Cinzia Perrone - Mai via da te
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa 14x20,5 - pp. 70 - Euro 8,50 ISBN 978-88-6587-7777 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina fotografia dell’autrice Tutto nasce da un tragico lutto. Su di esso si innesta un lungo viaggio, che nasce dal dolore e dall’esigenza di liberarsene almeno un po’. Pagine ricche di riflessioni, finestre sul passato e narrazioni degli avvenimenti più recenti. Un percorso da intraprendere a cuore aperto, per cercare di lenire le ferite, riscoprendo il carico di vita dietro la morte. Una storia piena di malinconia e gioia al tempo stesso, affetti familiari e antichi dissapori. Superare tutto questo si può: con la forza dell’amore e un’infinita comprensione. Amerete, soffrirete e gioirete con i protagonisti di questa vicenda, che sentirete vostra fino all’ultima riga; scoprendo alla fine che c’è sempre una lezione da imparare dietro ogni accadimento che riguardi la nostra vita, finanche dalla morte di un caro. Nulla avviene per caso. Ognuno di noi segue un cammino in questa vita, un percorso che ci aiuta ad evolverci e migliorare, e che in qualche modo siamo sempre noi a tracciare. Anche l’esperienza di una perdita come questa, oltre che causare tanto dolore a chi rimane, può far capire tante cose, magari ad alcuni più che ad altri; qualcuno che forse aveva bisogno di recepire un qualche messaggio in particolare. Al tempo stesso imparare a non soffermarsi sul perché e il come delle cose, ma ad accogliere ogni ostacolo come una prova da superare. La vita dove toglie mette, non ci abbandona mai. Premessa In queste pagine viene affrontato e analizzato il mio dolore per la perdita di mio fratello; la fase dura dell’elaborazione di un lutto, che ognuno cerca di risolvere come può: io l’ho fatto con la scrittura, che da sempre mi accompagna e mi dà sollievo. Attraverso i ricordi vicini e lontani nel tempo, ho cercato spunti di riflessione; un viaggio nel tempo e nello spazio, ma soprattutto nei sentimenti. Cercando a volte delle risposte o semplicemente lasciando degli interrogativi irrisolti. Scrutando dentro me stessa e negli altri intorno a me. Alla ricerca della mia forza intima e segreta, che riesce a venir fuori principalmente quando scrivo. Cinzia Perrone Mai via da teA mio fratello Gennaro All’improvviso il silenzio fu rotto dal suono del telefono. Nel mio dormiveglia quel suono apparve molto confuso, tanto da non essere decifrato completamente. Era un venerdì, ma non un venerdì qualunque; era il venerdì che anticipava i bagordi del ferragosto. Ebbene, quel venerdì 12 agosto, ero stanchissima e andai a letto alle nove e mezza, crollando come un sasso. – Fortunato, che è successo? Dimmi… allora… ho capito… A quelle parole la mia mente cercò di reagire, ma ormai aveva compreso tutto; mi si era offuscato tutto innanzi, come se fosse sceso davanti ai miei occhi il più denso banco di nebbia che si possa immaginare. Lei, la mia mente, sapeva bene quanto lui stesse male e aveva preventivato ogni cosa. Ma il cuore no, lui proprio no. Pianto, singhiozzi; non riuscivo a fermarmi, né tanto meno riuscivo a proferire parola: si erano strozzate tutte nella mia gola. Riuscivo solo a sillabare il suo nome. Sergio mi strinse forte, in un abbraccio che sembrava una tenaglia; non cercava solo di dare conforto a me, ma di scaricare anche la sua rabbia e il suo dolore, che cercava prepotentemente di trattenere a causa mia, perché voleva essere forte per me, affinché potesse essermi di sostegno e di conforto. Io però lo sentivo come stava soffrendo anche lui; lo percepii dal suo abbraccio affettuoso ma pieno di rabbia. Razionalmente capii che dovevo vomitare tutto, come quando uno sta male di stomaco, ma sa che quella è l’unica soluzione per sentirsi un po’ meglio, anche se è molto fastidiosa. Dovevo riuscire a parlare, a pronunciare qualche parola, in particolare quella odiosa parola che inizia con la emme; dovevo dirlo per convincermi che fosse reale, che fosse successo davvero, perché una parte di me era ancora incredula, o semplicemente non poteva e non voleva crederci. Era così, non ci volevo assolutamente credere! Magari in quel modo non sarebbe stato reale. Così, di istinto decisi di chiamare quella che credevo fosse una mia buona amica; ora so che non lo era, o per lo meno non abbastanza quanto io volessi e credessi, ma alla quale comunque continuerò a volere un gran bene, come in quel momento, altrimenti non avrei deciso di chiamare proprio lei. Sergio voleva fermarmi, giudicava il gesto avventato e inopportuno, forse sapendo che avrei avuto postuma l’ennesima delusione per il mio carattere troppo spontaneo e fiducioso; ma io ero troppa sconvolta e avevo già inviato la chiamata dal cellulare. – Pronto… – Sono Cinzia, ti devo dire una cosa; scusami se ti chiamo a quest’ora ma avevo bisogno di dirlo a qualcuno… – Il tutto tra lacrime e singhiozzi tali da rendere appena comprensibile la conversazione. – Cosa è successo? Calmati tesoro… Dimmi… – Mio fratello – Balbettando quasi – È… è… mor… to… La mia amica rimase sconvolta e incredula, non seppe dirmi altro che frasi di circostanza, ma del resto in quei momenti non esistono parole adatte, ma aveva inteso che il suo compito principale, che in quel momento le veniva richiesto era quello di ascoltare. Le sue prime parole furono di cordoglio e anche consolatorie nei miei confronti, quasi mi volesse coccolare. – Mi dispiace tantissimo, sii forte; ti voglio bene! E sempre tra lacrime e singhiozzi, parlammo dei miei poveri nipoti, che sarebbero dovuti crescere senza un padre; lei, tra le altre cose, era stata anche la maestra della figlia più piccola di mio fratello, Anna. Se sono rimasta delusa nei confronti di questa mia amica, è perché mi aspettavo che mi richiamasse in seguito per sincerarsi del mio stato e per conoscere meglio i tristi avvenimenti che quella sera non fui in grado di esporle; invece, quella fu l’ultima volta che ci sentimmo. Devo averla sconvolta sul serio, per suscitare una simile non-reazione. Ma col tempo ho imparato a sorvolare sulle aspettative disattese delle altre persone; anzi bisognerebbe vivere senza aspettative, su niente e su nessuno. A volte non dovremmo nemmeno a noi stessi richiedere tanto. Adesso, ringrazio solo di avere avuto una persona da chiamare, su cui riversare la mia sofferenza, il resto bisogna prenderlo con filosofia e magari capire che quella persona o non era all’altezza, o semplicemente non se la sentiva di conformarsi al comportamento richiestole. Accettare gli altri anche nelle loro mancanze, magari pensando che vi possiamo incappare anche noi in comportamenti per altri sgradevoli, è un limite umano. Conclusasi quella telefonata bisognava tornare minimamente lucidi, pensare a prepararsi per il viaggio da affrontare l’indomani e se c’era da chiamare e avvisare qualcuno di importante; il resto fa volume. Sergio, avvisò mia suocera, alla quale poi avremmo dovuto lasciare Katia, nostra figlia, per il tempo che sarebbe servito.
Se fa triste ‘a luna ‘A terra mia luntana sta Quanno ce ritorno int’e vacanze E se ‘o bbene pe’ sta terra – Ci ha lasciato, Genny ci ha lasciato… – Soffrivo nel sentirla così straziante di dolore, e tra le lacrime la lasciai dicendole: – Ti voglio bene mamma. – Non aggiunsi altro. Mentre accadeva tutto questo, la mia piccola Katia si era svegliata; io non me ne ero neanche accorta e come potevo nello stato in cui mi trovavo. Con le lacrime che mi rigavano il viso e il capo sul cuscino, provai a chiudere gli occhi, ma invece di venirmi sonno, fui invasa da mille e più ricordi assordanti nella testa. [continua] Contatore visite dal 19-04-2017: 2082. |
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