ETERNO CHE VOLA
Verde velluto sopra la collina.
Scivolavi sui fiori di ginestra
e il vento apriva al prato margherite.
Poi ci sono le formiche
nella pancia della terra
e dentro ai loro ventri
una promessa di vita,
se il maestrale non gela
o altro vento non brucia
il ramo della primavera.
Quel frammento di eterno che vola
resta l’unico gioco di vita
prima di chiamarlo silenzio.
PRIMA CHE
Lascialo andare
a raccogliere momenti
nel prato di incoscienza,
pieno di energia scolpita
nel movimento artistico
della nuda statua.
Lascialo sguazzare
questo frutto svestito
per tutto il tempo della logica,
nella luce colorata di imprevisto
che non è di questo mondo,
prima che il codice sia solito
riavvolgere la carne.
CONCERTO D’ESTATE
Quel canto liquido
che colpisce l’aria della notte,
o quel grido scomposto
di musica d’uccello,
plasmano i pensieri incorniciati
nella consuetudine.
E sono botte di festa nel cuore,
quando il sole lo scalda.
E sono schegge di vetro
strizzate nel pugno,
se è scucito nell’ombra.
SENTIRTI VERA
In quella sua camicia d’alta moda
più che al corpo aderiva all’ambizione
per mostrarsi importante ed appagata
nei salotti e le strade di città.
Al tempo della spiaggia o della neve
confusa tra i mortali ben viventi,
nuda, come quel tronco scortecciato
che il mare sbatte fra la schiuma e scogli,
mordi con forza, altrimenti incompiuto,
il gesto definito dal respiro.
E per sentirti vera ti rileghi
i frammenti, di quelle notti lunghe,
per ridare un’immagine alla storia.
RASCHIO DEL VENTO
Aveva il raschio del vento
l’energia senza forma né volume
quando il vortice asciugava
con la logica il codice all’idea.
S’infilava nelle crepe
a pizzicar le corde del pensiero
e dare i giusti limiti
al ritorno del canto e controcanto.
Dicono che sia mancato
al bulbo verde del versante buono
quel solfeggio giocoliero
che piena di dolcezza a chi l’ascolta.
Il rimpiangere non serve
perché quello che conta non è il sogno
né la gloria di un minuto
ma è il crescere, anche di un centimetro.
I CONFINI
Quell’onda di schiuma di mare
che si spegne sull’orlo di sabbia
confonde la certezza dei confini.
Nella striscia contorta
di vita non vita
d’amore o egoismo
di giusto non giusto
finito o infinito,
il gioco del sogno si spande,
e sposta il contrasto
strappato alla verità.
ODORE DI ESISTENZA
Torna ancora nel verde rampicante
a una pagina lucida di cielo
dove l’ardore ingloba ogni confine
senza grumi, o rammendi di memoria.
Col rosso trasparente nel viola
brucia gli sterpi, elastici induriti:
siepe che chiude ai giochi, ai complimenti,
agli sguardi, sapori, ...godimenti.
Torna ancora, odore di esistenza,
a versare nel corpo tanta linfa
e mordere la vita con irruenza:
per un anno, un mese, un giorno… E quando
quella forza di fiume ormai si slabbra
nella snervata chiusa della foce,
un colpo d’ala, repentino, copra,
col soffice piumino della terra.
SCRITTE D’AMORE
Al fico d’india
allungato sul mare
ho trafugato le scritte:
sono incisioni
alla corteccia del cuore
che cicatrizzano
gli attimi felici
lasciati dagli amanti
in custodia
all’archivio d’amore.
Ho riletto la nostra,
nel riflesso di luce…
di quel tramonto.
CONTINUA
E continua a bruciare
il magico respiro delle lucciole
quasi fosse separata la testa
dal dolore del corpo.
Questa luce che sgocciola
nella pozza della realtà
si fregia di trionfo
giustiziando le ombre.
E continua a cantare il mondo
quando nasce un uomo
anche se non ha un senso
o ha un senso far niente.
Per conservare l’eterno
di vicinanza immortale
non ha che un groviglio di vita
nel carniere la morte.
I NONNI
Nell’orizzonte ingrandito
dove il cielo si cuce con la terra
resta una linea gonfia di luce
per vedere più chiaro e penetrante
il panorama intero della vita.
Così il viso dei nonni, disegnato
con le rughe scolpite in chiaro scuro,
mostra il costo che paga all’esistenza.
Ma le parole semplici, rubate
tra i silenzi, aprono il cuore
ai nipoti, per scoprire i segreti
non ancora transitati,
con l’energia più umana
senza ombre e titubanze
nella forma della continuità.