ANNA TERESA CIATTI
Il Borgo (Collescipoli)
Tu “Borgo” sei incantato…
Vivi di mille luci il giorno…
Di luci riflesse nel notturno.
Hai mille risorse, mille difese…
Per perpetuare nei secoli le tue “effigie”.
Sei “grande” e piccolo allo stesso tempo…
Sei mite e ribelle anzitempo!
Il tuo cielo è gremito di luci e colori…
Di voli, grida e cori d’uccelli…
Nella stagione bella tutto ciò è stupefacente!
Le tue torri stanno a sentinella… Silenziose…
Svettano nel cielo fredde e scure… Ma… Suonano a tutte l’ore!
Mettono tristezza!
Suonano a tutte l’ore… È tempo di grazia e di giustizia!
Suonano anche allo stesso tempo.
Suonano anche adesso… A chi è toccato ora?
Speriamo che non sia una giovane vita…
Il suono dell’orologio di piazza, scandisce le ore…
Questo rintocco scandisce la vita!
Di giorno le ore… La notte…
È lentezza e fretta…
È letizia e tristezza…
E intanto passano le ore…
Una lacrima scelta, scende… Mi bagna la bocca… È amara!
Sa di vita!
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L’acqua
Dicono che sono:
Acqua azzurra, acqua chiara.
Acqua di sorgente… Pulita!
Acqua di torrente… Che grida!
Acqua che non è cheta…
e non affoga!
L’acqua limpida: pulisce, disseta…
Rinfresca, lenisce…
Salva… È benedetta!
DIEGO COLLAVERI
Avremo un bambino
Annego,
nell’oceano di orrori che mi circonda
nella tristezza dell’inciviltà di questo mondo
che si uccide da solo
nella brutalità di chi ferisce un bambino.
Mi aggrappo a te,
amore dolce,
serena
e quieta visione di un tramonto estivo
che si tinge di mille colori vivi nel cielo…
tu mi dai la forza,
tu mi dai la vita di ogni giorno.
Possa il nostro amore generare nel suo grembo
quel frutto di speranza che manca
In queste scure mattine invernali…
quel fiore che sboccia
nella linfa vitale della nostra anima…
per arricchire la terra su cui viviamo
di quel colore che ancora manca all’arcobaleno…
… avremo un bambino!
MASSIMILIANO COSTANZI
L’illuso Amore
Di alcuna origine è il mio ardente desìo
Nè del sogno che mai m’appartenne, eppur io, attore mediocre,
ne feci farsa di rappresentanza perenne
Nè di te che pari lasciarmi morir con lusinga o quasi vanto
Nè di voi che cerimoniate il mio cuor compianto, e m’asciugate
il copioso pianto
d’illusione vivo, d’illusion m’affliggo
Di me l’origine s’è da trovare, di me soltanto
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Per sempre
È come una nuova avventura
Tu che ti bagni, guardandomi, le vesti
E d’un tratto mi par di viver immagine futura
Di te ho rimpianto
Di quando tuo era il senso, oggi che non ti desti nemmanco
Ed io qui che perdo tempo in pianto
ANTONIO DAMIANO
Opera 1^ classificata
Solitudine
Guardi appena intorno e poi oltre la finestra:
Macchine che vanno con i fari accesi
A illuminar la notte e sui marciapiedi
Un brulicar di gente come un alveare
Nel baglior di luci che accendono la sera.
E tu, che nella stanza al buio nemmen ti volti,
Per non provare il gusto amaro del silenzio!
E ti par di udire ancora la sua voce chioccia
Per ricordarti il coperchio rotto d’un tegame
E la scatola di legumi da prendere in cantina,
Mentre sulla soglia è ferma ad indicar protesa
Il fornello acceso a cui regolar la fiamma.
E allor socchiudi gli occhi vagando
Lentamente tra una sedia e il divano,
Con un giornale in mano con la cronaca
Del giorno e poi nel sonno cercando
L’abbandono per non cadere preda dei ricordi.
E nemmen ti chiedi, come facevi un tempo,
Che senso ha viver così: oggi e poi domani
E un altro giorno ancora, senza che nessun
Ti parli e ti sorrida o dolcemente ti rincuori,
Né un caro amico a cui narrar dei giorni tuoi.
Così nel silenzio greve d’un tempo senza fine
Ogni sospir dell’anima nel buio delle coltri
Cerchi di sopire, come un cane bastonato
Che nella cuccia si rifugia a cercar calore.
CLARA FOLLADOR
Vita
Quando il cielo annega nel mare
come il temporale
fa cadere fili d’argento
sulle creste delle onde
cadono dritti
ondeggiando
illuminano
onde ricce e spumeggianti
una visione poetica
degna di un pittore fuori senno
ma il quadro
è una visione di vita.
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Papaveri
Sembra di sì
i papaveri hanno scelto
i campi di grano per farsi notare,
dritti nel lungo stelo
per far mostra
dei loro petali
consapevoli
nella poca vita,
brillare nel rosso
scegliendo il grano
pianta vitale
unica ragione
petali leggeri e morbidi
cambiano forma con il vento
ma dritti più alti del grano
RINO FOLLADOR
Così era il nonno
Nonno a piedi scalzi
accoglie sulla porta
il mendicante amico.
Sulla sinistra la scodella di vino
il boccale pieno, sicuro sulla destra.
Sembrava possedesse il mondo.
All’ombra del pergolato,
un tronco il suo trono,
porge la scodella al viandante:
tutta d’un fiato.
Non conobbi gente più felice.
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Il potere dell’acqua
Mietitura
polvere di paglia
asciuga la saliva
bocche arse inchiodate dalla sete.
Acqua,
l’attesa più attesa.
Riprende il lavoro con gran lena.
Alessandro il Macedone,
sulla via delle Indie,
dissetò il suo esercito
versando alla sabbia del deserto
l’unica sua coppa.
ADRIANA GALLAZZI
Mondo
Mondo
nelle mani
Mondo fragile
Mondo liquido
Mondo finito
Mondo
Potrei stringerlo
potrei romperlo
Stritolarlo
Potrei amarlo
sollevarlo
Potrei vivere dentro
fino ad annullarlo
Potrei stare ad osservarlo
Mondo piccino
nella mia mano
Tremo
serro le dita
lo stringo forte
Torna
Mondo fluido
Mondo leggero
Mondo del pensiero
Apro la mano
e soffio
cocci dei giorni miei
ANGELINA MERLO
Il suono dell’acqua
Il fiume scorreva
riempiendo la casa
del suono dell’acqua,
sommesso d’estate
impetuoso e forte
nelle grandi piogge.
Scandiva il tempo,
accompagnava
le vicende quotidiane.
Amo tutti i fiumi.
Forse perché già
nel grembo di mia madre
io ascoltavo
il suono dell’acqua.
IVAN PAOLONI
Lode al disertore
Ambiziosi, venali,
anche se nobili erano i suoi propositi e
spavaldo marciò per terre lontane.
Col denaro avrebbe dato un tetto alla sua nuova famiglia.
Arrivò nel caos per ristabilire l’ordine, ma
poche ore rivelarono barbarie.
Dopo giorni e mesi,
aveva ucciso ragazzi valenti simili a lui,
per servire i potenti ed i loro interessi sporchi di sangue.
Il burattino, pedone tra gli scacchi, abbandonò.
Incerto è il cammino del viaggiatore in cerca di fortuna,
lei sorride e ammicca ad ogni tappa,
ma sempre più la meta non è altro che il cammino stesso.
Come il percorso del giovane ambizioso
che insegue i suoi sogni,
ogni conoscenza che acquisisce,
lo arricchisce di esperienza,
ma sarà solo il principio di un nuovo progetto.
Così l’umanità votata alla conquista,
gioirà delle vittorie e della fine di ogni guerra,
ma continuerà ad operarsi perché non si raggiunga mai la pace.
Che stupidi siamo noi umani,
troviamo più scuse per dividerci che ragioni per unirci.
MIRKO PIERPAOLO PAPIRII
La pall’ ngh’ li mà
Guard’nd’è bell’ llù circh llà llù pal’.
M’arcord’ quan’ancor uajunit’
Arjav jù lu mar ngh’tant’affett.
La Uerr’ ave’ finit e llì surdat’
Lasciocci ‘ngh’ llì pall shhtran shtran:
“la pall’ngh’li mà” dicea quaccun’
“caneshtr” caccaddr’ j’arspunnev’.
E nui ngh lu cor a mill’all’ora
Per ore pazziavam ‘mbacc’a lu mar.
D temp’ nà passat da llù mument
Ma simpr’in cor’llù divertiment’
D gent’ n’ha vestit’sti culur,
l’azzur d lu mar, lu biang d la spos.
E pure a mont mò c’s’amparat
Ci shtà tant’iddr’ cor a batt ‘ccelerat.
Lu rosc d lu sang, lu bianc d la nev’
Mò fa’mpzzì la gend da man’ a ser’
Ma ‘n tutt shtì ricurd chiù n’m cal’
La storia d llì culur abbandunat’
Lu vendiddò febbrai’ ancor m’attrisht
Pchà ll’affiliazion chiù n’esist
Li rose ha sa finit ap’ davver
Lascian’n lutt’ nu paes’ nter
Guarda com’è bello quel cerchio sopra il palo
Ricordo quand’ancora giovinetto
Tornavo in riva al mare con tanto affetto
La guerra era finita e quei soldati
ci lasciarono con quei palloni così strani
“la palla con le mani” diceva qualcuno
“Canestro” qualche altro rispondeva
E noi, con il cuore a mille all’ora
per ore giocavamo in riva al mare
Di tempo ne è passato da quel momento
ma sempre in cuore quel divertimento
Di gente ne ha indossato questi colori
L’azzurro del mare, il bianco della sposa
E pure ora che a monte hanno imparato
Ci sono tanti cuori a batter accelerati
Il rosso del sangue, il bianco della neve
adesso fa impazzì la gente da mane a sera
Ma in tutti questi ricordi più non va giù
la storia di quei colori abbandonati
quel 22 febbraio ancora m’attrista
perché quella affiliazione più non esiste
Le rose son finite per davvero
Lasciando in lutto un paese intero
SANDRO PETRINI
Angelo
Nel silenzio e nel cielo stellato
Echeggiano eroiche gesta e un fato
Tenue lotta di un candido fiore
Vincitore del gran premio d’amore
Fosti soldato di una grande battaglia
Combattuta in ospedale nei campi e sull’aia
Lottando con forza vigore e costanza
In questa guerra armata speranza
Di triste sventura il fardello tu porti
Ma sboccian fiori per te
Nelle siepi per strada e negli orti
È un’allegoria di mille colori
Consolazione per noi peccatori
Un sogno e una divisa la tua figura riveste
Per quella corsa dal traguardo celeste
C’è un premio di gloria e gioia divina
Per quella posizione distesa e supina
Ma dentro un nodo rimane
Per quel rimorso fatto di lame
Ad ognora il pensiero è più forte
Per quelle gioie che ha sottratto la sorte
Dolce frutto e vita dei nostri ricordi
Come amari pensieri che paiono dardi
Gloria e luce nell’eterno tu avrai
E un amore che non morirà mai
EVELINO PROIETTI
Ti racconto… la cascata
Audace, quasi folle e con gran salto,
ti tuffi con coraggio da lassù
tanto, che se lo sguardo volgo in alto,
sembri toccare il cielo e… forse più
Limpida e chiara, scendi spumeggiante,
d’incanto a grandi specchi dai la vita,
digradi poi, tra rocce saltellante
e la tua corsa ancor non è finita.
Infine con passione e fragorosa,
approdi a valle nella dolce Nera,
che scivola tra i sassi silenziosa.
La storia è finta, ma vorrei sia vera
d’un giovane pastore e la sua sposa
che teneri… s’incontrano ogni sera.
FIORENZA RAIMONDI
Il bisogno più grande
Libero è l’uomo,
che non ha bisogni.
È schiavo invece
l’uomo, che ne ha troppi.
I bisogni son tanti.
Veri o falsi.
Bisogni materiali: consumismo.
Bisogni dello spirito: profondi.
L’uomo, che ha fame,
ha bisogno di pane.
Bisogno di silenzio
è per chi pensa.
Eternità, bisogno di chi ama.
Il bisogno d’amore è nostalgia,
nostalgia di quel dolce Eden perduto,
quell’Eden dal quale noi veniamo,
e verso il quale noi vogliam tornare.
Se chi ama davvero, in un abbraccio
crede sinceramente: “Amo per sempre”
in quell’istante “sfiora il Paradiso.”