FIRENZE, dicembre 1992
La recapitarono un mattino brumoso di nebbia e cosparso da rari e leggeri fiocchi di neve. Il postino la lasciò cadere con un gesto deciso nella cassetta della posta di Villa Seline. La lettera fu ritirata da Gaia che, con ammirevole sollecitudine, la consegnò a suo padre. L’eminente professionista, al culmine della carriera medica, restò per qualche secondo incerto ad aprirla, infine prese il tagliacarte d’argento e recise accuratamente la busta. La missiva proveniva da un collega francese che gli chiedeva un consulto privato per una paziente che aveva in cura.
Egregio collega,
mi occupo da circa due anni di una donna con gravi crisi di catatonia e che fu internata precedentemente in manicomio con mezzi usati probabilmente durante il periodo nazista.
Ritengo che la mia paziente non sia malata di mente come in passato hanno diagnosticato altri colleghi. Reagisce con veemenza ad alcune frasi fino a cadere in vere e proprie crisi d’isteria. Madame David ha usato spesso la parola “daini” durante il sonno indotto ed in un primo momento pensai a quella specie di animali, ma restai colpito dal fatto che fosse stata pronunciata in italiano ed a me non risultava che madame conosceva questa lingua.
Durante una conversazione con un collega, madame era presente, ci capitò di nominare Lei riguardo ad un articolo medico apparso su una rivista scientifica.
Madame David ebbe una reazione insolita ed estranea fino a quel momento, si accasciò contro un angolo del mio studio e cominciò a gemere dondolandosi, raggomitolandosi su se stessa iniziò a lamentarsi sommessamente.
E mormorò distintamente un nome: Giulio Daini.
La prego, professore, venga presso la clinica per la quale lavoro e veda personalmente madame David. Non è psicologicamente instabile, secondo il mio giudizio è solo reduce da fortissimi traumi che hanno destabilizzato la personalità ed il suo IO cosciente.
L’attendo con ansiosa speranza, cordialmente, dott. Paul Riviere.
Fine della missiva, seguiva un indirizzo ed un numero di telefono di Lione.
Giulio Daini posò la lettera sulla scrivania e per alcuni istanti la fissò pensosamente, afferrò il telefono e compose il numero della clinica. Domandò del dottor Paul Riviere e poco dopo fu messo in comunicazione con il collega francese.
“Dottor Riviere? Sono Giulio Daini.”
Professore… lieto di sentirla, ha ricevuto la mia lettera finalmente!” Gli rispose il francese con una chiara nota di sollievo nella voce.
“Sì, devo ammettere che mi ha notevolmente incuriosito. Può spiegarmi meglio il caso, per cortesia?” Domandò gentilmente Giulio con genuino interesse.
“Madame è stata rinchiusa in un manicomio per dieci anni, da circa due è stata affidata a questa clinica di igiene mentale e ritengo che sia stata una fortuna per lei. Il manicomio fu posto sotto sequestro per gli episodi inumani che furono scoperti grazie ad un’inchiesta giornalistica prima, e governativa in un secondo momento.” Gli spiegò con chiarezza e semplicità Riviere.
“Questa donna ha detto il mio nome, ma io non conosco nessuna madame David. Quanti anni dovrebbe avere?” S’informò cercando di ricordare chi potesse essere quella donna.
“Il suo nome completo è Enlise David ed ha quasi quarant’anni, almeno così risulta dalla cartella clinica. Non ha parenti, non è sposata, e la motivazione originaria di ricovero fu per turbe depressive e schizofrenia. Madame non è schizofrenica, certamente ha gravi problemi, ma chi non li avrebbe dopo aver trascorso dieci anni in un manicomio della peggiore specie?” Concluse Paul Riviere con un tono palesemente risentito che colpì favorevolmente Giulio. “Dottore, non le prometto nulla, ma farò il possibile per venire alla vostra clinica, la richiamerò quanto prima per annunciarle il mio arrivo.” Gli disse con cauta ragionevolezza.
“La ringrazio per la sua disponibilità professore, mi auguro che lei possa raggiungermi al più presto. Au revoir!”
“Arrivederci dottor Riviere.” Lo salutò Giulio, ponendo fine alla comunicazione. Ripensò attentamente alle parole del medico francese, per lui era un mistero questa madame David. Doveva parlarne con Gabriella ed insieme avrebbero deciso se era il caso di fare una visita a Lione. Gli dispiaceva che sua moglie non potesse accompagnarlo, ma da tre mesi era nato il loro quarto figlio e quindi un viaggio in Francia era impensabile.
Si recò nella camera del neonato e vide la moglie intenta ad allattarlo, entrò in silenzio e le depose un bacio sulla fronte.
“Come mai sei qui e a quest’ora?” Gli domandò sorpresa, solitamente il marito passava l’intera mattina del lunedì rinchiuso nello studio a controllare le pratiche amministrative della sua clinica.
“Ho ricevuto una strana lettera da un medico francese e poco fa ho parlato con lui. Vorrebbe che mi recassi a Lione per un consulto…” Le disse tenendosi sul vago.
“Non vedo cosa ci sia di strano, sei un medico molto conosciuto e stimato, non è la prima volta che ti chiedono un parere professionale anche dall’estero”. Rispose tranquillamente la moglie alzandosi e deponendo il neonato, ormai sazio ed addormentato, nella culla.
“Lo so, ma…” Iniziò incerto, lei lo interruppe con uno sguardo sornione.
“Non preoccuparti… – disse pacatamente – ammetto che mi piacerebbe molto visitare Lione, so perfettamente che questa volta non potrò venire con te. Penso che ci sia dell’altro, vero? Non è da te essere così vago se si tratta di casi clinici interessanti al punto da richiedere un tuo parere”.
“Il dottor Riviere ha detto che questa paziente reagisce insolitamente nel sentire il mio nome. Dice che mi conosce, ma io non so chi è quella donna.”
“Allora non ti resta altro da fare che andare a Lione e vedere da te questa donna. Ora sono curiosa anch’io… se non sapessi che hai sempre lavorato in Italia, potrei anche cominciare ad essere gelosa!” Esclamò con un sorriso divertito.
“Di una donna con turbe psichiche?” Si sorprese Giulio con una smorfia.
“Perché no? Faresti ammattire anche me, se non te lo impedissi! – ribatté scherzosamente ed aggiunse maliziosa – Magari l’hai lasciata e lei ha perso la testa!”
“Ora penso veramente che sei matta! – sbuffò abbracciandola e sorridendo – Anzi, sei pazza!”
“Sì, pazza di te, dottor Daini!”
“Pensi che sia il caso di andare fino a Lione?” Le domandò tornando improvvisamente serio.
“Non lo so, certamente non avrai pace finché non ci andrai, quindi ora vado a prepararti una borsa da viaggio, mentre tu telefoni alla clinica.” Gli disse con calma olimpionica.
“Come potevi immaginare che avevo già deciso di partire quest’oggi?” Le domandò stupito.
“I tuoi occhi… – spiegò brevemente Gabriella e poi precisò – Hai lo sguardo del medico preoccupato e curioso di scoprire un nuovo caso clinico. Sei mio marito da dodici anni, ma il medico prevarrà sempre nella tua personalità. Non puoi farne a meno, devi correre, quando ti chiamano… ed io ti amo anche per questo!” Affermò con disarmante semplicità.
“Ho sempre saputo di avere una donna eccezionale accanto a me, ora scopro che sei anche unica. Ti amo, Gabry… molto di più da che ti vidi per la prima volta e mi chiedesti delle vitamine ricostituenti!” Le disse stringendola a sé e baciandola teneramente sulle labbra.
“Ora te lo posso dire, d’altronde sono passati tanti anni e te lo posso anche confessare!” Gli rivelò con un tono misteriosamente malizioso.
“Che cosa?” Le domandò terribilmente curioso ed intrigato dalle sue parole.
“Le vitamine… – gli annunciò con voce bassa e guardinga – sono sempre finite nello scarico del water! Era per te che venivo in ambulatorio.” Ammise con grande soddisfazione.
“Ma… ma tu avevi sempre un’aria abbattuta ed un colorito pallido!” Esclamò sbalordito dalla sua rivelazione, aveva sempre pensato che lei stesse veramente male.
“Ero innamorata cotta di te e prima di entrare in ambulatorio mangiavo un po’ di liquirizia e quella mi provocava una terribile nausea. Sai molto bene quanto la detesto!”
“Perché me lo dici solo adesso? Ho sempre pensato che all’inizio detestassi me, non la liquirizia. Ti ho dovuta anche forzare ad uscire con me la prima volta!” Le ricordò con somma incredulità, rammentava benissimo quella notte in cui Davide era stato male e l’aveva obbligata ad andare da lui con una scusa.
“È stata l’unica cosa che io ti abbia mai nascosto… credo di non averlo mai ammesso perché sono stata educata con idee un po’ antiquate. Sai, cose tipo… l’uomo deve prendere l’iniziativa e la donna deve farsi corteggiare. Ora sono ben felice di dirti che non saresti sfuggito dottor Daini, ti avrei conquistato comunque, anche senza il provvidenziale intervento dei miei fratelli!”
“Sì, penso proprio che ci saresti riuscita, devi ammettere però che l’aiuto di Seline fu decisivo.” Le ricordò lui, mentre uscivano dalla stanza del neonato ed entravano nella loro camera da letto.
“Già, la cara Seline… penso che dovremmo andare a Parigi, non appena ci sarà possibile, e portare anche i ragazzi questa volta. Gaia si sentirebbe onorata di poter mettere dei fiori sulla sua tomba. Credi che Davide acconsentirebbe a venire con noi?”
“Ne dubito. Immagino che per lui sia terribile dover ricordare.”
“Ma sono passati così tanti anni, ormai dovrebbe essere un po’ più sereno… la morte di Seline non avvenne per colpa sua.” Disse Gabriella prendendo un borsone da viaggio dall’armadio e cominciando a riempirlo con gli indumenti e la biancheria del marito.
“Sì, ad ogni modo non credo che cambi qualcosa per tuo fratello. Seline è morta e lui non se lo può perdonare.” Concluse tristemente porgendole il borsino con il necessario per la barba.
“Quanto tempo pensi di stare via?” Gli domandò lei cambiando argomento e riferendosi alla sua partenza per Lione.
“Non lo so…tre o quattro giorni immagino, ma, se non potrò intervenire, è probabile che sia di ritorno molto prima.”
“Allora finisco di preparare il tuo bagaglio e poi ti chiamo, quando è pronto, va bene?”
“Certamente, amore mio. Io vado a telefonare in clinica e poi avviso il dottor Riviere.”. Rispose Giulio baciandola e subito dopo lasciò la stanza con un inspiegabile presentimento che gli suggeriva di affrettarsi a partire al più presto.
[continua]