Il grande vuoto e tutto quello che c’è dentro

di

Calogero  Nicosia


Calogero  Nicosia - Il grande vuoto e tutto quello che c’è dentro
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 72 - Euro 9,00
ISBN 978-88-6587-5865

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In copertina: “Mars desert like fantasy landscape” © pixel – Fotolia.com


Prefazione

La silloge poetica di Calogero Nicosia rappresenta un itinerario lirico esistenziale che spazia dall’iniziale visione universale con riferimenti all’inesorabile scorrere del tempo e prosegue con profonde riflessioni sulla concezione della poesia e sulle antinomie della società moderna, attraverso una costante attenzione alla fragilità del vivere e al significato più autentico dell’amore, fino all’ultimo atto che riconduce all’amata terra di Sicilia quasi ad incarnare la fusione con le radici del proprio essere.
La poesia di Calogero Nicosia è profondamente sentita nell’animo ed è scritta con il cuore, riportando, sulle pagine di questa raccolta, l’universo emozionale e le molteplici riflessioni sulle contraddizioni del vivere e la “decadenza” della società odierna che vede una lenta dissoluzione della “coscienza” e la conseguente difficoltà incontrata dai poeti che cercano di far sopravvivere l’essenza stessa della poesia.
La visione lirica diventa respiro profondo dell’essere umano e Calogero Nicosia riesce, con coraggio e perseveranza, nella sintesi estrema del suo versificare, a fissare ciò che conta veramente con parole che lasciano segni indelebili sulla pelle, a volte, utilizzando toni sferzanti, altre volte, lasciando spazio all’amara consapevolezza d’un “poeta solitario” che cerca di contrastare la sensazione di smarrimento e fare in modo che l’anima sia pronta alla salvazione.
Durante questo percorso lirico il desiderio di libertà si accompagna alla fuga nel sogno e nella visione che conducono ad una dimensione più alta, cercando un salvifico allontanamento dalla vita in “grigie città di cemento” e dalle “catene invisibili/che stringono uomini/sempre più stanchi/in squallide vite preconfezionate”: ecco allora che l’essere umano deve cercare di essere “pienamente inserito nel tessuto sociale” come fosse “vittima di un sogno romantico/in era post industriale”, ma la verità è che diventerà un “simulacro” di se stesso, involucro vuoto privo di coscienza.
Il poeta, al contrario, vuole alimentare il suo fuoco sacro e cerca la poesia nel “riflesso dei raggi sul cuore” quasi ad incarnarsi in quell’irraggiamento vitale ed avverte, nel suo animo, l’importanza dei silenzi che sprofondano nel tempo e nel “fragore, perenne e lento, delle onde” d’un mare che riconduce alla terra natìa e diventa simbolo salvifico.
La sensazione di vertigine lirica si avverte fin dai primi versi della silloge: “Fermo. / Come pietra grigia / a strapiombo / sul mare d’inverno”, quasi a voler sottolineare lo sguardo che si fa abisso dell’anima, bruciante consapevolezza che divampa nei versi della sua poesia, alla “deriva nel silenzio del tempo”.
Il tempo è relativo ed i sogni possono infrangersi davanti alle miserie della vita ed al destino funesto, ma la poesia “immacolata” fa pulsare il sangue, miscelando vita e morte, luce e tenebra, gioia e dolore, aiutando il poeta ad ascoltare la voce intima dell’amore e a sprofondare “nell’azzurro del mare” come a “respirare l’immensità”, colma di quella “illusione antica” che è alimentata dall’essenza stessa della visione lirica del poeta, generata dal ricordo della terra di Sicilia con le sue “piazze impregnate di tempo”, con i suoi cieli palermitani, in una immersione totale nei suoi antichi profumi.
Il viaggio lirico di Calogero Nicosia conduce alla presa d’atto finale dell’autentica essenza del suo essere, del suo vivere e del suo sentire: “Io sono uomo del Sud, / gente semplice ed onesta, / mi piace il mare, mi piace la terra”. Ecco l’atto salvifico dell’Uomo e del poeta.

Massimo Barile


Il grande vuoto e tutto quello che c’è dentro


Sezione I

Sulla possibilità di un tutto cosmico


GRAND TOUR

Fermo.
Come pietra grigia
a strapiombo
sul mare d’inverno.
Il tramonto
pone fine
ad un altro giorno
gonfio di sdegno.
Schiavi del tempo,
schiavi del regno.
In frenetica fretta
in ordine sparso
orde barbare di civiltà
s’ammassano
in grigie città di cemento.
Chi insegue chimere,
chi fugge nel sogno,
chi si guarda le spalle
e attende.
Forse che la lama
attraversi la carne
forse il posarsi di
una farfalla.
E mentre il saggio
butta via tutto
per correre al vento,
gli amanti sprofondano
nel rosso del sangue
e delle labbra
e persi dentro i lori sguardi:
volano
come in estate
sugli altipiani
le nuvole bianche.
Per poi sciupare
in poche grida
gli infiniti palpiti
di una lunga attesa.
Per poi ritrovarsi mortali
di fronte al tramonto,
che pone fine
ad un altro giorno.
Fermo.
Come pietra grigia
a strapiombo
sul mare d’inverno.


I GUARDIANI DEL SONNO

Cos’è questo rumore sordo,
di passi nervosi in avvicinamento,
rantoli, crepitii e paura cieca
che riduce al silenzio?
È il tempo di una lacrima.
È la vertigine di una goccia
che cade nel fondo di un pozzo.
Il tempo è relativo,
così mi è stato detto, lo spazio
si curva e si estende. L’orologio,
come un cuore, batte a ritmi differenti.
Come sangue che pulsa, come le ciglia,
come un tamburo che chiama alla guerra,
come l’onda che travolge il frangente
come un cavallo veloce al galoppo
come freccia dall’alto che scocca come
pensiero che incalza e in testa rimbomba,
come impeto di slancio che non si può fermare,
come il possente respiro del mare.
Là, dove di notte in mezzo alle nebbie
si costruiscono i sogni, mentre i
morti in silenzio ci guardano austeri.
Loro, i guardiani del sonno e noi
sentinelle in attesa dell’alba.


PENSIERO

Tutto è perso
di ciò che non avevamo.
Tutto ciò che più non trovi
è perché non lo riesci più a sognare.
Sarà che sono lontano dal mare,
sarà che non riesco più ad amare.
O forse che il tempo perduto
mi sembra un’era da riconquistare.
Forse è l’amore che duole,
o forse è il dolore che non ci vuole
lasciare… ah naufragare!
Oggi avrei voluto un abbraccio,
oggi avrei voluto un senso.
La Patria lontana mi sembra un miraggio
e intanto rimembro, assorto,
e nel silenzio rimembrando
mi distacco dal mondo.
E di colpo, come saetta,
niente più mi tocca
di tutto ciò che mi trapasssa.


POP VISION WORLD

Il cielo è nero
con palline gialle,
la vita è bianca.
Cadono bombe,
cadono stelle,
la gente muore
e i sogni rimangono.
Il cielo è azzurro
con pallini bianchi,
la vita è autentica,
cresce scuro dolore,
dalla terra nient’altro.
La gente accenna
un sorriso che è falso,
i sogni si infrangono.


SAI CHE PENSO

Sai che penso?
Che tutto sia
un immenso nulla,
con dentro e fuori sogni.
Con sopra e sotto cose
troppo grandi o troppo piccole
per poter essere capite e colte.
Sai che spero?
Spero una stretta di mano
e un cielo sereno,
spero un senso lontano
e un amore vero.
E di tutta questa infinità
poco importa cosa
ci toccherà alla fine:
Intanto respira!


POESIA DI NATALE

(Fr)

Un homme regarde le ciel
assis sur le sable du désert
il est nuit et le froid s’installe,
il se couvre avec son manteau
et de tout son coeur il se demande:
viendra t-il jamais un jour de calme?
un temps nouveau pour le monde?
Quand, mon Dieu, nous sera
annoncée la bonne nouvelle?
et surtout, avec toute mon âme,
à quoi ça sert toute cette souffrance?
Mais voilà une étoile qui brille
dans les yeux d’un enfant
il trouva sa réponse et dans
l’amour de Marie, sa mère,
son espérance et la notre.

(It)

Un uomo guarda il cielo
seduto sulla sabbia del deserto,
è notte e il freddo si fa denso,
si copre con il suo mantello
e con tutto il cuore si domanda:
verrà mai un giorno di calma?
Quando mio Dio, ci sarà annunciata
questa buona novella e soprattutto,
con tutto il mio cuore, a cosa serve
tutta questa sofferenza?
Ma ecco nel cielo una stella che brilla,
negli occhi di un bambino trovò
la risposta e nell’amore di Maria,
sua madre, la sua speranza e la nostra.


SILENCE PLEASE

Tutto
porta via
il tempo
i belli
e i brutti
i vincitori
e i vinti
i pianti
e le feste
le regge
e le case
di paglia.
E non rimane
nient’altro
che il vento
sui campi
e il mare,
eterno,
a guardia
dei tempi.

[continua]


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