Frediano Avelio
Pece
Le fronde sono alte ma la fioca luce penetra.
Mi illumina a tratti il viso.
Ogni goccia di sudore scivola dandomi eccitazione,
negazione dell’atto da me approvato,
i sintomi del corpo ammettono il mio parere:
attendo con palpitazione il silenzio per svanire.
Confortami animo nervoso.
Gli arti in movimento,
creano una tensione.
Mi avvio verso la pece,
essa è la fuga,
scruto,
mi incuto terrore.
Sento delle esclamazioni
sulla ricerca della mia posizione.
Arranco, mi accascio
per sparire dalla frenetica osservazione,
rifletto ma perdo tempo,
scatto e mi alzo.
Inspiro negatività.
Ogni passo avvicina la puzza della libertà
mescolata con l’umanità,
eccitazione,
emozione di arrivare alla pece.
Espiro positività:
esce uno spontaneo sorriso,
sicuro di andare nell’ombra
dalle oscillanti e tenebrose chiome,
dai tuoni disperati,
un urlo accompagna la precisione stimata:
la destinazione è stata cambiata,
l’unica sicura silenziosa fuga
è stata approvata.
Nadia Betti
L’insolenza
Sorge dal bordo la trepida lacrima,
cola nei pendii color albicocca,
tra le vergognose guance a rammentar
l’oltraggio di sferzante favella, espulsa
con esecrabile ira, all’udir d’avverso
pensiero che, pavida di fomentar furore,
si lascia precipitar nel vano ardire.
Giammai fu desiderio scatenar contesa
per l’altrui ignoranza, a rivale d’inegual
misura.
Dunque futile, tentar la replica.
Allorché il sipario si china a ghermir la tenebra
di tale accoramento, cosicché gli occhi
trovin riposo da così manifesta
insolenza.
Benvenuto Chiesa
In due tempi …Per te
1°. Gershwin in rag-time
Due lacrime mal contenute
nel buio della mia notte
a tradimento sgorgate,
preso, nel mio fido auricolare,
da quelle ritmiche note
che dicono i mille colori
di quant’è bella la Vita;
al pensiero – nostalgico –
d’essere, prima o poi,
tenuto, irrimediabilmente,
– come di cosa ricevuta
in provvisorio prestito –
alla restituzione.
E ho fatto scivolare
la mia mano, incerta,
tra le tue cosce dormienti,
in cerca di tepore
per il mio freddoloso cuore.
2°. Legato ad un filo
È legato ad un filo
l’equilibrio ed il senso
d’ogni mio passo
che scende la scala
di cui m’è ignoto
l’ultimo gradino.
La fiamma del desiderio
iscritto nella mia carne
riaccesa dalla brace
che non si fa cenere,
e il rinnovato piacere,
orgastico, di esistere.
E le parole dettate
dall’anima e dal corpo,
che scrivo, qui, sulla tua pelle
…perché quel filo sei tu.
Emanuela Cianfrocca
Opera 1^ classificata
Respirami
Mi disperderò in molecole per farmi ricordo.
Respirami e fammi tua.
Sarò bisaccia di parole da incastrare,
indaco da bere per gli autunni dell’anima,
vento a favore quando stenti nella bonaccia,
schermo contro raggi litigiosi,
percorso che si srotola nei tuoi passi,
cilindri di giallo che fendono veneziane estive.
Sarò respiro di mantice per un accordo maggiore,
callo di velluto che accarezzi la fatica,
la polvere di lima dei tuoi versi,
chilometri di filo per legare le memorie
e un nastro rosso a canzonar l’oblio.
Sarò la pelle della donna che colmerai di te,
suggeritrice di sciamaniche carezze,
nebbia per imbrogliare dolenze e disinganni.
Sarò una chiave sotto un vaso in una notte senza luna.
Nuoterò nei tuoi cunicoli, materia immateriale dei tuoi pensieri.
Un germe che difende,
un rigoroso inquilino dei tuoi sogni.
Ti darò voce nei giorni di corde tediate di vibrare.
Sarò infinitesimale assenza.
Vento che satura lo spazio e tange l’intangibile.
Respirami e fammi tua.
Carlo Contaldi
Il ricordo più bello
Non il ricordo di amori passati,
non il ricordo di mete raggiunte
e non il ricordo di momenti avvenenti,
solo il ricordo di un papà senza rughe
che rimane al mio fianco
per raccontar della vita,
rivelarmi i perigli vicini e lontani
in un mondo immemore
e sempre più ebbro.
M’esortavi: «se t’allontani da casa…
schiva gli inganni, scansa i tiranni,
i mercanti d’occulti saperi,
i pusher di insani piaceri».
…Poche parole…
“raccontate”
ad un figlio inesperto e inaccorto,
con il guitto di un viso
che ancora nasconde
una vita di lotte, di affanni e di miseri averi.
Ora che sei volato già via mi resta di te il ricordo più bello: farmi dono dell’unica cosa che il tempo non smembra: la “tua religiosa” esperienza regalata ad un mio futuro migliore.
Dai miei avi, alla mia genia
Raffaella Grassano
Anoressia
La follia corre tra le crepe della mente.
Livida accarezza i ciottoli della pelle
ruvida e spenta.
È un sospiro tra i battiti del cuore
che palpita ferocemente tra le costole della sua galera.
Non si apre al cibo la bocca
che ingoia morte.
Come il deforme Efesto gettato tra i flutti marosi,
la morte si tuffa nel corpo a lacerare lo stomaco.
Tritura, sminuzza la testa: bolo tra saliva e denti.
Tremula la vena trema sulla tempia,
ultimo sussulto di forze ansanti.
Gustare l’inconsistenza della materia:
ultimo appetitoso piatto.
Le braccia, i seni, le mani
Senza carne, senza involucro.
E muio appassita.
La follia sbrana.
Non rimane molto di me.
Il corpo non c’è
e l’anima non vola
crocifissa nell’odore pungente di quest’isola dalla chioma boscosa.
Il mattino spavaldo non risveglia,
ferisce con il suo bagliore accecante.
Avanzo in uno stato infiammatorio,
secca come ramo dermatoso su un tappeto di conchiglie .
E muoio appassita.
Mirela Ianus
Portami con te
Se sei tu fantasma che mi bacia
Nella notte calva di colore
Lasciami sfuggire alla caccia
Soffocando il grido di dolore.
Rompe la radice blu del sogno
Traforando muri di incanto
Anche l’onda alta ha bisogno
Di morire piatta ogni tanto.
Santi addormentati sulle tele
Sanno quanto cerco di pregare;
Puoi bruciare se, verso le stelle,
Pensi riuscirci a volare.
Ho scavato culle dolorose
Nei tuoi occhi come nella roccia
Il profumo dritto delle rose
Mi accende come una torcia
Portami con te, senza parole,
Anche se non c’e alcun traguardo,
Quando fai implodere corolle
Con l’azzurro fuso dello sguardo.
Iolanda Roberta Positano
Lo scrigno azzurro
Navigo
in mondi lontani
e colorati.
Seguo cavalli bianchi
e gnomi allegri.
Una parola segreta
mi difende dalla strega.
Nascondo il mio nome
in uno scrigno azzurro.
Emanuele Ratti
Bataclan
Nell’immensa sala,
la musica cambia
e su tutto prevale
il lugubre suono,
colpi ritmati
e vibranti l’aria,
e risuona l’eco
di cupi sussulti.
Laceri scoppi
creano spazio,
seguono scene
e grida d’orrore;
molti giovani
cadono a terra
colpiti a sangue,
morti o feriti.
S’espande il luogo,
crollano i corpi
e continua la danza
che morte sorregge.
Non scheletro mena
la lama ricurva
ma l’omicida ha
mitra sferzante.
«Onnipotente,
dona conforto
ai tanti giovani
che ricercavano
momenti di gioia
e ai loro parenti,
tu, Luce, Verità,
Vita e Amore».
Roberto Scomparin
Opera Segnalata dalla Giuria
Ultime parole
Le ultime parole vorrei che fossero quelle del vento
mentre vive sul mio viso un ultimo sorriso
alla brezza della vita.
Vorrei che fossero quelle del mare,
al quale abbandonai i miei pensieri e
che possano tornare indietro tra il sussultare
delle onde per un ultimo momento di ricordo.
Vorrei che fossero quelle del fuoco,
che alla sera ci scaldava nelle notti d’inverno
o che invece prendeva forma nelle intime parole
dell’amore accendendone i sensi.
Vorrei che fossero quelle della terra,
dove i miei passi hanno camminato e sentito
la sua energia in ogni viaggio pervadermi l’anima.
Vorrei che fossero quelle del cielo infinito,
come le sue stelle che mi hanno fatto sognare
e malinconicamente contemplare la mia piccolezza
di fronte al creato.
Vorrei che fossero le tue:
poche, dolci ed intense come è stata
la tua presenza nella mia vita;
come lo sono stati i tuoi sorrisi e le tue carezze,
come le tue labbra calde che mi socchiuderanno
gli occhi abbandonati all’eterna luce.
Carolina Signorelli
Il Sacro Fonte
L’arsura mi stringe la gola e mi stritola il cuore
nessun nettare placa la mia sete
le fiamme degli inferi albergano nelle mie viscere
l’entropia spirituale sbanda la mia anima.
Smarrita nella nebbia cerco la via
seguendo il fiume delle mie lacrime scorgo la meta
la nebbia si dirada
il sole mi scalda il cuore
un’acqua celestiale lambisce prati verdi
verdi come smeraldi
candidi cigni scivolano sul mistico fonte
cherubini alati del mio ritrovato Eden.
Una farfalla si posa sulla mia mano
il suo tocco una carezza materna
le sue ali un manto mistico
i suoi colori un arcobaleno di speranza.
Mi conduce attraverso bianchi sentieri
delimitano il cammino rose profumate
fiori degni della Signora del Cielo.
L’acqua del Fonte disseta la mia anima
allarga il mio cuore
apre la mia mente
rigenera le mie membra.
Ritorno figlia
figlia di una Grande Madre.
Dedicata alla Nostra Signora del Fonte in Caravaggio
Federica Tombari
L’amico vento
Il vento soffiava sui miei pensieri incerti.
Camminavano veloci.
Avevo paura,
mentre soffiava ancora più forte,
interminabili i battiti del mio cuore.
L’agitazione fermava il respiro
e i pensieri volavano con il vento.
Avrei voluto anch’io,
andarmene con loro.
Vinicio Zappacosta
Icaro
Per gli inviolati lidi,al declinar del sole,
da questo a vaghi mondi
ineguagliato viaggio mi figuro, troneggiando.
Cotal veloce il mio voler
su per le sfere sciama
e tra di quelle afferra
d’una l’ombra e d’altra il raggio,
che quasi mi sovvien, tra me e me,
il dolce d’Itacense folle volo.
Luna mia catturo
e sfioro con le tempie ed assaporo
l’alone vaporoso e tralucente
e il manto frastagliato ed ampio e scabro,
sovra la calotta a macchie e nicchie.
E quindi m’avventuro ancora oltre
e vedo il re guerriero fronteggiare
la dolce vezzeggiante amata dea,
che più degli altri corpi nebbia fugge.
E l’Orse, amiche care, e Sirio e Vega
nell’atto d’un baleno rappresento.
M’avvolge tra le nubi e mi sprofonda
l’occhio turbinoso del gran nume,
quasi che guardasse me mortale
col piglio sussiegoso del tiranno,
e poi tra le comete e i ghiacci chiari,
fuggo trasognante fino ai cerchi
sottili e variegati nei colori,
che fanno da corona al dio Saturno.
Infine mi confonde e mi sovrasta
il mio candore di pensiero,
le rotte immacolate lumeggiando.