Paola Carmignani
Frammenti di vetro
Trovo
frammenti di vetro nel cuore
ogni volta che ritorni,
i tuoi gesti nei pensieri distanti.
Ti inciampo lungo il cammino,
come ciottoli sul sentiero della vita,
ad ogni curva, ad ogni cespuglio nascosto
ci sei e ci sarai e non importa,
quante volte nel tempo ti ho pensato
non importa quante delusioni,
non importa con chi.
Ci sei e ci sarai
come il ritorno di ogni stagione
come l’amore dopo il deserto
come la solitudine
dopo una vita vissuta in due…
Momenti
Mi porti il mare dei giorni miei più belli
onde che abbracciano la riva
cavalli impazziti di mandrie sciolte al vento.
Mi porti la bonaccia dei giorni di sereno
quando il mare è una tavola d’olio
e il cielo si tuffa all’orizzonte.
Vorrei rapirti negli occhi e nella mente
mille favole antiche di merletti
quando le donne tessevano la tela
e sul desco una minestra calda.
Sono ancora qui aspettando quell’alba
dietro le guglie rosso fuoco della Monument
sperando che i ricordi, come fanno le stelle,
svaniscano nel sole…
Marij Cuk
Golfo
Quando il gatto
si liscia la coda
e la luna piena
s’inabissa,
s’inabissa,
quando una foglia di fico
sugli occhi
preclude
l’istante tinto d’arancio,
quando affondi la tua furia
nei miei sensi
dicendo
che è tutto un gioco,
tutto gioca.
Quando la parola
si tramuta subdola
nel suo contrario
e l’odore delle ortiche
ristagna sul golfo,
l’arancia si fa
intrusa nella natura morta
tra un coltello,
il silenzio
e una goccia di sangue.
Luigi Di Nicolantonio
L’abbandono
Ero un fanciullo felice, correvo giulivo come puledro
al vento e al profumo dei melograni in fiore.
Nulla mi turbava, s’innalzava la speranza nel mio viso
di percepire al primo sole il sorgere dell’amore,
come il fiore a ogni primavera, era la giovinezza.
Ora son solo dinnanzi all’immenso mare a rovistare nei ricordi
il canto delle capinere che m’inebriavano il cuore
d’inediti miraggi, caduti nei lidi deserti in un affannoso respiro.
La bora trafigge il freddo mio corpo, soffro le solitarie notti
al grido di dolore dell’abbandono e di tristezza
di non sentire la bocca fresca di salmastro mare,
di non vedere il viso candido di fremiti di gioventù.
Le bonacce lunari mitigano i riflessi d’appannamento
ma i meriggi tempestosi lasciano il segno a un buio profondo,
tra streghe e folletti immaginari, regno della fantasia perduta.
Ho perso le emozioni e l’essenza della vita sul ciglio della strada
lasciando il cuore silente a ricordi di tramonti lunari.
Ora volo come gabbiano solitario a morire tra le dune del deserto.
Silvana Licari
Filtri di luce
Filtravano
attraverso le serrande
i giochi della luna
fra gli alberi e il mare.
Riflessi d’argento
s’inserivano
tessendo fili chiari
nei rami …
e fasci di luce
scendevano dal cielo
ad illuminare un cammino
che rasserenava la notte.
Nel silenzio languido
della laguna
il suono arabescato
di un violino
frangeva la cappa scura
che s’addensava
nei pensieri.
La scena – fortuita –
apparve come un sogno
che stenta a tradursi
in realtà … ma
la sensazione che pervadeva
le membra e l’anima
ebbe un effetto vero
e duraturo.
8.3.’16
Alberico Lombardi
Stupenda bolla di sapone.
Sballotta tra le nuvole dei miei pensieri,
con palpiti da cuor deluso.
Or s’alza spinta da venti verso infinito nulla,
dove tutto è tanto o niente.
Or s’abbassa come giù spinta da improvviso vuoto,
verso abissi oscuri.
Or balzella come onda su onda,
quasi a rincorrersi su mar spumoso e bianco.
Or cade tra foglie d’alberi verdi,
forse a sperar passaggio ad altre mete, ignude.
Infine te la vedi quasi d’accanto,
ora o mai più l’afferri, invano.
Folle l’idea d’amore, venuta così quasi dal nulla,
gonfia sol d’aria pura, qual bolla di sapone, ignara.
Zelindo Merighi
Immagine d’amore
L’ assoluto bisogno di guardare e sentire
vellutati tocchi e il contemplare
né l’animo né l’inconscio ne sono paghi.
Solo tu luce della mia povertà
entri e ti spingi dentro
dove nessuna mai osò.
Ecco dunque il riverbero dell’Angelo…
Sei qui per me?
Per accarezzare e graziare ogni mio desiderio?
Sopravviverò se il tuo coraggio
lascerà spazio ai miei pensieri
che della Tua immagine vivo d’amore.
Mariangela Panzarino
I mostri
Un mesto torpore
attanagliava quelle sue docili membra
e la coperta che le avvolgeva
sembrava dimentica di dover dar loro calore.
Nonostante l’alienazione dei sensi,
si sforzava di ascoltare lo scorrere del tempo,
ma percepiva solo il flebile,
tetro stridore
del suo lamentoso respiro.
Non riusciva ad emettere fiato
a meno di non singhiozzare
e gemere,
come potrebbe un neonato
o un anziano in fin di vita.
E se dal monte scosceso
rapida la valanga
si precipita a valle,
ancor più veloce,
dalla sua mente in declino,
fin giù nella coscienza,
ruzzolò l’ovvia domanda:
«Oggi nasco o muoio?»
La Verità ama celarsi agli occhi di noi mortali
e la Felicità adora le sorprese.
A braccetto si avvicinano di soppiatto,
pronte allo stupore o al terrore del malcapitato:
uno vale l’altro,
purché ognuno
torni ad essere qualcuno
sotto i riflettori della propria vita.
Ma si sa,
quando vaghiamo nell’ombra,
le luci diventano i mostri.
Francesco Pasqual
Il genio della follia
Ti conobbi nell’ombra di una sagoma
nello strappo dell’orizzonte dei sensi.
La tua voce m’ha costretto ad amarti
donna funesta che solerte conduci,
nei tuoi silenzi vorrei parlare il dimenticarti
sottrarre al tuo spazio,ciò ch’ora bruci.
Mi volevi partecipe dei tuoi voli oscuri,
ardita falena dalle gelide fiamme.
Mi sottrassi più volte all’impervio giogo,
rimandai con caparbia ostinazione
l’investitura regale della disperazione.
Mi librai in volo con sorriso sprezzante,
sulla voragine,dov’erano sepolti i colori della parola.
Cominciai ad intagliare la mia esistenza
col coltello della solitudine,per tracciare fendenti
alla ragione nella sua demenza;
mentre tu solerte, t’aggiravi nei recessi d’altri amanti,
sapendoti tu differente–
mente bisognosa dell’abbandono notturno.
E quando un giorno non mi vorrai più
quando il tepore ci dividerà i corpi,
sarò io a cercarti per sfiorarti le labbra
strapparti l’ultimo intenso bacio,
lo stesso che mi donò nel volto della follia
l’immaginazione del poeta.
Paolo Pietrini
La stagione dei sogni
Ho rincorso innocente
la primavera della speranza,
ho inseguito euforico
l’estate della nostra illusione,
ho raggiunto confuso
l’autunno della nostra rabbia;
ora percorro smarrito
l’inverno del nostro rimpianto.
Non finirò la stagione
a piangermi addosso nel buio.
Ho seminato di sogni
i giorni del nostro coraggio,
il raccolto è mancato,
ma i sogni non muoiono mai.
Corre la vita
Corre la vita.
Alla sorgente rivolo
e subito scende torrente
ma ci par lento il suo corso
che presto si fa piena e ci travolge,
poi impaluda e si perde nel mare infinito.
Corre la vita e giace, la Storia non si ferma.
Gianni Sardi
Il tempo della notte
Tutto è fuggito.
È nel tempo della notte
che vorrei ritrovare
il chiarore di te.
Sei nella mia storia;
da qui all’eterno nella mia vita,
sei nei colori degli arcobaleni
che si perdono come amori scomposti
nei silenzi delle cose mai dette.
Saprò ascoltare la tua voce ovunque andrò,
parole mai sentite
come soffio della vita che vola via.
Una nuova luce nei tuoi occhi.
Siamo liberi di lasciarci andare
nei nostri pensieri;
porto la tua immagine con me:
felice,corri sotto la pioggia
riparandoti negli antichi portoni.
Apro la porta: mi resta questo figlio
messo già nel muro.
Tutto è fuggito nel tempo della notte;
improvviso giunge un soffio leggero
che mi aleggia intorno.
Penso sia stato il vento;
è solo una scatola
che si è chiusa
con dentro tutte le stelle.
Gennaro Sorrentino
In ricordo di Maria
Provasti invidia
per un passerotto
scodinzolante su un ramo.
Per quel piccolo essere
capace di volare,
tu che inchiodata
sopra una barella,
ferma in un corridoio
d’ospedale,
eri incapace
persino di muoverti.
Quegli occhietti vispi
simboleggianti gioia di vivere,
quei movimenti ritmici
significanti felicità di muoversi,
a te che il cancro
invaso aveva il tuo corpo,
dovettero apparirti
il massimo della vita,
che stava per lasciarti.
Immigrato
Là dove nacqui
fui tenero virgulto.
Qua trapiantato
son diventato albero.
Là le mie radici recise,
qua il mio fusto arboreo.
Sicché senza patria
o meglio cosa estranea
in entrambi i luoghi
mi sento.
Massimo Vagnoni
False promesse
Sto affogando nel mare della disperazione,
la barca del mio cuore si è infranta
sugli scogli delle tue false promesse.
Avevi promesso di mettermi al dito
l’anello dell’eterno amore,
invece mi hai messo al collo
il cappio dell’eterno supplizio.
Ti ho aspettato a lungo in quella chiesa,
ma tu non sei mai arrivata.
Passava il tempo e gli invitati se ne andavano,
guardandomi come si guarda un condannato a morte,
lasciandomi sprofondare nelle sabbie mobili del mio dolore.
Quello che doveva essere il giorno più bello della mia vita
si è trasformato nel giorno più brutto,
quello che doveva essere l’altare della consacrazione del nostro amore
si è trasformato nell’altare del suo sacrificio,
quello che doveva essere il nostro matrimonio
si è trasformato nel nostro funerale.
Ora sono nel ristorante,
dove si doveva svolgere la festa della nostra unione,
qui banchettano gli avvoltoi sui resti del mio cuore,
quello che per te era un gioco,
per me era amore.