E se fosse ora di partire?

di

Christian Caldato


Christian Caldato - E se fosse ora di partire?
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 92 - Euro 10,00
ISBN 978-88-6587-8828

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina: «Ship in a bottle» illustrazione di Peter Manuel


“Negli anni seguenti, ho raccontato questa storia così tante volte che ho la sensazione di romanzarla. Il mio cervello agguanta porzioni di desideri e li trasforma in imprese eroiche. Ma fortunatamente deve anche riuscire a dare un senso alla storia. E come avrete intuito io non sono un supereroe. Quindi, vi posso assicurare che quello che leggerete non è molto lontano da quello che accadde realmente.
Mi torna in mente nel mio quotidiano. Mentre lavoro, mentre sono in giro e passeggio. A distanza di tempo, ancora la mia mente vuole tornare a rivivere ciò che ho imparato.

Il punto è che quell’esperienza mi ha segnato. Ha tirato fuori l’animo che stavo seppellendo. Quello che sentivo di aver dentro ma che non ricordavo come smuovere. Stavo diventando la rana bollita di Chomsky. E per non diventare quella rana, ho bisogno tutt’oggi di raccontarlo agli altri, per ricordarlo a me.”


E se fosse ora di partire?


Ai miei genitori,
per avermi permesso di essere quello che sono.


«Ho trovato più amore nelle tue bugie
che nelle verità del resto del mondo».

Ken Adams


1.

Sono le notti dove non noti la luna, quelle in cui ci si distrae e si perde la via maestra. Sono le notti che ti accompagneranno nella vita come l’incrocio tra l’inevitabile conosciuto e il futuro da scrivere. E come potrete intuire io imboccai il mio futuro da scrivere.
La verità è che da sempre adoro sistemare le cose. Non so di cosa si tratta. Ma ho sempre trovato una certa attrazione per le cose rotte, e riutilizzate. O per quelle che hanno trovato un secondo impiego. Da piccolo sognavo di avere una discarica di oggetti inutilizzati, per poter dar loro una nuova vita. Non ho niente contro le cose aggiustate. Solo non mi interessano le cose perfette. Mi piace il mondo delle cose rotte, pronte per essere riparate. Mi piace il passaggio dall’inutilità al sorriso, nascosto nella crepa dell’imperfezione di un oggetto che non potrà essere più lo stesso. Nella sfortuna di aver perso un oggetto si annida la consapevolezza del suo valore. Ed è nel sentiero di questo pensiero che mi sono di colpo destato.
L’annuncio sembrava scritto a mano. Un inchiostro leggermente sbavato dall’umidità, scritto su carta sgualcita a quadretti, che non vedevo dai tempi delle scuole elementari. Certe cose rimangono nella nostra mente e sconfiggono il tempo. La Daewoo Matiz rimarrà per sempre nel giorno del mio diciottesimo compleanno. Le buffalo, grazie al cielo, nella mia adolescenza. E i fogli a quadretti saranno per sempre alle elementari.
Quel foglio se ne stava appeso alla bacheca in sughero degli annunci con una puntina in metallo. Spiccava tra gli altri per quella sua poca cura nell’estetica, per la sua modalità di presentazione. Tutti gli annunci sgargiavano colori e font ragionati. Questo era un pezzo di carta, strappato al macero, che aveva potuto in extremis compiere il dovere per il quale era nato.
Credo. O ci convinciamo che almeno sia così. Alla fine tutti compiono il proprio destino. O meglio, non c’è modo di provare che non sia così. Non mi ha mai lasciato completamento soddisfatto questa spiegazione. Nasco “bastian contrario”. Non mi basta che tu non abbia torto per darti ragione. La differenza è tutto per me. E credo fu proprio quella monumentale differenza ad attirare la mia mente. In quella locanda c’ero passato già diverse volte, ma non mi era mai balenato, nemmeno per il più vigliacco desiderio, di avvicinarmi a quella bacheca. Quella sera qualcosa cambiò. Quella sera il tragitto taverna-camera aveva una fermata in più.
Esistono situazioni che sei certo accadranno. Ne hai la certezza matematica, anche se non sei in grado di spiegartele. Se avessi il desiderio ingegneristico di renderle con una formula matematica non saprei da dove partire. Ma la realtà si cela in una sorta di automatismo appreso. Come quando di colpo ti torna in mente una persona che non vedevi da tempo immemore e poche ore dopo la incontri. Come quando nella discussione con tua moglie se comprare o meno quella moto, sai già dall’inclinazione delle sue guance se la risposta sarà affermativa, indipendentemente dalle sue parole. Leggendo quelle parole io sapevo, che lì dentro c’era qualcosa per me.
Sono uno squattrinato giornalista freelance. E quando una persona entra in questa categoria ha il lusso di concedersi due spiegazioni per giustificare l’insuccesso. La prima è l’universale colpa del sistema. L’economia non gira, non mi si permette di avere un contratto decente. Non c’è una società meritocratica e via con la sfilza infinita di scuse trite e ritrite. In questo modo si può arrivare a vivere decentemente. A livello economico in fin dei conti si riuscirebbe a vivere degnamente se si evitasse di spendere 800 Euro per un iPhone ogni due anni. Ma scaricare le colpe sugli altri è un’arte diffusa dalla notte dei tempi. Quando Adamo prese ad annoiarsi nell’Eden, convinse Dio che era il caso di avere una donna. Ed ora, una volta che l’ha sposata, può lamentarsi tutti i giorni di quanto essa sia imperfetta.
La seconda colpa di insuccesso invece chiama in causa le abilità. E la principale abilità di un giornalista freelance è il fiuto. Per essere sulla cresta dell’onda bisogna ascoltare il proprio naso. E io devo ascoltare il mio. Ora, voi avete la fortuna di essere lettori e quindi di non vedermi, altrimenti stareste ridendo come il resto della gente. Vedete, io ho un naso buffo. È appiccicato sulla mia faccia, come se fosse un pezzo in più. Altra forma, altra pigmentazione. Come se dopo un incidente ne avessi preso uno a basso prezzo in sostituzione del mio, andato perso. Non una colluttazione. Una passeggiata andata male. La verità però è che senza naso non sarei dove sono ora.
Il naso è il re delle cose date per scontato. L’uomo nemmeno sapeva di averlo finché non ha scoperto lo specchio. Non lo vediamo, e ne veniamo a contatto solo per questioni noiose. È la sede del più inutile dei cinque sensi. Quello che se costretti a dover rinunciare ad uno di essi per qualche astruso motivo, avrebbe il cento per cento di adesioni. Nessuno si toglie vista, udito e tatto. Il gusto potrebbe competere per la corona del senso più inutile, ma per fortuna c’è l’olfatto. È Il personaggio defilato dei film. Andromeda nei cavalieri dello zodiaco. Nessuno lo nota. Il più delle volte passa anche per noioso, vista la tendenza a non voler combattere in un manga che si basa sul combattimento. Ma senza Andromeda, Pegasus non avrebbe superato la casa dei gemelli. Mettetevela via. Il naso vi serve più di quanto abbiate mai immaginato.
Il cartello diceva:
“Non importa chi tu sia. Accettiamo meno di dieci persone. Ci si imbarca in data 03/03. Si ritorna, generalmente. Riceverete un pagamento. Non serve esperienza. La farete. Portate 1.500 Euro. Se sai nuotare è meglio per te.”
Quando una persona dotata di senso comune legge un cartello simile, può solo sorridere. Non ride. Non rimane indifferente. Sorride. Come una porta socchiusa. Per aiutare la curiosità a trovare spazio nella mente. Per sbirciare un poco, senza entrare. Quando invece una persona non è dotata di quel senso comune, si trova in volto un’espressione che sta dicendo “so che mi sto cacciando in un guaio più grosso di me, ma non sono un novellino. O lo sono e non voglio accettarlo.” Me ne andai dalla locanda, più leggero grazie a quel sorriso, ma con un pensiero in più in testa. Chissà cosa diavolo sarà questa buffonata. Usare parole offensive e riduttive tende ad agevolare il superamento di prove difficili e l’incapacità di saperle affrontare. E la mente prese a scrutare nuovi fantastici mondi d’ipotesi.
Vivo a Venezia. La città dell’amore eterno. Non quella dell’amore tutto o nulla. Quella è Parigi. Venezia ti entra dentro. Ti modifica. Ti cambia. Spesso ti rende peggiore. Ma ti fa camminare. Ti fa vivere sbagliando. Ti tiene in vita. Ti fa commettere così tanti errori che alla fine ti ci innamori di quegli errori. E quella donna, o quella città, te la porti in ogni dove. Con l’umidità che non sopporti che ti entra nelle ossa. Con quell’odore che sale dal canale. Con tutto ciò che non sopporti, ma che ti manca appena provi a dormire oltre il ponte della Libertà. Una storia d’amore affronta le difficoltà. E le supera. E quelle cicatrici diventano le cose che più si ricorderanno con piacere. Saranno le icone di quella storia. Parigi è la città dove passare il weekend. Per ricordarsi di essere speciali, senza necessariamente esserlo. È la voglia di diventare VIP. È il desiderio di vivere sempre sulla cresta dell’onda. È l’amore che credevamo eterno, che abbiamo finito per scegliere perché nelle cartoline da sempre l’idea di piacere, di pulito. E il fango, quello che ci segna davvero, l’abbiamo lasciato a scolare nel canale.
Da qualche mese avevo fastidio ad un ginocchio. Avevo bisogno di camminare per sentire lentamente il dolore andarsene. Come se lo sudassi via, lentamente. Per questo avevo preso l’abitudine di non usare il bar sotto casa per la colazione, ma uno situato a sei ponti di distanza. Capiamoci bene. Non è molto. Un quarto d’ora di cammino. Ma Venezia non si fa guidare tanto facilmente. Sembra uno stallone ammaestrato. Ti convinci di conoscerlo e in quel momento commetti un errore fatale. Puoi percorrerla per anni e ritrovarti di colpo in uno scorcio nuovo ad uno sputo di distanza dal tuo solito tragitto. E così accadde. Imboccai una strada anzitempo, finendo in un vicolo cieco. Tutta colpa di quel fottuto cellulare che mi fa camminare chino, come un uomo in fase di evoluzione, alla ricerca di qualcosa che tutto sommato nemmeno mi interessa. La strada era chiusa, ma non fu quello ad attirare la mia attenzione. Non erano le mura a caratterizzarla, ma un’immensa raccolta di fogli di carta appallottolati. Carta scritta, e appallottolata. Come un futuro che poteva essere. Come delle parole non dette. Come un’idea messa da parte. Un sogno nel cassetto. O al bordo di un canale. E per terra, perfettamente integra e candida, una busta con su scritto il mio nome.
Capite bene che se una persona, camminando in un vicolo cieco sconosciuto di Venezia, trova una busta con il proprio nome può fare una cosa sola. Mi guardai attorno, quasi a controllare che non ci fosse nessuno. Come se quel nome non fosse motivo sufficiente a farmi avere il diritto di raccogliere una carta gettata tra le immondizie. In qualche modo mi sentivo di sottrarre un qualcosa di non perfettamente mio. Certo c’era il mio nome, ma come potevo pensare che fosse davvero per me? Voglio dire una busta in un vicolo pieno di fogli accartocciati credo non sia destinata a nessuno. Ma aprii la busta e lessi. Lessi attentamente. Quella lettera era per me, ma non era indirizzata a me. E questo mi fu chiaro dalle prime righe. Come se di colpo svelassero il finale di “Fight Club”. Tutto però iniziava a prendere una forma completamente diversa, senza aver ancora consapevolezza del tutto.
Inserii la busta nella tasca interna della mia giacca. L’avevo fatta aggiungere la settimana scorsa. Ed ora in qualche modo, sembrava aver portato a compimento un sentimento di necessità che non mi era da subito sembrato chiaro. Avevo comprato la giacca ad un prezzo stracciato, in un mercatino dell’usato. Mi piaceva, ma le mancavano le tasche. E quando nell’uomo adulto torna a splendere l’animo bambino, anche solo per un istante, non può non chiedere una tasca interna. Lì dentro si potrebbero celare tutti i segreti di MacGyver. E quella tasca rispose alle mie esigenze. E andai finalmente a fare colazione.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it