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In copertina: Innamorati nel sole © Guilu – Fotolia.com
Fatti, personaggi e luoghi che appaiono in questo libro sono di pura fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti reali è da ritenersi puramente casuale.
Prefazione
“Pentimento” di Cosimo De Micheli è un romanzo tremendamente palpitante che racconta una toccante e struggente storia d’amore tra due giovani e riesce ad alimentare, grazie ad una trama incalzante, la stupefacente sequenza di vicende in un susseguirsi ed alternarsi degni d’un simbolico coup de thèatre.
In questo avvincente e straziante romanzo, due giovani, Elena e Mario, rincorrono ciò che desiderano ardentemente e tentano di afferrare: la felicità. Le ragioni più intime si intrecciano con la contrastata passione, devono scontrarsi con il padre del ragazzo che osteggia la loro relazione e, in un primo tempo, allontana il figlio trasferendolo in un’altra città per fargli dimenticare la bella Elena, poi, cerca di spingerlo a sposare la figlia del suo migliore amico pur sapendo di procurargli immenso dolore.
Ecco allora che il giovane Mario perderà la testa, sarà coinvolto in un tragico incidente d’auto e infine sarà anche, ingiustamente, accusato di omicidio a causa di un imprevedibile evento al quale è completamente estraneo.
Quando sembra che la vita dei due giovani innamorati sia quasi distrutta e non c’è più possibilità di salvezza, avverrà il miracolo: il padre sarà attanagliato dal rimorso e capirà di avere sbagliato.
Si deve arrivare alle ultime pagine per rendersi conto che la trama del romanzo è degna d’una commedia sentimentale dove l’amore viene vissuto fino alle estreme conseguenze, fino all’ultimo respiro, in una immersione totale in atmosfere pervase di passione e, tra continui colpi di scena, forti conflitti familiari e immancabili rimorsi, impensabili eventi e tragiche vicissitudini, si dipana la complessa e difficile esistenza dei giovani innamorati che tentano disperatamente di coronare il loro sogno d’amore.
La loro vita si basa sulla promessa di eterno amore ma devono fare i conti con coloro che ostacolano in ogni modo il sogno d’amore e, a volte, anche con il destino che sembra accanirsi su di loro.
Le tormentate vicende vengono rese in modo limpido da Cosimo De Micheli che crea e ricrea una costante sospensione degli eventi, un’attesa fremente, quasi un’aspettativa che vede accadimenti sorprendenti: tutto è frutto di una narrazione incalzante che si dipana in uno stile sobrio, accompagnata da una innegabile capacità di raccontare con discrezione il travaglio e il dolore dei protagonisti.
Il filo conduttore del romanzo di Cosimo De Micheli è il profondo amore tra due giovani, un’autentica dichiarazione d’amore tra Elena e Mario, che non conosce ostacoli, che cerca di salvarsi dalle contrarietà del padre del giovane: il legame indissolubile che li unisce, li spinge a cercare in ogni modo di rimanere insieme anche a dispetto delle innumerevoli difficoltà che incontrano sul loro cammino.
Un atto di fede, un sacro voto e, come a sigillo di quell’amore unico e assoluto, il segno del destino che avvolge con la sua funesta ombra.
Massimiliano Del Duca
Pentimento
Era una mattinata d’estate candida e pura; il sole splendeva illuminando coi suoi raggi d’oro l’immensa terra.
Gli operai frettolosi si dirigevano verso i loro cantieri attesi dal dovere quotidiano.
In una rimessa un giovane si affrettava a pulire la sua automobile.
Il sole penetrando discreto nella piccola corte, creava una zona d’ombra di grande sollievo a coloro che v’indugiavano per un breve riposo.
Così dunque Mario Piovelli lavorava con alacrità, ma il suo sguardo era sempre fisso verso una finestra che lo interessava tanto, ma ogni suo sguardo restava deluso, cosicché, rattristato, riprendeva il suo lavoro da cui attingeva conforto.
Tuttavia non riusciva a distogliere gli occhi dalla minuscola finestra e tanto meno era atto a farlo in quanto quasi stregato dal luogo a lui prezioso che pareva volesse divorare con lo sguardo contemplando quelle piccole persiane che celavano un profumato fiore tanto caro al desioso giovane.
Il sole penetrava infiltrandosi tra le persiane attraverso i vetri dai riflessi meravigliosi nella silenziosa casetta dove una soave fanciulla dormiva pura e serena di un sonno profondo e ristoratore nel suo giaciglio. Forse sognava il giorno più bello della sua vita e l’estasi di quel sogno la teneva lontana e isolata dal mondo esterno. Neppure i raggi del sole che illuminavano il suo dolce viso puro e soave riuscivano a svegliare la giovane donna assorta nella sua visione.
Ma ecco finalmente ella socchiude i begli occhi e rientra in se stessa al chiarore del giorno e graziosamente si gira dall’altra parte e vedendo tutta la casa animata dall’ampia luce atteggia le labbra a un piccolo sorriso.
E lesta lesta si alzò togliendosi la cintura della vestaglia aderente alla vita sottile, dirigendosi con volto allegro in tutta fretta alla finestra dove il suo cuore la spingeva tutte le mattine amorosamente e colmo d’infinito desiderio. Appena giunta alla finestra socchiuse le vetrate con un lungo respiro godendo l’aria fresca, poi spalancò del tutto le imposte cosicché la luce penetrò vivida nell’interno della casetta.
Dopo un attimo di sosta, la bella ragazza inoltrò il suo dolce sguardo nell’ampio cortile ricercando ansiosa, l’oggetto dei suoi sospiri. Fermò gli occhi dunque sulla rimessa dove un bel giovane da lungo tempo si affrettava a pulire un’automobile. Egli a sua volta sentendo il discreto rumore della finestra, si alzò di scatto con un lieve sorriso sulle labbra e scorgendola coi suoi capelli biondi che le scendevano sulle spalle, come raggi d’oro, la vide bella e attraente più del solito. Elena infatti era bellissima, di una bellezza quasi soprannaturale tanto da essere notata da tutti con gradita sorpresa. Mario più che mai fu abbagliato da quella apparizione.
Lei come sempre lo salutò con un bel sorrisino e una lieve carezza della sua piccola e delicata manina. Così pure Mario accennò il suo saluto verso la giovane donna, non resistendo al fascino della sua diletta fidanzata, alzando il braccio, sporco com’era, mentre dalle labbra gli sfuggì quasi un mormorio sommessamente articolato: «Ciao amore.»
Lei indugiando ancora si rivolse per un estremo saluto e si ritirò per completare il suo abbigliamento, lasciando il fidanzato con l’immagine del suo incantesimo di bellezza deluso per la inevitabile sparizione. Quanto desiderio sentiva in quel momento di stringerla forte sul suo cuore, tanto forte da farle fin male, eppure dovette rassegnarsi alla fatale separazione ed aspettare il momento propizio.
Il giorno dopo il giovane aspettava impazientemente la sua adorata Elena in una strada poco distante dalla sua casa. Ma il lungo viale alberato dava al povero giovane una triste sensazione, temendo che Elena non venisse all’appuntamento.
«Ma perché» ripeteva Mario tra sé: «non dovrebbe venire? Forse ha paura di mio padre che non la veda con me? Questo è assurdo, se lei la pensa in questo modo, si sbaglia. Mio padre non la vede, non può vederci lui adesso. E in fondo se anche ci vedesse, che cosa ci sarebbe di male? Ormai lo sa già né è la prima volta che ci ha visti insieme, un giorno o l’altro dovrà pur convincersi del nostro matrimonio.»
Mario nel suo cervello faceva passare tante congetture, mentre col cuore sospeso seguitava a guardarsi attorno, ma ogni suo sguardo era vano perché la bella fanciulla dai lunghi capelli biondi non compariva ancora da nessuna parte. Ed il desolato giovane seguitava ad aggirarsi intorno tutto preoccupato. Niente si vedeva spuntare, ma quello che aumentava di minuto in minuto era il pessimo umore che s’impadroniva del povero Mario. Il misero giovane col cuore ridotto a cenci per la collera e il suo stato critico in conseguenza di tutti i pensieri che gli passavano confusi pel capo, era ormai stanco di quella lunga e penosa attesa; come preso da improvvisa collera si voltò indietro per andarsene col cuore in tumulto. Ma ecco che proprio quando il ragazzo stava per andare via, si fermò ad un tratto come fosse preso da due forti mani, che lo trattenessero come in una morsa.
Che cosa aveva fatto cambiare idea al giovane, una triste idea oppure qualche imprevisto?
Niente di tutto questo, ma una nota figurina che giungeva di lontano in tutta fretta. La buona fanciulla tutta premurosa e molto preoccupata si affrettava per raggiungere il suo Mario, temendo di aver fatto tardi e che Mario se ne fosse andato. L’impaziente ragazzo vedendo così giungere la bella Elena, restò un attimo immobile, quasi pietrificato, per quanto adirato perché in cuor suo ardeva quasi un fuoco ardente alla vista della bella fanciulla dai capelli biondi.
Ma la presenza dell’amata sciolse ogni amarezza e Mario sorrise andandole incontro cercando con ogni mezzo di scacciare dal suo cuore ogni traccia di risentimento, disperdendo la provata malinconia. L’incontro fu dunque tenero e i due si scambiarono un abbraccio caloroso.
Elena si sentiva rinvenire stringendosi all’amato forte forte, ed egli la sorreggeva confortandola con tutta la foga del suo cuore.
Scioltosi dall’abbraccio il giovane mormorò: «Cos’hai amore mio, ti è forse accaduto qualche cosa?»
«Perché dici così?»
«Perché sento il tuo cuore battere forte forte»
Elena abbozzando un piccolo sorriso esclamò: «Non ti preoccupare caro, non è niente, è solo un po’ di stanchezza, perché sono corsa un po’ troppo per fare presto.»
«Ma perché sei corsa? Potevi pure andar piano, tanto tu sapevi che io sarei stato qui ad aspettarti fino al tuo arrivo.»
«Sì, caro, è vero, lo so che tu mi avresti aspettato, ma io temevo per te e quasi cominciavo a dubitare della tua costanza.»
«Ma, cara, che cosa ti viene in mente? Tu lo sai bene io come sono.»
«Sì, Mario e appunto perché ti conosco bene, mi preoccupavo di più.»
«Non dire così, Elena, perché non avrei agito così, se prima non ti avessi visto, non mi sarei mai mosso di qui.»
Avviandosi verso la strada, Mario disse: «Perché Elena, sei arrivata tardi?»
«Oh sì, è vero, Mario, scusami, se ti ho fatto aspettare tanto tempo, ma non è stata colpa mia, è stata la mamma, che mi ha trattenuta per farmi preparare cose urgenti che oggi dovevano essere terminate. Io in quel momento non vedevo l’ora di portare a termine il lavoro, perché sapevo che tu eri qui ad aspettarmi e che, se facevo tardi, diveniva sempre più penosa la tua lunga attesa e tutta in orgasmo, senza farmi notare dalla mamma, ho fatto presto più che ho potuto e ho messo a posto in breve tante commissioni. Ma per la via so solo io quanto mi sono affaticata per giungere presto. Ed ora eccomi qui, vicino a te com’io volevo.»
Appena la fanciulla ebbe finito il suo racconto, il giovane mormorò: «Quanto mi piaci, quando parli così Elena.»
«Tu hai sempre la mania di prendermi in giro, quando io ti dico la verità.»
«Io ti prendo in giro? Ma perché dici questo, Elena? Se io dico che mi piaci con le tue maniere; lo dico sul serio. E non solo mi piacciono i tuoi detti, ma tutta mi piaci, mi sei sempre piaciuta e ti ho anche voluto molto bene e questo tu non puoi negarlo; vero?»
«Sì, Mario, è vero e anch’io ti ho tanto amato e ti amerò sempre con tanto amore come ti ho amato fino adesso.»
«Senti, Elena, devo dirti una notizia poco piacevole.»
«Di che cosa si tratta?», balbettò la fanciulla trasalendo in cuor suo, quasi le mancasse il respiro.
Il giovane, vedendo la sua bella agitarsi così, esclamò:
«Non ti agitare, Elena, non è nulla di grave.»
«O Mario, Mario caro, dimmi subito di che si tratta, lo voglio sapere, non farmi morire d’ansia.»
«Sì, cara, te lo dico subito.»
«O meglio no, Mario non voglio saper niente, ho già immaginato di che si tratta; tuo padre, non è vero? Rispondimi, Mario!»
Il ragazzo un po’ attristito, accennò con la testa mormorando: «Proprio di lui.»
«Lo immaginavo; cosa vuole ancora da noi, vuole forse separarci?»
«Purtroppo è proprio così, Elena, non temere, non ti devi preoccupare tu, ormai lo conosci bene, ti ripeto, non devi pensare a lui, quello che conta di più è che io ti voglio bene e nessuna cosa al mondo potrebbe impedirmi di amarti!»
La ragazza nell’udire tante belle parole dal suo amato, si fece animo e guardandolo in viso mormorò: «Come sei buono, Mario, io non so che cosa farei senza di te? Ma perché tuo padre si è messo contro di noi? Che gli abbiamo fatto di male? Che facciamo di male col nostro amore? Entrambi siamo due poveri innamorati che si vogliono bene, che si amano perdutamente di un amore puro e sereno, lo stesso legame ci unisce.»
La povera Elena esaltava il suo amore col cuore colpito come colomba raggiunta dal piombo del cacciatore proprio sul punto di sciogliere il volo. Anch’ella stava per iniziare la sua vita coi suoi progetti in vista del suo avvenire. Quando Elena stava per finire il discorso che le lacerava il cuore, ecco che rinnovava le parole per descrivere il suo penoso stato.
«No, Mario, non voglio perderti, dobbiamo fare qualcosa per noi, per il nostro amore.»
Mario facendosi forte e meno preoccupato di quanto fosse lei, esclamò: «Non temere, amore, io saprò difendere il nostro legame e non rinuncerò mai a te, costi quel che costi.»
«No, Mario, non dire così, noi dobbiamo cercare di trovare il modo di sistemare la situazione, se no ne avremo la peggio e tu lo sai che tuo padre è capace di tutto quando vuole. Rinuncia a tutto piuttosto di venir meno a quello che desidera. E ho paura per questo, ho tanta paura per il nostro amore.»
«Senti cara, noi non dobbiamo dare tanta importanza a queste cose, anzi facciamo in modo di non parlarne più, non voglio che tu ti preoccupi e vedrai che col passare del tempo le cose cambieranno, bisogna avere fede in noi ed il resto si aggiusterà, vedrai.»
«Lo vorrei proprio con vero cuore, Mario, il mio desiderio è che torni in noi la serenità, la pace, come prima, come sempre c’è stata. Che risplenda davanti a entrambi la luce, l’armonia, la nostra felicità, che ha sempre regnato in noi.»
«Adesso, Elena, pensiamo un po’ anche a noi, al nostro bello e grande amore, lasciamo stare le amarezze, le angosce, non facciamo piangere sempre i nostri cuori.
Cerchiamo un po’ di svago, diamo a noi stessi quello che crediamo di aver perduto.»
«Sì, Mario, andiamo, facciamo quattro passi, non voglio pensare più a nulla, se no finirò con l’impazzire. Voglio solo pensare a questo momento in cui tu mi sei vicino e non sciupare così questo nostro bell’incontro.»
Il giovane cingendo per le spalle la sua diletta fanciulla mormorò: «Sì, proprio così, Elena, pensiamo a noi, non roviniamo per nulla il convegno che ci è tanto prezioso» e mentre diceva così la spingeva in avanti avviandosi lungo il corso alberato. Così la deliziosa fanciulla dai splendenti capelli biondi obbedì al bel giovane alto e slanciato dai capelli neri e ricci ed agli occhi sfavillanti che davano alla bella un grande, sconfinato senso di orgoglio e quasi inebriata del suo amato si stringeva a lui sempre di più. Come pure Mario camminava di fianco ad Elena guardandola fissa in fondo agli occhi cupi, mentre le stringeva la morbida manina.
I due innamorati, quasi rapiti, s’inoltravano tra la fresca ombra delle piante che si schieravano lungo il corso.
Percorso un tratto così, giunsero in vista del mare di cui aspirarono la fragrante avidità, giunti presso un muretto si soffermarono incantati dal paesaggio e dalla natura in quel punto tanto vaga.
Mario mormorò: «Com’è fulgido il mare quest’oggi e come siamo felici!»
«Oh Mario caro, come vorrei giungesse preso» replicò Elena, «il giorno fatale, da me tanto desiderato, che ci unirà per l’eternità.»
«Amore mio, come sei saggia, io ammiro le tue intenzioni e mi sono molto gradite perché pure io aspiro a ciò che tu aspiri. Come sarà bello quel giorno, io lo penso come un grande giorno pieno di luce e di splendore.»
«Oh sì, Mario, sarà così grande, tanto grande che ci accoglierà come due fanciulli.»
«E allora avremo una nostra casetta, una casa tutta per noi dove tu mi aspetterai dietro i vetri della finestra ansiosa e lieta.»
«Taci, caro, non facciamoci illusioni, pure io quando sto sola penso a questo argomento e sorgono tante visioni davanti ai miei occhi, che mi fanno provare una gioia enorme, ma quando rifletto l’ostacolo che c’è fra noi, muta tutto in me e subito vengo riafferrata dai cattivi pensieri e da quel terribile tormento che mi rode il cuore.»
«Perché dici così, Elena?»
«Perché mi sembra un grande ostacolo, un ostacolo che non possiamo superare.»
«Tu sei ingiusta e se è che la pensi così sei in errore.»
«Oh Mario, Mario mio, io temo che il nostro sogno non si avveri mai, e la causa del nostro martirio è tuo padre, solo lui. Io lo sento come un forte nemico ed è per questo che ho poca fiducia nei nostri sogni e nei nostri progetti.»
«Vedi, Elena, che non mi sbaglio.»
«Di che cosa amore?»
«Che tu sragioni.»
«Tu dici sempre così, quando io dico qualcosa che riguarda tuo padre. Mi rispondi che sono ingiusta o che sragiono. Adesso non ti dico più niente. Sei contento?»
«Sì che sono contento. Ma ora pensiamo a domani. Che ne diresti di una gita in macchina? Dobbiamo distrarci. Vieni, Elena.»
«Sì, amore», accennò la fanciulla rasserenata, poi quasi tra sé mormorò: «Con te verrò dove vuoi tu, pure in capo al mondo. Voglio esserti sempre vicina, per paura di perderti, solo quando sono con te mi sento tranquilla e felice.»
«Ed io farò il possibile per stare sempre insieme.»
«Adesso però andiamo a casa, forse ci siamo trattenuti un po’ troppo e la mamma sarà in pensiero.»
«Andiamo» disse il giovane facendo passare il braccio sulla spalla della donna.
In una larga via asfaltata una lussuosa auto proseguiva felice il suo cammino attraverso la strada solitaria. L’effluvio dell’aria marina rinnovava nei due innamorati le impressioni del giorno precedente quando soli presso il mare esprimevano i loro desideri sinceri.
Più procedevano e più le loro anime si esaltavano.
Com’era bello vivere d’amore in un ambiente così delizioso dove tutto taceva intorno ai due amati e si sentiva solo il fragore del mare.
La giovane donna colta dalla poesia della solitudine e soddisfatta della gita si rivolse al proprio fidanzato dicendo: «Oh mio caro, come sono contenta, quanto mi è piaciuto venire in questi luoghi dove non ero mai stata.»
«Anch’io» esclamò il giovane quasi incoscientemente.
Elena nel cogliere una risposta poco persuasiva, lo guardò a lungo sorpresa, ma il giovane sentendosi così quasi scrutato, tornò in sé e in tutta fretta mormorò:
«Cioè sono venuto altre volte, scusami, amore, non volevo scherzare, ma dirti che con te non c’ero stato mai.»
Lei con una scrollatina di capo lo guardò dolcemente, comprendendo che il suo Mario talora parlava così per distrarla e allietarla e che in realtà le voleva immensamente bene più di quanto ella dubitava. Così dopo averlo guardato coi suoi occhi dolci e azzurri si strinse a lui accarezzandolo con la sua candida manina.
Il giovane guidava l’auto quasi distratto perché i suoi occhi si volgevano verso la bella fanciulla dai biondi capelli.
Mentre Elena insinuava la piccola manina sul viso di lui, il giovane non seppe più resistere al contatto di quella gentile manina che lo sfiorava con tenerezza e prima che lei la ritirasse, gliela prese con forza dicendo: «Lasciamela ancora qui, mi piace tanto sentire la tua mano lieve sul mio viso.» E nel frattempo se la portò alle labbra come una cosa preziosa e più volte la coperse di baci ardenti.
Ma non era la mano che queste labbra volevano baciare più volte, volevano invece incontrarsi con la bocca di lei, con la bocca tanto cara di Elena per baciarla, per stringerla quasi in una morsa.
Elena con gli occhi spalancati scrutava ogni mossa di Mario quasi morta, socchiudendo la bocca e appoggiando la faccina tutta imbambolata sulla sua spalla, quand’ecco il giovane si volse e le sue labbra s’incontrarono con la bocca della giovane donna che se ne stava con gli occhi chiusi e le labbra aperte, come, stesse sognando estasiata dall’amore.
Mario appena si trovò di fronte a un campo sconfinato, sentì un fremito e intensificando il bacio perdette completamente il controllo di se stesso lasciando andare per suo conto il volante dell’auto. Mentre dunque stavano avvinti nel piacere dell’amore, l’auto pian piano incominciò a tagliare la strada deviando.
Mario completamente dimentico di essere al volante non si rendeva conto della tragica situazione. Possibile che si fosse a tal punto scordato e che nemmeno sentisse lo sbandamento dell’auto? Povero Mario, poveri ragazzi, che brutta fine stava preparando loro la macchina a loro insaputa. Mario pensava solo all’estasi dell’amore che li portava lontano lontano e non alla morte che maggiormente s’avvicinava a loro.
Ma ecco Elena dopo un attimo di smarrimento e di piena felicità si ritrasse indietro colma di passione e paga del forte abbraccio. La fanciulla guardò innanzi e scorse una scena poco piacevole. Infatti la macchina stava per imboccare un vasto campo e per urtare una grossa pianta, portò la mano ai capelli ed emise un grido con quanto fiato aveva in gola. Il giovane si voltò di scatto tutto atterrito e vedendo una scena tale, in tutta fretta, guidato dall’istinto manovrò chiudendo gli occhi per non vedere una eventuale fine pietosa.
La prontezza usata dal giovane fu sufficiente per liberarsi dal male; la sua presenza di spirito infatti evitò un disastro giacché riuscì a cavarsela con pochi danni.
Un’ammaccatura al paraurti e un grande spavento.
Mario si precipitò verso Elena che tutta sbalordita stava abbandonata sul sedile mormorando concitato e tremante: «Elena, Elena, bambina mia.» E intanto la scuoteva e l’accarezzava invocandola come un bambino che invoca la mamma quando è solo in luogo deserto.
Il giovane dunque seguitava a supplicare e a chiamarla in modo pietoso, temendo che la sua Elena avesse ricevuto un colpo fatale e che lo avrebbe lasciato così senza parola. Oh quanto sentiva in quel momento lacerarsi il cuore pieno di terrore e di rimorso.
«Elena, amore mio, non lasciarmi solo, perché vuoi abbandonarmi così senza dirmi niente? Elena, Elena», seguitava l’infelice ragazzo.
La donna frattanto dette un lungo respiro di sollievo e poi riaprì gli occhi lentamente. Mario appena sentì il suo sguardo dolce come prima provò un tuffo al cuore e ancora come sempre abbracciò ansioso la donna dicendo: «Elena, Elena, guardami ancora come prima.»
Ma la fanciulla lo guardava senza rispondere mentre egli esclamava: «Parla, rispondimi, amore, non farmi morire di crepacuore, dimmi. Elena, ti sei fatta tanto male? Perché non rispondi?» diceva ancora stringendosi a lei di pessimo umore e chiudendosi sempre di più nella sua angoscia.
Mario nel vedere la fidanzata in quello stato così abbattuto soffriva più di prima nel vedere che quei begli occhi azzurri lo guardavano senza rispondere.
Quegli occhi che sempre gli avevano sorriso ed ora lo seguivano smarriti. Il giovane non potendo più sopportare quel silenzio tormentoso prese la bionda testolina tra le sue mani e balbettò: «Elena cara, ti sei fatta tanto male? Parla, Elena, dimmi qualcosa, non farmi impazzire! Dove ti sei fatta male, cara? Dimmi pure, senza paura.»
Elena pian piano tornava in sé riacquistando al completo i suoi sensi. Appena il giovane finì d’invocarla, lei mormorò a bassa voce: «No, Mario, non è niente, non ti preoccupare per me, mi passerà subito, è solo un po’ di spavento, e tu, tu ti sei fatto male?»
E subito dopo socchiuse lo sportello la giovane donna tendendo le braccia verso il giovane perché l’aiutasse a venir fuori da quella prigione. Mario l’aiutò con premura a scendere dalla vettura, non parendogli vero che fosse sana e salva, se la strinse amorosamente al petto e cingendo la snella figura s’avviò con la sua cara per un giretto intorno alla macchina per constatare eventuali danni.
Essendo evidente la scarsa loro entità i due fidanzati non poterono trattenere un certo risolino dicendo: «Poteva andare peggio! Siamo veramente fortunati e possiamo proseguire la gita.»
Poi Elena con la sua voce fine e dolce dominando se stessa per trattenere il riso mormorò guardando negli occhi il fidanzato. «Se ogni nostro bacio ci costerà una paura tale, conviene non baciarci più.»
«Cosa ti viene in mente, Elena?»
«Non è la verità forse?»
«Veramente non hai torto, ma io se fosse come tu dici, preferirei rinunciare alla macchina e non alle tue labbra, così ti porterei sempre in giro a piedi senza alcun pericolo o peggiori conseguenze. Ma dato che adesso ci troviamo ancora imbarazzati con la macchina, siamo obbligati a valercene e proseguire la gita.»
«Cosa dici, Mario, forse è meglio tornare a casa, ormai, giacché l’auto è così.»
«Come così, Elena, la macchina non ha nulla di male, e poi non vorrai rovinare così per un nonnulla la nostra gita, io ti avevo promesso che ti avrei portata a vedere un bel locale molto frequentato.»
«Anch’io, Mario, volevo venire, ma adesso con questo incidente!»
«Quale incidente, tu non puoi dire questo perché non c’è nulla di male che possa spaventarti. Se è proprio che non vuoi venire, che hai cambiato idea, allora è un altro fatto.»
«Vedi? Mario, tu come sei, io non posso dire una parola, perché tu te la prendi sempre a male.»
«Io me la prendo a male?»
«Sì, tu.»
«Ma io ti ho solo detto che la macchina è sanissima e che possiamo proseguire il nostro viaggio.»
Elena allora di rimando: «Sì, scusami, Mario, forse io ho capito male.»
«Vedi? Come sei, Elena, io, ripeto, ti ho detto che l’auto è normale, come prima. Perché tu devi trovare queste difficoltà e poi dopo tutto, la responsabilità è mia.
Perciò non dobbiamo rinunciare alla nostra meta, tu lo sai bene che io ci tengo tanto a stare con te e che per te rinuncerei a tutto, e adesso per niente vuoi rovinare il mio sogno. Stanotte e tutto oggi non ho pensato ad altro che a te e a questo tempo che ci veniva concesso come un grande dono e adesso tu vuoi sciuparlo così. Perché, Elena, tu non sai quanto io t’amo.»
«Taci, taci, Mario, non farmi dire quello che sento in me. Perché se io dovessi dire tutto quello che il mio cuore vuole dirti e che da tempo sta accumulando, non la finirei più. Ma più ancora è il coraggio che mi manca.»
«Perché, Elena, non mi dici quello che senti in te? Mi fa tanto piacere sentirti parlare di cose molto interessanti.»
«Sì, lo so, ma adesso lasciamo stare queste cose, quello che in questo momento m’interessa di più è che ti amo con tutto il cuore e se proprio ti fa piacere, verrò dove tu vuoi, non voglio che tu debba serbarmi rancore per questo.»
«Anch’io t’amo, cara e t’amo di un amore senza limiti. Anche se tu non fossi venuta, non t’avrei giudicata male lo stesso, perché tu sei sempre per me la mia amata Elena.» Così dicendo la baciò con impeto, poi svincolandosi: «Aspetta qui un momento, mentre fo’ marcia indietro.»
Mario tutto solerte si mise al volante mentre Elena sulla via attendeva col cuore sospeso pregando Iddio che l’auto riprendesse il via senza danni.
Sapendo bene come il padre di Mario fosse cattivo nei suoi confronti temeva soprattutto venisse a sapere che le ammaccature fossero riportate mentre Mario la portava a passeggio e appunto per questo Elena si preoccupava temendo che il padre rimproverasse il fidanzato, il quale inconscio di tutto avviava il motore che riprendeva le sue pulsazioni regolari e prima che Elena si fosse distratta dalle sue perplessità Mario era già pronto sulla via ad attenderla.
Il giovane invitò con galanteria la fanciulla perché si accomodasse.
La donna lo guardò con ammirazione e mormorò sorridendo: «Hai sempre voglia di scherzare.»
Appena Elena fu nell’auto, Mario le dette ancora uno sguardo che le sembrò nuovo e subito Elena esclamò un po’ severa: «Guarda innanzi e finché siamo nella macchina non avrai più un bacio da me.»
«Come sei diventata cattiva», mormorò il giovane.
«Sicuro che sono diventata cattiva, e lo esigo, ma per ora siamo ancora fermi e soli.»
Così detto avvicinò il viso all’uomo che accettò il bacio e mise in moto l’auto che presto raggiunse il Bar del Sole. Mario allora invitò la ragazza a scendere aiutandola cavallerescamente e così a passi lenti la coppia s’avviò verso il salone interno dirigendosi verso un tavolo che era ancora libero. Il giovane avvicinò una sedia alla donna mentre ella volgeva la bella faccia illuminata dalla felicità.
Egli le sedette accanto prendendole familiarmente una mano e dicendo: «Vedi, Elena, tu non volevi venire, osserva e vedi se non è tutto incantevole.»
«Sì, Mario, è davvero stupendo e poi il locale è molto frequentato.»
Infatti quel giorno nel ritrovo c’era molta folla e forse più del consueto come la fanciulla aveva notato anche se questa era la prima volta che veniva nell’elegante ritrovo dei bagnanti vicino alla spiaggia assolata. Nel bar suonava come tutti i giorni una piccola orchestrina coi suoi solisti. Mentre alcuni se ne stavano comodamente al loro tavolo a bere e ad assistere alla scena, altre persone accoppiate se ne stavano in piedi osservando le danze.
Maio ed Elena sorpresi dal frastuono guardavano verso lo spiazzo riparato da tendaggi contro l’eccessivo riflesso del sole. Attorno armoniose colonne davano un aspetto signorile all’ambiente. Il giovane quando la musica si estinse dette uno sguardo attorno in cerca di qualche inserviente, ma non riuscì a sorprendere alcuno, quindi, volgendosi alla sua bella disse: «Attendimi qui un momento, vado a vedere se i camerieri sono vivi o morti, perché non appare nessuno e noi abbiamo bisogno di bere qualche cosa.»
«Ma perché, Mario vuoi andare tu, forse sono impegnati più addentro, aspetta ancora un poco e vedrai che qualcuno comparirà.»
«Io ho sete, cara, se lui tarda non dobbiamo patire la sete, abbi pazienza un minuto ancora ch’io vengo subito.»
«Se è così fai come credi, ma torna subito.»
Mario scambiata una stretta di mano alla fanciulla si diresse al Bar lasciandola esposta agli sguardi di tanti ammiratori che da lontano l’avevano già avvistata.
Appena Mario entrò nel Bar l’orchestrina riprese il suo ritmo e le sue cadenze, ma il giovane non se ne curò intento a cercare un cameriere. Elena rimasta sola al tavolino si rannicchiò più di quel che poteva nella sua sedia osservando i solisti. Intanto che la dolce fanciulla s’interessava all’orchestra, ignorava quanto stava accadendo alle sue spalle.
Nel cuore degli ammiratori vibrava una gran voglia di stringere la bionda ragazza sul loro cuore e ognuno di loro si sentiva spinto verso la bella Elena. Ma ecco che uno più intraprendente degli altri si fece avanti pieno di spirito.
Stava dunque Elena sicura e tranquilla, quando ad un tratto una voce maschile s’insinuò nel suo orecchio onde ella si voltò di scatto credendo fosse sopraggiunto il fidanzato, vedendo invece uno sconosciuto si trasse un po’ indietro. L’uomo appena la ragazza si volse verso di lui, ripeté la stessa frase, divertito dallo spavento provato dalla colombella alla sua vista. Nello stesso tempo egli fu pervaso da un senso di meraviglia vedendo in faccia la graziosa fanciulla della cui bellezza era già prevenuto in quanto l’aveva guardata da lontano, ma ora, da vicino, la trovò superiore ad ogni immaginazione.
Elena come l’uomo finì di dire: «Posso chiedervi questo ballo?» si ritrasse ancor di più tutta intimorita rifiutando in quanto indisposta, tuttavia ringraziandolo per la sua cortesia.
Il giovane Oliviero Percalli non fu persuaso del rifiuto di lei e con altezzosa superiorità le chiese ancora di ballare con lui.
Ma la bionda fanciulla, non era affatto del suo parere e lo respingeva col migliore dei modi, ma lui non voleva capirla in nessun modo. Allora la fanciulla vedendo che quell’insolente non desisteva, mormorò con voce fredda: «Andata via, lasciatemi in pace.»
Dette queste parole Elena si volse dall’altra parte sperando se ne andasse prima del ritorno di Mario perché lo sapeva non solo innamorato ma anche molto geloso.
Ma il miserabile non voleva andarsene mettendo in orgasmo la brava Elena che fissava sempre l’orchestra attendendo fiduciosa il suo Mario che la liberasse dalla situazione.
Ma Oliviero non la pensava affatto come lei né condivideva le sue idee anzi con aria spavalda sussurrò: «O forse è il vostro accompagnatore che ve lo proibisce?»
«Io non ho nessuno accompagnatore» sfuggì ad Elena, «e tanto meno mi proibisce alcuno!»
«Se è come voi dite, perché non ballate allora?»
La bionda fanciulla era completamente annoiata da questo villano presuntuoso che con la sua insolenza seguitava a tormentarla, ma per dimostrargli che non era impedita da nessuno, s’alzò in piedi ed accettò il ballo pur sapendo che se Mario l’avesse veduta ballare con quell’individuo si sarebbe seccato tanto e mai forse le avrebbe perdonato questa inaspettata sorpresa adducendo come motivo della sua collera il fatto di averla portata qui per lui e non gli altri.
La coppia ballava ma senza armonia perché ad Elena non interessava affatto, quello che le stava di più a cuore era che il ballo finisse presto e il suo occhio era fisso verso la porta del Bar per vedere se ricompariva Mario, mentre invece il cavaliere portava la sua dama dove voleva, tutto contento e gioioso di avere tra le braccia una splendida fanciulla e se la stringeva al cuore sempre di più sospirando di gioia, pavoneggiandosi di fronte agli altri ammiratori che a loro volta avrebbero desiderato fare altrettanto.
Elena era tanto preoccupata per il suo amore che neppure sapeva che cosa facesse.
La danza non era ancora terminata quando Mario venne fuori dal Bar tutto contento e nello stesso tempo un po’ preoccupato per aver fatto aspettare così tanto la sua cara Elena e spinto da quella idea si dirigeva in fretta verso il tavolo, ma notò con sorpresa che la ragazza del suo cuore non vi era. Si guardò attorno e i suoi occhi non tardarono a fissarsi sulla coppia restando sbalordito come se avesse ricevuto una mazzata sulla testa e per un istante ebbe l’impressione che la sua Elena non lo amasse più quindi a passi lenti e a testa china s’avviò verso il tavolo. Elena ancora imprigionata tra quelle braccia che la stringevano come in una morsa cercava di svincolarsi quando poi, girando, scorse il suo Mario tanto amareggiato, raccolse le sue forze e con violenza respinse l’odioso ballerino, precipitandosi col cuore in tumulto verso l’uomo amato e appoggiando con disperazione le sue piccole manine sulla sua spalla e con voce strozzata mormorò: «Che hai, Mario, ti senti male?»
Egli guardandola a lungo, quasi a farle paura, rispose: «Non è nulla, è soltanto che io mi sono sbagliato sul tuo conto.»
Elena amava più di se stessa Mario e quelle parole furono per lei come pugnalate al cuore, raccolse tutte le sue forze e strinse il suo Mario esclamando: «Non dire così, Mario, tu non puoi giudicarmi male, perché io non sono quella che tu pensi, io amo te e ti spiegherò tutto.»
«Non occorrono spiegazioni ormai, si vede chiaro. Vieni, andiamo via, evitiamo lo scandalo, non voglio che ridano alle nostre spalle.»
E appena proferite le ultime parole s’avviò verso l’uscita seguito da Elena che, con l’animo ferito, si riteneva perduta per colpa di quello sciagurato insolente.
Giunti all’auto Mario si mise al volante mentre la fanciulla col pianto in gola salì in macchina da sola senza che Mario l’aiutasse, anzi la trascurava del tutto mentre nel cuore aveva la tempesta perché amandola molto, ne era geloso e spesso sragionava pur essendo tanto buono, ma per Elena impazziva ed era pronto a tutto e adesso vedendosi contesa la donna del suo cuore in un attimo dal primo venuto si sentiva stranamente abbattuto, sconvolto, chè la gelosia lo aveva accecato e reso cattivo. E dire che in fondo Elena non aveva tanta colpa se aveva accettato il disgustoso solo per difendere la dignità di Mario evitando che quel mostruoso uomo ridesse del suo amato, giudicandolo anche più geloso di quello che fosse in realtà.
Ed ecco invece le conseguenze!
Non bastavano le umiliazioni da parte di quell’importuno, adesso doveva subire il malumore e i rimbrotti del suo fidanzato che amava senza limite e che mai avrebbe lasciato per nessuno.
Occupato il suo posto accanto a lui ora fissava lo sguardo nel vuoto tutta smarrita. Mario mise in moto la vettura mentre la dolce Elena stava al suo fianco come un oggetto dimenticato e inservibile.
Possibile che se ne sia così obliato in poco tempo immemore dei momenti più belli del loro amore quando si giuravano reciprocamente fedeltà eterna? Anche il giovane faceva su e giù le stesse considerazioni, ma non poteva distogliere il pensiero da quello spiritoso che aveva spinto la sua audacia fino a tal segno e di riflessione in riflessione si accaniva in cuor suo contro Elena e voleva punirla di aver accettato così senza alcuna difficoltà la galanteria di quel miserabile.
Ma intanto Elena soffriva e si struggeva in cuor suo per il dolore pensando: «Perché deve farmi soffrire, lui lo sa che io non amo che lui e che preferirei morire piuttosto che concedermi ad un altro, io non permetto che egli mi debba considerar male, voglio spiegargli tutto, mi deve ascoltare, non posso più sopportare quest’incubo.»
Fattasi quindi coraggio, mormorò con voce dolente aderendo al braccio di lui, mentre grosse lacrime scendevano per le gote dai lucenti occhi azzurri: «Ascoltami, Mario, devo spiegarti tutto, non posso vivere così, perché soffoco.»
«Cosa vuoi spiegare se ho visto con questi occhi?»
«Sì, è vero, amore, ti chiedo scusa e tu mi devi perdonare.»
«Perché ti devo perdonare?»
«Sì, Mario, lo so che ti ho fatto tanto male, io non volevo ballare è stato lui che mi ha provocata insinuando che forse il mio protettore mi proibiva di ballare, io per giustificarti di fronte ad uno sconosciuto ho acconsentito, non perché io ti amo meno, io t’amo sempre e nessun altro uomo entrerà mai nella mia vita.»
Ma lui fissava lo sguardo in avanti pur ascoltando una ad una le parole che lei diceva tutta angosciata e con la gola chiusa per lo strazio. Elena appena finita la sua rivelazione appoggiò teneramente la faccia sul suo braccio per un istante, subito rialzando il viso e guardandolo in volto esclamando: «Io t’amo, Mario, e mai sarei capace di tale azione, credimi per l’amore che c’è stato tra noi.»
Il giovane profondamente commosso di fronte all’evidenza della verità non seppe più tacere e per evitare di fare la fine di prima uscendo di strada, fermò l’auto e si volse ad Elena dicendo: «Perché non me l’hai detto prima, così avrei fatto vedere a lui il protettore!»
«Ho taciuto apposta per questo, per evitare una lite, ho sempre tanta paura per te e non posso vederti bisticciare.»
A quelle parole Mario se la strinse forte a sé dicendo: «Scusami, cara, se ti ho fatta soffrire per niente, forse è la troppa gelosia che mi rende così cattivo.»
«Non fa nulla», esclamò la ragazza, avvicinandosi con le labbra aperte a cogliere un desiderato bacio.
[continua]
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