Frontiere

di

Claudio Guardo


Claudio Guardo - Frontiere
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 32 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6587-8194

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è segnalata nel concorso letterario Jacques Prévert 2017


Motivazione dell’attribuzione del Premio:

Frontiere tra il qui e l’altrove, tra il silenzio e la parola, tra la vita che ci è data e tutte le vite possibili, incrociate per un attimo o mancate per un soffio: è su questa linea sottile che si muove Claudio Guardo in questa nuova raccolta, accordando i suoi versi brevi e nitidi al passo leggero e cauto del viaggiatore di confini, dell’esploratore di spazi cangianti e inquieti. Spazi avvinti da un moto perpetuo, come le Simplegadi del mito, che qui diventano simbolo degli urti casuali e inevitabili del destino da cui è vano cercare riparo; spazi sfuggenti come il presente, inafferrabile nel suo essere già diventato passato, e altrettanto illusorio nella sua irridente promessa di futuro; spazi abitati dall’impossibilità del desiderio, come il “piccolo seno” su cui mai si potrà trovare riposo, o come l’“isola inesistente” che sfuma nell’ombra in un tripudio di rosso e arancio tale che par di poterla toccare… ma no, il riverbero è tutto negli occhi, mentre la mano rimane vuota.
Quelle di Guardo sono poesie della sottrazione e dello scavo, concentratissime sul dettaglio – l’acero rosso, una foglia secca, un carillon – e avare di parole, nitide nelle immagini – le campane nella sera stellata, le bacche del sorbo che arrossano il giardino – e sobriamente raffinate nei riferimenti colti. Sono poesie misurate, che proprio da questa misura ricavano lo strumento per uscire dallo spazio angusto dell’autobiografismo e dell’emotività per trovare, invece, il respiro più ampio della mente che si interroga, e talvolta si arrende, di fronte alla meraviglia di una vibrazione, allo scandalo di una nuova ferita, alla drammatica ed esaltante scoperta che non vi sono risposte, ma solo domande, fino alla fine.

Olivia Trioschi Presidente del premio letterario «J. Prévert» sezione poesia


PREFAZIONE

Scrivere una prefazione a questa raccolta risulta compito particolarmente arduo: si corre il rischio di scrivere “parole sulle parole”. In altri suoi lavori l’autore ci ha parlato di quanto l’inutilità delle parole sia una dolorosa constatazione. Si rivela l’inganno di uno specchio deformato, non c’è corrispondenza tra le parole e i significati.
Dunque, perché scrivere, perché soccombere ad una necessità che non trova sollievo?
Col passare del tempo, limando il suo scrivere, asciugandolo, interrogando sé stesso e il mondo che lo circonda, l’autore si avvicina sempre di più a quel filo teso tra la parola e lo Spirito, l’essenza del suo essere umano. Nonostante il poeta ci dica “terrò per me / questa pena / di parole / sconnesse”, egli come essere umano, arrivato ad una dolorosa consapevolezza data dall’età e dalla realtà sempre più presente e viva della morte, si interroga angosciosamente sul senso di tutto, di quello che ha fatto, di quello che ha detto e non ha detto (la poesia “Le parole che non ti ho detto” è lo straziante sussurro dei rimpianti del passato, che bussa insistentemente al nostro cuore). Constata dolorosamente la sua totale casualità, come in “Simplegadi”, le isole della mitologia greca che si scontrano tra loro. Sa bene di ripararsi invano all’urto degli avvenimenti.
L’uomo che riconosce in sé questo smarrimento, non può non essere solidale con lo smarrimento dell’uomo a lui pari. In “Frontiere”, ci parla non di uno straniero ma di un fratello, al quale chiedere perché è qui e a cui cercare un futuro. Domande che in realtà pone anche a sé stesso.
E arrivando al cospetto di sé stesso, vede il Nulla, e si accorge che in quel Nulla, in quel senso di totale mancanza di controllo sulla propria vita, scorge Dio. “Meister Eckhart” stringe il filo tra la parola e lo Spirito in un nodo fortissimo, raggiungendo il cuore dell’angoscia umana: “Dio è assente / eppure esiste / e non ci credi”. Che senso ha chiamare “Padre” un Dio assente?
Eppure nella “Meditazione sul salmo 77” c’è una certezza. Il vento (pneuma-spirito) testimonia l’impossibilità di negare quella presenza divina, quella che si avverte proprio nel nulla più assoluto.
L’uomo si interroga, anche se ha già la risposta.
Questo perché l’uomo consapevole della presenza divina è costretto a riconoscere suo malgrado quando, come in “La madre velata”, “non ha avuto il coraggio di dare da bere agli assetati”.
E così, in questo angosciato evitare di dare la risposta alla domanda, (quella risposta che già si conosce!) “notti e giorni/scorrono/senza trovare / un perché; / qualcuno è morto” (in “Toccata”) e “La traccia del tempo” (…) “colma fino / all’orlo coppe / d’amarezza”. (In “La traccia del tempo”).
Sembra non esserci via d’uscita dal nostro vicolo cieco.
Eppure, tutto a un tratto, balenano i colori. “L’acero rosso”, “Le foglie verdi”, i “Riflessi in una pozza d’acqua”, “Quattro colombe alla fontana” alla luce del tramonto…
In queste poesie “Scende la sera” e “stancamente autunna”: c’è sempre il presagio di una fine vicina, ma dentro queste parole si respira una strana e insperata serenità, punteggiata di dettagli, di sere stellate, di danze, di luci che si accendono e si spengono.
Questo balenare di immagini, vivide del loro tempo presente, si affievolisce in un confuso caleidoscopio. Di fronte al tempo presente, in tutta la sua grandezza “nessuno / stasera / chiederà / più nulla”.
Ma rimane tutto irrisolto, tutto sospeso, l’uomo ha rifiutato il suo specchio. Quello fatto non di parole ma di coscienza. E rischia di trovarsi come Epimèteo “Sono colui / che capisce / dopo (se qualcuno / spiega)” … “eppure / credevo che / i miei pensieri / fossero retti / e chiari / senza/rendermi conto/dell’inganno”.
Proprio in questo inganno, l’uomo-Epimèteo causa i mali del mondo, dando il suo vaso a Pandora…
Ma la poesia, quella pervasa non solo di parole ma di quel filo rosso tra parole e Spirito, come è nel caso di questa raccolta, può rimanere come traccia di quella infinita tensione verso il Divino, che ci rende Umani.

Sonia Guardo


Frontiere


FRONTIERE

Controlla
il suo passato
e il suo futuro
(se lo trovi)
chiedigli
di esibire
il permesso
di esistere
ma soprattutto
chiedigli
perché
e non
accontentarti
della risposta.


CANZONE DELLA MADRE MORTA

A Te affido
il mio sangue,
in questa
primavera
che stenta
a verdeggiare:
io credo
che un giorno
mi spiegherai
perché non posso
tendere le mani,
ora che sette
spade trafiggono
il mio cuore.


EPIMÈTEO

Sono colui
che capisce
dopo (se
qualcuno
spiega)
e molte
cose mi
sono oscure:
eppure
credevo che
i miei pensieri
fossero retti
e chiari,
senza

rendermi conto
dell’inganno.


SIMPLEGADI

Qualunque cosa
tu cerchi di fare
non riuscirai
a fermare le Simplegadi
che urtano
contro il tuo destino;
la gioia del sogno
è limitata
a un attimo,
ma lungamente
ti sei illuso:
ora vivi al riparo
nel tuo rifugio
tentando invano

di tenere fuori
il mondo.


MEISTER ECKHART

Vide il nulla
e il nulla era Dio

Il silenzio è pieno
di frasi negli
ambulatori bianchi
dove i pazzi
oscillano
come un pendolo;
le frasi crescono
a dismisura,
Dio è assente,
eppure esiste
e non ci credi:
molti dicono
“Padre” senza
comprendere

cosa possa
significare.


MEDITAZIONE SUL SALMO 77

In die tribulationis meae__
Deum exquisivi

Cogitavi dies antiquos
et annos aeternos in mente habui

Signore, il vento,
insinuandosi
lungo le strade
con un suono
d’arpa,
testimonia
come sia
impossibile
negare
ciò che esiste:
né saprei
dire
perché questo
avvenga.


ANDREA

Cercate con
calma il
corpo
di Andrea
o quello che
ne resta;
di Andrea
venuto
dal sole
a morire
in una
notte fredda,
che non sarà
portato alla

fossa comune in
un’auto di lusso.


EPIGRAFE

Terrò per me
questa pena
di parole
sconnesse,
senza il coraggio
di guardare
lo specchio,
questa pena
senza fondo
né occhi:
ora, per strada,
si aggirano
soltanto
ombre.


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