“Per quanto tu cammini e percorra ogni strada,
non potrai raggiungere i confini dell’anima,
tanto è profondo il suo logos”.
(Eraclito)
Il sentiero dell’anima
I due saltimbanchi
Gli sguardi persi
nel vuoto, dissolti
in un mondo di silenzi
ombre cupe
si affastellano
interrogativi amari
affiorano dal nulla
di un tempo sospeso
Vicini eppur lontani
estranei l’uno all’altra
il dramma del vivere
recitano due saltimbanchi
All’unisono cantano
la solitudine dell’anima
incerta e smarrita
lo stesso struggimento
svelano sul palcoscenico
senza parole
è il destino dell’uomo
in ogni tempo
Testo ispirato all’opera omonima di Pablo Picasso.
La maschera
In questo tempo indolente
l’energia reclusa in geometrie
di pensieri senz’anima, si impone
una maschera, narrazione mutevole
dell’io al riparo dai giorni vissuti
È il volto anonimo che rinuncia
allo sguardo vero della luce
Come fiore reciso, sottratto
al seno della terra, è armonia
apparente, ombra dell’anima
nel medesimo sogno che sfiorisce
Le parole non dette
Ristagnano
nei vicoli dell’anima
le parole non dette
non conoscono
la luce né il travaglio
che le consegna
al mondo
restano là … sospese
lacrime di sale
che non si fanno voce
indugio senza tempo
Nutrono la solitudine
dell’essere
le parole non dette
scavano solchi
in fondo a un’anima
Sono silenzi antichi
che prosciugano
ogni amore
messaggi in bottiglia
mai giungono a riva
Un’ombra
Si addensa un’ombra
sul sentiero, oscura
giorni fragili e incompiuti
Nel cordone slegato
dal ventre dell’universo
sono i segni di un destino
Nell’ombra è il non detto
il non essere, emozioni
di pietra vivono lontano
da ogni coscienza…
Attesa di segreto transito
Essere o sentire
Essere o sentire
apparire come nessuno
uno mille o spiegare
le vele e fare rotta
verso il mare più profondo
Interpretare un ruolo
e smarrirsi in delirio
di luce o accostarsi
al regno del mistero
Avere una fiaccola in mano
a rischiarare la sera
percepire il respiro
di un fiore che si chiude
Camminare sul bordo
del sentiero, a margine
dei suoi segreti
perdersi in un sogno
estremo dettato
dell’anima che lascia
un’orma di sé
Sguardi quotidiani
Il senso di una siepe
Nei confini di una siepe
vi sono pietre che serbano
memorie, linfa di stagioni
sottili persuasioni
di arginare la legge del divenire
Nel divario tra sogno e realtà
è una conquista o un dono
per chi ha solcato il mondo
e colto il valore di una sfida
Quando lo sguardo si perde
sulla collina tra verdi ombrelli
di pini e rami che rinascono
labile è il confine tra presente
e futuro, segreto varco
Ritorno
Fili di una trama vissuta
vampe di un fuoco mai sopito
echi di stagioni ormai trascorse
Il tempo trasforma l’anima
ieri l’entusiasmo di incoscienza
tinto, oggi l’altro abbraccio
di malinconia appena velato
Spogli percorsi, misurate passioni
pagine nuove, meno amari
l’ora del distacco e dell’addio
Quel che resta
È poco quel che resta
un prato sfiorito di promesse
sul tavolo il pasto frugale
del giorno, un angolo di casa
che sa partorire la sua luce
Mani invisibili legano istanti
e anche se il cuore avverte
il buio vi è la strada di domani
È poco quel che resta, assale
il vivere ogni verità, tra le pagine
dei giorni reca parole scabre
La sapienza di una ginestra
ci salverà: fiorire sul sentiero
arido e pietroso, farsi luce
Margini
Nel vuoto
Nel vuoto, tra pareti di silenzio
è eclissi di ingombranti ricordi
adagio si dipana in tacito fluire
il linguaggio comune delle cose
A pelo d’acqua è il margine
infiorescenze variegate in trame
orizzontali e verticali, inedite
congiunzioni, lievi adiacenze
Si incammina il sogno, di verità
riunisce lembi, sosta indugia
sulla balaustra della sera
Si desta la parola, ritrova senso
Divisioni
Dal tutto indifferenziato si stacca
la storia di un’anima, un cammino
si individua a poco a poco, i passi
evolvono, con dolore tramutano
Presagi e accenni, bozze e profili
affiorano, ogni divisione è l’ombra
di un assito, il crogiolo di mille verità
Nelle tante contraddizioni di una vita
dona il tempo a ciascuno la sua parte
per schizzare un quadro di unità
[continua]