In copertina: Fotografia di Anna Liverani
Prefazione
La silloge di Anna Liverani, dal titolo “Poesie”, rappresenta una testimonianza fortemente percepita nell’animo della poetessa che diventa espressione fedele della sua profonda intenzione lirica, sempre accompagnata da una visione che coglie la substantia vitale del suo universo emozionale.
Il processo poetico subisce una costante evoluzione durante le varie fasi dei tempi lirici che compongono la silloge, tra riflessioni e riferimenti alle molteplici manifestazioni dell’umano vivere e le suggestioni al cospetto del mondo naturale, tra vibrante recupero di vicende storico sociali e necessità vitale d’una presa di coscienza dell’inevitabile differenza dei percorsi umani e degli innumerevoli intrecci del vivere sociale.
Durante il processo esplorativo, già nel primo tempo lirico dal titolo “Barriere”, emergono la ricerca del senso autentico della vita e l’immersione nelle multiformi sembianze d’un personale cosmo lirico che sospingono la mente verso una purificazione, necessità vitale che si miscela con il mosaico d’emozioni d’un canto solitario capace di scivolare tra i “fondali del tempo”, proteso ad indagare i giacimenti emozionali che risiedono nelle zone segrete e negli stati d’animo che rappresentano un disvelamento del mondo interiore, simbolicamente reso nei versi “solitudine è una/birra fresca sul/tavolo in un/plenilunio/estivo di stelle/cadenti,/quando la civetta/canta nell’ombra”, quando il senso di solitudine ed il sentimento puro si trasformano in solitaria illuminazione lirica.
Nel secondo tempo della silloge, dal titolo “Excludenda”, la Parola di Anna Liverani incontra le “occasioni” della vita di montaliana memoria, il continuo scandaglio delle metamorfosi della coscienza ed ogni dettaglio esistenziale diventa un tassello che contribuisce alla creazione della concezione poetica.
La Poesia diventa ricomposizione dei frammenti esistenziali attraverso flussi di memoria e le liriche si trasmutano in testimonianze di “percorsi vitali”, densi di “riverberi sognanti” e palpiti lirici che si generano in un simbolico “alveare della vita”.
Ed è proprio sul palcoscenico d’una “vita effimera”, composta di “arabeschi ingannevoli” e di “false parole”, che si apre la complessa visione lirica della poetessa, capace di catapultare nel personale universo emozionale, tra atmosfere evocative ed imminente caduta nella vertigine immane.
Tali evidenze creano quasi una sorta di teatro lirico dove avvengono continue lotte, dove si devono fare i conti con le “ombre del passato”, con i “pensieri occulti” e le misteriose percezioni della sua dimensione poetica: tutto s’impregna d’un lento dissolvimento e d’un ricercato distanziamento, tra rimandi ed emozioni, tra silenzi e rivelazioni, come a voler segnare la linea di confine tra reale e immaginario, fino alla decretazione d’una condizione/confessione con i versi “catturo la vita/con cupezza…”.
Nel tempo lirico seguente, dal titolo “Deliri”, la poetessa offre una sequenza d’immagini con forte impatto lirico che recuperano labirinti memoriali emotivi, residui dei desideri percepiti e le “infinite incertezze”, quasi a sezionare le tessiture del tempo e ridisegnare la trama della vita.
Ecco allora che la poesia è pervasa dalla trama silenziosa del tempo, dai rimandi ai luoghi della memoria, dall’accettazione del “dilavarsi/della speranza”, mentre la mente scivola verso un simbolico “tramonto rosso fuoco” e, negli ultimi due tempi lirici “Viaggi d’acqua o poesie del non ritorno” e “Il carretto del cielo”, Anna Liverani ripercorre con la mente le tracce d’un cammino “imperscrutabile”, il senso della vita e dell’amore, le emozioni perdute ed i flussi di desideri che ormai vengono attratti dal vortice della memoria e non rimane che la “verità” del sogno, “la fuga dal vero”.
Massimo Barile
Introduzione
La fine del secolo breve ha comportato grandi cambiamenti anche in quella affinità elettiva che è il modo di pensare tra la gente nelle varie etnie: vecchie barriere si sono infrante, nuovi spiragli di vita e di comunicatività si sono affacciati alla nuova era portando con sé un iniziale ottimismo e aspettative di rinascita individuale e collettiva.
La cooperazione tra stati nell’avvio dell’epoca globale ne è stata il suggello universale lasciando solo un dubbio: perché la guerra?…
Nessuna risposta sembra ancora abbastanza plausibile per abbracciare definitivamente questo nodo cruciale della nostra civiltà. Riaffiorano così il non detto, le parole di circostanza, il vuoto esistenziale, la paura del domani, il delirio inenarrabile e la frustrazione dovuta al senso di impotenza.
Chi scrive registra i riverberi, le sfumature tonali di certe discordanze, a volte riesce a comporre una nuova armonia di suoni elementari che ricompongono la vita in ogni sua espressione. Come un vagabondo dell’era rimontante l’autore diventa testimone suo malgrado di avvenimenti che scuotono la storia e le coscienze individuali in uno stesso intreccio vorticoso: nascono nuove trame e altri versi ma tra il pensiero e lo scritto scorre già il tempo. L’illusione di fermare il tempo si concretizza nella suddivisione temporale delle varie sillogi, quasi per mappare un percorso in divenire che tuttavia non vuole cristallizzarsi nel suo fluire. I vari anni in apertura si susseguono così lasciando spazio alle dovute congetture.