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Perché sei un essere speciale
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Angelica Rubino - Perché sei un essere speciale
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
14x20,5 - pp. 80 - Euro 8,00
ISBN 978-88-6587-3700
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In copertina: Teen couple on poppy field © AnnaPa – Fotolia.com
Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è finalista nel concorso letterario Jacques Prévert 2013
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono immaginari. Qualsiasi rassomiglianza o riferimento con persone, cose, fatti o località realmente esistenti o esistiti, è puramente casuale.
Prefazione
Angelica Rubino, presenta un “caro diario” che racconta la storia di una ragazza che affronta la vita con ottimismo e cerca sempre di trovare una visione luminosa anche nei momenti di difficoltà che si verificheranno sia all’interno della sua famiglia come nei rapporti con gli altri, fino a trovare la sua dimensione nell’avventuroso viaggio della vita.
Le pagine del suo diario, intense e profondamente genuine, accompagneranno nelle molteplici vicissitudini esistenziali, che si alterneranno in un continuo susseguirsi di eventi con una scrittura che vuole raccontare le emozioni, i sentimenti, i dissidi e le difficoltà delle relazioni senza eludere i problemi e le fratture che verranno affrontati con grande coraggio da parte della protagonista.
Lei si chiama Sibilla, capelli rossi e ricci, porta gli occhiali, è un po’ grassottella ed ha un forte senso del dovere: è una brava ragazzina che passa la maggior parte del suo tempo con le due migliori amiche, che si chiamano Sara e Nicla.
Vive con la sua famiglia in Puglia, e deve continuamente affrontare le difficoltà di un ambiente chiuso e fare i conti con le prese in giro legate al suo aspetto fisico, ma, fortunatamente, ha un rapporto stupendo con la nonna, che si chiama Sibilla come lei e, inoltre, può contare sulla sua passione per la musica ed è una fan di Max Pezzali: infine, adora Nala, la sua gatta nera.
Nel momento in cui deve iniziare la scuola superiore all’istituto alberghiero, però, cambiano molte cose nella sua vita ed entra in un nuovo mondo che la vede confrontarsi con altre ragazze “più grandi e più belle”, oltre all’acuirsi delle difficoltà economiche della sua famiglia a causa della perdita del lavoro da parte del padre che, poco tempo dopo, si allontana da casa.
Angelica Rubino riporta, con sincerità e freschezza, le relazioni sentimentali della giovane Sibilla che, dopo alterne vicende, incontrerà, proprio nella scuola che frequenta, un ragazzo che si chiama Simeone e diventeranno subito amici.
Simeone è un emo e riesce a farla sentire amata e capita: e, poco dopo averla conosciuta, cambierà il suo modo di essere per lei e tra loro nascerà un amore profondo.
La vita può regalare immensa gioia e, allo stesso tempo, può scaraventare nell’abisso, cancellando in un momento tutto ciò che credevamo di custodire nelle nostre mani e nel nostro cuore: il destino toccherà anche la vita di Sibilla che vedrà alcune situazioni familiari risolversi nel migliore dei modi ma, purtroppo, non potrà continuare ad amare il suo “angelo” Simeone.
Angelica Rubino racconta la sua storia con grande passione e coinvolgimento, riuscendo a rendere vivo e pulsante il susseguirsi degli eventi che si alternano in un continuo evolversi tra problematiche adolescenziali, le prime infatuazioni e le relazioni affettive più profonde che iniziano a far conoscere la complessa dimensione dell’amore, fino alla considerazione finale che fa scrivere “gli angeli sono semplicemente le persone che ci vogliono bene”. E lei è stata fortunata perché ha conosciuto ed amato un “angelo” che è riuscito a farla sentire una persona unica e speciale.
Massimo Barile
Perché sei un essere speciale
14 Settembre
Caro diario,
oggi io e la mia famiglia abbiamo viaggiato tutta la mattina con l’aria condizionata. A Lecce questa mattina c’erano ben trentacinque gradi, il cielo era blu, terso e perfetto. Ho visto per l’ultima volta quest’anno la nostra villa al mare, e nel suo giardino i miei zii e cugini che mi salutavano commossi. Sono forse l’unica ragazza meridionale a non avere dei parenti al Nord, ma non mi dispiace. Non sono razzista ma non cambierei la mia regione con nessuna. Chissà se la pensano così anche le mie due migliori amiche, Nicla e Sara, che sono tornate la settimana scorsa dalle vacanze a Milano e Brescia. Di solito sono i settentrionali a venire in Puglia per le vacanze, ma loro quest’anno non hanno voluto perdersi la visita delle città lombarde per nulla al mondo.
Mentre pensavo, guardavo in silenzio il panorama fuori dal finestrino: tutto era blu. Il cielo, il mare, e persino qualche abitazione. Ovunque regnava l’odore della brezza marina. Alla fine all’orizzonte ho visto spuntare delle colline verdi, e ho capito che eravamo arrivati nel nostro paesino in provincia di Taranto. Erano le due del pomeriggio e riguardo al clima, non ho notato una grande differenza. Anche qui per parecchie ore non si vede in giro nessuno per il caldo: o sei al mare o sei a casa.
Abbiamo preso le valigie e le abbiamo portate con calma al piano di sopra: una volta aperta la porta, siamo rimasti a bocca aperta… tutto l’interno era stato addobbato con striscioni e palloncini e nell’aria echeggiavano le note della classica canzone di buon compleanno. Al centro del salotto, la nonna e i miei altri zii sorridevano felici mostrandomi una grande torta al cioccolato. Mia nonna mi guardava piena di gioia, i suoi occhioni neri uguali ai miei luccicavano. Ho lasciato le valigie a terra e sono corsa ad abbracciarla:
«Grazie!» ho urlato.
«E non è finita. Guarda un po’ chi c’è» mi ha risposto lei indicando il corridoio da cui provenivano dei passi, che ho riconosciuto subito come quelli di Nicla e Sara.
Abbiamo trascorso un bellissimo pomeriggio mangiando, bevendo, cantando con il karaoke e ovviamente scartando regali. Tu sei il regalo che mi ha fatto Nicla. Appena ti ho visto fra le mie mani sono rimasta un po’ perplessa. “Che me ne faccio di un diario quando ho le mie due migliori amiche cui raccontare i miei segreti?” ma poi mi sono ricordata di quando Nicla ha detto che ha incominciato ad andare bene in italiano da quando ha incominciato a scrivere un diario. Allora l’ho ringraziata e dopo siamo uscite e siamo andate in via Roma. Quando si tratta di uscire, la stanchezza scompare. Ovviamente ci siamo dovute ritirare presto. Domani sarà il primo giorno di scuola. E non uno qualunque.
Domani incomincerò le superiori. Non sono mai stata una cima nello studio, per cui ho scelto un istituto professionale. Andrò all’alberghiero, perché mi piace cucinare. È stata mia nonna a insegnarmelo, e ne sono orgogliosa perché poche ragazze della mia età sanno farlo. Imparerò un mestiere e farò qualcosa di più divertente che tradurre delle versioni di greco e latino, come mia cugina che oramai non esce in pratica più! E chi rinuncia a uscire? Anche se in questo paesino non c’è molto e tutti continuano a dire di volersene andare, non riesco a stare un giorno rinchiusa in casa.
Comunque è giusto che ti dica qualcosa di più di me: mi chiamo Sibilla, nome che da quando ero piccola mi ha provocato ironie perché tutti mi paragonano a una strega o a un cartone animato. Come se non bastasse, ho anche i capelli ricci e rossi e sono grossa. Non uso termini gentili come robusta, sono grossa e basta! E neanche tanto alta. Ho i brufoli e gli occhiali. Forse l’unica cosa che si salva di me sono i miei occhi neri, che sono una rarità, o almeno così dice mia nonna, che si chiama Sibilla come me e con cui ho un rapporto speciale. È l’unica nonna che mi è rimasta, i genitori di mio padre sono morti quando ancora non ero nata e il padre di mia madre è morto quando avevo cinque anni. Mia nonna ha settantadue anni ma purtroppo non sta molto bene: ha dei problemi ai reni da qualche anno per cui è costretta a farsi la dialisi ultimamente ha subito un intervento grazie al quale è stata creata una fistola al braccio. La fistola è un intervento chirurgico fatto per unire una vena e un’arteria all’interno di un braccio, in modo da rendere più accessibile la vena stessa all’ago che ti devono infilare dentro, che poi sono due in realtà, uno serve a prelevare il sangue, l’altro a riportarlo in vena una volta filtrato dalla macchina.
Ovviamente puoi immaginare che il braccio di mia nonna non sia molto gradevole alla vista e che lei abbia bisogno di un bastone per camminare e spesso anche di qualcuno che la aiuti nelle faccende domestiche o a cucinare. Questo per la mia famiglia non è un problema poiché mia nonna abita nella nostra stessa casa, ma al piano di sotto. In pratica, è come se ci fossero due case in un’unica struttura, separate da delle scale. Una cosa abbastanza comune dalle mie parti!
Mia madre si chiama Stefania e fa la segretaria presso uno studio medico. Mio padre si chiama Domenico e lavora presso un’industria; ho anche un fratello di nome Giuseppe di ventiquattro anni che mi fa sempre un sacco di dispetti come quando ne aveva sedici. Ha frequentato anche lui la mia stessa scuola e ora studia giurisprudenza. Tra un po’ si dovrebbe laureare. Infine ho una gatta nera con gli occhi verdi che ho chiamato Nala, come la leonessa di Walt Disney. L’ho trovata l’anno scorso in una villa comunale e ho capito subito che era stata abbandonata. Non potevo lasciarla sola, sapendo che in giro c’è gente non tanto normale… meno male che mia madre è una grande amica degli animali, per cui non ho avuto difficoltà a prenderla con me. È pulitissima, intelligentissima e affettuosissima. È come una sorella, e solo chi ha un animale in casa come me mi può capire.
Oltre agli animali, mi piace ascoltare la musica, specie Max Pezzali, e suonare la chitarra. Come molte mie coetanee passo gran parte del mio tempo su Facebook, cui però non sono iscritta con il mio nome; lì mi chiamo Rossana Pezzali. Rossana è il nome della protagonista di un cartone animato che mi piaceva tanto da piccola. Per il cognome non credo ci sia bisogno di spiegazioni.
Non ho nulla di cui vergognarmi, ma so che se m’iscrivessi con il mio nome dovrei accettare per ipocrisia le richieste di amicizia di chi non mi va affatto di frequentare. Dico sempre: pochi ma buoni. E poi è così divertente parlare con gente che abita lontano e descriversi nei modi più disparati… oggi hai quarant’anni, domani dieci, dopodomani venticinque e così via.
Mi piace tanto uscire con Nicla e Sara, mie amiche fin dall’asilo. Loro sono bellissime, al contrario mio. Sono magre e alte ma non si danno arie e sono simpaticissime. Non vedo l’ora di iniziare con loro questa nuova avventura. La cosa più difficile è stata decidere come vestirsi. È almeno un mese che non ricevo vestiti nuovi, e non mi posso certo presentare a scuola con qualcosa di vecchio no?
Sibilla
15 Settembre
Caro diario,
oggi mi sono sentita veramente piccola. Fino a qualche mese fa facevo la terza media, ero grande. I bambini di prima media mi temevano e m’invidiavano, oggi in mezzo ai giganti di quinta superiore che si strattonavano nei corridoi, mi sentivo davvero piccola. A niente sono valsi gli espedienti per sembrare più alta, come lo chignon e il jeans stretto.
C’era anche chi arrivava con la macchina, con la moto e chi accompagnata dal ragazzo. Ne ho visto un paio accompagnate da tipi in giacca e cravatta che le hanno salutare baciandole sulla bocca. Insomma un altro mondo. Anche in classe mi sentivo incredibilmente fuori luogo. Le mie compagne hanno la mia età ma sembrano tutte più grandi. In particolare ne ho notate due che a prima vista potrebbero essere scambiate per professoresse. Hanno lunghi capelli biondo platino, lenti colorate celesti, indossano abiti firmati e hanno la stessa identica borsa di Louis Vuitton. Inutile dire che tutti i ragazzi appena le hanno viste si sono incantati. Si chiamano Debora e Sabrina, e hanno passato tutto il tempo a guardarmi e a ridere come delle stupide.
La prima professoressa ad arrivare è stata quella d’inglese, che ci ha fatto la ramanzina di rito. Ha detto che oramai siamo diventate adulte, le adulte più piccole ma pur sempre adulte, e che dovremo studiare seriamente e dare del lei ai professori. Sinceramente questa cosa di dare del lei la chiedevano anche alle medie e non l’ho mai capita. Sembra una formalità ridicola. Inoltre, al di fuori della scuola mi è capitato più volte di incontrare persone che si sono offese sentendosi dare del lei, perché era come se si sentissero dire che sono vecchie.
Stasera nutella party a casa di Sara per decidere come vestirci domani!
Per fortuna ci sono loro
Sibilla
22 Settembre
Caro diario,
La prima settimana di scuola sta andando abbastanza bene. La professoressa d’inglese è una tosta, dà un sacco di compiti. Non è un problema perché a me l’inglese è sempre piaciuto. Anche quella di tedesco lo è. Il tedesco però mi è straordinariamente difficile, credo che mi toccherà andare a un doposcuola. Ovviamente a me non va, ma secondo mia nonna è la soluzione migliore se proprio non lo capisco. Meno male che c’è lei a spronarmi, altrimenti passerei l’intera giornata su internet o fuori casa.
«Se andrai al doposcuola, starai di meno con noi» ha sbuffato Nicla ieri.
«Ma… è per me!» ho risposto.
Secondo lei è sufficiente fare qualche domanda in più alla prof, ma forse non ha notato che se lo faccio lei mi guarda come una che non capisce niente e i compagni scoppiano tutti a ridere. Beh a dire il vero inizia sempre Debora e poi la seguono tutti gli altri. La mettono tutti sul piedistallo. Per esempio il professore d’italiano, che in questa settimana non ha ancora spiegato niente, ma parla sempre di cose che non hanno nulla a che vedere con la sua materia, ci ha chiesto che musica ci piace ascoltare. Io ho risposto a gran voce: «Max Pezzali e Battiato!» e lei ha fatto una faccia disgustata gridando che avevo dei gusti orrendi. Tutti le hanno dato ragione, e me lo aspettavo, ma sono rimasta malissimo quando ho visto che Sara annuiva. Proprio lei che alle medie ascoltava sempre l’mp3 con me!
Fuori dalla scuola le ho chiesto delle spiegazioni ma lei non mi ha risposto.
La conferma che Debora è la “leader” mi è arrivata questa mattina. Era piazzata davanti al portone e ha detto:
«Voi non entrate».
«Perché?» le ho chiesto.
«Facciamo sciopero. Contro la nuova riforma» ha risposto lei.
«E di che cosa si tratta?» ho incalzato io.
«Non lo so, è solo una scusa per non andare a scuola» ha sorriso beffarda Debora. In quel momento è passata l’auto di un’insegnante e lei e Sabrina le sono andate dietro ridendo e gridando parolacce. Se fossi stata la prof, sarei uscita dall’auto furiosa, non so perché lei non l’abbia fatto.
A quel punto ho iniziato a farlo anch’io. Sì, lo so che non è giusto ma mi ha fatto sentire davvero importante. Alle medie una cosa del genere me la sognavo!
Una volta concordato che nessuno sarebbe entrato a scuola, e che chi l’avesse fatto avrebbe avuto guai seri, siamo andate in giro per il corso. Siamo passate davanti a una videoteca e ho notato un film che mi piaceva.
«Lo scarichiamo da internet, non è necessario spendere soldi» ha detto Sara strizzando l’occhio. A me questa cosa di scaricare film non piace tanto. Potrà essere buono per noi, ma per chi ha una videoteca è un dramma e sinceramente mi dispiace. Ho dovuto acconsentire però, perché anche Nicla era d’accordo. Poi Nicla ha proposto di scaricare anche un film porno.
«Potremmo imparare qualcosa di utile. Non siete curiose?»
«Certo» ha risposto Sara, che da qualche mese è fidanzata con un ragazzo di fuori paese che però non vede quasi mai.
«Mm devi raccontarci qualcosa?» ho riso io, e lei è diventata tutta rossa.
Domani sera ci incontreremo per vederlo a casa di Sara, perché i suoi genitori hanno il turno, sono infermieri e quindi non ci sono. Ovviamente ordineremo delle pizze.
Ultimamente ceno spesso con loro perché non voglio farlo a casa. I miei genitori si tengono il broncio da diversi giorni e non vogliono dirmi il perché. La cosa assurda è che non vogliono parlare nemmeno con me. Ieri ho chiesto a Stefania di mandarmi a prendere ripetizioni da qualcuno, e non mi ha risposto. Valli a capire i grandi…
Sibilla
Caro diario,
Sono sconvolta. Sono tornata circa un’ora fa da casa di Sara, il film è stato orrendo, stavo quasi per vomitare. Era crudo e freddo, ma non è per questo che piango.
Quando sono tornata a casa Stefania e Domenico mi aspettavano sul divano con un’aria severa.
«Ti dobbiamo parlare» ha detto Stefania.
«Ho fatto qualcosa?» ho domandato agitata.
«Tu non hai fatto niente. Siediti».
Mi sono seduta e ho iniziato ad accarezzare Nala che mi era saltata in braccio.
«Sibilla, non potrai andare a nessun doposcuola. E neanche a scuola di musica».
Ho avuto un colpo al cuore, perché la scuola di musica è la mia vita. Stavo per domandare il perché ma Stefania mi ha anticipato:
«Papà ha perso il lavoro».
«Quando è successo?» ho chiesto dopo qualche secondo di silenzio. Sapevo della crisi dalla televisione, ma la vedevo come una cosa distante fino a quel momento.
«È da un po’ ormai. Non te lo abbiamo detto perché eravamo sicuri che papà avrebbe trovato presto un nuovo impiego. Ma lui non vuole…».
A quel punto Domenico è scattato in aria urlando:
«Smettila Stefania! Stai zitta!».
Non l’avevo mai sentito urlare così, per cui ho iniziato a tremare e persino Nala è scappata dalle mie braccia.
Lui si è calmato vedendo la mia reazione e si è messo in ginocchio davanti a me:
«Ho fatto di tutto per trovare un nuovo lavoro, ogni giorno andavo in un’azienda a chiedere se avevano bisogno di personale, ma mi hanno sempre detto di no. Oppure mi rispondevano “le faremo sapere”, si segnavano il numero ma il telefono taceva. Sono andato anche in dei supermercati, ristoranti, ho domandato al comune, ma niente…».
Mentre parlava, aveva la voce strozzata, come se stesse per singhiozzare. Stefania lo guardava male e scuoteva la testa.
«La nonna lo sa?» ho chiesto. È stata la prima cosa che mi è venuta in mente.
«No, e noi non possiamo approfittare della sua pensione. Prende solo seicento euro, e sono già pochi per lei» ha affermato Stefania. «Ci rimane solo il mio stipendio, ed è pochissimo. Ci servirà a malapena per pagare le tasse, le bollette e continuare a far studiare te e tuo fratello. Da domani andremo a mangiare al polivalente, dove ci sono gli assistenti sociali».
Ho sentito un brivido percorrermi il corpo. Domenico se n’è accorto e mi ha detto:
«Tranquilla. Continuerò a impegnarmi. Proverò a mandare qualche curriculum via internet al Nord. È l’unica soluzione: il direttore della banca mi ha dato nove mesi di tempo, dopo ci toglieranno la casa perché non potremo più pagarla».
A quel punto mi sono sentita come una molla che è tirata e si spezza. Cioè sono scoppiata a piangere e sono scappata nella mia stanza. Vorrei tanto che fosse solo un incubo, invece domani sarò costretta a vivere un nuovo giorno. Mi piacerebbe tanto essere la Bella Addormentata in questo momento, per dormire cento anni e svegliarmi con il bacio di un principe.
Sibilla
[continua]
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