Maria Colombo LGE
	
	
		Letto d’ospedale
	
	Mamma,
non avevi nel viso il pallore mortale:
eri sorriso puro, sorriso accogliente,
in quel letto d’ospedale.
Oh, quel letto d’ospedale!
E il tuo corpo minuto, tenero, di bimba,
i tuoi occhi chiari, il tuo capo reclino.
Il tuo ultimo respiro,
senza il mio abbraccio,
senza il nostro abbraccio,
l’abbraccio della terra.
	La morte ti aspettava al varco, 
laggiù, in quel letto d’ospedale,
come nebbia azzurra che saliva dal mare
misterioso e bello.
Avrei voluto esserti vicina,
sfiorarti il volto con le dita,
quando la notte ti ha chiuso 
gli occhi chiari.
Non la mia mano nella tua,
non la mia carezza
sulla tua fronte,
in quell’ultimo istante.
Sei passata simile a cometa d’oro puro,
ma cammina dentro me
la tua immagine segreta,
Tu mio prezioso scrigno.
	
	
	Vittorio Di Ruocco
	
	
		Opera 1^ classificata
	
	
	
		Cecità
	
	Quando ritornerai per perdonarmi 
dalle funeste nubi dell’oblio 
mi troverai morente ad invocare 
gli dei custodi della tua bellezza.
Sì, riderai di me delle mie rughe 
scavate come solchi dal mio pianto 
aperte come tanti lucernai.
Contro il mio sguardo fisso e irriverente 
ti sentirai bruciare in fondo al cuore 
ti smarrirai nel buio che mi circonda 
ti sembrerà una notte senza fine.
E quando gli occhi vitrei e indifferenti 
ti squarceranno come una mannaia 
rimpiangerai con lacrime pietose 
l’aurora che riuscimmo a immaginare.
Adesso perso senza una promessa  
caduto nel più tetro degli abissi 
afferro la tua voce luminosa 
come se fosse l’ultima speranza.
Cado ai tuoi piedi come un’idolatra 
cercando fiori nelle tue parole
e immagino il tuo viso ancora intatto 
sfuggito alla voragine del tempo
e lo cospargo della mia passione.
Ah quanto è amaro questo mio rimpianto, 
avessi avuto l’arco dell’amore 
avrei scoccato un dardo disperato 
e spinto la mia sorte alla tua accanto.
Ma già che sei venuta a dissetarmi 
nell’ora più dolente del bisogno 
al termine del triste mio cammino 
potrò morire come il prigioniero 
che ha ritrovato la sua libertà. 
	
	
	Raffaele Imparato
	
	
		Autunno
	
	Il cielo, grigio, volge verso il nero
un alito possente spira forte. 
Ondeggiano, vagando, rami e foglie
sì come i miei pensieri al mattutino; 
s’appressano, arrivano a toccarsi ma,
poi, ciascuno prende la sua via
incerta, fragile, verso nessun dove.
E, lentamente, e pure inesorabile,
cade la prima foglia sulla terra.
E, una dopo l’altra, si 
raccolgono in unica distesa 
triste e ambrata;
si stringono, morendo, in un afflato
con la certezza di rinascer presto.
	
	
		Libellula
	
	Con volo imprevedibile e leggièro
guizzante, discontinuo eppur leggiadro,
vaga girando intorno alla sua mèta
e alfin si cheta con maestosa posa.
Libellula, dell’iride dotata,
agita, con eterea frenesia,
le trasparenti elitre dorate
fino a sostar su punta di dracena.
Avvinta con estatica fermezza
immobile rimane, pensierosa.
Forse ripensa alla sua breve vita,
alla caducità di sua esistenza.
Forse vorrebbe far, di quell’appiglio,
un solido e fedele affidamento.
Poi vola via. Torna a girovagar
con volo imprevedibile e leggièro
guizzante, discontinuo eppur leggiadro.
Sapendo che sarà l’ultima sera.
	
	
	Matteo Milano
	
	
		Albero Spoglio
	
	Albero spoglio,
albero senza niente,
con un desiderio,
aspettando un nuovo giorno
più felice,
respirando bontà.
	
	
		Hai mai visto quell’acqua
	
	Hai mai visto quell’acqua
tra un fiume e un mare
quell’acqua mescolata tra dolce e salata
quell’acqua che non sa più cos’è
e quell’erba
quell’erba che ci cresce vicino
quell’erba che cresce lentamente
quell’erba che viene confusa dalle querce per bambù
che cresce troppo veloce e non smette mai…
	Io mi rigiro e mi confondo
tra queste opinioni
ma nel silenzio dell’andare
non ricordo più chi sono.
	
	
	Aurora Nocentini
	
	
		L’uguaglianza nelle diversità
	
	Come un fiume in piena,
in un crescendo vorticoso,
sta esondando un sentimento pericoloso:
l’intolleranza.
Non è facile convivere
in questa variegata società;
confrontarsi in questa problematica realtà;
ignorare lo stato d’animo pieno di tensioni
e il dilatante senso di precarietà,
nelle molteplici situazioni
di disagio e di difficoltà.
È fondamentale,
poiché tutti siamo coinvolti
in questo cosmico, epocale
cambiamento etnico-sociale,
far sviluppare e maturare,
in noi,
una più profonda apertura mentale,
una più solida coscienza esistenziale
per saper affrontare con sensibilità,
le innumerevoli avversità;
per debellare con forza e volontà,
le deplorevoli iniquità;
per conclamare con risoluta caparbietà,
che
le diversità
sono vero patrimonio
dell’umanità.
	
	
	Alessandra Pennetta
	
	
		Frammento (X)
	
	Come ogni sera
Come ogni stagione
	il volto tuo ridente 
a cercar baci proteso 
	come se per ogni lembo
ogni sera fosse la stessa stagione del raccolto 
	
	
		Frammento (XI)
	
	Sera. Tutto e altri tace
parli tu alla luna (e a me guardi)
	
	
		Frammento (LXXIII)
	
	Come sul ramo la foglia
sul tuo petto dondolo battuta 
di pioggia in pioggia ad ogni ardore 
	
	
	Enrico Trivoli
	
	
		a mio fratello, Franco Poggiali Trivoli
	
	
	
		Di luogo in luogo
	
	Di luogo in luogo in cerca di te
scruto gli occhi delle donne fino al fondo
per ritrovare i tuoi occhi
ma la tua luce non vedo
Quando cala il Sole
la mia anima insegue un vento lento
e seguendo il Sole
molti paesi vado a conoscere
e molte donne mi sorridono
e tutte le abbraccio e le chiamo col tuo nome
gli occhi a volte hanno una certa luce
e invano t’invoco.
	
	al prof. Gabriele Scaramuzza
	
		Francine (si ferma)
	
	Star mollemente sdraiato sulle verdi erbe della fantasia
freschi attimi di presente respirando 
lasciando
che sterpi scordati di passato 
lentamente  
m’invadano 
alla ricerca del tempo perduto
Si ferma
alla sferza del sentimento 
il passato santo  del tempo.