Il giraluna

di

Amilcare Stocchetti


Amilcare Stocchetti - Il giraluna
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
12x17 - pp. 156 - Euro 11,50
ISBN 978-88-6587-0242

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Illustrazioni di Rossana Giliberti

Rossana Giliberti, nata a Taranto il 26/03/1973, laureatasi presso l’Accademia di Belle Arti di Bari (pittura), specializzazione presso l’Accademia Belle Arti “Brera” di Milano, vive e insegna materie artistiche a Brescia.


PREFAZIONE

“Trotaze”, l’opera prima di Amilcare e Marco Stocchetti, è ancora fresca di stampa che già vede la luce, a distanza di un anno, “Il giraluna”, altro stravagante quanto paradigmatico titolo, desunto dalla toccante storiella del girasole Enrico che abbandona il sole per seguire la luna trasformandosi, appunto, in giraluna.
Questo secondo lavoro, che del primo è speculare e seguito, ne continua il genere, ne dilata i contenuti e ulteriormente prosciuga la lingua raggiungendo una densa e rarefatta concisione espressiva.
Ci troviamo così di fronte ad un’unica medaglia letteraria, coniata nelle sue due facce d’opera, scandite secondo gli stessi ritmi compositivi e persino strutturali, decantati lungo le note sezioni ed i medesimi capitoli. Al loro interno, il folto corteo di racconti brevi per lo più umoristici ripropone un tipo di testo in cui la fantasia, scavalcando spesso la realtà e sovvertendo la logica dei fatti, diviene fonte vivace e generosa di sorriso, sia pur talvolta amaro.
E insieme ritornano gli ingredienti tipici di questo modus narrandi, tra cui l’ironia, l’assurdo ed il caratteristico e incisivo finale a sorpresa, a cui si aggiunge una nuova vena malinconica davanti alla perduta saggezza ed alla dilagante stupidità che connotano questo nostro complesso e variegato tempo. È il caso di alcuni testi, non necessariamente umoristici, spiritosi però e dissacranti, originali e brillanti d’intelletto, come sanno esserlo soltanto gli aneddoti epigrammatici, trisi di italicum acetum, che segano la tradizione letteraria dello stivale da Marziale fino a Montale: eccoli infatti gettare una sorprendente luce sui vari e riposti aspetti della vita e fornirci così la straordinaria opportunità di meglio valutare la stanca e avida umanità di sempre.
A definitiva conferma di tale novità l’opera si chiude non a caso con una singolare sezione, quasi una sorta di sintetica e chiarificatrice appendice, in cui il genere sfinisce nell’aforisma, nella sorridente critica o nella provocatoria battuta, nella “stoccata” appunto verso qualcosa o qualcuno. E così ci troviamo, a fine d’opera e nuovamente, davanti a magistrali colpi di fioretto, lampi di genialità linguistica e motti di spirito che riescono sempre e puntualmente a stupire, a divertire e talora finanche a indignarci.

Giovanni Professor Portesi


Il giraluna

Per sorridere


Gli oggetti e le loro disavventure

1

Era da tanto tempo che i magnifici sette non si ritrovavano per una rimpatriata. Così il più generoso, soprannominato Do, fece squillare il telefono del capo, chiamato Re. Contattò poi l’eccentrico Mi, lo stakanovista Fa, l’eremita Sol e l’ubbidiente Si. Ci volle un po’ per ritrovare l’ultimo, sempre in giro, mai fermo, sempre un passo in La. Alla taverna “Spartito” discussero a ritmo frenetico, passando ovviamente una melodiosa serata.

2

Sono solo ventiquattro, meno dei gatti che erano quarantaquattro, meno dei trentini che erano trentatré. Su otto non posso contare perché gli occhi non le vedono. Delle sedici due scappano affamate ed una ai servizi. Altre le lavoro, ne restano poche e svelte come Qui Quo Qua, solo tre per far ciò che mi piace… Se non capisci chi siamo, siamo un indovinello, ma, per non farti perdere un’altra di noi, ti diciamo ora che siamo le ore.

3

Tra un tiro e un altro mi sono giocato tutta la mia vita, in una squadra da venti a formare un pacchetto. Ora, fuori dalla mischia, consumo gli ultimi miei istanti tra una boccata e l’altra.
Prima ero un campione chiamato sigaretta, ora sono un brocco chiamato mozzicone.

4

In tutte le famiglie, anche nelle migliori, c’è sempre un parente povero, un parente da sacrificare prima degli altri, da usare insomma come capro espiatorio. Così nel giorno del Giudizio per gli agrumi, Arancio confabulò con Pompelmo e Limone per sfuggire alla spremuta mattutina. Limone, acido, disse: “Serve un diversivo”. Pompelmo aggiunse: “Ci vuole uno di noi da sacrificare. Lo facciamo catturare dagli uomini, così saranno sazi e ci risparmieranno. Limone, rivolto ad Arancio, disse: “Sì! Ci vuole Rino, Manda Rino!”. E fu così che il più piccolo venne sacrificato per primo.

5

Sono perfetto, nonostante i miei spigoli, simpatico per le lentiggini sulle guance, sono un tipo regolare, a me piace giocare.
Ci si vede sul campo verde e quando io do, il banco dà.
Saluti dal DADO.

6

Sono Dino, rosso di passione, la fiamma che ho in corpo arde senza paura. Guardami solo caro, perché se ti avvicini ti brucio in un istante. Se mi prendi per il verso giusto, non ti fai male:
io sono Dino, l’accendino.

7

Mi scuoti, entri e non mi saluti. A volte mi lasci alle tue spalle senza uno sguardo. Io custodisco la tua intimità, non ti chiedo mai nulla e non pretendo nulla. Talvolta mi dai un colpo persino con un piede, offendendo la mia dignità e mi tratti con dolcezza solo per rispetto verso qualcun altro. Tuttavia, ieri, per il mio decimo compleanno, hai dato un goccio d’olio alle mie giunture. Grazie! La tua porta.

8

Sono indispensabile nella vita degli uomini. Non c’è grande opera che non richieda la mia presenza, pur sobria. Sono così schivo e riservato che di me non si vede nulla, ma il mio valore cresce col tempo, tanto da essere considerato un bene sicuro, nonostante il mio nome non ispiri fiducia e non mi renda il giusto onore. Firmato il Mat…Tone


La Natura e suoi abitanti


1

Un giorno Carlo il bruco vide un grande e robusto melo e, tra i rami più bassi, una bella mela. Pensò che non ci potesse essere abitazione migliore di quella mela, visto che era facilmente raggiungibile e nascosta da rami carichi di foglie. Così Carlo, passo dopo passo, raggiunse la mela e ne prese possesso. Dopo alcuni giorni di sereno soggiorno, Carlo ricevette la visita di due angeli che gli comunicarono che, per ordini superiori, doveva traslocare in un’altra mela, qualche ramo più su, per consentire una “prova”, una verifica di lealtà. Allora, Carlo, pur a malincuore, traslocò e si stabilì nella nuova mela. Come spesso capita a chi cambia ambiente, non riusciva ad addormentarsi, così cominciò a contemplare il cielo stellato, poi le piante attorno, finché il suo sguardo si posò inevitabilmente sulla sua prima mela, quando all’improvviso vide un essere, chiamato donna, prendere e morsicare la sua vecchia casa, la sua adorata mela. Di fronte a tale vista, esclamò: “Se fossi rimasto nella mia mela, l’avrei difesa con tutte le mie forze! Peccato!”. Eh sì, proprio il primo.


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