A tempore praesenti ad praeteritum tempus (dal 2011 al 1979)

di

Angelo Cerenzia


Angelo Cerenzia - A tempore praesenti ad praeteritum tempus (dal 2011 al 1979)
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 158 - Euro 12,00
ISBN 978-88-6587-2468

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In copertina fotografia dell’autore


RINGRAZIAMENTI

Un grazie speciale alla mia amatissima figlia Alice per la stesura della prefazione di questo libro: è riuscita a cogliere e descrivere in poche frasi il contenuto e lo spirito di questi miei scritti, arrivando ad emozionarmi fin nel profondo del mio essere.
Ringrazio anche l’amico Roberto Pagani, appassionato e grande esperto di fotografia, per i preziosi consigli elargiti nel corso della realizzazione della copertina.
Un grazie va anche all’amico Nino Di Paolo, poeta e scrittore, per avermi spronato ad intraprendere questa avventura che fino a poco tempo fa credevo fosse destinata a rimanere solo un sogno.
Infine, non posso dimenticare di ringraziare la mia adorata moglie Daniela, che mi è sempre stata vicina nelle fasi alterne della vita, attraversando al mio fianco i diversi periodi presenti nel libro, “a praeterito tempore ad tempus praesens”.

P.S.: Grazie, Matisse, per avermi ispirato la poesia dal titolo “«Cóme la va?» «La va de can!»”: se non ti avessi avuto “fra i piedi”, non l’avrei mai pensata!


Prefazione

Come una macchina del tempo…

Ricordo che – quando ero piccola – sognavo di entrare, un giorno, in una macchina del tempo, che potesse farmi attraversare le barriere che separano il presente dal passato e dal futuro: sognavo di poter viaggiare in uno spazio senza tempo, oltre il tempo e dentro il tempo, quasi a prendermi gioco di quell’ordinario ticchettio dell’orologio che, invariabilmente, si impone a scandire i nostri corsi, ricorsi e trascorsi.
All’epoca, però, non avrei mai potuto immaginare che la mia macchina del tempo – quella che fantasticavo ogni sera prima di addormentarmi – si sarebbe chiamata “A tempore praesenti ad praeteritum tempus” e che avrebbe assunto la forma di un libro di poesie, questo libro di poesie.
Nei miei sogni di bimba, infatti, la macchina del tempo doveva essere qualcosa di fantascientifico, una sorta di indistruttibile cabina di metallo, un agglomerato di strani, enormi, complicati marchingegni: valvole, pistoni e luci, una centralina dei comandi e una pulsantiera multicolor.
Eppure, mentre pensavo a tutti questi effetti speciali, non mi rendevo conto che la vera magia – la magia cui andavo anelando – non è quella dei giochi di prestigio, bensì quella che troviamo nella vita di tutti i giorni e che spesso, tesi come siamo nel ricercarla, finiamo per non riconoscere, proprio come un uomo che cerca disperatamente i suoi occhiali senza accorgersi di averli sempre avuti appesi al collo.
Non potevo ancora sapere, allora, quanto potere avessero i libri, quanta magia ci fosse in una poesia e nel semplice, imperscrutabile succedersi delle parole scritte su di un foglio: parole che fissano un momento e, nello stesso tempo, lo trascendono.
E così, dopo aver appena terminato di leggere – e vivere – questo libro, eccomi qui a scrivervi della magica avventura che ho avuto modo di sperimentare.
Pagina dopo pagina, mi sono trovata a librarmi in volo e a percorrere così, a ritroso, l’immaginaria linea del tempo che congiunge il 2011 al 1979, in un viaggio tanto incredibile quanto reale.
Queste poesie, infatti, attraverso i loro giochi – o, pirandellianamente, giuochi – di parole, attraverso il non-detto, attraverso il profondo, a volte amaro e destabilizzante, contenuto latente, spesso celato da una maschera di ilarità, tratteggiano il ritratto di un’epoca, dipingendo avvenimenti, emozioni, vissuti, pregi e difetti degli ultimi trent’anni.
“A tempore praesenti ad praeteritum tempus”, dunque, moderna macchina del tempo, permette di superare i confini spazio-temporali, in sella alle sue pagine come ad una sorta di magico tappeto volante: un’occasione per rivivere – coloro che questi anni li hanno vissuti direttamente, personalmente, anima e corpo – trascorsi episodi e passate, sempre verdi speranze o per conoscerli – coloro che sono troppo giovani per averli vissuti in prima persona – attraverso gli occhi, i pensieri e la poetica di Angelo Cerenzia.
Questo, infatti, rende così preziosa quest’opera: il fatto di essere l’inedita testimonianza di una vita, raccontata attraverso le poesie che l’autore ha raccolto nel corso di tutti questi anni.

…andando a ritroso…

E, come ogni viaggio nel tempo che si rispetti, è necessario partire dal tempo presente per tornare poi indietro, fino ai tempi passati.
Questa è, infatti, la grande novità di questo libro: non si tratta della classica raccolta che riunisce gli scritti di un autore elencandoli in ordine temporale, dai più vecchi ai più recenti.
Angelo Cerenzia sconvolge totalmente questi canoni tradizionali e sceglie di raggiungere il lettore nel suo presente, nel suo hic et nunc, per prenderlo, quindi, per mano e accompagnarlo, passo dopo passo, sempre più indietro nel tempo: dal punto d’arrivo, fino alla (ri)scoperta dell’inizio.

…in un eterno ritorno…

In questo viaggio ci ritroviamo, così, ad attraversare a ritroso tre gruppi di poesie, qui raccolte in base agli anni in cui sono state scritte: ciascuno di essi rappresenta un periodo, uno stile, una concezione della vita, così diversi tra loro eppur tanto simili.
Quello che colpisce, infatti, leggendo poesie degli anni ’80 o ’90, è la loro età senza tempo, la loro perfetta attualità, il loro adattarsi così bene a situazioni recenti tanto quanto a quelle passate: nella ciclicità della Storia, gli eventi si ripetono in un eterno ritorno nietzschiano.
Ed ecco allora che “Ma che bella trovata!!” – scritta in riferimento al terremoto dell’Irpinia (o Terremoto del 1980) – potrebbe essere la descrizione dell’odierna situazione italiana in quest’inizio d’estate 2012, segnato dalle numerose scosse che hanno fatto tremare l’Emilia e i territori circostanti; ed ecco che “Agli spacciatori” risulta (purtroppo) ancora così tristemente attuale; ed ecco che in questo periodo di politica italiana, proprio come nei precedenti, “Gabbamondo” e “Ci troviamo qui a pensare” continuano a conservare, invariata, la loro forza.
Come un pensatore inattuale, un profeta in anticipo sui suoi tempi, Angelo Cerenzia è riuscito a cogliere – dentro i vissuti e le vicende che hanno caratterizzato un’epoca – quel quid in grado di trascendere il presente e abbracciare il tempo futuro, con sempre rinnovata capacità interpretativa.

…si vous voulez…

E tutto questo lasciando a voi la scelta del livello di lettura che più vi aggrada.
Eh sì, perché questo libro presenta due anime complementari, che come gomitoli di lana si aggrovigliano e si sgrovigliano in ogni poesia; due strati che si sovrappongono, due piani da percorrere: uno più immediato, l’altro un po’ meno.
Il primo è il livello dell’ilarità, del gioco, della boutade, della risata scherzosa, della spensieratezza; il secondo è quello del pensoso meditare, della considerazione malinconica, della sottile e amara denuncia.
Perché in un periodo come questo, di fronte a tutto quanto, nella nostra società, chiede ancora di essere sistemato, questo libro si propone in due possibili strade di lettura: da un lato, ci offre spunti per soffermarci a riflettere su alcuni temi, per tentare una risposta a domande insolubili; dall’altro, ci regala attimi di puro divertissement, storie scherzose e leggère, per distrarsi un poco, sorridere e liberare la mente dai mille problemi quotidiani.
Spetta poi a noi scegliere su che piano collocarci nel leggere le sue poesie, fermo restando che uno non esclude certo l’altro: anzi, questi due livelli – come due facce di una stessa medaglia – si rafforzano e si completano vicendevolmente.
Due anime, pertanto, in ogni poesia: una più giocosa, che ben si presta a esser rappresentata da una maschera ridente di Carnevale, e una più pensosa – talora mesta – che potremmo raffigurare con una lacrima, una lacrima frutto di un viaggio profondo – a volte sconvolgente e doloroso – all’inseguimento di un Senso irraggiungibile.
Ecco, dunque, un volto, un volto segnato da una lacrima, ma nascosto da una maschera sorridente: questa l’immagine caratterizzante la poetica di Angelo Cerenzia, questa l’immagine da aver bene in mente nel momento in cui ci si appresta a leggere questa raccolta di poesie.

…finché Tempo c’è.

Ma ora è giunto il momento di porre fine a questa prefazione e lasciare che il libro parli da sé; anche perché il “Tempo”, come scrive l’autore nell’omonima poesia, ci invita a rammentare sempre questa eterna verità:

“…quando voi col trascorrere del tempo pensate di potermi fregare, ecco che io al tempo stesso vi vengo ad annunciare che è finito il tempo”.

Al mio papà,
con affetto,
Alice Cerenzia


A tempore praesenti ad praeteritum tempus (dal 2011 al 1979)


1

2011-2002


Questo è il punto d’arrivo.
Nel corso di questo decennio ho letto e riletto tutte le opere pirandelliane restandone ammaliato, lasciandomi stregare dalla sublime commedia umana.
Ho continuato, scrivendo, a parlare con me stesso, pur parlando agli altri e degli altri.
Recitando la parte di chi prova qualcosa, ho raccontato la verità ma… Quale verità?
La mia verità, quella cioè vista da me, con il mio modo di essere, con il mio modo di vedere.


Ritrovandoci in precario equilibrio
sul filo della vita
per avere la certezza di non precipitare
costretti siamo a studiare funambolismo
quindi spalanchiamo le braccia
ed ecco forgiata è la croce!

**************

Oh, vita!
Non capisco perché
séguito ad amarti intensamente
pur sapendo
che mi rinnegherai
e con la tua rivale
mi tradirai!

**************

La domanda è posta
le risposte sono date
la conclusione è…
Confusione!

**************

Se ogni lacrima versata
avesse come indennizzo
un misero centesimo
immaginate di quale
inestimabile ricchezza
sarebbe possidente il cielo!

**************

La vita che sia
più bella o meno bella
più brutta o meno brutta
termina sempre
in una gran bella brutta fregatura!

**************

Buon compleanno!

Il mio nome è Giacomo
e poiché a breve sarà il compleanno
di una persona a me molto cara
ho meditato a lungo
su cosa donarle.

Mi sono detto:
«Pensaci, Giacomino!»
…«La giara»?
…«Il berretto a sonagli»?
La risposta è stata:
«Ma non è una cosa seria»!

In seguito ho pensato:
il biglietto per un viaggio
a zonzo per il mondo
«LioLà»?
No…
Poiché questo duemilaundici
è un anno di crisi
temo che si dovrà accontentare
di «Uno, nessuno e centomila» auguri!

Del resto,
come lui scrisse,
«Così è (se vi pare)»!


«Cóme la va?»

«La va de can!»

Un giorno qualcuno
mi disse: «Te see ón can!»;
questo perché
in un momento di intensa rabbia interiore
alla sua domanda: “Come va? Tutto bene…?”
all’improvviso gli risposi con un vaffa…

In seguito
«Te see ón can»
ha preso forma
iniziando a perseguitarmi.

Arriva l’inverno
e soffro «ón fredd de can»,
arriva l’estate
e patisco «ón cald de can»;
quindi posso dichiarare senza ombra di dubbio
che sono assediato ininterrottamente
da «ón temp de can e del diavól».

Dopo una lunga giornata spesa
a «lavorà cóme ón can»,
ecco che quando approda la sera
mentre tutti ambiscono a un gradevole riposo
io giù di corda, giù di morale
al contrario di loro
mi trovo a «dormì de can».

Da allora devo dare atto
che mi ritrovo seppur a malincuore
«semper sóll come ón can»
e come se non bastasse
di riflesso il morale è a terra
a tal punto che mi sento
come «ón can bastonaa».

Ma
a lungo andare
questa «vitta de can»
mi ha inesorabilmente costretto
a trasformarmi in «ón can desligaa».

Quindi
da oggi tutto cambierà:
stanco di «vèss ligaa come ón can a la cadènna»
vi ordino di sgombrare questa mia testa!
Ho bisogno di essere libero!
«Andà foeura di pee, can!».
E siccome considero vano
«menà el can per la còrt»
non fatevelo ripetere:
levatevi di torno!
E… «Tas lì, can!»


Tempo

Io sono imperituro:
il mio nome è Tempo.
Affinchè io passi inosservato
agli occhi di tutti
il mio aspetto è
più che mai consueto.

Sono stato generato da Dio;
Lui dapprima mi ha istruito
e dopo mi ha detto:
«Non perdere tempo!
Vai, vagabondo per il mondo!
Decreta i tempi,
scandisci il tempo».

Siccome non c’è da perdere tempo
ora mi ritrovo errabondo,
costretto a girare il mondo
ogni millesimo di secondo.

E così, quando voi avete
del tempo libero
e non sapete come sfruttarlo,
ecco che io vi rivelo
come ammazzare il tempo.

E così, quando il vostro operare
è tempo perso,
ecco che io vi segnalo
come riguadagnare
il tempo perduto.

E così, quando voi con nostalgia
e rimpianto
rievocate il vostro
giovane tempo
sentenziando:
«Erano altri tempi!»,
ecco che io rapidamente
vi restituisco
ai tempi che corrono.

E così, quando voi lagnandovi
in continuazione ripetete:
«Che tempo del cavolo!
Oggi ho freddo!
Oggi ho caldo!»,
ecco che io mi imbestialisco
e furibondo mi accingo
a tempo debito
a fare il bello e brutto tempo,
ripagandovi con
nubifragi, uragani, siccità…

E così, quando voi
col trascorrere del tempo
pensate di potermi fregare,
ecco che io
al tempo stesso
vi vengo ad annunciare
che è finito il tempo.


La camicia

Da una casa qualunque
esce un uomo qualsiasi
ed entrato in un negozio qualunque
all’interno trova un commesso qualsiasi
che è addetto alla vendita di abiti qualsiasi,
di un qualunque capo di abbigliamento
moderno o antiquato
e qualsiasi indumento sembra essere come nuovo.

L’uomo qualsiasi
rivela al commesso qualsiasi
il proprio desiderio,
che è poi quello di acquistare una camicia
ma… non una camicia qualunque!

Commesso – Ecco una camicia rossa
Uomo – No… Già una volta mi diedero una camicia rossa e così fui uno dei Mille; partii da Quarto con lo slogan «Qui si fa l’Italia o si muore!»
Commesso – Ecco una camicia nera
Uomo – No… Già una volta mi diedero una camicia nera e mi fecero marciare su Roma; partii da Napoli con lo slogan «Ora o mai più!»
Commesso – Ecco una camicia azzurra
Uomo – No… Già una volta mi diedero una camicia azzurra e vincolandomi a condividere quella dottrina politica e sociale mi ritrovai a braccetto con la camicia bruna
Commesso – Allora… Eliminata anche la camicia bruna, ecco una camicia verde
Uomo – No… Già una volta mi diedero una camicia verde e mi fecero gridare a squarciagola lo slogan «Roma ladrona!»
Commesso – Guardi… Non è rimasta che quest’ultima camicia, e… ma…
Uomo – Sì, sì, la prendo! È proprio come la desideravo! Non ho mai avuto una camicia simile!

Acquistata la camicia
l’uomo qualsiasi saluta
il commesso qualsiasi
e rientrato nella casa qualunque
indossa la novella camicia
ma… di punto in bianco
muore decapitato.
Il commesso qualsiasi
aveva omesso un piccolo particolare,
cioè quello di dire
all’uomo qualsiasi
che quella altro non era che
una camicia alla Robespierre.


Filastrocca del che

Un certo non so che andando alla ricerca di un non so che si imbatté in un certo che che altro non era che un che che si credeva un grande che ma che in realtà non era un gran che.


Pazienza

È impensabile! È assurdo!
Interiormente sono posseduto
da uno sconfinato senso di intolleranza, di ribellione.
Eh sì, cari miei, l’ho persa!
Sono in perlustrazione dentro e fuori me
sperando nel suo ritorno, ma non la ritrovo.
Vi domandate cosa abbia perso?
Ma la pazienza, diamine!
Non l’avevate ancora intuito?!
Vi domandate quando l’abbia persa?
Proprio oggi, giorno del mio compleanno.
Non lo credete possibile, vero?!
Immaginate come lo possa credere io!
Io, che mi definisco una persona saggia, equilibrata e piena di autocontrollo.
Io, che alla facoltà di Storia e Filosofia insegno agli studenti:
la filosofia di Aristotele
la filosofia di Hegel
la filosofia di Bergson
e un po’ anche della mia.
Vi domandate perché l’abbia persa?
Semplicemente perché oggi i miei sessantanove anni mi vengono a comunicare e ricordare
che sono giunto all’ultimo anno di insegnamento
e che quindi, a breve, farò parte anche io della moltitudine di professori fuori ruolo.
Da questa mattina l’incontenibile pensiero di tale costrizione si è insinuato
dentro me, martellandomi.
Questo chiodo fisso ha fatto sì che lei, inevitabilmente ed inaspettatamente,
sia scappata.
Eccovi spiegato cosa, quando e perché l’ho persa.
Ma io filosofo,
che dovrei assumere un atteggiamento di serena indifferenza di fronte alle sventure e alle odissee della vita,
vi dico e mi dico,
affinché quanto prima ne rientri in possesso:
«Se ho perso la pazienza, pazienza!».


Il bene e il male

Dio fa girare il mondo
come fosse una gigantesca clessidra
lo gira e lo rigira
affinché i vecchi scorrendo verso il basso
vadano dolcemente a spirare
lasciando così spazio alla nuova vita.

Però Dio è stanco
di nascite e morti
di morti e nascite
tutte in perfetta armonia
e allora da grande stratega
ecco una grande alzata d’ingegno:
ordina a un angelo di ribellarsi a Lui
e l’Angelo della Luce ipso facto
si trasforma in Lucifero.

A questo punto Dio
più che mai soddisfatto dice:
«Il Diavolo l’ho creato Io
affinché voi umani
possiate conoscere la differenza
fra il bene e il male».

Lucifero escogita
continue diavolerie
mette il bastone fra le ruote a Dio
e gli lega i polsi
ma Dio
da grande prestigiatore quale è
in quattro e quattro otto
si libera dalla morsa
e siccome
è furbo più del Diavolo
è astuto più del Diavolo
l’ha sempre vinta Lui.

Un bel giorno
Lucifero è fuori dalla grazia di Dio
ha un diavolo per capello
e più che mai giù di corda
per le continue sconfitte dice:
«Signore, io mi strappo questa brutta coda
mi tolgo queste brutte corna
mi rimetto le mie belle ali
e ritorno a essere
il buon Angelo della Luce».

«Nooo…!» gli urla Dio
«Tu devi lasciare perdere
questi assurdi pensieri
proseguire il tuo incarico
ed essere eternamente il Mio antagonista
perché senza il male (e cioè Tu)
non esisterebbe il bene (e cioè Io);
e poi per dirla tutta
da quando ti ho creato
ho cessato di annoiarmi
e di conseguenza
ho iniziato a divertirmi!».

[continua]


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