Aria
Il faro
In capo al mondo
sto,
immerso nell’inconscio
a ruotare
senza volere
luce da emanare,
senza aspettare
navi ad attraversare,
senza credere
nei quarti di luna.
Seduto
non sogno
ma aspetto,
e il giorno
prima o poi
si farà applaudire
dalle mani chiare
e dalle ciglia nere,
dai quattro venti
e dai miei sentimenti
che appesi ad un filo
vedo
e non so dove portare,
finchè la notte
rimane così fredda.
Assesterò
un pugno
al centro
delle mie
superbe incertezze,
ed io
o loro
usciremo
ancora vivi.
31 OTTOBRE
Il pomeriggio
si specchia
in un lago opaco di luce,
disseminato
di foglie variopinte
gettate
come carte da gioco
dal vento mazziere.
È già l’ora
delle lampade,
i cinguettii
risuonano strani
e inattesi,
un tenue tappeto
di violini
rischiara
e accompagna
lo spirito.
In lontananza
il silenzio.
LA SALITA
Nella mente percorro
la lunga teoria di tornanti,
il vento a sferzare il viso,
qualche volta la pioggia
a sciacquare il parabrezza,
e l’arrivo come un’ossessione,
per ammirare in un momento
tutte le ragioni del viaggio
nel sorriso di una donna.
OASI
Amo
camminare
nel parco deserto
dei pungenti pomeriggi autunnali,
avvolto più
nelle pagine di un libro
che nel mio cappotto,
rimandando
di momento in momento
il risveglio
e il ritorno.
DIARIO DI UN PAZZO
Esiste un limite
oltre il quale
l’amore diventa follia.
Il tempo trascorso
lontano dai suoi occhi
è un’inutile agonia,
un assurdo spreco.
Il giorno più radioso
vale quanto
la notte più buia,
i suoni, le voci del mondo
formano un coro distante,
attutito.
Nessuno può comprendere,
nessuno è così poco saggio,
sciocco, ingenuo.
Ma non importa.
Non importa.
E sospeso fra
un tramonto
ed un’altra aurora
non chiedo
al destino
se non l’occasione
di incontrare
il suo sguardo,
ancora e sempre.
Come un falco
in rapidissima picchiata
arriva a sovrastarmi
l’incertezza,
compagna fedele
delle menti accese
e malinconiche.
Furioso
contro questa vita
complicata e feroce
consumo
immobile
folate
di energia corrosiva,
sprigionata
dalle trappole
del caso.
Mi chiedo
se possa aver fine
di fronte all’amore
l’assurda
finale
incomprensione
degli esseri umani.
UNA VACANZA
I pachidermi
in fila indiana
calpestano omelettes
e panna montata
su sentieri tracciati
con matite spezzate
e linee di sangue bruno.
Le farfalle della sera
si arrampicano distratte
sui grattacieli di vetro
della città abbandonata,
o si gettano
nelle bianche mongolfiere
che solcano il cielo grigiazzurro.
Le automobili
senza freni inibitori
scendono in retromarcia
tra giardini e labirinti
di un paese favoloso
e folle,
come la mia mente
e la mia vita,
almeno mi auguro.
Una morbida, sorniona,
indolente serata
trascorsa
da una brezza
fresca e promettente
si scioglie e scorre
tra le pareti immobili
e gelose
dei monti verdi sdraiati.
Lievi profumi
e luci leggere
rasserenano
i pavimenti e i cuori,
gli uomini e le case
allo stesso modo.
Sulla soglia sottile
a separare
l’estate e l’inverno
si aggira
una sagoma bruna
affascinante ed ombrosa
che sempre
mi lascia a bocca aperta,
che sa accarezzare
o mollare ceffoni
come nessun’altra,
che si avvicina e si allontana
mille volte al giorno,
che mi farà morire
con un sorriso.
ACQUA
GOCCE
La pioggia scroscia
e batte
sull’asfalto,
scivola e scorre,
rotola,
ingombra la notte
col suo fruscio,
sibila e si gonfia,
ticchetta, riempie,
si fa ascoltare,
monotona cantilena
fredda
più del silenzio.
Pensierosi
non si può che stare
sul ciglio
della notte
ad aspettare sogni
per potersi
asciugare.