METRO
Caldo spesso di pensieri
molti gravi, altri leggeri
sguardi persi e ridondanti
accomunan tutti quanti
Le fermate son ritorni
al da far di tutti i giorni
sale il nuovo scende il vecchio
cambia il tempo nello specchio
Poi riparte il mio vagone
dentro un nero d’impressione
e la mente fa tutt’uno
con quel viaggio di nessuno
Ed infin le sparse idee
son rapite dentro un fischio
s’apre ancora quella foce
d’altra gente mi rimischio.
SVEGLIATI PARIGI
Parigi di nebbia
in un grigio torpore
un’eco hai di guerra
ch’annienta il colore
Ricerco in te l’arte
e m’accogli sopita
di tutto mi parli
all’in fuor che di vita
Poi sorgono tetti
tra alberi stanchi
sovviene il ricordo
e da qui già mi manchi
Finestre son palchi
al grandioso balletto
e come alla prima
ho qui fiero il biglietto
Ma dove hai nascosto
gli artisti di strada
dove la gente
e i pittor di contrada?
Prologa pronta
e fedele la Senna
tu indugi ancor
come attor che tentenna
Parigi che dormi,
Paris, tu es là?
ti voglio, t’attendo
Paris, réveille-toi!
BALLATA GITANA
Ballata gitana,
un po’ triste,
un po’ piana
tu porti i pensieri nascosti
di gente che ha visto più posti
porti un suon che sonnecchia discreto
tutto assorto in quel tuo gran segreto
segue il vento e le sue dissonanze…
ma è lì pronto ad aprire le danze.
Tutto a un tratto in te si riaccende,
ha una forza che tutti sorprende:
ora parli di gioia e di amore,
di cultura, emozioni, calore,
della vita, del tempo presente,
di speranze di questa tua gente.
O ballata di questi gitani,
cosa mai ci riserva il domani?
Forse il ritmo con cui cominciasti,
messaggero di eterni contrasti?
Ma il diletto di questa tua fine
par che superi ogni confine
e la musica col suo calore
è una luce che parla a ogni cuore
O ballata dei Rom e dei Sinti
con i volti di terra dipinti,
canta l’uomo
sia lieto sia triste
“la vera ed unica razza che esiste”.
ECCO, LA NEVE
Ecco che cadi,
neve,
col tuo silenzio
breve;
per poco ancora
la gente riposa,
poi su di te
si dirà ogni cosa:
stupore, uno sbuffo,
la gioia, il furore,
tutto attutito
in quel tuo candore,
per chi ti vede
greve,
per chi ti guarda
lieve.
OTTO DI SERA
Otto di sera
ch’è ormai primavera,
un tuorlo di sole
mantiene il chiarore
non scende, non cala,
non vuole partire,
è signore del tempo
e alla terra vuol dire
che l’ama e d’attenderlo
senza paura
poiché al suo ritorno
ancor ne avrà cura
e a pegno le manda
leggera una brezza
che tiepida e accorta
il suo volto accarezza;
e lei di risposta,
devota e silente,
distende i suoi campi
d’un bianco dormiente
perché in quella tela
l’amor suo v’imprima
ombrosi sigilli
d’affetto e di stima.
Tacita gioia
in cuor mi sovviene,
poiché si svela ancor
ciò che infin tutto sostiene:
sì, quanta passione
ispirò il Creatore!
e in me sussurro un grido
…siam vivi per amore.
SPROVVEDUTO
Sprovveduto,
come lo sguardo nel cielo perduto
di un uomo sdraiato su assi inchiodate
d’una zattera muta già alle cascate
come il piede che sale un sentiero
senza che lo conosca davvero
poiché il volto è rivolto lontano
alle case raccolte giù al piano
come il bimbo che cambia rapporto
pedalando per strada un po’ storto
tutto attento a quella catena
che sua madre farà stare in pena
Così ancora una volta mi avvio
all’incontro con grandi questioni
e la fretta non è il modo mio
accarezzo le mie sensazioni
Poco umile, poco cosciente
non comprendo il tempo che vivo
ma una lama con secco fendente
farà un varco a ciò che impedivo
Sarà tutto un cadere, un capire
un istinto celato a fuggire,
lunghi vuoti fra troppe parole
d’un orgoglio che ceder non vuole
Sarà infine soltanto l’amore
tornasole che non lascia errore
a svelare da i miei scarabocchi
verità pure, senza ritocchi
Sprovveduto e me ne vergogno
a un incontro che temo e che sogno…
è la vita che chiama a raccolta
che trionfi ancora una volta.
[continua]