A Silvano, Claudia, Fabio,
Mauro e Sara,
con infinito amore.
parte I
PREFAZIONE
Carla Lacqua Ferrari scrive da molti anni poesie, racconti e storie autobiografiche.
Descrive stati d’animo, sensazioni, comportamenti e pensieri con la stessa perizia, creatività e competenza con i quali il pittore, con sottili e precise pennellate, crea un’opera d’arte.
Le liriche, per essere tali, devono concretizzare un pensiero, fermare e sintetizzare un concetto, ma devono anche rappresentare un’idea nella sua essenza.
L’esposizione prolissa e ampollosa uccide la spontaneità e la freschezza del verso, impedisce un approccio sereno con la lirica stessa, sminuendone l’efficacia e la sincerità.
Carla Lacqua Ferrari ha il dono della naturalezza: limpida è la voce, scorrevole il ritmo, significativo il messaggio, dentro il quale lievita una vita interiore intensa e dolorosa che dà pregio alla struttura di tutta la sua opera.
La profonda inquietudine del suo spirito genera ritmi incalzanti, spesso avvolti nel mistero dell’inconscio, dove trovano spazio incertezze e speranze, interrogativi e risposte, dove il rifiuto del quotidiano apre la strada al desiderio di comunicare altre prospettive, di anelare ad un futuro migliore, ricco di emozioni e di sentimenti.
L’Autrice, nelle sue liriche, mostra l’animo nudo, scegliendo l’arduo cammino delle sue vicende personali, del suo peregrinare in un mondo dove non c’è posto per i deboli, per i giusti, per i quali è precaria e fragile la vita e dove i sognatori non riescono che rare volte a sollevare lo sguardo verso il cielo e ad implorare libertà e giustizia.
Maria Giovanna Casu
Milano, 30 aprile 2009
IL TEMPO
La vita è regolata dal tempo
tutto quanto gira intorno a noi:
il lavoro, la famiglia,
gli amici, gli amanti.
Alla fine il tempo passa
e nel fondo del mio cuore
mi domando se quei minuti,
ore, giorni, settimane, mesi,
anni e decenni siano stati spesi
nel miglior modo possibile.
ARCOBALENO
Non ti fermare, pensiero,
vaga ancor più lontano,
fra un tuono e un lampo,
tra la pioggia e un raggio di sole.
Sali fino alle vette più alte
per ridiscendere, portato dal vento
su verdi pianure esaltate di fiori.
Dondola gioioso sull’arcobaleno,
scivola leggero sul piccolo lago…
FOGLIE
Il vento sussurra
tra i verdi rami delle foglie,
sdraiata sull’erba
si quieta il mio spirito,
dolce è il mio respiro
che delicato ti accarezza.
Mentre le bianche nuvole
danzano nei tuoi occhi
il cielo illumina il mio viso…
ILLUSIONI
Non saprò mai
dov’è finita
la manciata d’illusioni
che mi donasti un giorno,
è vano cercarle
nelle notti crepitanti
di stelle.
Si è spenta la risata,
l’allegria è nella memoria,
ma c’è stata…
e per un breve momento
mi ha dato la felicità.
Parte II
PREFAZIONE
-A mia madre, presente nel passato,
nel presente e nel futuro, preziosa
guida nelle avversità della vita-
“Sono cresciuta
avvolta nel gomitolo
del dolore
e mi sono bruciata
col fuoco del livore”
Con questi versi Carla Lacqua Ferrari apre le porte alla riflessione e alla meditazione, presupposti necessari per elevare ancora di più, i toni lirici del suo dramma familiare.
Là dove gli elementi predominanti della psiche umana giungono a sprofondare negli strati più oscuri dell’Io, riuscendo a ripescare quei sentimenti più a lungo tenuti nell’oscurità e per questo saturi di cariche vitali altamente attive, allora essi esplodono, disperdendosi in mille rivoli.
L’Autrice, raccogliendoli, li incanala nelle liriche con effetti di grande suggestione, ne modifica la motilità, la nocività, la negatività e ne riequilibra i contenuti. Il dolore, quindi, non diventa un pianto da assecondare nelle sue diverse intensità, ma lo scopo per sottrarsi alla schiavitù terrena, innalzando il pensiero.
Dalle vicende personali, nelle quali emerge la figura della madre, Carla passa all’analisi attenta della donna che muore, ma che risorge nella metamorfosi del pensiero.
Nel ricordo esiste la sofferenza estrema di un dramma, ma nella sublimazione si afferma un concetto fondamentale: “Tutto ciò che è caduco è destinato a perire. Elevando lo spirito, si modificano sostanzialmente i limiti ai quali l’uomo non può assoggettarsi”.
Maria Giovanna Casu
Milano, 30 aprile 2009
GATTINO
Mamma,
stanotte il tuo gattino
ti ha sognata:
eri insieme al tuo gattone,
e mi sorridevate serene…
Mi sono svegliata
spaventata perché
il sogno
era troppo reale
ed il mio cuore
batteva all’impazzata.
Poi ho capito
il messaggio:
tu, e Elena, Lassù,
vi siete ritrovate!
NEGAZIONE
Perché non mi hanno
insegnato ad amarti?...
Ho vissuto col tormento
di un abbraccio negato,
di un amore mai vissuto.
Perché ho respinto
il tuo cuore
trafitto dal dolore?
Avrei voluto
ubriacarmi di stelle
e invece mi sono
ubriacata di rancore…
FUGGIRE
Non puoi amarla,
è tanto cattiva,
fuggi da lei…
non farti prendere:
può farti del male.
Voci sussurrate,
talvolta alterate,
ripetono questa cantilena
e io sommessamente piango
nascondendomi
dietro le mie paure…
MAMMA
Potevi essere
una splendida donna,
piena di brio e gioia
di vivere.
Quando cantavi
la tua bella voce
raggiungeva gli Angeli
e le tue piccole mani
creavano ricami
con fili dorati.
Perché non ti hanno aiutata?
Era così difficile
accoglierti fra le braccia
e consolarti con amore?
Sono certa che per noi
ci sarà un’altra opportunità…
sappi che ora,
tu
sei nel mio cuore…
LIVORE
Sono cresciuta
avvolta nel gomitolo
del dolore
e mi sono bruciata
col fuoco del livore.
Di notte per consolarmi,
raggiungevo il firmamento
e posando la testa
sul cuscino dell’innocenza,
cercavo spazi aperti
nel blu dell’universo…