In copertina: Taru Kurenmaa – Vantaa/Suomi by Pixabay
Angela Agovino
Una tiepida lucidità,
a testa bassa,
a fiato corto.
Camminavo.
Un tiepido sole,
riscaldava i miei passi.
Lunghi e freddi.
Un’aria senza vista,
accarezzava la mia lucidità.
Mano a mano,
nel mio giardino interiore.
Coltivo la primavera.
La porterò,
sempre per mano.
Fabiola Bucci
Un vuoto d’anima
brama all’improvviso
carne cruda.
Reclama spigoli arsi
e aria pungente sulle ferite
lasciate aperte sulla vita.
Non quella che scorre
lenta
ma la vita che corre
sui sassi ardenti
e la sabbia gelata,
sull’erba umida di pratoline.
I pori aperti a cercare
onde sinuose, spezzate
forme inusuali
su cui volteggiare,
affondare
insieme, contemporaneamente
attraverso il tatto respiro.
E così metto il cuore sul palmo
per arieggiarne il palpito.
Erro e son mia.
Il peso della vita
genera melodie.
Elisabetta Guidali
Il volto di Dio
Un giorno, attraversi la linea,
diventi grande, e non lo sapevi.
Non son gli specchi che ti fanno paura
adesso, né i fili d’argento,
né i troppi problemi; non i solchi
che vedi sul viso, né le giornate
che ora si fanno sempre più serie.
Non è più la morte, che ti spaventa
le notti: forse la temi. Ricordi
quando l’hai conosciuta? La vivi,
retropensiero, la tieni a freno.
Non t’inquieta il futuro, incerto,
perché t’hanno detto che non esiste
più niente, eccetto questo dannato,
perenne presente, che t’imprigiona.
Proprio in questo consumi le ore,
seduto in un quadro, piatto, dove
manca la prospettiva. Tu, finito
in due dimensioni, ti senti privo
d’ogni spessore. Perduto il senso
sotteso all’azione, ti ostini
a cercarlo tra le righe di libri
tutti uguali o interrogando
l’onniscienza suprema d’un computer.
Mi chiedi: che pensi? Io vorrei solo
poterti parlare e dirti che vivi
in un mondo in cui il volto di Dio
ha il profumo dell’Uomo: di sangue,
di terra e di sputi. Sa di spine
e dolore. Ma proprio quell’amore
dà senso e risposta alle cose.
Alberico Lombardi
L’invisibile
Nel mondo ch’è in subbuglio cerco un barlume,
quello della ragione,
disperso come nel fango,
l’orgoglio misto a cenere e da affanno.
Le scarpe, nel mio solingo andare,
affondano nel grigio sembiante dello spazio,
con sopra gli occhi d’un sole sofferente
e senza volto tra la sparuta gente.
Segnato da indistinte voci stonate,
svolazzi di ordinanze d’alcun senso,
sentenze diffuse tra media ciarlatani,
di un prossimo futuro senz’un domani.
lzo lo sguardo al cielo così,
nel vago di speranze mai sopite,
tra i flutti di memoria altalenante,
cercando dio solo sa cos’è da fare…
Luigi Losa
Ricordi
Giocavamo per le strade
consumate dal tempo, tra i
solchi del destino futuro.
I pantaloni erano corti
e le ginocchia rosse paonazze
dal gelo invernale, ma la voglia di
stare insieme era più forte
delle avversità.
Il poco era tanto, e tutto
era gioia.
Il tempo è passato, tutto è cambiato,
i pantaloni sono lunghi e le ginocchia
non sono fredde e paonazze.
Le strade sono asfaltate di nuovo
ma non troviamo la felicità.
Forse è rimasta sepolta
nei solchi passati.
Michela Perini
I Gemelli
Sì ratto celeste vola traverso per ghermir la falena,
sì par io nel mirar le stelle ch’alla Diva ruban la scena.
Detti dal popol eterei destini,
indovini lì sfruttan a propri fini.
Dioscurici figli s’affaccian dal cielo,
eternati nell’ amor di puro zelo.
Guerreggiavan con spirto d’ardimento,
si battean per l’argonautico velamento.
Ratto di mandria fu’l pretesto,
al principiar guerra sì fè lesto.
Per Castore, Ida, Linceo fu morte,
vinse Polluce con Zeus la sorte.
Polluce rese l’immortalità pel fratello,
volea in de entrar col suo gemello.
Giove premiò costui pel puro amore,
concedendo di star insiem tutte l’ore.
Un dì Olimpico ed un dì in de,
pei figli spartani furon le strade.
Un novello giuoco Zeus escogitò,
ed in costellazione li fermò.
Son foco di Sant’Elmo sui pennoni,
ai bastimenti donan protezioni.
Han templi e statue d’ amor cristallino,
son segno benevolo dell’umano destino.
Lucio Postacchini
Un giorno di primavera
Poesia che nasce
Nel vento leggero,
In un giorno di sole
Di un marzo che muore,
Ma che inonda il campo
Di gentil primavera.
Si sente l’odore del tempo
Di passate stagioni,
D’anime assolte
E vibranti in farfalle
Che si posano lievi,
Come il passo di chi sente
L’incanto.
Saverio Rosso
Era di festa…
∞per sempre resterai ineguagliabile faro
e guida dei miei passi∞
Era di festa, quell’iniquo Natale
sul cuscino di papaveri in fuga
pioniera bordura agli intrecciati binari
appesi nel cielo tra cumuli e cirri
e l’aroma diffusa al primo albeggiare;
protetto dal tuo amorevole timbro
raccomandazioni materne nel prolungato saluto
quel bacino su guancia, il mio sincero tributo:
transeunte affresco di labile bioccolo
ubriacato dal vento, come smarrita facella
verso l’oscuro mantello.
Intento a indossar d’un corifeo i panni
avvampato fromboliere nell’imponente fortino,
ma ignaro…
affondava la falce, l’infame destino
annunciando lacrime e soffocante dolore
una lama rovente nel diafano cuore.
Mai più cinabro sulle tue labbra
e temperata matita nel radioso occhieggiare
deturpata per sempre su quel gelido asfalto.
Vorrei scovare del tempo una latebra
duellare coi granuli della malefica ampolla
soverchiando di Chronos i duri precetti
non dirti “a domani” che più non hai visto*.
*Carena Ferdinanda I 26.05.1936 – †22.12.2022