LA QUIETE
	
	Quanto ho amato codesto scoglio,
dacché insieme guardavamo il mare
ostinato infrangersi su queste
sabbie già madide di rugiada,
parevan granuli dei miei pensieri.
Ma se torno, esso è consumato
ormai come sogni e lontane paure,
prova sia che posso battezzarmi
in quest’acque salate,
e il cuore mio invoca riparo.
Non mi resta che finger desideri,
per ripartire da esso e ritornarvi
ancorché non mi attenda in questa
vacua natura e la quiete della sua notte:
ma solo così tutto m’è mite.
	
	
		NOTTURNO
	
	Cheta la notte
rapisce con le sue tenebrose liane.
Oscuro torpore inghiotte in una vacua riflessione
di ciò che è stato, ciò che sarà.
Con mente persa
a costruire sublimi pensieri di una voluttuosa viltà.
Quale vivente mancanza di coscienza…
Prima che l’aurora culmini
abbiamo staurato figure,
metafore dei nostri passionati desideri.
	
	
		LUNGHE ESTATI
	
	Lunghe estati,
ricordi di un’apparente gioventù fuggevole,
quante musiche risate e sapori.
Se questa luna potesse parlare
racconterebbe di amicizia e d’amore,
e di animi caldi coccolati dal mare.
Siamo eternamente eterei…
una risata del cuore
quale migliore soluzione a questa vita.
	
	
		IL PASSERO CHE ASCOLTA
	
	Non hai ardito comprendere, 
oh, passero colorato 
che odo gorgogliare fuori dal mio tugurio.
C’è una finestra inginocchiata, 
dalla quale scorgo icasticamente 
la vita per cui mi rifuggo. 
Tu passi e mi saluti…
	
	
		ANELITO
	
	Un secondo meriggio,
uno come tanti,
io sospeso nei miei pensieri.
Levante carezza le tende bianche,
emetto un anelito
lo spirito allieva.
Intorpidisco nei miei sensi,
colori tenui
odori e suoni soavi.
Tutto è cheto
ora
in questa stanza.
	
	
		VERSO IL MONDO
	
	– Amore è la divina umana forma –
così cantava il poeta!
Allora voglio amare.
Amare il sole,
il mare,
il mugolio dell’uccellino.
Amare anche ciò che fa di me
una divina umana forma.
Voglio amare come il Santo poverello,
come il sommo pintore,
chi arde d’esperire con genio…
Amare la vita
con impegno e sveltezza,
voglio riuscirci
col cuore di un bimbo verso il mondo.
	
	
		IL BRUNITO CANTORE
	
	Passo e osservo come
il brunito cantore del popolo
se ne sta imperterrito,
a pioggia e vento con
la sua tuba nera in testa.
Canta in eterno ai passanti,
che lo ricordano appena,
i suoi versi da voce tonante.
Frattanto assiepo pensieri tra
rigoglio di parole e schermi
d’immagini indefinite, nel
mentre d’una tale impotenza
del mio io più profondo.
E come Pasqualòn,
il brunito cantore del popolo,
me ne sto imperterrito
a cecità e umorismo, nei
versi – cercando salvezza.
	
	
		ARIA DI PRIMAVERA
	
	Seduti, osservando il soffice
ondeggiare dei rami di catalpe,
al soffio del vento di mezzodì.
A suon di starnazzi di uccelli
che osano agoni d’amore
le ombre del fogliame danzano.
Quanti affari di natura selvaggia
riprendono vita quotidiana,
dopo il lungo nevoso letargo.
La torre del campanile vecchio
come vetta tra strati nubiformi
dal belvedere risale argillosa.
Il vecchio arranca sereno
scortando il proprio amico,
al corto guinzaglio.
Colori d’ogni fragranza
s’odono non lontani dalle proprie
labbra incarnite di voglie e piaceri.
	Tutto è meraviglioso!
Socchiudendo gli occhi
 ̶ è aria di primavera, e tormento
provo, nel far di me un Angelo
nuovo, nell’ardore incessante
che il mio amore rigenera.
	
	
		SENZA PUDORE
	
	La sella desnuda
puramente tra sedie
s’ empita
Accomoda la bestia per i propri finimenti
e ne gode
di sussulti e respiri
Sento il calore che divampa
Fiato corto
e i corpi cavalcano nella tempesta
senza rancore né stupore
senza pudore
Tu sei la regina
pronta ad empiere le bramose voglie
	
	
		EVASIONE TOTALE
	
	Con il tuo profumo 
la tua pelle candida acceca il mio ego, 
su di essa si posano fiori di colori 
che inebriano tutt’intorno. 
Evado tra i sensi, 
trattengo la soddisfazione desiderata, 
gemiti di sapore e di odore 
involvono nel mio ventre. 
Non c’importa di nulla, 
siamo ciò che vogliamo essere; 
faccio un salto sul pavimento di cristallo, 
tutto scompare intorno a me. 
Il sottofondo accompagna 
ciò che noi vorremmo far morire, 
per morire insieme a lui.