“Com’ero simile, pensavo,
a questo gheriglio, a questa crisalide, 
a questo signorino. 
Mio onesto amico, vi farete dare 
uova per monete?” 
	(«Il Racconto d’Inverno», William Shakespeare)
	
	PROLOGO
	Sto per prendere un treno,
un treno che mi porterà chissà dove.
Sono arrivato presto in stazione,
non c’era nessuno.
Sono solo 
finalmente solo.
Sto per compiere un viaggio 
ma non so quanto durerà, 
dove arriverò e chi incontrerò.
Dicono che la destinazione non sia importante
è importante con chi decidi di partire. 
Mi guardo intorno:
in effetti, non sono totalmente solo.
In una panchina, 
sul binario,
non troppo lontano,
mi aspetta Crisalide 
con le valigie
	
 
	PARTE PRIMA
	BINARIO
	
	Ti riconoscerò sul binario della stazione: nelle tue mani giunte terrai l’anima che il mondo mi ha rubato e me la restituirai – sarà come una piccola rosa bianca che torna di nuovo a respirare. 
	(Fabrizio Caramagna)
	
 
	
		FERMO
	
	Fermo
su questo binario
aspetto.
	Sto aspettando;
da un anno ormai
.stallo.
	Stormo,
loro sì che vanno
sopra di me,
	non hanno paura,
io sì.
Loro sanno la meta.
	C’era il cartello,
ma qualcuno ha cancellato la scritta ..
E ora dove vado?
	
 
	
		QUANDO GUARDO DAL FINESTRINO
	
	Quando guardo dal finestrino 
provo rabbia.
	Rabbia,
perché tutto quello che c’è fuori muta.
	Rabbia,
perché il mondo ha un colore che non ha.
	Rabbia,
perché la terra è tonda e io ho sempre pensato fosse piatta.
	Rabbia,
perché tutto cambia, a parte me
	
 
	
		MUFFA
	
	Non me ne andrò mai da questa muffa. 
È deciso.
È appiccicosa come le volute di nebbia di questa mattina.
	Il mare non ha spiaggia né ombrelloni .
È qui,
tra una riga gialla e l’altra e non se ne vede il fondo.
	Gravida e salina, come le lacrime che mi bagnano il viso  come il fumo
che sale lungo la mia schiena, è questa muffa. 
	Sono su un binario morto e il treno non passerà. 
Sono stati avidi,
hanno trattenuto il treno della mia liberazione
	
 
	
		SI SONO TENUTI IL PEGGIO DI ME
	
	Si sono tenuti il peggio di me,
 la disperazione
e l’angoscia. 
Mutismo da vendere in famiglia.
	E, quando prendo l’ultimo treno prima di varcare il confine,
la luce non fa capolino.
Rimane sempre nel mio cappuccio.
	Sole, vorrei emanare 
sole, sole in questi
buchi,
sole da sfamare un intero continente.
	Sono veramente felice? 
Ma dove è la mia felicità?
	
 
	
		LIMBO
	
	Un limbo
di sete e speranze.
Una culla.
	Questa casa,
è un muro di assi e di finestre.
Chiodi
	alle inferriate
dove dentro sono persi 
i miei pensieri incattiviti.
	Il fumo si alza
da una locomotiva che sta per partire,
ma allora
	quello è un treno spento 
che non partirà oggi.
Rimarrà sospeso
	come i miei versi non in rima.
Vorrei volare, ho vent’anni,
eppure, quasi due
	
 
	
		CHI SI PERDE
	
	Chi si perde di fronte a questo spettacolo 
è perduto.
	Chi si perde di fronte alle sue memorie
può andare a fondo.
	Chi si perde con quei riflessi 
è spacciato.
	Chi si perde di fronte alla grandezza di un tale azzurro, non ha ancora visto tutto.
	È l’infinito
da quel finestrino
	
 
	
		BIANCA SFERA
	
	Crisalide,
dove sei bianca sfera?
Bianca mano
dal grembo materno.
	Dove cangi
in pallida seta? 
In questa sera
di fiamme
	dove l’anima
si sveste
e l’usignolo si strugge 
e l’uomo…
	Dove è l’uomo?
Dentro
un bozzolo-nuvola
nell’utero-cielo
	
 
	
		MI TUFFO
	
	Mi tuffo
in quell’orizzonte.
Non lo vedo
c’è il treno che arriva.
	È là 
accecante 
mentre svolta
dopo la galleria.
	È sempre 
puntuale
quando non guardo
quando la vita è un imprevisto.
	Ho aspettato tutta la vita
di immergermi nell’oro del pastello,
nella luce di locomotiva
dei miei vent’anni.
	Eppure, dove vado?
Sono seduto nell’ultimo vagone,
sperando di non vedere 
il controllore che mi sveglia
	
 
	
		TRA LE MANI CALDE
	
	Sono caldo 
finalmente
fuori dalla placenta
di quell’umidità di finzioni.
	No. Sono qui con le mani calde 
e la mente ancora congelata. 
Qui ci stringiamo come sardine 
e il nostro fiato ci accompagna.
	È regolare come i rintocchi di una campana ,
a metà ci basta.
L’altra metà non serve nemmeno a unirci,
resta l’amicizia.
	Le macchie davanti agli occhi 
mentre dormo.
Gli incubi che camminano sulle palpebre
mentre intorno al letto si fa una strage.
	Tutto questo da un finestrino opaco
dove il freddo si è incollato
e la velocità che scorre intorno     
e il gelo che esce da un orecchio
e un altro che raccoglie
	
 
	
		NOTTE DI DESIDERI
	
	Notte di un desiderio.
Desiderio di desiderare un desiderio
migliore di questo.
	Desiderio di suonare una canzone
che nessuno
ascolterà e farà piangere.
	Una voce e una chitarra
sono accoccolati su una panchina,
mentre scorre una ninnananna.
	La pazzia di una stagione
ha perso il suo sapore;
ora rotola su un marciapiede,
	cercando un giaciglio 
che nessuno saprà dare
fino all’alba di ferro.
	E sogno le griglie
e una striscia gialla 
e sogno di volare
	
 
	
		SOGNI
	
	Sogno sempre.
	L’altra notte ho sognato
che ero un umano con le ali 
e che cercavo di volare.
	Cercavo di volare
dal giardino di casa mia
fino al tetto rosso.
	Sudavo,
sudavo
e annaspavo
e con fatica mi sollevavo.
	Ho sognato che c’eri anche tu
a incoraggiarmi 
e
a scoraggiarmi.
	A farmi scudo
perché a un certo punto 
arrivava un treno
	e mi svegliava
	
 
	
		MI VOGLIONO TRASFERIRE
	
	Mi vogliono trasferire.
Mi vogliono trasferire dalle mie ansie.
Mi vogliono trasferire dalla mia monotonia.
	Mi vogliono punire per un’infantile voglia .
Mi vogliono punire per una strana mania .
Mi vogliono punire per un colore sbiadito.
	Ti cercherò per dirtelo .
Ti cercherò domani.
Ti cercherò perché non posso.
	Parto e una voce lo ha già annunciato.
Non sarai soddisfatto di me ma, non mi importa .
Io sarò libero.
	Sei freddo come una rotaia.
Se questa è la mia libertà, io allora piango
	
 
	
		PRIMA DI PERDERE LA PENNA
	
	Voglio scrivere
prima di perdere la penna.
Voglio farlo
prima di perdere un briciolo di tentativo.
	Lo so,
non è perfetto
e non lo sarà mai,
ma io non voglio demordere.
	È una scala che scendo 
con lo zaino sulle spalle,
prima che il mondo mi sommerga 
con la sua domenica senza tramonto.
	Le scarpe da ginnastica
e la musica nelle orecchie.
Sfere di goccia in questa cavità,
un padiglione di bronzo.
	Domani mattina ti ascolterò;
adesso sono troppo preso con i battiti
della mia angoscia
che si riversa dalle mie orecchie malferme
	
 
	
		PANCHINA
	
	Seduto su questa panchina,
osservo la felicità del mondo 
scorrermi davanti come un torrente.
	In piena è la mia giovinezza,
su questa riva
dove contemplo prismi di luce,
	scendere come gemme di pioggia.
Sei sicuro di stare ancora un po’?
Sento il treno che fischia
	note profonde e scure.
Vedo davanti a me la miseria del mondo
che fa retromarcia e sorrido