![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
|||||
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
||
![]() |
||||||
![]()
Davide Gorga - Medieval Songs
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa - pp. - ISBN eBook: pp. 68 - Euro 4,99 - ISBN 978-88-6587-562-9 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: “Vitrail Esprit Saint Jeanne d’Arc Cathédrale Saint Louis” © Yann Le Goff – Fotolia.com Prefazione Poesie e “tele” dipinte al crepuscolo, l’ora dedicata alla riflessione. È ciò che fa il poeta. In ciascun componimento, egli si pone di fronte allo specchio dell’anima e osserva, a mente aperta, pronto ad accogliere ciò che vedrà. Apre la sua anima, ed ecco gli appare il suo tempo. Ricordi, sensazioni, speranze, illusioni, dolore, solitudine, allegria. Egli si inoltra in boschi oscuri e incantati. È la Natura a fare da mediatrice tra l’uomo (“cacciatore in scintille”, “bambino in corsa”) e il suo io più vero – la Verità? Il segreto della gioia? Una Natura popolata da spiriti, elfi e voci nel vento si risveglia solo al crepuscolo. Sono entità benevole, spiriti guida che sussurrano e danno inizio all’incantesimo. Essi mostrano al viandante il suo tempo e il suo essere. Un susseguirsi confuso d’estati, inverni, autunni, e un intreccio di luci che risalta violento e doloroso sul telo di tenebre – qual è l’essenza umana: una meravigliosa mescolanza di luci, il cui bagliore non sarebbe tanto splendido non fosse per il manto buio in cui gemmano e crescono. Il buio è dunque fondamentale. Non vi è guerra, non esistono conflitti né meschinità nel tessuto delle cose, e ogni dolore trova posto nell’ordine meraviglioso di una Natura che irraggia amore, e che tende le sue braccia a cullare ogni sua creatura. Il male, come forza dominante e distruttiva, esiste solo nella mente confusa, e non trova posto nell’universo qui narrato. Persino l’inverno sorride poiché, come ogni prova e ogni forma di sofferenza, non uccide ma trascende. Il tema portante è il viaggio. Nessuno può affermare di conoscere il valore di qualcosa finché non ne sperimenta la mancanza. Come in una foto in bianco e nero si colgono dettagli che sfuggono nella vivace tempesta dei colori, così accade che solo nella mancanza di luce (amicizia, amore, salute, speranza… e anche fiori, musica, risate, cieli blu…) si avverta quanto dolorosamente essa sia preziosa e necessaria. In questo contesto, i violenti contrasti di luci e ombre sperimentati dal viandante (“fiamma fredda e ardente”, “rilucente come scrigno/d’alabastro e quarzo/nella notte più nera”, “scala di marmo bianco/nella notte nera”) acquistano un potere immenso nel suo processo di trasformazione. Gli consentono di toccare l’essenza più vera di ciò che ha perso o che gli è lontano. Ne assapora la bellezza struggente e capisce, dopo lungo travaglio, che cos’è la vera gioia. È forse questo il sogno, la speranza, la misteriosa forza che muove i suoi passi? “Al flauto mistico Perché il viandante compie questo cammino? Cosa lo spinge? La strada è la scia di un percorso che sorge un passo alla volta. Nulla è prestabilito. È una strada fatta di esperienze, emozioni, visioni. Lungo il cammino il viandante vede molte cose. Gli appare il suo tempo, un lungo nastro le cui estremità si perdono lontano, in un passato colmo di ricordi e in un futuro fatto di confuse speranze; “mille rivoli danzanti nella melodia del tempo immobile, sorriso del cielo e delle stelle, viso del sole, esile sentiero di luce lunare, mistica danza nel nero dei fuochi della notte” Il tempo è dunque la coordinata più importante del suo pellegrinaggio, mentre lo spazio non è reale o è semplicemente secondario. Il suo tempo appare come una mescolanza di stagioni, di albe e tramonti, di stagioni della vita. Le stagioni del passato si intrecciano nel loro rapido ripresentarsi al ricordo (“primavera di un tempo,/ inverno di stelle,/ estati di boschi e d’infanzia”). È il tempo del viandante a segnarne il cammino. Egli lo osserva e ne trae insegnamento. “Tra le onde del tempo Nel suo cammino, il viandante medita spesso sull’Infanzia, che gli appare come una visione dolce ma lontana. L’Infanzia precede il fatale insediarsi dell’uomo nel Mondo, con le sue restrizioni e le conseguenti falsità. Poi viene l’Inquietudine, quindi l’inizio del lungo Peregrinare. L’Infanzia è dentro di lui, ma dorme poiché egli l’ha rinnegata. È un ideale nostalgico, intravisto da lui nel suo tormento, la speranza di un ritorno allo stato puro e libero dell’infante. Il viandante agogna a quella beatitudine (“il lampo dell’infanzia lungo la strada odorosa di lana e calore e vetri appannati nel ritorno”). Il viaggio, staccando pezzo a pezzo la crosta di cui il Mondo gli ha rivestito l’anima, lo riavvicina all’Infanzia. “Abbraccia la luce con le mani d’incanto, nelle notti sfolgoranti […] là dove il tempo ha gli accenti innocenti della purezza anelata delle voci immortali.” Il pellegrino viaggia e medita. Il suo è un atteggiamento di attesa e accoglienza. Egli lascia che le visioni vengano a lui, senza forzarle né generarle, accoglie tutto ciò che gli viene proposto e lo medita. Artefice di questo è la Natura che lo circonda (“Come schegge di vento in foglie intrecciate, cadono petali di galaverna in primavera”), una Natura dotata di volti, mani, voci, una Natura animata, gioiosa, che lo osserva incuriosita, lo sfiora, gli sussurra all’orecchio. I suoi spiriti gli parlano, lo chiamano, lo guidano, lo accompagnano (“voce che scintilla/ nel sentiero d’autunno,/ canto d’acqua sorgiva”). Ciò avviene soprattutto al crepuscolo. Dopo il tramonto il suo cammino continua – ma è sogno o veglia? Il sonno spegne la razionalità lasciando posto a sogno e magia (“nel velluto della notte riaperta al cantico interiore”). Il suo viaggio entra in una dimensione nuova: il reame degli spiriti della Natura. La strada si inoltra nel bosco, che di notte si risveglia e si popola di spiriti che sussurrano. Ma il pellegrino non ne comprende il linguaggio poiché essi parlano una lingua arcana, misteriosa, fatta di simboli e immagini. Da tempo egli non ascolta la Natura, e gli è difficile comprenderla. Ma perché gli parla? Perché egli è parte della Natura, figlio del bosco, del cielo e del mare. L’universo lo abbraccia e condivide con lui le sue immense energie. Così il pellegrino trascende infine sé stesso e prova una gioia sconfinata. Egli glorifica la Natura viva (angeli, elfi, il Supremo, la voce nel vento…) che lo accompagna senza forzarne i passi. Egli glorifica il creato e trae gioia dal suo dolore (“L’ombra che cade sul bordo del cielo”). Il viaggio è pervaso da un’aura positiva. Non vi è mai negatività o pessimismo. Il pellegrino accetta il dolore perché lo percepisce come benevolo, come elemento fondamentale del tessuto vivente. In lui c’è speranza, e un’attesa positiva e allegra. Lungo il cammino il pellegrino sosta e scambia racconti di viaggio con coloro che incontra. Allora si fa musica, si ride, si canta, si danza. “il vino, di mano in mano intorno al fuoco La gioia delle feste dei viandanti brilla di fanciullezza, e di quell’allegria che sembrava persa e lontana. Bastano un falò, un flauto, e la compagnia di altri viandanti, e la notte si accende di lanterne (“troppe stelle da cantare”). Infine il pellegrino riprende la strada, più leggero, più gioioso. Sa che non è mai realmente solo. “nella trasparenza di un attimo eterno vedere […] l’eterno bambino dentro di noi — l’uomo nel suo viaggio, il vecchio che insegna” Il viaggio continua e “ci” porta nuove esperienze, affanni, meraviglie. Li porta a “noi” poiché, in effetti, siamo noi stessi, tramite le parole del poeta, a compiere il viaggio. Egli fa da tramite tra noi e la Natura, tra ciò che siamo divenuti nel Mondo e il nostro io più vero – la nostra Infanzia. I suoi versi ci proiettano lungo il sentiero. Udiamo chiaramente il fruscio delle foglie, il crepitio delle fiamme, il sussurro del vento – e l’eco dei nostri passi sul sentiero del bosco. Cosa apprenderemo da questo viaggio? Cosa vedremo in noi stessi? “Fenice rinascente come un eterno accordo, ho abbracciato nella voce fragrante e calda l’eternità.” Stefania Vaga Medieval SongsMINSTREL BALLADS
Ora che il mondo è chiaro al bianco della sera
Le foglie verdi rondano intorno Uomo che viaggi, Le foglie verdi ricordano il giorno, Donna che ridi Le foglie verdi rondano intorno, Uomo tornato Le foglie verdi rondano intorno, Donna che hai atteso Le foglie verdi rondano intorno, Uomo che hai atteso Le foglie verdi rondano intorno, Le foglie verdi rondano intorno,
Campane nella sera – di stelle sulla cala, Fiamme intarsiate, Nella luce d’estate
Si aprono le foglie di novembre Canta il vento
E nasceranno albe incantate
In violini e ghironde
A te che sei per sempre Al suono della campana Al flauto mistico A te che sei per sempre Splendore ed estasi [continua] Contatore visite dal 14-04-2015: 2836. |
![]() |
|||||
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
|||
![]() |
![]() |
![]() |