In copertina: theatrical mask © Sean Gladwell – Fotolia.com
Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori quale opera finalista nel concorso letterario J. Prévert 2011
Prefazione
Nella silloge di poesie “Dietro la maschera”, Cassandra Bianchi testimonia un modo diverso di “guardare” il mondo, di essere “dentro” la vita, fino a scoprirne le “linee essenziali”.
Dalle prospettive profonde, ogni minimo gesto e labile pensiero di questa vita, incarnano un passo nella rivelazione che conduce al destino inesorabile, al “sentirsi vivere” senza meta, quasi a fare i conti con il disagio che incombe: la parola poetica si intreccia con la vita e la contagia, elevandola alla pienezza del vivere.
Le stesse parole nascono dal vivere, proiettano le ombre nascoste, quel mondo che è kryptòs, nascosto alla visione superficiale, ma che può emergere con riflessi nuovi e con lucide percezioni.
Dal cuore escono allora frammenti incandescenti ma il gelo dell’incomprensione crea uno stato doloroso, l’ansia viene tradotta in immagini, il corpo si scuote e la mente tende a “narcotizzare la ragione per spicchi di illusioni”, in una proiezione relazionale che illumina la “strada maestra”, ossia la “verità”: comunque, sempre e solo, una delle “verità”.
La poesia di Cassandra Bianchi è espressione lirica che necessita di un processo di decriptazione, anzi, v’è quasi la volontà precisa nel fare in modo che tutto resti misterioso se non si conosce la chiave per decodificarne il linguaggio.
Tutto ciò come a voler rivalutare all’interno della sua visione poetica, le innumerevoli frammentazioni e le infinite, possibili e compatibili, percezioni collegate alla condizione esistenziale.
D’altronde, solo ciò che è banale è semplice da capire.
Non vi sono gesto o pensiero o lampo dell’animo che appaiono nella loro forma, ma vengono trasfigurati in un continuo alternarsi di immagini, visioni e sensazioni, che riconducono ad una complessa ricerca interiore.
Cassandra Bianchi, in equilibrio tra ego e “timida purezza”, vive pienamente la sua visione lirica e, in ultima analisi, paradossalmente, desidera porgere ciò che esiste dietro la maschera: mettere a nudo ciò che è celato, segretato dietro la falsa apparenza, occultato allo sguardo disattento, ammantato da un infingimento.
Ma tale processo è possibile solo per coloro che riescono a decifrare l’enigmatica sequenza del vivere che viene mostrata, lirica dopo lirica.
Nella vita odierna tutto viene sbranato o soggiace all’omologazione, in un cammino che è in bilico tra umanità e separazione: e Cassandra Bianchi, inietta, nella sua lirica, la finale constatazione che vede e sente il poeta come “un limbo senza terreno/un cielo senza tetto”.
La seduzione della sua poesia inghiotte nel complesso degli stati d’animo che nascono da esperienze autentiche: la sua parola partorisce forme illusorie e le distrugge con fatale determinazione.
Cassandra Bianchi oltrepassa il nucleo stesso della sua poesia e, in una visione parossistica, scopre le regioni segrete dove vita e morte sono intrecciate; percorre le zone dove l’inquietudine è immanente all’esistenza: ed è negli incendi interiori che la sua parola trafigge.
Massimo Barile