore, ch’hai dipinto del tuo sangue,
la tela sostenuta da lacrime e sudore,
hai dato un senso ad ogni singola vita.


FARFALLA D’ESTATE

Estate senza sole invero non esulto,
come pallore incredulo orizzonte,
tu m’ispiri tenerezza d’eco lontana,
o farfallina tremula al tramonto,
senza di te sole lontano, il mare attende invano.
All’improvviso appari fragile, in volto tu felice,
danzante ti inneggi radiosa ballerina,
solcando musica tra coppie un po’ frullate,
e giri a rigirar te stessa fino a volar sul mare.
Come danzatrice solitaria in sol maggiore,
arpeggi incauta tra mille sguardi, brami follia,
leggiadra, eterea e di color mutante all’aere,
tanto t’involi tra il danzar de l’onde,
come farfalla aleggi sulle tue punte scalze.
Sai disegnar, tra l’eco della musica e il palpitar del core,
tracce indelebili di trasparente soffice armonia,
mai tu lontana ad ogni sguardo e amore.


FUGGIR DAL CUORE

Fuggir dal cuore, impossibile l’amore,
tu fulgida bellezza, d’impronta più che dura,
dei sogni tuoi o realtà fugaci, senza timore,
spazzi gaudio e speranze, giù dall’altura.
Se vera tua passione scorre di linfa al cuore,
nulla potrà fermare l’ardore dei tuoi baci,
a ricercar, fatiche su doveri, un che d’amore,
di vero amore, se non sogni voraci.
Non lasciar di tua bellezza lento sfiorir al fato,
cara fanciulla, sapiente mamma, moglie sognante,
cogli le rose che tuo destino, seppur sudato,
lancia giù da rupe, al risalir tuo amante.
Figlia del sole, sorella della luna, ascolta,
ciò che fa eco dall’irruento mare in cuor lontano,
artiglia la tua mente d’altro distolta,
e vieni via con me, su spiaggia viva, mano nella mano.
Tu sole dorato, d’argento luna piena, mie dee fuggenti,
porgete cuore suo, d’amor reso invisibile,
su onde, relitti o su tappeti, in favole vincenti,
senza rapir ché d’angeli, l’atteso umano scibile.


IL DOLORE

Un peso insopportabile
credevo di averlo già provato, trito e ritrito,
da renderlo evanescente nel tempo.
Ma inesorabile ora ha preteso un conto più salato,
che tutto ingoia quale spirale perversa negli abissi più scuri
ed impenetrabili della mia anima.
A metabolizzarlo non basterà solo il lento
passaggio nel tempo.
Speravo di averlo sepolto sotto i bulbi dei miei capelli grigi,
di averlo sminuzzato sotto il cuoio macilento
delle mie stanche scarpe,
e credi che il peggio sia passato.
Cerco di sopravvivere fingendo d’esser felice,
oltre la stessa morte, ma non sarà così.
Il dolore più grande ha colpito inesorabile
ed è penetrato silente come serpe,
acuto come sottilissimo pugnale,
sfuggendo tra le costole sino ad aprirmi il cuore
o come fulmineo gancio di pugile al fianco inerme,
fino a crollare senza conta alcuna.
Un dolore innominabile, perfido e senza appello,
contro un futuro prevedibilmente anonimo, fugace, triste,
senza speranza alcuna.


Il NATALE ANTICO DEI LONTANI ANNI CINQUANTA

In quel di Cupello e di Mafalda,
borghi di montano aere abruzzese,
tu, bambino Gesù infreddolito,
quasi impagliato al caldo soffio
del bue e l’asinello,
gemendo, ci salvavi dall’affanno.
La neve superava i tetti al colmo,
i nostri occhietti lucidi al fumante camino,
frugando dietro vetri piangenti,
quasi a toccar con dita gonfie da geloni,
passerotti infreddoliti e stanchi,
facili prede alla tagliola infame.
Le canne in alto cinte da rosse salsicce
appese, nello stanzone affumicato,
sembravano censir la fame
alle ingorde fauci del nulla al desco.
Tu piccolo Bimbo del Creato, da solo,
ci sfamavi del tuo amore immenso
rallegrando il mondo col tuo dolce pianto.


IL RUMORE DELLE FOGLIE

L’autunno appena sorto, annuncia messaggi al cuore,
le foglie, fruscianti al vento, felici del volteggiar nell’aere,
un po’ ingiallite e di color cangianti, son cariche di sole,
insieme fan festa, intente a rallegrar dolce cadere.
Son piene dell’amore, nei giorni sia di canto che dolore,
per noi umani, ingrati alla natura, seppur figli di stelle.
Infin si addensano per terra, al turbinio del vento,
ultima foglia a cedere, tu sola soletta par gemiti alitare,
senza rumore alcuno, infin ti lasci andare.
Tu sei la foglia mia, la preferita,
per me stella polare tornando a casa la sera,
mutante ad ogni tempo nei colori,
ora verde, a tratti giallastra, ora rosata oppur d’oro vestita.
Felice ti giostravi tra le altre,
invidiose sol che di tua bellezza,
il vento ti scuoteva, gagliarda resistevi al suo furore,
l’autunno ti ha cercata, protetta, infin baciata.
Ora sei nel mio libro preferito, silenziosa,
per sempre solo mia,
docile e fragile, solo com’è nei sogni.


L’INGANNO DELLE LUNE

Oltre che razionale dubbio, poté l’inganno,
sì, di me stesso, senza ragione alcuna,
ma l’illusione ansante, creò solo che danno,
al core mio oltre che al suo, o dolceamara luna.
I sogni nelle notti di nascente luna, falce corano,
spronavano lo spirto al grande amore,
e lei dolce mia musa, cercando la mia mano,
alimentando ansia, dava speranza in core.
I sogni nelle notti di calante luna, curva a levante
scemarono calore e di ardimento la passione,
sicché musa vincente, qual fosse cruna pensante,
rese del suo silenzio, sottile la tenzone.
I sogni nelle notti, quando la luna assente, appare nera,
azzera le speranze, certa solo la pena,
frustrato era mio cuore, né lei più tanto fiera,
fece dei sogni miei, trofeo, sparendo nella piena.


LA RABBIA

Stringere le dita a pugni
per liberar la rabbia,
stirando braccia al cielo
ad imprecare invano,
aiuto al proprio dio.
Il fuoco cieco del nemico
spariglia i loro cuori
sparuti, dal terrore della morte,
lasciando lagrime e sangue,
sciolti a seccar nel fango.
Chi piange un figlio andato,
chi cerca un bimbo sperso,
la guerra non perdona
né vincitori o vinti,
ma lascia solo lutti e cuori……infranti.
Futuro? Speranza?
L’eco sperde le nostre grida
ed il dolore si scioglie nella speranza.


LA VITA IN UNA BOTTIGLIETTA

MI manca il mare, seppur lineare all’orizzonte,
mai domo e sempre pronto al cangiar d’umore.
La sua coperta distesa, al variar dei colori,
or verdastra, al mutar dell’aere e dei venti,
dolce di zefiro aroma o di impetuoso maestrale,
or celeste, ai riflessi del sole ridente,
tra nuvole fugaci, all’apparir e alla scomparsa,
or giallastra, al volgere dell’insistente onda,
improvvisa al divenir, ma spumeggiante al morire,
sulla rena, pronta alla resa del suo pallore inerte.
Nel mio spirito in pena, entra spavaldo il suo flusso salino,
pregno di rugiada salmastra che ossigena l’anima,
irruente pulsar di vene in cuor riprende forza,
dando ai ricordi nuova linfa al quotidiano nulla,
inesorabilmente alle spalle e senza storia alcuna,
se non dell’appassire di membra contro
l’impenetrabile futuro di un avvenir segnato.
Mari e cieli solcano il cammino della vita,
senza ritorno alcuno, se non ricordo fugace di parole
lasciate scritte su un insignificante pezzo di carta,
ingiallito dal tempo, in una bottiglietta, in balia dell’immenso mare,
…dove tutto ha inizio e mai fine……


DOVE IL MARE LUCCICA

Là, dove il mare luccica, lascia il tuo cuore,
da fluorescenti immagini, del mare di Sentina,
tra sole e vento, ad incontrare l’onde mai dome,
tal come battiti di ciglia, fan trastullare il cuore.
E tu, sogno di donna mai vissuta, vagheggi amore,
invano tra le soglie chiuse d’un mare solitario,
tra dune sabbiose, fiori assetati ed onde maliziose,
affranchi l’orizzonte, tiepida al sole, mai sì vicina.
Restio, tuo misterioso mare, apre suo scrigno al core,
dalle secrete vie di sua profonda essenza,
porge suoi profumati veli, di fresco zefiro salmastro,
dentro i tuoi sogni, che possa tu sugellar, dolce calore.
Là dove il mar sprofonda negli abissi, l’alto nascente sole,
aurora dopo albeggiar t’allieta, di un’argentato mare,
la sabbia di Sentina, sembra dar forza all’onda che ribatte,
tal che dorata musica che s’apre, sei lì a passeggiar silente,
quale gabbiano a veleggiar, padrona contro l’onda ruggente.


MARE D’INVERNO

Forza inesauribile, pregna di energia solare
riportami lontano, là dove sorge l’alba della vita,
montando l’asprezza dei tuoi flutti rossastri,
tumidi di brezza marina e di argentea salsedine,
i miei occhi, seppur velati, leggono il tuo pianto antico.
Invoco la tua fulgida luce, o mare impietoso,
che da millenni solca le tue rotte impervie,
senza speranza alcuna
di un improbabile e folle primavera d’amore.
Vento, sospingi oltre le onde impetuose
la voce fioca del mio spirito inerte,
tergi i miei occhi umidi di rugiada salmastra,
trascinami al di là delle fosche nubi, verso l’infinito,
ch’io possa liberar l’affanno.


PIANO PIANO

Ci stiamo allontanando, piano piano,
col sole al suo orizzonte, rosso di fuoco,
ed alle spalle dolce la luna, pronta a salire.
Che strano, queste son cose che ormai ben conosciamo,
il sorgere del sole oppure suo tramontare,
non ci facciamo più caso, così ci trasciniamo.
Certo tant’anni ormai passati, ché paion tutti uguali,
facendo come gli astri, sempre le stesse ellissi,
gioie ed affanni, ad ogni sua stagione, fuggono gli anni.
Mi viene in mente così, la verità celeste,
quella che ci fa figli tutti d’unico Dio,
incerto baluardo di noi, piccoli ceri.
Ci stiamo avvicinando, piano piano,
col sole bianco albeggiante, la luna rossa a scemare,
e l’infinito nulla, lì sparso pei cieli,
sol piccolo pertugio per entrare.


PIÙ CHE IL PENSIERO

Più che il pensiero può solo il cuore.
La gioventù ormai lontana, torna tutt’ora a mente,
tanto bagliore,
potenza dell’amore, tanta passione e fremiti,
che dello spreco ad ore, anni profusi tra sogni
e realtà incombenti, senza timore alcuno,
seppur l’ignoto incontro agogno.
E tu dov’eri dolce fanciulla, senza nome alcuno,
mentre frugavo nella mente mia,
ché di tua immagine soffusa, tra i sogni tanta speranza,
troppe rinunce, assai dolenti al core.
Mille anni son trascorsi ormai, sicché t’affacci,
da mio desio attratta,
quale pulzella ansante, fremente di solo amor verace.
Di contro nostri alterni mesti destini,
fanno platonico l’amore,
donando dolci approcci unico pensiero,
da virtuosi inganni,
che a tal desio tutto s’avvera, sol che tu voglia.
Stringimi a te, immagine di vento, sicché a sparir sei lesta,
strana e crudele a ricomporti, quale materia inerte,
con il cuore tuo frusciante, esposta ad altro evento.
Non al mio cuore riponi tua versione,
ma solo al piacere di mio scrivere dell’animo, l’avvento.
Così s’insinua desiderio oscuro,
che trae dall’immenso aere solo lamento,
da cui si desta amaro, tal che disperder tuo,
sola eco lontana.


PRIMAVERA DELLA VITA

Ricordi ci affollano la mente, dolce mia Mela,
di anni passati a correre, lesti come a finire,
tante le primavere di nostri sogni leggiadri,
tra gioie, dolori, affanni e tanto amore.
Viale di primavera intenso a rifiorire,
Infusi colori d’un rosa selvatico pruno gentile,
come di sposa, intensi profumi misti a passione,
propaghi tu nell’aere, a tramortire sensi ed eccitare cuori.
Viale rosato, profuso a sol destino avverso,
di noi innamorati prende a tal punto il cuore,
che ad ogni anno trascorso, inventa nuova speranza,
del viver costante primavera, come d’eterno amore.


SERATA CHE D’AMORE S’APRE AL MARE

Serata che d’amore s’apre sul mare, immaginando te
impavida valchiria sopra quell’onda,
di contro il sole, antico suo incedere,
mi guida all’orizzonte suo declinante ardore.
Tu, che al sogno mio spesso soggiaci,
gemi al cader dell’onda ormai disciolta,
da eco tua, silenzio languido avvolge,
pudìca nell’amore ma rossa d’impeto fuoco,
sembri esitare.
Sì come il mar che ad ogni sera inghiotta
il sole all’orizzonte,
speranza ancor mai doma sopravvive,
quale respiro oppresso da apnea silente.
Tu dolce chimera lasciati andare al tuo poeta,
che da natura trae vigore, eterno sognatore.
Provvida nuvola insieme a vento audace,
cantico di misterioso mare con scia iperbolica del sole,
complicità di luna e stelle, a rinsaldar passione
e linfa per mio cuore….


SIRENA O PENELOPE

Dolce visione appari, tra sole scogli e mare,
pulsano vene e cuore, mistero tu rimani distratta icona,
lasciati andare, ostinato sogno d’illuso amore.
Ammaliante cavalchi l’onde, come sirene
tenti le corde d’Ulisse,
straziante al palo contro canto angelico e ingannevole,
tal sofferenza mia, nel tunnel di spirale perversa, invade.
Tempesta senza fine, ineffabile suggestione,
e d’amore ignavia, tenue resistenza opponi invano,
usuale vita impregna sentimenti travaglio e tempo.
Sirena eterna, pungente ma sinuosa chè d’illusion vestita,
contro Penelope tra l’apparire e l’essere,
sogno eterno a divenire greve, contro speranza certa….
Dimmi tu cosa.


SOGNO O REALTÀ?

Tra sole e mare noi soli,
inebriati da salsedine marina,
in cerca dell’onda peregrina,
a tentar improbabili voli.
Un’onda dopo l’altra, ancora,
vedo la più schiumosa,
che bianca come velo pare di sposa,
m’appresto a superar, or ora.
Tra i flutti ti sporgi aitante,
le braccia incontro al cielo,
avvolta nel tuo vergineo velo,
tentare un guizzo speri vincente.
Dal cielo tesa la mano ansiosa,
assale l’onda di piena,
arcuata sui flutti, la tua schiena
sorge dall’acque, imperiosa.
Dal sogno ci destiamo felici,
sotto il sole cocente,
il mare agli orecchi, furente,
la sabbia ciottolosa e bollente,
ci frigge come alici.


SOLI, IL MARE E TU
Tra ciottoli salmastri e flutti spumosi iodio m’assale.
Verecondi sensazioni mi spingono oltre l’onda
cercando te diletta dea, già più sospinta al largo.
Ansante tra l’onda tersa cerchi sicuro approdo,
ancor lontano il guardo allungo oltre il rumor del vento.
Odo il richiamo di tua voce altalenante e fioca,
braccia a mulino, teso a tagliar fronte d’onda imperiosa.
Ti cerco lanciando voce strozzata in aere, ormai dispero,
che aita tuo da soffocante amore, forse ho sognato.
Tu sola in questo impervio mare, appari irreale,
al mio destar d’insonne letto, soggiaci.
Dormi fanciulla nel mio ingannevole sogno bramato,
ch’io solo, da scuri flutti avvolto, fondo dal mar risalgo,
di te, mia dolce sirena sempre più innamorato.


SOLO

Solo col mio destino, nei ricordi nel passato,
cerco tra luci ed ombre, cosa veramente sono stato.
I primi anni di vita, nel gelo di montagna, lo sa solo Dio,
coma infantile superato, col corpo inerme quasi all’addio.
Il mare mi salvò, calde le primavere, inverni mai mordaci,
salsedine s’impossessò di me,
tanti i desii coi sogni ancor veraci.
Gioventù e follie d’estate ancor lontani da realtà incombente,
baci e carezze rubati a piccole donne, mio cuor fremente.
Men che a vent’anni, l’adolescenza mi lasciò d’incanto,
ancor da solo, col mio destino accanto.
Dolci le tante Lune e tu Sole nascente col Mare mio fatato,
solo ricordi scritti su pietra di mio antico passato.
Ora che mia vita volge suo natural declino,
appenderò il mio cuore al chiodo sol di fatal destino,
di un grande amore forse in sogno agognato,
là sulla riva del mar o forse che mai nato.


STUPENDA BOLLA DI SAPONE

Sballotta tra le nuvole dei miei pensieri,
con palpiti da cuor deluso.
Or s’alza spinta da venti verso infinito nulla,
dove tutto è tanto o niente.
Or s’abbassa come giù spinta da improvviso vuoto,
verso abissi oscuri.
Or balzella come onda su onda,
quasi a rincorrersi su mar spumoso e bianco.
Or cade tra foglie d’alberi verdi,
forse a sperar passaggio ad altre mete ignude.
Infine te la vedi quasi d’accanto,
ora o mai più l’afferri, invano.
Folle l’idea d’amore, venuta così quasi dal nulla,
gonfia sol d’aria pura, qual bolla di sapone, ignara.



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