Ai confini
Le mie spoglie nude
di uomo cenere
lascio
ai confini dell’universo
e divento
polvere di stelle
nel respiro del mondo.
Novembre 2007
Al semaforo
Gente
tanta
e attraversiamo di corsa
quale gregge in transumanza
aizzato dai cani.
Anonime pecore tosate
quasi annichilite
pressochè uguali.
Attraversiamo
frettolosi bussolotti
di pensieri calpestati
su marciapiedi incattiviti.
Appena percettibile
strascicare di passi
sul selciato antico
fa eco alla gente
dal canto impazzito.
Un morso allo stomaco
vuoto da tanto
un brivido intenso
smorzato in un lampo.
Si accende il giallo
fa seguito il rosso
al nuovo verde
penseremo domani.
Immagini
(alla casa di riposo)
Occhi antichi
in un capo reclino di fianco
coperto di bianco
ormai privi di luce
abbandonati
sul corridoio
dentro una carrozzella
nuova
fissano il vuoto.
Mani che un tempo
seppero di lavoro
carezza
amore
ora palpano l’aria intorno
con movimenti lenti.
Ad un tratto
tra labbra serrate
escono libere
incomprensibili parole
e ancora
dita affusolate e scarne
cercano
invano
di afferrare il nulla
mentre
al di là della finestra
caroselli di bimbi
gridano al domani.
Nomi, 2009
Anziani
Come un soffio
è la vita che passa
e il tempo
prigioniero dei ricordi
nel fardello dei giorni.
L’orizzonte
negli occhi
ora rosso e oro
chiude ancora
tra palpebre speranza.
E va avanti
la vita.
1987
Come macchina (in fabbrica)
Un pulsante rosso da schiacciare
una luce verde s’accende
passa rapido un carrello
devo stringere la vite
dare un colpo col martello
rischiacciare il rosso
stare attento al verde
e mi cola il sudore
lungo il collo e la schiena
non mi posso fermare
si è accesa una spia
devo trovare il guasto
riparare e continuare.
Suona atroce la sirena
ho finito di cominciare
devo inghiottire un boccone
col ticchettio dell’orologio
sullo stomaco a pesare.
Risuona
spietata la sirena.
Aspettate, non ho ancora finito!
Maledetto l’orologio
il padrone
la sirena
riesco a pensare
mentre correndo alla macchina
un ultimo pezzo di pane
riesco ancora a trangugiare.
Luglio 1976
Condominio
Chiusa
dentro un piccolo cubo
di cemento
studiato apposta
per accoglierla
nel minimo spazio
la vita
continua a lottare
per essere libera.
Settembre 1977
Di notte in città
Ecco
è caduto all’angolo.
Alcool
droga svenimento
o forse solamente
dolore e solitudine.
Vai uomo
non girarti a guardare
passa veloce.
Con un breve sguardo
potresti vedere
il laccio che pende
gli occhi
usciti dall’orbita
grande e azzurra
sbarrati di cielo.
Non ti fermare al bar
stasera
torna a casa presto
t’aspetta il telecomando
del 24 pollici.
Attende una carezza.
Sintonizzati e rilassati
questa notte
e coccola l’anima.
Danno un film dell’horror
per ogni canale.
È una vera fortuna
puoi scegliere a mente leggera
quale piuma.
Abbandonati
tra le sue enormi braccia
e dimentica senza patemi
uomo di domani.
Non mostrare l’altra faccia.
Trento, ottobre 1989
Dimensioni
Se considero
strade parallele
quali pareti che chiudono
vista
alla conoscenza
di nuove dimensioni
arrampico oltre
aggrappandomi
a fili impalpabili
che collegano
vita e morte
in un abbraccio senza tempo.
Altri luoghi
sconosciuti
che avverto accanto
ma non vedo
cieco come sono
di luce
e mi pare aver perso
il senso del tempo.
Allora apro
titubante
la mente
scrollandomi di dosso
superstizione e preconcetti.
Mi scopro pronto
all’improvviso a conoscere
oltre la coscienza
pronto ad incontrare
esseri di altri mondi
per tornare a sperare.
Ad abbracciare spiriti puri
nascosti tra le pieghe
dello spazio tempo
in quel brivido d’amore
che mi porto dentro.
Donna danza (ispirata dal disegno di Renato Guttuso)
Spirali penetrano universi
sinuosi gesti disegnano l’aria
con soffici lievi incantesimi
leggiadri aliti svegliano spiriti.
Movimenti armonici in archi
si piegano incendiando linee.
Il corpo innamorato del vuoto
danzando racconta musiche
e riempie lo spazio a chiudere
un cerchio infinito e magico.
Volteggiando accarezza lo spazio
poetando il verso.
Piroette in punta di scarpette
e dita affusolate e protese
sfiorano capelli fragili d’un cielo
color del grano.
S’inarca armoniosa e leggera
come pugni di petali di rosa
gettati in grembo alla sposa.
Vive ruotando il giorno
nel tempo stupito d’infinito
a nutrire lo spirito volando.
In alto come uccello libero
penetrando ritmi viventi
quale albero tra rocce le radici.
Si sofferma in estasi
le braccia sollevate a guisa d’ali
quasi a sfiorare i tasti
di mistiche nuvole in concerto.
Profumi di sacro privi di voci
stracolmi di canti e d’immenso
cullano danze ad ardere la fiamma
anima di parole in movimento.
È la grazia assoluta
che gioca col gesto.
Dicembre 2017
Donna di mondo
Compenetri
struttura mobile
marciapiedi nuovi
alla città.
Giocattolo triste
di carne calda
pagata a peso da chi può
e da chi non può
per istanti di illusione
in attesa
davanti ad un falò.
Che pane agro hai scelto
o costretta
venduta e comprata
come un animale
sotto un lampione
a prezzo d’affare.
A nessuno in fondo
interessa chi sei
quando toccano il fondo
donna di mondo.
Forse sei solo l’ombra
pietosa
di una donna sola.
Strada da Affi per Verona, 1999
Donna mamma
Cromosomi si cercano
nel tuo corpo si incontrano
intrecciandosi nel tuo ventre si uniscono.
In un globo di luce infinita
la notte dallo spazio profondo
bruciando passioni accende la vita
oltre la siepe del tempo e della terra antica.
E il grido del mondo che nasce
nell’offerta del sole ingigantisce l’eco
che nell’etere senza confini si diffonde.
Armonie d’amore ti uniscono donna
all’essenza delicata dell’essere
proiettando lontano angosce e paure
immagini di creature ad esistere.
Troppo piano il tuo ventre di madre
si gonfia come vela al vento
a portare lontano speranze vere.
E come il seme affidato alla terra
prorompe di germoglio e radici
a stupire il futuro sorpreso da voci
già dentro ti cresce l’offerta d’amore
e l’attesa divora silenzi di giorni a passare.
Verso la bianca luce dell’energia infinita
con la mente e col cuore dipingi icone
di madonne sognanti sempre nuove e diverse
e con l’orecchio attento ascolti
il movimento la voce e il canto
prestando anima e cuore al pulsare
di un essere dolce da amare.
Dopo
Rialzarsi
cadere
e poi ancora così
come un eterno
giro di ruota.
Ammaccato
tentare di riempire
il vuoto
col piccolo ronzio
di un’ultima ape.
Novembre 1994
Dubbio
Forse
lasciando cose
dietro
si percepisce
l’anonimo brivido
di un soffio
passato sulla pelle
intrisa di pianto.
È forse
il messaggio inascoltato
cullato dal vento
a rincorrere
pulsioni nuove.
Sì
forse
è come accorgersi
di esistere
all’improvviso
e provare paura.
2000
Fuori
Lacerato il velo
del tempo
resta il baratro
sul vuoto.
Alle sue braccia
mi aggrappo
per non cadere.
1993
Gente che cambia
Quanto.
Siamo cambiati scoloriti
non riconosciamo più
compagni di giochi di ieri
arroganti e annichiliti
dimentichi del tempo
che spazza la via della vita
come foglie d’autunno il vento.
Non sei allineato al centro
no a destra no a sinistra
né anarchico né autonomista
né parli da leghista.
Perciò sei diverso e strambo
un altro sconosciuto insensato
al di fuori dalle logiche comuni
al di fuori del tempo
inutile prigioniero del passato.
Qui
in un piccolo paese dove c’è
dolore
dove ognuno vuole amore
dove ancora si potrebbe gioire
parlare
incontrarsi per amare e sperare
muoversi insieme a costruire
per crescere coscienze nuove
il canto del cuore si perde a morire.
Invece ti scopri da solo a remare
contro il silenzio e la voce
naviglio fragile nel freddo mare
per essere te stesso senza più nessuno
per sopravvivere al giorno
un essere diverso per essere qualcuno.
Ma nella grande piazza
e sulle scale della chiesa
sotto il portico in fondo alla via
vedo giovani che parlano e ridono
fugando un soffio di malinconia.
Forse sono loro
la speranza nuova a respirare
istanti diversi colmi d’amore.
Scritta in Vallarsa
Gente del mio tempo
Questa gente intenta
a rincorrere giorni
attimi scatenati
senza quiete
e vita che vola
verso la notte.
Vibra improvviso
un telefonino
il suo messaggio
e la mente
schiacciata di ansie
barcolla.
Deraglia
rapido impazzito
su rotaie
a nutrire la morte.
L’uomo
come una cometa
attraversa i cieli
del silenzio
in cerca di amici
a saziare
anche per poco
infinite solitudini.
Poi
nel buio intenso ed arcano
un sommesso vagito di bimbo
dal casolare lontano
riscalda
aprendo vita
alla speranza.
Il passo
Camminando ascolto
il mio passo cadenzato
sul rumore del selciato
di un marciapiede rovinato.
E oggi son tornato
come torna il sole
dove ieri ero stato
ma non ho trovato
nella strada amica
tra ciottoli ebbri di sale
le impronte della vita
che avevo lasciato.
Nomi (TN), 27/11/2018, h 17:00
Giramondo
Guardando orme
nella neve fresca
hai girato il cappello
avvolto nella tua solitudine
e in spalla il tuo fardello.
Giramondo
porti nelle pupille
riflessi di case lontane
sapori di pane
odori di fumo al focolare.
Un ritorno
un addio
forse a sogni infranti lasciati
nel cassetto del tuo comodino
quello del tuo tempo bambino
ormai troppo lontano
dal tuo breve cammino.
Roma Termini, 1982
Il Barbone
La paglia gialla in bocca
la solita panchina
sotto un respiro di stelle.
O una stazione
col sogno turbato
dal rumore del treno.
Un vecchio giornale
è il cuscino ideale.
L’incolpevole lampione
e le suole bucate di passi
il chiasso infernale di mille
e mille ancora
che non vedono l’ora
di tornare a casa.
Salutano, ridono, piangono
si abbracciano e tremano
spingono
corrono
e si sorprendono stupiti
d’aver perso il treno.
Passano in fretta senza vedere
guardare
sentire il silenzio
la notte dell’anima
il Calvario sdraiato
la luce spenta
nel nero profondo
degli occhi nascosti.
Oltre la falda del cappello
l’amore
la mano sola e la fame
che oggi hanno pianto insieme
la morte del cane.
Firenze, 2016
Il desiderio
È nato
ho udito il suo vagito
immagino un volto
aperto all’infinito
con ombre tentacolari
infide di ignoto
sugli altari.
A volte schiaccia
corrode
uccide
e ancora così tenero
appena nato
ha cacciato piccole mani
nel lurido
lercio schifoso mondo
il desiderio.
Tra menzogne inutili
raccontate da chi sa di morire
ne esce contraffatto.
Una perversione
quasi diabolica la sua
che sfiora l’assurdo dell’esistere.
Così l’uomo
lascia morire
un altro desiderio
ancor prima del nascere.
1966
Il pozzo
Graffiandomi le braccia
bruciandomi
la pelle delle mani
ho gettato il secchio
più volte
nel profondo del pozzo
a cercare la vita.
Solo suoni metallici
senza risposta
senza tonfo
né cerchi sull’acqua.
Affiderò la sete
alla rugiada del mattino
e speranze fugaci
al soffio del vento
e aspetterò la fine
camminando nel sole.
22 febbraio 1989
Illuso
È crollato tra le mani
il castello di carte
scosso dalla donna di cuori
e fantasmi silenti
della tua immagine danzano
nelle paure dell’anima.
Afferra la mente
un’ansia crudele
a stringere forte la gola
spezzando il respiro.
Via
andatevene via
mostri del desiderio
impiastri dell’egoismo
lasciatemi
spiriti della notte
anche solo
prigioniero del silenzio.
1967
Immagini al paese (oltre i tetti)
Nell’angolo
seduta sulla soglia di pietra
di una vecchia casa di calce e sassi
intrisa di sudore antico
corrosa di tempo e di sole
una donna in nero
quale rosario umano snocciola giorni.
Memorie di passi e rare gioie lontane
smorzano appena l’urlo del pianto
che sradica dentro.
Mille anni e uno
tra le pieghe scure del volto incartapecorito
svelano giorni.
Profondo e perso lo sguardo
fisso oltre i tetti lontani
proteso verso orizzonti
che non ha mai sfiorato
scruta
sperando arcobaleni.
Eppure
il suo docile grembo ha partorito figli
partiti presto con valigie fragili
per terre di speranza in odore di pane
e la sua voce ha mormorato
inascoltate preci al cielo.
Il suo amore
ormai troppo vecchio se n’è andato
spegnendosi
come un lume con l’olio finito
gonfiando solitudini
quali vele il vento.
E mentre un ragno sulla porta antica
ormai stanco di portare la croce
continua a tessere e cucire il tempo
che rimane alla clessidra
la mano diafana e scarnita
colma di stenti e di lavoro
scivola lenta di rughe
nella carezza ad un cane.
Nomi (TN), 2017
Poesia classificata al primo posto in quattro premi letterari
Irrealtà
Vorrei
come vorrei
veder nascere
un uomo nuovo
con la pelle arcobaleno
con le mani di luce
dal colore del sole
dal cuore fratello
per stringermi
accanto.
Dicembre 1977
L’altro ieri
Ho visto
che infinito dolore
la morte
vagare nel bar
ascoltare due dischi.
Per ultimo vestito
la pelle d’un ragazzo.
Vent’anni
appena un sorso di vita
assaporato con foga
e un cancro nascosto
che corrode
demolendo coscienza.
Ancora istanti lieti
tra chiasso di amici
felici
ma sempre troppo brevi.
Forse stasera
senza saperlo
hai aperto
le porte alla speranza.
13 febbraio 1980
(oggi 7 gennaio 2018 il ragazzo di ieri è vivo!)
[continua]