A Maria Grazia e a Giuliana
Musica e danza
Melodie lontane
nella notte di sogno
si insinuano incessanti
sotto le coltri
del mio abbandono.
Danza la mia anima
sul palcoscenico
senza tempo
dove un attimo
un giorno
una vita
si rincorrono veloci
come particelle impazzite
dell’eterno divenire.
Infinito
Di giacinti è lastricato il sentiero
che si perde lontano
e all’infinito sale.
Tu creatura esausta
continua a salire nel vuoto,
inebriandoti.
Anni, secoli, millenni
ti scorreranno addosso
senza indulgenza, senza pietà
finché
un bianco e accecante bagliore
ti rapirà e risucchierà l’anima,
disgregherà le tue membra fragili
che come piccole particelle puntiformi,
imperiture,
prenderanno a volteggiare
nell’infinito.
Chott el Jerid
Sulla piana salata
una luna imbambolata
giovane e inesperta
com’era
ancora non sapeva
se il riflesso ciclamino
era il guizzo violetto
del raggio lunare
imbevuto di sale.
È scesa a guardare.
Fra pensieri insistenti
una fanciulla nel vento si perdeva.
Notti di luna nera
e di chiarore.
Notti d’attesa
e d’ardore.
Notti d’ansia
e d’amore.
Notti di lacrime
e di stupore.
Per apparente discrezione
la luna neonata
dietro ciuffi di nubi si è ritirata.
Stille salmastre
filiformi petali viola
refi di seta filanti
lacrime intrise
di un’attesa disattesa
di un ritorno scordato
di un giuramento dissacrato
irroravano la terra
impastandosi con i grani
di un languido deserto.
Chi sei
Ti ho visto camminare lungo il fiume
ho udito i tuoi passi perdersi sulla ghiaia
ho percepito il tuo profumo d’alga silvestre
ho seguito i tuoi nebulosi pensieri
ho accettato il tuo modo d’essere
la tua vita di cane randagio
il tuo piglio felino
le tue divagazioni di poeta
le tue assenze
ho lasciato correre i tuoi eccessi
le tue intemperanze
le frasi spezzate
dimenticate sul desco
i dolorosi ricordi di storie passate
ma mai ti perdonerò
l’incuria di dirmi chi sei.
Domani
Domani,
in una stazione gremita di gente
due amanti
le gole disseccate dall’amore
si baceranno
senza sapere cosa ne sarà di loro.
Due giovani
alla ricerca dell’ultimo treno
si affanneranno sulla banchina.
Una madre
col pianto nel solco di un sorriso
saluterà il proprio figliolo.
Una donna
bramosa d’avventura
salirà su un vagone qualunque.
Un uomo
desideroso di farla finita
aspetterà il momento opportuno.
Due suore
reciteranno le consuete preghiere.
Un prete
rimpiangerà la propria missione.
Uno sfigato
perderà la coincidenza e l’ultima occasione.
Domani una moltitudine di treni
raggiungerà le mete di sempre,
noi invece
andremo incontro
al nostro destino
di amanti, di giovani, di madri,
di uomini, di religiosi e di sfigati.
Ricordo d’aver sognato
Pezzi di luna,
scimitarre abbandonate
da antichi guerrieri,
riflettevano
le acque dell’oblio.
Panciute olle,
gusci ricolmi
d’ancestrali melodie,
facevano mostra di sé
nei templi della conoscenza.
Piccole orchidee,
labbra trafitte
da impeti voluttuosi,
si dischiudevano
nelle valli dell’abbandono.
Albe boreali,
fuochi di paglia
accesi da maldestri fochisti,
occhieggiavano
nelle tenebre dell’incoscienza.
Fantasmagorie d’immagini,
specchi frantumati
da goffi fantasmi,
sovrapponevano
frammenti di vita.
Notte
Notte
cala il sipario
sull’atto
la cui ripetizione infinita
nello scenario della vita
crea la quotidianità smarrita
della realtà.
Goccia a goccia
instilla l’ambrosia
dell’oblio
la cui persistenza assente
nella nebulosa del presente
proietta lo stampo informe
del vissuto.
Sette valli
Nella valle dell’oblio
solo per brevi istanti
ho smarrito la coscienza.
Nella valle dell’indolenza
ho visto popoli ignavi
vendere il loro far niente.
Nella valle dell’incomprensione
una babele di lingue
mi ha indotta a tacere.
Nella valle dell’ignoranza
non ho prestato ascolto a bocche insipienti
Nella valle del peccato
ho sfidato la tentazione
e le lusinghe del male.
Nella valle della morte
il fetore della putredine
mi ha costretta a turare le narici.
Nella valle dell’amore,
la settima, l’ultima,
una patina dorata
mi ha impedito
di scorgere il burrone.
Vecchiezza
Ancora è vivo il respiro delle foglie morte
che crepitano al sole.
L’uomo sfiora la giovane mano
e un anelito nel suo cuore
forse l’ultimo, lo rende vitale.
Non credeva di provare ancora quell’emozione.
Dolce e fuggevole giovinezza che s’incarna
nel sogno proibito di un vecchio
nei pensieri amorosi di una mente dotta
nell’inesprimibile voglia di dare e di ricevere ancora.
Ancora è vivo ma non per molto
il respiro delle foglie morte.
Le dita tremanti
lambiscono il caldo corpetto di lana.
Il vecchio percepisce il palpito di un seno.
Il tergo s’inclina
sfiora labbra di rosa
tumide e pulsanti.
Vuole cogliere ciclamini,
ne farà ghirlande, corone e serti d’amore.
Alcune foglie lambiscono la sua mano.
Nessun soffio le fa più crepitare.
Un pensiero martellante,
una fitta lacerante,
uno spasimo di dolore
disseccano il suo petto.
Anche lui, come quelle foglie.
Inutile rincorrere sogni
vagheggiare amori tardivi.
Non c’è più tempo per la vita,
tanto meno per l’amore.
Quella donna è solo un’illusione
nata dalla disperazione e
dalla voglia di calore.
E il vecchio chiude il suo cuore
allo sboccio di un amore.
***
Ho visto gli attimi del passato
fuggire via
volteggiare in un carosello d’immagini
frammenti scoloriti che si disgregano fra le dita
come scaglie di un consunto giornale
su cui un cronista pedestre
si è preso la libertà
di scrivere la tua vita.