L’ordine delle cose
Quando è tempo bisogna seminare.
Lo dicono i vecchi che sanno
e non fanno fatica a ricordare
le stagioni scritte sull’erba.
L’ordine immutabile delle cose
è una grinza scura
nell’ora celeste delle fate.
Per follia di vento
Per follia di vento
la tua veste rossa
potrebbe alzarsi
sui vaghi nastri rosa dei cirri,
erranti pianure d’aria
a dissetare il seme.
Ricadere d’improvviso
sulle guglie dei templi
in lucido argento d’oriente
e naufragare nelle narici di Roma
che tutto copre e dimentica
del mondo.
Per follia di vento
la tua veste rossa
potrebbe alzarsi
e volerti ora accarezzare
sarebbe ardita esperienza,
se già ti vedo ondeggiare
verso un altro mare.
Amami adesso
Vigila sui nostri corpi distesi,
sul manto di pulsioni abbandonate
come braci di fuochi spenti.
La stanza è in ordine
e sembra non accorgersi di noi
che indugiamo all’amore
senza bottoni sul petto che batte.
Ti alzi d’improvviso
e le spalle bianche sembrano il sipario
di questo momento che sta finendo
senza chiederne il permesso.
Amami adesso, dolce paradigma
di parole pronunciate e dimenticate,
adesso che già scorgo scivolare
le ore contigue tra remoti pensieri,
adesso che ho fame.
Voglio essere estate
Gli storni di sera
sembrano onde migranti
sulle cattedrali di marmo
che si artigliano al cielo.
La notte già abbruna
tra le opache bugie
e le mie piccole viltà
che sanno di timo e lavanda,
sanno di pulito.
Voglio essere estate
in un tiepido rondò di vento,
quando il sole tornerà a cantare
sulle gemme del grano e dell’alloro
come lucida sciabola di fuoco .
Di nuovo giullare d’amore,
si inchinerà a lusingare la terra
per bruciarne la veste che danza
e nel tempo lieve di un mattino
l’innocenza se ne andrà.
Gioco di bambola
Per ogni istante
pensato con amore,
quando anche i limoni
diventano rossi nelle giare
ed il re dei ragni
lo copre di ricami
per nascondere i vuoti
di un angolo felice.
Per ogni casa di pietra densa
intorno ai tuoi occhi di uva spina
che ogni sera raccolgono
il sussurro del silenzio
e non calmano la sete
ferma nei cerchi del pozzo.
Per quando ti vedrò volare
tra le corde di un’altalena
ed il vento spingerà la schiena
verso un ladro senza luna
che ti spettinerà i capelli
e sarà dolce l’inganno.
Come quando fissavo il cielo
Amo il silenzio di questa notte,
come quando fissavo il cielo
tra le tue ginocchia
e poi ti addormentavi
al di là del giardino
per farti ricordare.
Il suono delle promesse
era scritto sulla tua seta viva,
sopra la cenere e la terra
del mio cuore contadino.
Come cambia i colori
la luce della luna
in questo largo sagrato
di pietra nera
da regalare a una sposa.
Dammi la penna per scriverti
e disegnerò le strade dove andare,
potrei ancora avere cose da dire
con le labbra sul cuore.
Si aprisse adesso il paradiso,
vorrei che fosse qui
e se solo tornassero
a sfiorarmi le tue dita,
a tutte le finestre lo direi,
stanotte.
Confessioni di un mentecatto
Della vita sono un ospite sgradito
e nel cortile la luce è molesta,
scendono i miei pensieri senza soluzione
nei gomitoli della mente
ed i ricordi ho già consegnato
ad un luogo che un tempo tenevo per mano.
Sono io il peso delle coscienze
che non leggono l’altra realtà
sulle mie dita senza unghie,
sul pudore del mio silenzio.
Distrattamente invento la musica
che non riesco a cantare,
corolla di mille note morte
che si spengono in gola.
Notti insonni di parole nuove
che nubi nere poi occultano al sole
e cercarle ora fa male
nel magazzino degli oggetti smarriti.
Dune
Mare rosso da battezzare
con un cuore assassino
tra le braccia segrete
dell’estate.
Sulle dune della memoria,
la lunga strada di aranci e limoni
di un nome ad occhi chiusi
scritto nell’album di orme trascorse.
Corro a spolverare
i granelli di sabbia dai seni
alla spiaggia delle balene bianche
che soffiano vento e conchiglie
di acque lontane.
Dolce giorno di luglio
che non potrai sciogliere
nemmeno con un ritorno.
Quando vedrò le anatre tornare
Di quel giorno annuserai
l’accenno dell’alba,
poi come velo sottile
la tua mano solleverà
mantelli di sabbia, una spina,
forse una piuma.
Pioverà,
di una pioggia obliqua
che oscurerà passaggi d’anatre,
senza un destino che vende più
carte e numeri
se ogni ritorno è una falsa partenza.
Ora quel rosso seduto sul cielo
potrà per un attimo eludere
la tua tagliente assenza
di macchie scure sulla pelle,
per ogni sera che sonnambula
ti ascolterò sulla ringhiera.
Della stessa radice divideremo il frutto,
assieme spezzeremo il pane
in un bicchiere di vino.
E se gli occhi vorrai addormentare,
io ritornerò da solo a succhiare
il mio piccolo chicco di sale.
Stessa acqua
Vorrei mescolarmi con te
nella stessa acqua
fino a confondere i nostri nomi
e berti e bermi da un calice
soffiato a Venezia.
Amore disperso in ogni guerra
e che da ogni guerra ritorna,
così ebbro di promesse
che forse non sarà di parola.
Amore che non chiede ai treni
quando finirà il binario
o se le nostre lettere
arriveranno per Natale.
Incontrato su silenziose cadenze di neve
per perderci senza voglia di tornare
e morire e rinascere in un passero
che cade e riprende a volare.
Il testamento dell’estate
Nel canale verde e limaccioso
naviga morbida l’erba grassa,
il quieto languore del sole
brucia il frinire sonnolento
delle cicale.
Fiori morti galleggiano sull’acqua
uniti alla debole resistenza
di un desiderio,
minuzie di frasi sospese nell’aria
si affacciano di nuovo
eppur lontane,
lontane mille lune
dai luoghi della saggezza.
Raccolgo sassi colorati
con un gesto antico e fatale,
alla ricerca di quel filo rosso e liso
che lega il presente
al tempo per sempre assente.
Negli sbadigli di una sera
tiepida e manchevole,
sfioro con le dita
il confuso nebbieggiare
che s’alza pallido
sul religioso silenzio
di quest’orto.
Storie disabitate
Aghi di freddo insolito
sulla schiena dell’estate,
meditazione di un amore
vissuto in silenzio
sotto la pelle.
Pantaloni da ripiegare con cura
nell’armadio ordinato
di un giorno qualunque,
ricami di promesse
tra i mozziconi spenti
di storie disabitate.
Cerchi perfetti e neri
di caffè sul comodino,
abitudine agli scricchiolii
di una stanza
che non riesce a riposare.
E aspetto il giorno in cui
una pioggia sottile e dispettosa
scioglierà la terra arida
che ora fa tossire il mio cuore.
Occhi di foglia
Fatica lo sguardo
sugli oggetti senza odore
e ne studia le accurate alchimie,
vaga con nuda lentezza
verso l’immerso candore
di un’alba barcollante.
Denso rifugio
tra le nebbie delle tue mani,
sospeso sui volti inghiottiti
dalla vernice di uno specchio.
La sete di ciliegi
s’insinua nelle ombre dell’iride
come fuoco di astri
che inseguono le notti di metallo.
Ora tace assorto
e resta intatto il richiamo
oltre la marea che sale irrequieta
nei tuoi occhi di foglia.
Insegnami ad aspettarti
E quando arrivi
non fare mai rumore,
svelto come il topo
appendi il tuo cappello
sulle spalle del dolore
hai il volto pallido
e la punta delle dita gelate,
ma se la vipera soffia
vuol dire che è estate
quanto tempo
il giardiniere al campo
attese di coprire
le tue scarpe nuove,
ma tu le donasti
una mattina chiara al cielo
e da allora fioriscono ogni anno
margherite ignare
su un ceppo di legno
a cui manca il cuore.