Prefazione
Versi delicatissimi che si librano nell’aria come musica lieve, come brezza leggera: sono questi gli elementi da cui nascono le poesie di Annunziata Romeo, mite signora calabrese dalla voce gentile che alle tinte forti e ai contrasti stridenti preferisce i toni suadenti e intimisti con cui accarezza la mente e il cuore del lettore. Così, leggere le poesie di questo volumetto significa entrare in un’atmosfera ovattata e in un mondo dai contorni sfumati in cui l’autrice ci guida con mano vellutata. Un mondo in cui passato e presente si fondono in un istante senza tempo coagulato in un oggetto, uno sguardo, un’immagine; un mondo in cui la natura si fa specchio e riverbero delle emozioni; un mondo, infine, dove una sottile malinconia stilla talvolta le sue gocce di rugiada, per rammentare sempre che il pianto accompagna la vita ma non ne è la sola misura.
Il percorso disegnato dalla Romeo è, pur tra mille sfaccettature, sostanzialmente unitario. Una voce di donna che osserva e sente, in ogni fibra del suo essere, come le ragioni del proprio essere stiano essenzialmente in una parola sola: amore. Amore per le persone care, quelle presenti e quelle che non ci sono più; gli affetti familiari sono i veri protagonisti della silloge, e si capisce che per questa donna essi sono stati sempre fonte di emozioni vere e di gioie pure. Basti leggere i versi dedicati “A mia madre”, dove tra l’altro la Romeo rivela notevoli doti di bozzettista. Lo scialle bianco con cui si apre la poesia è un’immagine fortissima, non solo un elemento descrittivo: sia l’oggetto – lo scialle, così desueto e al contempo così carico di memorie – sia l’aggettivo scelto – bianco, il colore della purezza o, se si vuole, della tela pronta per essere riempita di tutte le tinte – diventano essi stessi la madre evocata e ci dicono, di questa donna, molte più cose di quante non potremmo apprenderne leggendo la storia della sua vita. Lo scialle bianco reca con sé quelle connotazioni di leggerezza, candore e intimità che poi si ritrovano negli altri versi (e si noti, in particolare, come il colore bianco ricorra in più luoghi: la bianca collana, le bianche mani) e culminano in quelli finali: “dissipando le ansie / in una gioia di luce / magica come il tuo amore”. Del resto la centralità assegnata al nucleo degli affetti familiari è esplicitamente dichiarata in “Solamente voci care”: qui è netta la contrapposizione tra “fuori”, dove esistono solo “parole di ghiaccio e occhi spenti” brancolanti nel buio, e dentro l’anima, il luogo dove, al contrario, risuonano i dolci accenti delle voci che possono “ravvivare speranze”. E tra queste voci care spiccano quelle tenere dei bimbi, figli e nipoti; ma anche bimbi solo intravisti, come in “Piccolo mio”; i bimbi che tra farfalle colorate e battiti di mani scoprono, sotto lo sguardo ridente della poetessa, la gioia della luce; i bimbi che poi crescono, ma anche se si sposano (“D’amor si parla”) o partono per andare lontano (Partire) conservano sempre nei loro occhi “irripetibili luci d’incontro” e restano “allegri nel profondo”. Ma per sentire le voci care è necessario saper ascoltare anche la musica della natura, saperne vedere la bellezza in modo semplice e autentico; per questo la poetessa eleva all’alba un canto che è un vero tripudio di colori e profumi, un’esplosione di vitalità e, al tempo stesso, il riconoscimento che il tempo disegna un cerchio, e quindi passa ma torna sempre: ce lo dicono il “correre immutabile degli alberi” e il “maestoso dipinto” della natura “fermo nel tempo” ma che “rinnova memorie”; è un’esperienza che la poetessa vive in modo quasi mistico, sdoppiandosi tra la voce che canta e colei che ascolta. Dal che si intuisce che per la Romeo la poesia può, e talvolta deve, nascere quasi da sola, mentre al poeta non resta che cercare di fissarne i suoni prima ancora che le parole: “il canto mio ascoltare” – scrive significativamente l’autrice – “dall’anima che sboccia come un fiore”; dove il verbo “sbocciare”, riferibile sia al canto che all’anima, rivela notevole abilità nella scelta dei vocaboli e soprattutto della loro collocazione all’interno del verso, con il duplice scopo di conseguire effetti musicali e potenziamenti di senso. Perché la vera ricchezza della poesia è la capacità di dire molte cose, e molte altre farle immaginare, a chi come Annunziata Romeo ha mente e cuore per ascoltare.
Bianca Cerulli