Età a confronto

di

Antonio Dipinto


Antonio Dipinto - Età a confronto
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
14x20,5 - pp. 78 - Euro 8,50
ISBN 978-88-6037-9863

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


Scritto con Maurizia Zanetti


In copertina: Freunde (Amici) © Michael Kempf – Fotolia.com


Pubblicazione realizzata con il contributo de Il Club degli autori in quanto opera finalista nel concorso letterario J. Prévert 2010


La silloge dal titolo «Età a confronto» consta di cinque racconti i cui protagonisti: Luigi, Anna e Rachele, in età matura, si adoperano per svolgere le rispettive attività con senso del dovere e grande generosità pur dovendo affrontare le più dure prove della vita come la malattia e la morte, mentre Giulia e Silvia in giovane età vivono le contraddizioni proprie dell’adolescenza pur essendo dotate di particolari doti innate e di grande umanità che le dispongono al servizio della comunità.


Età a confronto

Una rosa al giorno

di Antonio Dipinto

Sono le 5 e come ogni mattina prima di recarsi al mercato, Anna è nella cella frigorifero per caricare sul furgone i fiori preparati la sera prima, ma oggi è un giorno diverso.
È il suo compleanno, il cinquantesimo, e Anna non ha organizzato alcuna festa.
Volontariamente ha cercato di cancellare dalla sua memoria questa data, da quando ha perso i suoi genitori nulla è più contato e oggi la loro mancanza pesa più del solito.
Nel locale illuminato, Anna si muove pensierosa tra gli scaffali colorati mentre affiorano alla memoria le parole di sua madre:
“Anna trova un bravo giovane da sposare, sistemati figlia mia!”
Emerge alla memoria anche la sua risposta:
“Mamma, non voglio, sto tanto bene con te e con papà.”
All’improvviso le pare di vedere il volto di suo padre ammiccare un sorriso d’intesa con lei e di udire le sue parole:
“Che male c’è se la nostra bambina vuole rimanere con noi?”
Il primo raggio di sole si fa strada tra il buio e Anna si accorge che il tempo passa inesorabilmente e che lei si sta attardando.
Prende i vasi dei gerani, delle surfinie e delle petunie e inizia a caricarli sul furgone, poi aggiunge svariate piante da appartamento, infine mazzi di rose, di gladioli e di gerbere.
Durante il tragitto verso Campo Dei Fiori, rimuginando fra sé e sé, giunge alla conclusione che non se la sente proprio di festeggiare e, giunta al mercato, constata la mancanza di due bancarelle. Passando davanti al pescivendolo Gennaro, Anna lo saluta e gli chiede dove sono Filomena e Giuseppe.
Egli dice che Filomena, la merciaia, ha venduto la sua piazzola per trasferirsi al Nord e che Giuseppe, il fruttivendolo, ha chiuso l’attività per godersi la meritata pensione.
Anna pensa che queste due persone avrebbero potuto almeno salutarla, poiché la conoscono da quando era bambina.
Il suo umore diviene triste, saluta il pescivendolo e ritorna alla sua piazzola.
Mentre predispone la bancarella sistemando i fiori, la tensione nelle sue membra si allenta e man mano che passano i minuti Anna riprende possesso del suo solito buon umore.
Il mercato è la sua casa, i fiori sono i cardini della sua esistenza, la bancarella è l’eredità dei suoi genitori e lei ne va fiera.
La prima cliente si avvicina e chiede un mazzo di gladioli.
È la signora Franca ed è sua affezionata cliente da qualche mese, da quando è morto suo marito. Tutti i giorni costei passa dal mercato prima di recarsi al cimitero e decanta le virtù del defunto alla povera Anna che è costretta a sorbirsi i lamenti della vedova.
Il sole colpisce la bancarella dei fiori e Anna sposta i vasi di petunie troppo esposti.
La morbidezza dei petali le ricorda il viso della madre accostato al suo quando la teneva in braccio da bambina.
Istintivamente alza lo sguardo e vede arrivare la sua vicina di casa Germana che vuole acquistare dei gerani per abbellire il suo balcone. Mentre osserva i fiori per scegliere i colori desiderati, esclama:
“La bella stagione è arrivata e voglio che la mia casa si spogli del grigio abito invernale e che indossi quello colorato della primavera.”
Conclusa la vendita, Anna riordina i vasi rimasti occupando gli spazi lasciati vuoti dai gerani acquistati da Germana.
Anna sorride pensando che la giornata iniziata con dei cattivi pensieri, si sta svolgendo positivamente, sia dal lato economico che da quello emotivo, poiché il suo umore migliora progressivamente.
Il sole è ora allo zenit, il mezzogiorno si preannuncia molto caldo e Anna sale sul furgone per rinfrescarsi.
È indecisa se mangiare il panino che ha portato da casa o la pizza al trancio di Gaetano, quando si sente chiamare:
“Anna, vieni fuori, c’è una sorpresa per te!”
La voce potente di Elvira la fa sobbalzare e subito ella scende dal furgone.
Di fronte alla bancarella ci sono alcuni degli ambulanti di Campo dei Fiori, che quando la vedono intonano “tanti auguri a te”, lasciando di stucco Anna.
Baci e abbracci non si contano, Anna è felice che i suoi amici abbiano ricordato il giorno del suo compleanno, ma è anche confusa per tutte quelle smancerie che non ha mai particolarmente apprezzato.
I convenuti hanno portato pizzette, salatini e alcune bottiglie di spumante che Gennaro si accinge a stappare per fare un brindisi in onore della festeggiata.
L’euforia del gruppo rinfranca definitivamente Anna e la luce ritorna a splendere nei suoi begli occhi neri, mentre il riflesso del sole illumina i suoi capelli lunghi e corvini.
Terminata la festicciola tutti ritornano alle proprie bancarelle e Anna sgombra la sua piazzola da bicchieri, piatti di plastica e bottiglie vuote.
Nel pomeriggio i clienti sono numerosi, Anna vende tutta la sua merce ad eccezione di una rosa rossa.
Inutilmente ha tentato di venderla all’ultimo cliente senza riuscirvi e ora le sovviene all’improvviso un pensiero: oggi non ha visto l’uomo che ogni giorno compra una rosa rossa e se ne va senza dire nulla.
Da un anno quella persona si reca alla sua bancarella puntualmente ogni giorno alle 14 e ad Anna pare strana la sua assenza odierna.
Scuote la testa pensando che quel tipo è davvero particolare, molto riservato e diverso dalla sua clientela abituale che si ferma a chiacchierare con lei.
Il sole che tramonta colora di arancione il cielo e i suoi ultimi raggi danzano grottescamente tra i rifiuti lasciati dagli ambulanti.
Giunta a casa, Anna entra nella serra, rimuove le foglie secche e controlla la crescita di piante e fiori.
Mentre compie queste operazioni è sua abitudine pensare ad alta voce e chiunque la vedesse, direbbe che Anna parla da sola. Gesticola e declama come un’attrice e forse qualcuno potrebbe pensare che questa donna sia un po’ matta.
Terminata la pulizia della serra, Anna si affretta ad uscire prima che si metta in funzione l’irrigazione automatica, chiude la porta a chiave e imbocca il vialetto che la conduce alla sua abitazione, una villetta bianca circondata da siepi di gelsomino che diffondono un gradevole profumo.
Anna disinserisce l’allarme, entra in casa e si dirige subito in bagno, si spoglia, rimira la sua immagine allo specchio, quindi va nella doccia e apre il rubinetto.
Mentre l’acqua calda scorre su di lei, pensa con soddisfazione che il suo corpo si è mantenuto snello negli anni e che il suo viso è ancora liscio, ad eccezione di alcune piccole rughe intorno agli occhi.
“Sarà perché non ho mai avuto figli” proferisce prendendo l’accappatoio appeso fuori dal box.
Anna è sempre stata contraria all’idea di formare una sua famiglia, ha sempre avuto timore di lasciare la sua e non ha mai pensato ad altro che ai genitori e alla sua attività.
Ella ha ereditato la villetta che apparteneva ai suoi genitori e nella quale ha vissuto fin da bambina.
Anche la serra e il banco al mercato erano proprietà dei suoi e ora rappresentano per Anna l’unica ragione di vita.
Uscita dal bagno Anna si reca in cucina e consuma un frugale pasto, poi si trasferisce in soggiorno e accende la tv.
I programmi del palinsesto non le interessano, quindi decide di leggere qualche rivista e poi si addormenta sulla poltrona.
Dopo qualche ora si sveglia infreddolita e si reca in camera, si sdraia nel letto e si riaddormenta quasi subito.
Durante la notte sogna una grande distesa di fiori in mezzo alla quale lei passeggia scambiando parole e sorrisi con un uomo che ha una rosa rossa in mano.
A un certo punto la rosa si trasforma in una macchia di sangue sulla camicia dello sconosciuto e lei lancia un urlo che la fa risvegliare.
Sconvolta dal sogno, Anna si siede sul letto e si appoggia ai cuscini per riprendere fiato, poi beve il bicchiere d’acqua che tiene sempre sul comodino.
Dopo qualche minuto la donna si calma e ritorna sotto le coperte, ma non riesce più ad addormentarsi e si rigira molte volte nel letto in balia di cupi pensieri.
La sveglia suona alle 4 e Anna si alza con un sospiro di sollievo, la giornata inizia, la luce dell’aurora conforta la donna che si prepara ad affrontare il suo lavoro con rinnovata energia.
Pronta per uscire, dà un’occhiata al mobile appendiabiti dell’ingresso che avrebbe bisogno di essere riordinato e si ripromette di eseguire l’incombenza appena ritornerà a casa.
Carica il furgone e si avvia verso il mercato, dove giunge dopo 40 minuti.
Ha appena iniziato ad allestire la sua bancarella, quando la giovane ambulante di colore che occupa la piazzola che era di Filomena, le rivolge la parola salutandola.
Anna risponde con un sorriso e si presenta alla donna che le dice di chiamarsi Shajmey.
Le due donne conversano piacevolmente e nel frattempo espongono la propria merce, rispettivamente fiori e bigiotteria.
I clienti abituali di Anna si avvicinano alla bancarella dei fiori e danno un’occhiata distratta alla nuova arrivata lì vicino. Si trattengono a parlare con la fioraia e le domandano consigli sui fiori da regalare in particolari occasioni e Anna sciorina le sue conoscenze accumulate negli anni:
“I fiori rossi sono ideali non solo per tutti gli innamorati, ma anche per i focosi appartenenti al segno dell’Ariete e, comunque per le personalità decise, volitive e dinamiche.
I fiori rosa sono da regalare alle nascite e ai fidanzamenti, perché il rosa è il colore della femminilità e della dolcezza, nonché l’espressione di sentimenti in boccio.
I fiori arancioni sono i corroboranti per eccellenza e sono adatti praticamente sempre e dappertutto, anche per gli ammalati. L’arancione è il colore della forza, della tenacia e della costanza e influisce positivamente sulla salute e sull’umore.
I fiori gialli sono apprezzatissimi non solo nella vita privata, ma anche nel mondo degli affari, perché il giallo è interprete di forza, estroversione e allegria.
I fiori blu-violetti vanno bene praticamente per tutte le occasioni, hanno un effetto molto tranquillizzante e si combinano armoniosamente con fiori gialli e bianchi.
I fiori verdi sono rari, ma il verde è parte integrante praticamente di ogni mazzo. Il verde simbolizza natura, serenità e disinvoltura.
I fiori bianchi sono adatti per le nascite, i matrimoni, i funerali e i momenti che segnano una svolta nella vita, perché il bianco è il colore dell’inizio e della fine, della purezza e della morte.
I clienti l’ascoltano con attenzione e poi si fanno confezionare dalla fioraia il mazzo più adatto alla particolare occasione.
Nel primo pomeriggio è prevista la visita di una scolaresca del quartiere e Anna è entusiasta all’idea di poter parlare dei fiori e di raccontare aneddoti tramandati di padre in figlio nelle ultime due generazioni di fiorai.
Anna può vantare la più antica bancarella di Campo dei Fiori e quel pensiero la inorgoglisce e la rende riconoscente verso genitori e nonni.
Arrivati i bambini, la fioraia domanda loro se conoscono il nome di qualche fiore e, ricevuta una risposta affermativa, inizia ad illustrarne la cura.
Una bimba bionda si mostra assai interessata alle rose e fa domande ad Anna, la quale risponde prontamente e poi aggiunge:
“La rosa è la regina dei fiori, la sua origine è antichissima. Sembra che i primi coltivatori di rose fossero stati gli antichi greci, ma furono poi gli egiziani e gli imperatori romani a inventare un vero e proprio culto della rosa. Nell’antico Egitto le rose erano presenti nelle grandi feste, sia come decorazione, sia per avvolgere i calici e immergere i petali nelle bevande.
Nella Roma imperiale, Nerone era un vero patito delle rose. Si dovevano spargere petali di rose intorno a lui, persino quando andava a passeggiare lungo la spiaggia di Napoli. Per le sue innumerevoli feste nuziali, usava quantità incredibili di corone di rose. Si dice che Nerone sia stato capace di pagare più di 30.000 sesterzi per un’unica festa, quindi i contadini iniziarono a coltivare rose invece che cereali.
Nel linguaggio dei fiori, nato in Francia nel 1819 ad opera di una certa Charlotte Latour che pubblicò un libro sull’argomento, la rosa bianca significa silenzio, la rosa rossa ti amo, la rosa gialla poesia, la rosa selvatica semplicità.
L’insegnante dei bambini, impressionata dalla sua competenza, le domanda quale sia il significato dei tulipani, fiori a lei molto graditi e Anna risponde:
“Dichiarazione d’amore.” Poi vedendo l’espressione stupita della donna aggiunge: “I tulipani sono originari della Turchia, dove venivano coltivati già nel Sedicesimo secolo. All’epoca il commercio di questi fiori raggiunse apici insuperati, con tanto di quotazioni in borsa e il prezzo dei bulbi lievitò moltissimo. Nel linguaggio popolare i tulipani venivano chiamati fiori del turbante per la loro forma. Esisteva persino una lista ufficiale dei tulipani che li elencava con i loro nomi poetici, quali-fiori che infiammano il mio cuore-luce del pensiero-volto dell’amata.
Quando nel 1562, i primi bulbi dei tulipani arrivarono in Olanda, un commerciante fiammingo li trovò sotto i tessuti da lui acquistati. Pensò che fossero cipolle, quindi li fece friggere e li condì con olio e aceto. Iniziò a mangiarli, scoprendo però che non erano molto saporiti, così li gettò nel campo dove in primavera sbocciarono dei fiori di una bellezza incomparabile.”
Anna ha catturato completamente l’attenzione dei ragazzini e dell’insegnante, i quali sono interessati al linguaggio dei fiori e la pregano di elencare il significato dei fiori più comuni.
La fioraia, felice di condividere il suo sapere con quei ragazzini dagli occhi spalancati dice:
“Il bucaneve significa fortuna in amore, il fiordaliso dolcezza, il giglio purezza, il girasole ricchezza, la margherita innocenza, l’ortensia freddezza, il papavero consolazione, la primula giovinezza e la violetta modestia.”
Terminata la spiegazione di Anna, gli alunni della terza elementare, applaudono e ringraziano la fioraia, poi la salutano e fanno ritorno a scuola.
Mentre Anna scambia qualche parola con Shajmey, vede avvicinarsi il postino il quale le consegna una lettera, saluta e se ne va.
Anna esamina la scrittura ma non la riconosce, infine apre la busta ed estrae due fogli scritti con una grafia minuta e ordinata. Anna legge e trasale:
“Carissima Anna,
se leggerai questa lettera vorrà dire che io non ci sarò più e il mio unico rimpianto sarà quello di non aver approfondito la nostra conoscenza. È trascorso un anno dal giorno che mi vendesti la prima rosa rossa alla tua bancarella di Campo dei Fiori, 365 giorni in cui ho cercato le parole per presentarmi e poiché non le ho trovate, mi sono accontentato di guardarti e di conservare tutte queste rose.
Ti racconterò la mia breve storia e forse tu d’ora in poi potrai ricordarmi con affetto.”
Anna, sul punto di svenire, si siede per un istante con gli occhi chiusi, poi chiede a Shajmey un bicchiere d’acqua. La giovane si avvicina e, porgendole il bicchiere, le domanda se sta bene.
Anna dice che, avendo ricevuto una brutta notizia, ritornerà a casa subito.
La giovane l’aiuta a smontare la bancarella e Anna, stringendole la mano, la ringrazia e sale sul furgone.
Durante il tragitto verso casa, la fioraia guida come un automa, si può dire che il Peugeot trova la strada da solo.
Per la prima volta in tanti anni, la donna lascia il mezzo nel cortile e non entra nella serra prima di rincasare.
Apre la porta e si reca in soggiorno dove sprofonda nella poltrona reggendo con mani tremanti la busta. Anna riprende la lettura dal punto in cui era arrivata.

“Oggi, 14 aprile, mi sono recato all’ospedale per ritirare gli esiti degli ultimi esami e ciò che ha detto il medico mi ha lacerato come uno stiletto. Un anno di vita… questo il lasso di tempo che mi rimane…
D’istinto ho preso a calci le poltroncine della sala d’attesa, poi accortomi dello sguardo atterrito del bambino seduto là, mi sono vergognato e sono uscito da quel luogo vagando per la città senza meta.
Quando ho alzato lo sguardo che prima tenevo fisso sulle mie scarpe, ho visto il mercato e qualcosa mi ha attratto verso la tua bancarella colma di fiori coloratissimi e di piante lussureggianti.
Ammiravo quello splendore e non ti avevo ancora notata, ma all’improvviso la tua voce ha squarciato le nuvole tempestose di cui era piena la mia testa.
Ho risposto “Sì” alla tua domanda “Posso servirla?” E ho scelto senza indugio la rosa scarlatta più bella che avessi mai visto, l’ho pagata e me ne sono andato senza dire nulla.
Il tuo sguardo sincero mi aveva colpito e il tuo sorriso aveva fatto molto di più… mi aveva stregato. Ritornando a casa ho pensato a te, mi sono coricato pensando a te, non ho dormito pensando a te…
Il giorno dopo sono ritornato al mercato e quando ti ho visto il mio cuore ha fatto un salto.
Il ciondolo che indossavi brillava al sole illuminandoti il viso come se tu fossi circondata da un’aureola.
Ho acquistato un’altra rosa e tu mi hai domandato: “È nuovo in città?”
Io ho risposto evasivamente e me ne sono andato, rimproverandomi successivamente per non aver sfruttato l’occasione di approfondire la tua conoscenza.
I giorni passavano, alcuni soleggiati, altri piovosi, altri ancora ventosi. Io non mancavo mai… alle 14 in punto ero lì da te. E tu mi sorridevi ignorando quanto grande fosse il mio desiderio di poterti parlare e magari passare con te un po’ di tempo. Per te io ero soltanto un cliente, per giunta non proprio loquace, tu invece, man mano che passavano i giorni acquistavi più importanza lenendomi il dolore causato dalla malattia.
Tre mesi erano passati, in casa avevo vasi colmi di rose rosse dappertutto, passavo vicino e ne odoravo il profumo, accarezzavo i morbidi petali pensando al tuo bel viso e sospiravo…
Infine ho deciso: “Oggi mi presenterò e le domanderò se posso corteggiarla.”
Mi sono vestito elegantemente, anche se la giacca dell’abito pendeva sulle mie spalle un tempo robuste e anche se ho dovuto stringere la cintura dei pantaloni …mi sono pettinato con cura e mi sono profumato, sentendo il coraggio dilagare in me.
Ho percorso a piedi la strada fino alla tua bancarella quasi saltellando di gioia, ma quando ti ho vista non sono stato capace di dirti nulla se non la solita frase: “Vorrei una rosa rossa per favore.”
Dopo averla pagata, l’ho presa in mano ed ero in procinto di offrirtela, quando la richiesta di un altro cliente ha catturato la tua attenzione, così me ne sono andato mestamente.
Non sono ritornato a casa, ma mi sono diretto verso il parco e lì giunto mi sono seduto su una panchina.
I bambini giocavano lanciando garrule strida, le mamme chiacchieravano spingendo i rispettivi passeggini, i vecchi passeggiavano al sole socchiudendo gli occhi feriti dai bagliori.
In mezzo a quella gente io ero a disagio e mi sono allontanato per poi dirigermi verso il laghetto dove nuotavano alcuni cigni.
Il loro portamento elegante ha attratto la mia attenzione e mi sono seduto sulla panchina più vicina per ammirarli.
La serenità di cui era pieno quel posto ha ispirato la mia immaginazione e ti ho vista… su una barca in mia compagnia. Indossavi un vestito giallo e un cappello di paglia in tinta, sorridevi felice indicandomi i cigni e io ti baciavo la mano artefice di quel gesto e ti sussurravo frasi galanti.
Terminato il giro del laghetto, ti ho aiutata a scendere dalla barca e tu mi hai lodato chiamandomi “uomo d’altri tempi”, poi a braccetto ci siamo diretti verso il chiosco dei gelati.
Mentre li gustavamo, io ti parlavo di me e di come la mia vita fosse cambiata dopo averti conosciuta. Tu mi ascoltavi e i miei occhi adoravano il tuo viso assorto.
Mentre pensavo che tu fossi la più bella e dolce rappresentante del genere femminile, qualcuno mi ha urtato distraendomi e ponendo fine a quella gita immaginaria.
Sono passati altri 6 mesi, 180 giorni in cui ho vissuto con te idealmente, essendoti vicino durante la giornata, anche se tu mi vedevi per pochi istanti alle 14, ogni giorno. Quando smontavi la bancarella, io attendevo con trepidazione l’inizio del nuovo giorno, pregando che la notte non mi portasse via da te, quindi mi addormentavo sognando una futura vita insieme.
Il 14 dicembre sono andato in ospedale per sottopormi a una visita di controllo e il primario del reparto oncologico ha deciso di ricoverarmi essendo progredita la malattia. Ho accettato seppur a malincuore, poiché avrei dovuto rinunciare a vederti, tuttavia ho incaricato l’amico Giorgio di comperare lo stesso una rosa rossa al giorno alla tua bancarella.
Egli mi portava quei fiori e io li posavo nel vaso sul comodino, e mentre li ammiravo mi pareva di udire la tua voce, il cui suono mi confortava.
Tuttavia le mie condizioni peggioravano progressivamente e resomi conto che presto sarei morto, ho scritto questa lettera e ho incaricato Giorgio di spedirtela il giorno stessa della mia dipartita.
Ho lasciato disposizioni circa il mio funerale e ti lascio il numero di telefono del mio caro amico, se ti farà piacere potrai contattarlo e farti condurre alla mia tomba.
Ti ringrazio di tutto.”
Sebastiano

Anna, incredula rilegge la lettera ancora una volta, poi l’atroce destino di Sebastiano la fa piangere.
Ritorna con la memoria alla prima volta che Sebastiano acquistò una rosa rossa e all’improvviso rivede il suo sguardo intelligente e il suo sorriso sincero.
Pensa alle giornate successive, ammette di aver pensato quanto fosse misterioso l’uomo che non conversava, comunque inconsciamente lo attendeva ogni giorno con la curiosità di sapere se lui avrebbe finalmente infranto la sua riservatezza.
Avendo ipotizzato che la rosa fosse per la moglie o la fidanzata dell’uomo misterioso, non poteva immaginare che Sebastiano acquistasse quel fiore per lei.
Rimugina ancora per qualche minuto cercando di ricordare se qualche volta Sebastiano le avesse fatto sospettare il suo interesse per lei, ma non richiama alla memoria nulla.
Con gli occhi rossi Anna si corica in preda alla malinconia e al rimpianto e dopo essersi rigirata più volte si addormenta.
Ben presto scivola nel sonno profondo e sogna di essere nell’aula di un tribunale.
Circondata da persone orrende che l’additano e mormorano frasi insensate, Anna viene chiamata al banco degli imputati dove un giudice con la parrucca e la stola di ermellino batte col martelletto e pronuncia la sentenza: “Colpevole di omicidio! Rinchiudetela nella cella più buia e puzzolente e gettate la chiave!”
Immediatamente alcuni uomini in divisa la ammanettano e la portano via, facendole percorrere lunghissimi corridoi prima di condurla alla prigione dove, sgomenta, Anna scorge nelle celle visi disfatti e teste scarmigliate da dementi.
Vorrebbe gridare aiuto ma la voce non esce dalla bocca spalancata, e i suoi carcerieri la rinchiudono in uno spazio angusto e maleodorante. Anna si accoccola sul pagliericcio piangendo ed è quasi rassegnata alla sua prigionia, quando all’improvviso ode una voce: “Anna… Anna… non piangere! Sebastiano ti aspetta…”
Poi il sogno termina e la donna si sveglia in preda al panico.
Si alza e cammina per casa tentando di calmarsi, poi si reca in cucina a preparare una camomilla. L’orologio murale segna le 3 antimeridiane e Anna ingurgita il liquido caldo che produce un immediato effetto rilassante.
La donna ritorna a letto ad attendere il suono della sveglia. Fissando il soffitto Anna pensa che appena sarà giunta un’ora decente, telefonerà a Giorgio per farsi accompagnare al cimitero.
Alle 6 è nella serra per accudire le sue creature e sceglie i più bei gigli che possiede, per poi farne un bel mazzo da portare sulla tomba di Sebastiano.
Quindi rientra in casa, si agghinda con cura e verso le 9 telefona impaziente di incontrare l’amico di Sebastiano.
Giorgio le dà appuntamento al mercato di Campo dei Fiori alle 10 e Anna si reca sul posto in anticipo, per scambiare qualche parola con gli altri ambulanti.
“Come sei elegante oggi, non sei qui per lavorare!” esclama Giuseppina la fruttivendola.
“Oggi riposo, devo sbrigare alcune faccende urgenti, pertanto cari amici vi saluto e me ne vado.”
Giorgio giunge puntualissimo all’appuntamento, Anna lo riconosce perché si ricorda di avergli venduto le rose e gli va incontro sorridendo.
Egli rispettosamente la saluta e, mentre la conduce al posto da visitare, le parla dell’amico.
Anna viene a sapere che Sebastiano era un famoso violinista dell’orchestra sinfonica della capitale, che aveva 53 anni e che da uno era malato di cancro ai polmoni.
Per curarsi aveva abbandonato la sua professione e lui, Giorgio, l’aveva assistito fino alla fine, eseguendo le ultime volontà del defunto.
Le parla anche dell’infatuazione che Sebastiano nutriva per lei e dice che pur conoscendolo da molti anni, non lo aveva mai visto così preso da una donna.
Anna arrossisce leggermente e gli fa altre domande su Sebastiano, così sa che era vedovo e senza figli e che la sua vita era stata dedicata completamente alla musica fino al giorno in cui scoprì di avere la terribile malattia, giorno stesso in cui acquistò la prima delle 365 rose rosse, infatuandosi di lei.
“Ha vissuto gli ultimi mesi dimenticandosi della sua malattia, grazie al pensiero costantemente rivolto a lei, Anna, e di questo le sono grato anch’io perché per merito suo, Sebastiano non ha sofferto il trapasso, come se fosse anestetizzato.”
“Sono confusa, mi sento in colpa per non essermi accorta di nulla e allo stesso tempo sono lusingata di aver fatto breccia nel cuore di un uomo così speciale.”
Parlando giungono in vista del cimitero, Anna segue Giorgio verso la cappella di famiglia dove sono sepolti Sebastiano, i suoi genitori e sua moglie.
Giunta davanti alla lapide depone i gigli in un vaso, poi prega guardando la fotografia di Sebastiano e immaginando come sarebbero andate le cose se lui si fosse espresso.
Di fronte a tanta devozione, probabilmente Anna avrebbe cambiato idea circa la sua avversione per gli uomini e magari avrebbe accettato una relazione con Sebastiano.
Quasi leggendole nel pensiero Giorgio le dice:
“Il mio amico non le ha mai parlato temendo di rompere l’incantesimo che lui stesso aveva creato per sfuggire all’amara realtà. Sebastiano non voleva iniziare un rapporto reale che avrebbe comportato dapprima il coinvolgimento fisico e successivamente l’abbandono forzato dell’amata. Sebastiano non voleva farla soffrire, pertanto si è accontentato di una storia d’amore platonica.”
Anna percepisce all’improvviso la forza di quel sentimento e avverte una sensazione di benessere che l’accompagna fino a casa e che successivamente la spingerà a ritornare al cimitero.
Ogni giorno, davanti alla fotografia di Sebastiano, Anna parlerà della sua vita semplice che ruota intorno alla bancarella di Campo dei Fiori, poi ritornerà nella serra dalle sue creature e man mano che passerà il tempo, il rimpianto sfumerà fino a scomparire.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Per pubblicare
il tuo 
Libro
nel cassetto
Per Acquistare
questo libro
Il Catalogo
Montedit
Pubblicizzare
il tuo Libro
su queste pagine