In copertina e all’interno illustrazioni e opere dell’autore
Lascerò di me uno spirito
combattuto, smarrito nel pathos
della sua coscienza e nella fede
che lo illumina.
L’accenno di un sorriso per difetto
umano, magari fra tutto: un briciolo
della vostra invisibile meraviglia
per un ricordo che scomparirà.
“Di me, forse il canto resta, forse
il canto”.
(L’Autore)
Così vid’io la settima zavorra mutare e trasmutare;
e qui mi scusi la novità, se fior la penna abborra.
(Dante, XXV Inferno)
Presentazione
(Nascere poeta, la più bella poesia)
Diego Capitano Poeta di Racalmuto, un paese dell’agrigentino, da sempre ha potuto godere delle bellezze naturali, artistiche e architettoniche della zona; luoghi e cose che hanno avuto a che fare con diverse dominazioni e in particolare con un mondo classico apparentemente passato, ma che in effetti continua tuttora a vivere non solo nei resti mitologici e archeologici, ma soprattutto nell’essenza stessa delle persone, che da quei “contatti” sono state formate, specie se spinte da quella sensibilità particolare che è propria di tutti i poeti di ogni epoca.
Quello di cui si dice sopra però non è il solo elemento ispirante del poeta, infatti accanto a quello ce n’è un altro ancora più vivo nell’interesse e nel mondo interiore dell’artista, un mondo che vede se stesso all’interno di un semplice, ma nello stesso forte e indelebile contesto familiare, fatto di comprensione reciproca, solidarietà e amore. Altro elemento che ricorre molto spesso, inevitabilmente, nei versi del nostro autore è costituito dalla sua vita privata, incline alla fede divina, fatta in generale, come tutti, da momenti lieti se non di felicità, alternati ad altri più difficili, accentuati dalla sua indole dogmatica, particolare, come particolari sono tutti gli artisti.
Il poeta infatti talora vive come irretito in un destino, come lo si può intuire da alcune sue poesie, accettato a malincuore, sebbene nel suo mondo interiore vive e vivrà sempre quella gioia e quella spensieratezza del bimbo d’un tempo, dentro il tepore mai dimenticato delle braccia materne e della piccola famiglia in un’età povera, ma nel contempo ricchissima di sensazioni e sentimenti immortali.
Vivere la poesia, per il nostro, come per tanti altri poeti d’ogni tempo, è una grande consolazione: “Nascere poeta indubbiamente è la poesia più bella”.
Dio ha voluto innestare nell’anima di questo poeta, uno dei doni più speciali: la poesia, scavando nel suo interiore, in un cuore ormai capace di estrarre “momenti indelebili”, quasi magici, dissepolti da un’anima pur sempre viva e pronta a farsi riscoprire tutte le volte che le va di essere esplorata, e nel frattempo assaporare quelle sensazioni vibranti, atte a scuotere quel senso di solitudine che non desiste, che pesa dentro il suo cuore come un eterno macigno dantesco.
È proprio allora che egli ritrova, come per incanto, dentro atmosfere di luce e di gioia ormai dileguate in un universo, che in fondo, come il tempo, trascorre, insensibile nube montaliana di fronte al dolore terreno, che spesso si spinge faticosamente verso l’alto, ma non trova risposta.
Ecco allora, come si diceva sopra, che momenti vividi d’esaltazione talora cadono su altri ombrosi e amari, pronti a bruciare l’animo, che tuttavia trova sempre la forza di rialzarsi, di reagire, di non soccombere ad un “quid”, che come una cappa impalpabile tenta di bloccare una carica vitale non indifferente, che vorrebbe uscire fuori quasi esplodendo, per poter liberare quella gran voglia di rivivere la “libertà di se stesso”, tanto desiderata.
A livello di versificazione, il poeta fa ricco uso di aggettivi e similitudini, che si alternano a metafore, sfumature e personificazioni, manifestando altresì l’interesse d’un copioso uso sinonimico, disseminato sulle sue tante opere talvolta baroccheggianti. Così tutto ciò potrebbe talora costituire per un certo pubblico una sorta di “schermo linguistico” per un’immediata comprensione, ma al di là d’ogni soggettività poetica e artistica, Capitano ci apre il suo mondo poetico che ha una sua evidente chiarezza di concetti e una propria identità, colma d’ampi ventagli di sentimenti e di forti emozioni.
Racalmuto, 08/05/2021
Prof. Luigi Giuseppe Capitano
(docente, poeta, pittore)
Nota critica dell’Autore
(L’Uomo – il Mito – la Poesia)
Leggendo questo libro troverete sicuramente, quel tipo di poesia apprezzabile per originalità, atta a coinvolgere l’animo umano per affinità elettiva ed esistenziale, che spesso si riscontrano per puro caso, verosimilmente negli altri.
La mia poesia vive e si nutre di quel filo logico filosofico dal tocco marcato, a tratti di eloquio pacato e in altri più che impetuoso per ricevuta minaccia che il mondo e l’umanità subiscono da mentalità stolte, vittime dell’egoismo, del potere e della violenza.
Fiorente di bellezza espressiva nel verso: semasiologia di un intimo dogmatico tessuto di affinata filologia e di toccanti descrizioni sulla natura terrena e trascendentale, preda a volte d’un inevitabile ma strabiliante, efficace ermetismo.
L’opera “L’acceso piglio di Erato”: pura poesia realistica, s’incarna nello spirito di una mente libera, aperta a interpretare immagini e storie dell’umano vivere, che appartengono ad ognuno di noi nel presente e nel passato; la genialità che non per caso può divenire nel tempo, leggenda o mito nell’arte, senza barriere imposte.
Ricca di richiami alla gioventù, all’amore, al ricordo dei grandi della letteratura e dell’arte, che hanno reso grande e interessante il loro operato e la loro vita nel mondo e nel tempo vissuto.
Rimane tuttavia un’opera dal tono intimista che si lascia trascinare in una muta solitudine interiore ombrata da un velo di pessimismo, nato dal diffondersi di una lunga lista di male difficile da estinguere, così drasticamente drammatica che la vita stessa quotidianamente apporta, a chi contrariamente di buoni propositi ed onestà vive.
Quindi respiri di vita, seppure di affanni, hanno donato armonia anche se malinconici, con note particolari di una espressività colorata, d’un vissuto ameno e sconvolgente, già paradigma d’incanti, d’illusioni e di romantici rapimenti d’animo.
“Io sono come il buon fornaio meticoloso, che pretende il suo pane sia fresco, croccante e saporito, mai scusso e privo di fragranza, il migliore sempre da fare invidia agli altri”.
Le mie opere nascono per innato amore alla poesia, perseveranza di un’anima immortale che convive in me dal mio primo respiro, artisticamente dotata e onusta di tanta sensibilità che soltanto gli eletti e i veri artisti da Dio prescelti, possiedono in dono.
Anima senza mistificazioni con i sensi del rispetto, per la giustizia, per la fratellanza e per la libertà, nonché per la fede: Verità Viva che dal cielo s’innesta con amore nei nostri cuori.
Anima umana, trafitta da lampi di perfezione, dolorosamente provata; vicende e sogni che hanno forgiato l’uomo nella carne e il poeta nello spirito. Come ricorda una recensione del critico Paolo Francischetti: “Paradossalmente, proprio per questi motivi di condizione desolante sembrano contribuire ad accrescere la sua non indifferente formazione umana e culturale”.
Concludendo, anche se potrebbe poco interessare quanto finora detto; la cosa più importante per un artista, è in ciò che crede: lasciare nel cuore degli uomini, i sani principi e le buone morali, cercando con le parole di significare superbamente la vita.
“L’artista, non per sé crea le sue opere ma per l’altrui memoria, in eredità tutto lascia al mondo, che potrà in un prossimo futuro, consacrarlo, e consegnare il suo nome all’immortalità“.
Diego Capitano