Dario Paolo D’Antoni - Inseguendo Zagara
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia 14x20,5 - pp. 64 - Euro 9,00 ISBN 978-88-6587-9207 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: «Zagara» acquarello di Gemma Formaglio PREFAZIONE di Alessandro Di Pauli Non avevo letto ancora nulla di Julio Cortázar, anzi non lo conoscevo affatto. Avevo 22 anni e sbirciavo, con la calma di chi non ha in tasca abbastanza soldi per comprarsi un libro, gli infiniti titoli della Libreria Central di Barcelona. “Aeroporto, a Istanbul, caldo, gente, afa.” Cinque versi come cinque pennellate. Le prime due creano il contesto, mentre le tre seguenti definiscono l’atmosfera dominante. In un’economia di parole a metà strada tra il linguaggio drammaturgico e l’essenziale architettura di un haiku. Non sono mai stato ad Istanbul, ma se dovessi fare scalo, tra giugno e settembre, ad Atatürk sospetto che potrei essere travolto dalle intense folate di caldo-gente-afa. “Antica ed infinita, la Cina, avvolge il mondo, con il suo sudario, di pochi padroni, e molti schiavi.” Il banchetto del check-in svanisce, i pallidi e sudaticci turisti che compongono con i loro completi di lino stropicciato la flaccida fila per l’imbarco si trasformano in dignitosi e dinoccolati operai in attesa di timbrare il proprio cartellino dopo un’infinita giornata di lavoro. Giornata infinita come la loro stanchezza, come la loro pazienza, come la Cina. La coda avanza lentamente. I lavoratori sono talmente stanchi che non hanno la forza di lamentarsi. O forse sono solo educati. O forse è una questione culturale. Finalmente l’ultimo operaio inserisce il suo cartellino nella macchina obliteratrice. “Cammino silenzioso, nel bosco. Fitte chiome, rallentano il pensiero, nel buio meridiano.” Il suono stridente della timbratrice si trasforma nel richiamo di un uccello selvatico. La selva di macchinari prende le sembianze di una fitta vegetazione, talmente densa da creare una vera e propria penombra nel sottobosco. I rami trattengono la luce del sole, sono talmente fitti che i pensieri rimangono intrappolati nella densa trama come un pallone calciato da un imprudente bambino. Camminiamo quasi fluttuando, sospesi da ogni forma di giudizio. I passi sono puro battito. Il pulsare dell’esistenza. Il ritmo dell’Essere. “Sfumando il fumo dello scontato sigaro, mi guardava, perplesso, il filosofo ruffiano.” In un gioco di specchi e di identità mi riconosco come comparsa, come elemento del paesaggio in questo poetico peregrinare. È la poesia che si muove per il globo, e noi siamo gli spettatori. È la poesia, come una forza vitale che visita e poi abbandona, vivifica e poi svuota, i luoghi e i popoli che quotidianamente interpretano la loro farsa o tragedia. È la poesia che ha già realizzato l’imbarco per il prossimo volo, che ha già disfatto le valigie ed è uscita dalla camera d’albergo e che da poco ha lasciato le sue orme sulla battigia. “Nell’orizzonte del mare, mi smarrisco, nell’orizzonte del mare, io rinasco.” Questa lettura è un “giro della poesia in 50 mondi”. Tutto quello che dobbiamo fare è goderci il tramonto. Far tacere il pensiero e lasciar parlare l’incedere delle onde. Camminare, un verso dopo l’altro. Senza mai fermarci. Non so che titolo avrà questa silloge. Vi auguro comunque un buon viaggio! Inseguendo Zagara
Nell’orizzonte del mare
Io sono nel vento.
Aeroporto
Freme l’attesa,
Con le foglie che crepitano
Di settuagesima la domenica
Sono nel nero
Il tempo passa
Che coraggio c’hanno
Danzo [continua] Contatore visite dal 30-10-2018: 1529. |
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