SOLCO D’OMBRA
Nel filo dei panni che ho già stesi
appendo gli occhi, arrossati
come i pampini d’autunno,
per setacciare, al buio della notte,
pepite di luce colorata.
Perché quando arriva un’età…
dove il nuovo assorbe il vecchio
contempli l’infinito
travestito dalla perfezione
per dare un senso all’attesa.
È come riavvicinarsi,
con la lingua interrotta
dal solco d’ombra,
ai tornanti del sole
per capire che siamo esistiti.
1° Premio “Regina Margherita”, Bordighera, 2012.
9° Premio “Cardinal Branda”, Castiglione Olona, 2013.
Menz. d’Onore“Patrizio Graziani”, Gioia dei Masi, 2013.
COME FINISCE
Lungo un sentiero
fuori dal paesaggio
dove niente succede,
il lento mormorio
che accartoccia l’erba secca,
mi fa ripassare i sogni
di come finisce
ogni angolo di pelle.
E con lo sguardo
rivolto verso il cielo
spruzzato di incompreso,
sguazzo nel niente
senza darmene un pensiero.
ARIA PURA
Arriva il momento
di respirare aria pura
quando pensi come la vita
corrisponda poco alle parole.
Cambiare i vizi dell’uomo
senza aver nulla da dimenticare,
senza aspettare il loro morire,
come una piccola vergogna
della quale sei geloso.
Nel reticolo dello spirito
con le sue trame ipotizzanti
c’è, il senso di un respiro,
il mestiere della perfezione.
È così che rinasce
quel poco che avemmo in sorte,
che ricuce il distacco
tra nascita e la morte,
perché mai niente
è dato per scontato.
VIAGGIARE
Se metto in fila tutti i passi
che ho fatto oggi,
uno attaccato all’altro,
e li aggiungo a quelli di ieri
a quelli fatti in un mese
in un anno…
nella vita,
mi vien fuori che,
per arrivare alla vecchiaia,
ho fatto undici volte
il giro del mondo, all’equatore.
E poi mi vieni a dire
che non ho viaggiato!
SI DICE CHE
Si dice che il coraggio
arriva dopo la paura,
portato da un nuovo
ciclo d’anima.
Il giorno dei rimandi
si dice che finisce
con la breve estate,
quando devi salvare
un altro giorno
che non c’è.
Ci sono cose che
non esistono ancora,
nel vuoto da riempire
tra parole e distrazioni.
Altre pesanti come
nelle tasche i sassi,
che fanno invecchiare
prima della giovinezza,
ma da seguire, ovunque,
come i cuccioli la madre.
Anche se un pezzetto di cuore
nutre sempre l’incanto,
sotto l’azione coprente
del sogno.
CLOCHARD
In quel lembo di vuoto
c’era un fruscio consistente,
ed usciva adattato alla forma
che ognuno gli vuol dare.
Il corpo era composto, lieve il passo,
come lieve è il ripetersi dell’onda
nel muricciolo dell’anima
quando pulsa la speranza.
Là, dove il fiume si annoda al mare,
nel miraggio di un fuoco occasionale,
lui, goccia dell’universo,
apparteneva solo a se stesso.
Felice come un lupo, un pesce, un uccello,
viveva a tastoni nell’incerto,
nel cerchio della luna,
per beccare le stelle.
IL RITORNO
Che fine ha fatto
quel darsi tanto da fare,
se, oltre il verde giardino,
l’ala d’uccello senz’aria
interrompe distanze,
e non resta che la tua dimenticanza?
L’uomo conosce il mondo
dentro di sé, e, come utente,
non può uscire da sé stesso,
se non con la morte
che lo riporta a Dio,
in quell’amore leggero…
dove la bilancia della materia
non può più pesare.
LA CONSEGNA
Brillano gli occhi al pupo
profumato di latte e pannolino,
e brillano alla mamma, al babbo, ai nonni,
quando sorride con il suo faccino.
Mangia, fa il ruttino, poi dorme
e ogni giorno si allunga a vista d’occhio.
Io… un brodino, colpo di tosse, dormicchio,
e ogni giorno mi accorcio
senza dar nell’occhio.
A questo vecchio più di novant’anni
trisnonno di mestiere a tempo pieno
brillano, di un umido appannato,
non solo gli occhi,
ma tutta la faccia.
E non è rabbia, forse l’emozione
di traslocare e dare il posto al pupo.
PAESI DI MAREMMA
Come amanti s’abbracciano
le case coi muri di pietra
dei Paesi che s’innalzano
sui colli più alti
dove il sole si posa
all’alba sulle cime.
Schierati come guerrieri,
con gli occhi volti verso il largo,
custodiscono la proprietà
fin dove il mare tocca il cielo,
fin da quando la pianura
non aveva un nome,
e il territorio, tutto,
cicatrizzato di stagni.
Ci ricordano le gare
per liberare ogni anno
un pezzo di terra acquitrinoso,
aumentare i seminati
e diminuire gli abitanti
in carestia.
UNA BELLA STORIA
Percorrendo stradine di collina
siamo arrivati in quella trattoria
per la specialità della cucina
e ritrovarci insieme in allegria.
La zia Marisa siede a me vicina,
di fronte Emy e Antonia, anch’essa zia,
Italo a destra, l’uomo che pagava,
ed io che già pensavo a questa ottava.
A un certo punto, mentre si mangiava
tutti contenti e ognuno sorridente,
Antonia un dito in bocca s’infilava
e dice balbettando: ho perso un dente.
Naturalmente poi ci si scherzava
dicendole: via su che non è niente,
ricorderemo con maggior memoria
la gita, il pranzo, e questa bella storia.
Monza 06-07-2013
LA FAMIGLIA
Sparito il sole dietro la collina
finiva la giornata di fatica,
la luna è già salita sopra il tetto
a diluire la tinta del buio.
Usciva lento il fumo dal camino
per la polenta cotta nel paiolo
che si mangiava con il pecorino
o lo stufato d’erbette e fagioli.
Di tre generazioni, numerosa,
a cena si riuniva la famiglia:
tavolo lungo, tovaglia di lino,
panca di legno, seggiole impagliate.
La luce la faceva un lanternino
ad olio, con lucignolo di corda.
Di tanto in tanto, un tozzo si lanciava
al cane, che sull’uscio fa la guardia.
L’ONDA UBRIACA
In disordinata armonia
l’onda, ubriaca di gioia
cavalca il vento sgrovigliato,
fino al silenzio
sigillato al profilo dei monti
dove il tramonto, lentamente,
con misurata decenza
lo uniforma al buio.
Come dovrebbe ogni uomo,
per entrare in comunione
con il mistero femminile,
che lo intriga.
[continua]