L’ANNO NUOVO DEL SIG. BACHINI
Il sig. Bachini era un uomo ordinato, meticoloso, ineccepibile. Nessuno poteva vantare di averlo mai visto con il nodo alla cravatta meno che perfetto, con le scarpe meno che splendenti, con un solo capello fuori posto, ogni mattina al lavoro, ogni sera in famiglia, ogni domenica in chiesa, ogni estate in montagna.
Viveva in una modesta ma linda casetta in periferia, tra molte altre abitazioni simili, immerse in un verde rasserenante e salutare. Teneva con cura la propria automobile, non mancava di lavarla ogni sabato pomeriggio. Era solito trascorrere le serate in salotto leggendo i giornali, curando la sua notevole collezione di conchiglie, scambiando di tanto in tanto due parole con Marisa, la moglie solerte e devota.
Un giorno però Marisa si sentì male, fu colta da un preoccupante dolore che si acuì nelle giornate successive, soffriva molto e peggiorava rapidamente. Le esperte mani di un illustre specialista amico di famiglia non poterono impedire alla povera donna di lasciare questo mondo una sera d’autunno, dopo diverse strazianti ore di agonia.
Il sig. Bachini sembrò sopportare con grande dignità e forza il tremendo colpo subito, e dava segno di accettare il suo malinconico destino di solitudine (la coppia non aveva avuto figli) con rassegnazione.
Passarono alcuni mesi, i pochi amici credevano che avesse superato lo choc per la perdita della sua adorata, poiché lo vedevano condurre la sua solita vita con il consueto rigore; il tempo guarisce tutte le ferite, anche le più profonde, ripetevano, prova ne era il sig. Bachini.
Trascorsero tre primavere senza particolari sussulti, finché, avvicinandosi il Natale, il sig. Bachini fece sapere ad amici e conoscenti di aver intenzione di ritirarsi dal lavoro e cambiare casa. Nessuno si preoccupò più di tanto, dal momento che la sua età gli permetteva di andare in pensione, inoltre pensarono che gli avrebbe fatto bene cambiare ambiente, allontanarsi dalla dimora nella quale era vissuto con la povera moglie, così lo incoraggiarono a seguire i propri desideri.
Fece domanda di pensionamento, passò giorni interi a buttare scatole, ricordi e cianfrusaglie di vario genere, accumulate nella vecchia casa, quindi fece le valigie, salutò con la solita compostezza i vicini di casa, infine il giorno di San Silvestro se ne andò con i suoi pochi bagagli.
Raggiunse la stazione, depositò i suoi averi, salì sul primo treno per il mare con una piccola valigia sotto braccio, viaggiò silenzioso e riflessivo e giunse a destinazione, sulla riviera ligure, al tramonto.
Scese dal treno, prese un taxi, si fece portare ad un piccolo elegante albergo nel centro della cittadina, si rassettò nella sua camera, scese poi a cena, come sempre ben vestito e curato in ogni minimo dettaglio.
Dopo cena passeggiò per il lungomare alla luce dei lampioni, inoltrandosi pian piano lungo il molo, fino a sentire gli spruzzi salmastri sul viso, col rumore delle onde nella mente, cogli occhi fissi in un orizzonte buio e lontano.
Mentre scoccava la mezzanotte e salivano in cielo i fuochi d’artificio, si gettò in acqua.
CONVALESCENZA
Cara Matilde,
molte volte negli ultimi giorni ho preso carta e penna, senza però riuscire a scrivere nemmeno una parola, così ho rimandato e rimandato ancora. Oggi, finalmente, ho trovato il coraggio che spero non mi lasci più d’ora innanzi.
Intanto ti assicuro che la mia salute è buona, sto molto meglio, mi sento piuttosto energico, ho desiderio di riprendere le mie attività preferite, perfino quelle sportive, così almeno mi auguro. Ho tante idee per la testa, che ho avuto tempo di abbozzare durante la malattia, ed ora posso completarle, portarle alla luce. Comprenderai quale curiosità di fronte alla vita mi stia coinvolgendo, quanta voglia abbia di ricominciare da capo, riscoprire le mie facoltà, cogliere le occasioni che mi si presentano.
Naturalmente spero che anche tu stia più che bene, così pure i tuoi, che saluto sempre con affetto e grande stima. Tuo padre fuma ancora la pipa? Spero di sì, perché ne ho messo da parte una per fargliene dono quando andrò a trovarli. Tua madre è sempre laboriosa e sorridente come la ricordo? Ti prego, abbracciala da parte mia.
Appena uscito da qui tornerò nella mia casa in collina, ad occuparmi della stesura di un nuovo libro: ho tanti progetti, non ho ancora deciso quale realizzerò per primo, lascerò alla luna il compito di scegliere per me. Potrò anche riposarmi, riprendere i ritmi naturali in questa bella stagione. Non vedo l’ora di passeggiare nel mio giardino, di spalancare le finestre di casa e respirare il profumo dei fiori: da troppo tempo sono in un ambiente asettico, senza colori né suoni gradevoli, senza sentire la brezza sul viso, senza potermi affacciare a vedere le mie montagne in lontananza, tutto ciò mi manca, ma ormai è questione di minuti, lo ritroverò.
In realtà, non tutto.
In effetti, chi mi manca più di tutto il resto sei tu. Nelle scorse settimane ho avuto modo (e ne sono felice) di riflettere sulle mie passate esperienze, di valutarle, di giudicare me stesso. Ho ricostruito con pazienza le scelte fatte e le loro conseguenze, positive e negative. Il mio non è un atteggiamento esclusivamente nostalgico, o un languore passeggero. Ho voluto riconsiderare, a mente più fredda. lucidamente, i passi che mi hanno portato dove sono ora. Ebbene, non sono pentito delle mie scelte professionali: anche quando ho incontrato difficoltà, le ho superate col tempo, con tenacia, successi ed insuccessi mi sono stati ugualmente utili, non cambierei ciò che ho fatto, ti assicuro.
Qualcosa forse modificherei del mio rapporto con gli altri, specialmente negli anni passati, cercherei probabilmente di evitare alcune incomprensioni, di recuperare certi rapporti, di tenere più strette le amicizie, che ho messo talvolta a repentaglio per impulsività, per frustrazione, per stupidità. Può darsi che rimanga tempo per riparare, in ogni caso non si tratta di tragedie immani, di drammi irrimediabili, sono peccati di gioventù, di superficialità, che molti altri hanno commesso o commetteranno.
Quando penso a te, però, non so darmi pace. Sento di aver sbagliato tutto, fin dal principio, di non averti mai compresa come meritavi, di avere sprecato una grande occasione per pigrizia, per egoismo. Non ho apprezzato gli sforzi cui ti costringevi per farmi piacere, le rinunce che sapevi accettare per il mio bene, le tue mille aspirazioni e capacità che non sfruttavi pur di starmi vicina, di appoggiarmi costantemente. Hai deciso di dedicarti a me, di vivere la mia vita come puro atto d’amore, rinunciando sicuramente ad una parte della tua realizzazione, ed io non me ne sono accorto, non l’ho riconosciuto. Non ho mai arrestato la corsa in avanti, non mi sono mai fermato a considerare le tue esigenze, se non dopo le mie, ho sempre sottovalutato il tuo amore per me, la tua personalità, immerso com’ero nel mio egocentrismo.
Ora ho capito, certo, in grave ritardo, eppure voglio credere che non sia sfuggita l’ultima occasione, che ci sia uno spiraglio dal quale riaprire di nuovo un rapporto, stavolta su basi ben diverse.
L’esperienza terribile, tormentata che ho attraversato mi ha scolpito dentro, mi ha permesso di maturare; so che non commetterei più i medesimi errori, non potrei restare ancora in una torre d’avorio, sciocco e narcisista, ne sono sicuro.
Ti prego, Matilde, se non è spento del tutto quello che provavi per me, mettimi alla prova, dammi una possibilità, l’ultima: so che non la sciuperò.
Non offenderò più il tuo amor proprio, non prevaricherò più la tua volontà, dimostrerò una nuova sensibilità nei tuoi confronti, come nei confronti di tutto ciò che mi circonda.
Nulla che ti riguardi sarà più scontato per me, sarai amica, amante e compagna, consolazione e sostegno, desiderio, passione, sarai per me tutte le stagioni, i giorni di festa, i viaggi, le scoperte, le idee, le sensazioni.
Accetta di incontrarmi ancora, non lasciarmi senza di te.
Francesco