Ermanno Gelati - Frammenti
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa 14x20,5 - pp. 106 - Euro 12,00 ISBN 978-8831336604 eBook: pp. 100 - Euro 5,99 - ISBN 978-8831336710 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: “Officina dei sogni” (olio su tavola) collezione privata Pubblicazione realizzata con il contributo de de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è segnalata nel concorso letterario Jacques Prévert 2019 Questa la motivazione della Giuria: «Ermanno Gelati, nella raccolta di quattordici racconti brevi, dimostra di possedere gli strumenti per racchiudere storie complesse in brevi narrazioni che mettono in luce le contraddizioni dell’animo umano e le antinomie dell’esistere. Massimo Barile Breve prefazione I racconti che compongono la raccolta sono il risultato di una sfida personale, quella di riuscire a scrivere un racconto al mese per dodici mesi. L’Autore “Intanto, la ragazza calzò il cappuccio della felpa rossa che indossava sopra un paio di pantaloni bianchi attillati. Quella mise metteva in risalto la sua linea invidiabile. Il suo viso oblungo si adattava a varie espressioni. Quella che aveva in quel momento, con le palpebre leggermente abbassate, la facevano apparire sonnacchiosa. Ma si trattava di un’impressione ingannevole. In realtà era solo una caratteristica del suo volto. Quando parlava, l’espressione si animava assumendo una mimica mutevole, a tratti caricaturale. Il suo naso era affilato e le labbra atteggiate ad una perenne espressione di diniego; questa proprietà le tracciava due impercettibili rughe sulle guance.”
Qui c’è la naturalezza del racconto, la brevità – sta diventando sempre più un pregio –, la cadenza della successione dei fatti che induce il lettore a scoprire come si arriverà allo svelamento finale, a quelle poche frasi terminali che danno un senso alla narrazione precorsa.
Ottavio Ferrario
FrammentiIl segreto, forse il rimedio, comunque la via di fuga, è guardare la gente che ti passa accanto per strada e vedere non persone ma storie che camminano, racconti che ti cercano. Sergio Claudio Perroni a Silvano, Frammenti Stavo seduto sopra una panchina con il cuore in tumulto. L’oggetto del mio turbamento era una bionda in maglietta e jeans. La donna, che sorreggeva una bicicletta rosso fiammante, stava porgendo del denaro alla commessa di una gelateria. In quel momento, per darmi coraggio, ci sarebbe voluta una sigaretta ma con il fumo avevo chiuso da parecchio tempo, come con altre cose del resto. Esitai ancora qualche secondo… Infine ruppi gli indugi e mi alzai. Poco dopo, noi due ci trovammo sulla stessa panchina a parlare. Quel che ricordo non furono le parole banali che ci scambiammo, ma piuttosto gli sguardi furtivi sui nostri volti segnati dal tempo, sui miei capelli grigi e sui suoi tinti. Continuammo a discutere del più e del meno, per quanto mi viene in mente, una decina di minuti. Prima di lasciarci, mentre mi scoccava un casto bacio sulla guancia, lei sussurrò: L’ufficio, situato all’ultimo piano della divisione tecnica e amministrativa, era pieno zeppo di mobili accatastati. Quello spazio, un tempo adibito ad archivio, era diventato, dopo la rivoluzione informatica dell’azienda, un deposito fatiscente. Conteneva vecchie scrivanie e armadi ricolmi di pratiche superate. Un gigantesco divano in pelle beige, che un tempo intimidiva i clienti nella sala di rappresentanza, stava vicino ad alcuni tecnigrafi. Due vecchie fotocopiatrici giacevano sopra a una macchina cianografica dismessa e alcune cianfrusaglie, delle quali non mi era chiara la passata utilità, stavano le une sopra le altre alla rinfusa. Una parete del locale testimoniava i segni dell’abbandono attraverso alcune macchie d’umidità giallastre, dovute a probabili infiltrazioni nel solaio, che stavano intaccando l’intonaco. Gli infissi non se la passavano meglio con la loro vernice sfogliata, mentre delle tende non c’era alcuna traccia. In quell’ambiente buio, inerte e polveroso che odorava di ammoniaca, qualcosa si muoveva sull’enorme divano. In un angolo di quella piazza dalla grande fontana, incurante dei passanti che mi sfioravano indifferenti, ripresi improvvisamente contatto con la realtà. Mi domandai perché non avessi pensato di chiederle un numero di telefono oppure una mail. Non mi venne in mente alcuna risposta, tanto per cambiare. Ad ogni modo era troppo tardi per qualsiasi cosa: la sua sagoma, ridotta a una macchia indistinta, stava per svanire in fondo al viale affollato. Alla fine, quella traccia scomparve del tutto e con essa un dolce frammento della mia giovinezza. [continua] Contatore visite dal 20-04-2020: 1579. |
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